Gent.mo Dott., mi permetto di segnalarLe (qui accluso) un mio articolo, pubblicato nella mia pagina Facebook “Riflessioni su fede e morale cattoliche di Federico Pellettieri” dal titolo : “L’inizio dell’universo e la Sacra Sindone”, contenente alcune mie considerazioni – basate non su fantasiose ipotesi, ma su obbiettive risultanze di concrete situazioni di fatto difficilmente contestabili – sull’impossibilità che il prezioso telo abbia avvolto il corpo di Gesù Cristo dopo la Sua crocifissione, concludendo che l’immagine ivi raffigurata sia da attribuirsi esclusivamente ad un sovrannaturale miracolo, rendendo, così, inutili e, comunque, vani ed inconsistenti, tutti gli sforzi messi in atto al fine di scoprire scientificamente come e quando la stessa abbia avuto origine.
Cordialissimi saluti: Federico Pellettieri http://www.fedepell.it
L’inizio dell’universo e la sacra Sindone
L’uomo , per sua natura, ha sempre desiderato conoscere, sapere tutto, rendersi conto della realtà che lo circonda, in altre parole è sempre stato alla ricerca della verità: con il progresso scientifico ed il conseguente accrescimento delle proprie conoscenze in tutti i campi, l’uomo ha sempre più ridotto i margini di ciò che gli era ignoto, pervenendo, a poco a poco, alla convinzione che, prima o dopo, riuscirà a scoprire tutto ciò che ancora non è oggetto di conoscenza.
In questo delirio di onnipotenza l’uomo continua, pertanto, a non accettare che taluni grandi enigmi resteranno sempre non risolti e che il massimo grado della loro conoscenza consiste nel rendersi conto di tale obbiettiva impossibilità: tra questi, a titolo esemplificativo, vanno annoverati quelli relativi all’origine dell’universo ed alla sacra Sindone di Torino.
Sull’origine dell’universo la scienza moderna, in massima parte, fa riferimento ad un primordiale big bang: che cosa lo formasse e che cosa abbia dato origine a quell’esplosione, essa non è, però, in grado di dirlo. Improvvisamente qualcosa sarebbe scaturito o avvenuto dal nulla? Gli scienziati continuano a scervellarsi al riguardo, ritenendo, ormai quasi all’unanimità, scientificamente provato che l’universo abbia avuto un’origine, collocabile nell’ordine di circa 14 miliardi di anni fa e, contestualmente, abbia avuto inizio lo scorrere del tempo che, come anche questo dimostrato, sussiste solo in presenza di qualcosa che si muova nello spazio, come sostenuto già da Sant’Agostino nel capitolo “il tempo” de “Le confessioni”, da considerarsi, sotto questo aspetto, precursore di Albert Einstein: ma, alla domanda di che cosa avesse causato questo evento o, meglio, che cosa ci fosse un momento prima, concordemente rispondono di non essere in grado di rispondere. Invero tale domanda risulta improponibile dato che dovrebbe necessariamente farsi riferimento ad un qualcosa di esistente prima che il tempo fosse. Le facoltà mentali dell’uomo, cioè di un soggetto che vive nel tempo, non possono, infatti, essere in grado di raffigurarsi e capire un soggetto esistente fuori del tempo: solo la fede può intervenire ad indicare un soggetto con tale qualità in un Dio creatore di tutte le cose.
Accettando per fede tale conclusione, sorge, però, un’altra domanda: essendo essenzialmente tre le religioni monoteiste che credono in un Dio creatore dell’universo, quale di queste è la vera religione?
Allontanando ogni tentativo di cercare quello che c’è in comune tra le tre religioni per addivenire ad un unico credo, tentativo oggi più che mai malauguratamente possibile, che inevitabilmente porterebbe, invece, alla loro estinzione, è sempre la fede a suggerire, a tale domanda, la giusta risposta, supportata da un’attenta coscienza individuale.
Potrebbero, a tal fine, essere utili anche le seguenti osservazioni sull’altro enigma preso qui in considerazione, quello cioè della sacra Sindone di Torino.
Venendo, quindi, a parlare dell’enigma relativo alla sacra Sindone di Torino, tralasciamo, in questa sede, ogni descrizione di tale misterioso oggetto (rimandando il lettore a quanto scritto ai nn. 17, 61, 68, 69 e 77 di questo mio sito) , limitandoci all’esame degli accesi contrasti esistenti sui risultati ottenuti da tutte le numerosissime ricerche iniziate e proliferate da quando l’avvocato Secondo Pia, effettuando una fotografia del prezioso telo, scoprì che il negativo della lastra ottenuta metteva in chiara evidenza il positivo di detta immagine.
Come è noto, sulla sacra Sindone, si contrappongono fin dall’inizio, due tesi: la prima che sostiene la sua falsità, opera di qualche valente falsario (attribuendola alcuni addirittura a Leonardo da Vinci) e, l’altra, secondo la quale il sacro telo sarebbe autentico ed avrebbe avvolto il corpo di Gesù Cristo, dopo la Sua crocifissione fino alla Sua Resurrezione.
Secondo la mia modestissima opinione, entrambe le ipotesi presentano incontestabili elementi che mettono fortemente in dubbio la loro validità.
Innanzitutto l’ipotesi della pretesa falsità non sembra avere alcun fondamento per la semplice constatazione, ormai quasi universalmente accettata, che il telo presenta numerosissimi e particolarissimi elementi assolutamente irriproducibili, anche con tutte le nuove tecniche oggi a disposizione, tanto da ritenere impossibile che un tale eventuale manufatto potesse essere prodotto da qualsiasi esperto falsario del 1300 (epoca della comparsa della Sindone).
Tra le numerose sperimentazioni effettuate sulla Sindone al fine di dimostrarne la falsità merita, comunque, particolare attenzione una ricerca, che venne anche diffusa dalla Rai, condotta dai Prof. Garlaschelli e Matteo Borrini dell’Università di Liverpool al fine di verificare la compatibilità tra le tracce ematiche presenti sulla Sindone e la posizione del corpo della persona ivi raffigurata, al momento della produzione delle ferite dalle quali ne era scaturito il sangue. Il risultato di tale indagine (che frettolosamente e senza valide motivazioni venne dichiarata inaffidabile in quanto ritenuta commissionata dalla Massoneria) metteva in evidenza l’anomalia del percorso dei rivoli di sangue riscontrata su metà delle macchie di sangue presenti sulla Sindone, inducendo, pertanto, i due suddetti ricercatori a concludere sulla sua falsità. Gli autori di questo esperimento ( non nuovi a tali iniziative) usando dei manichini avevano simulato la fuoriuscita di sangue da alcuni punti (corrispondenti alle ferite presenti nell’immagine sindonica) per osservare come si fossero formati i successivi rivoli di sangue, considerando due diverse posture dei manichini: una verticale, corrispondente alla postura di un uomo crocifisso e, l’altra, orizzontale corrispondente alla postura di un uomo morto ed adagiato nel sepolcro. Veniva, con molta enfasi, svelata la….sconvolgente scoperta! Mentre alcuni rivoli (circa la metà) risultavano, nella Sindone, compatibili con la posizione di un uomo crocifisso, tutti gli altri avevano un percorso diverso, manifestando un andamento anomalo ed innaturale e “non trovavano giustificazione con nessuna posizione del corpo, né sulla croce, né nel sepolcro” (con riferimento, in particolare, alla macchia che forma una cintura nella regione lombare e ad altri rivoli con percorso dal dorso verso il collo, non compatibili con nessuna delle due posizioni considerate); pertanto, detti rivoli dovevano ritenersi, secondo i due ricercatori, opera di un falsario con la conclusione, inevitabile, della prova della falsità della Sindone. Tale conclusione risulta, però, assolutamente priva di qualsiasi fondamento: basti osservare – particolare che non mi sembra sia stato preso in considerazione da parte di chi ha cercato di contestare l’asserita falsità della Sindone – che le ferite subite dal corpo di Gesù (dalle quali è fuoriuscito sangue, quando era ancora in vita) non sono state solo quelle inferte per la sua crocifissione (oltre a quella della lancia nel costato) ma anche quelle, molto più numerose, relative alla sua flagellazione, subita in una postura ben diversa da quelle sopra ricordate: come è noto, per tale supplizio, il condannato veniva legato ad un ceppo molto basso, (ne è la prova nel ceppo presente nella chiesa di Santa Prassede di Roma, dell’altezza di circa 40 centimetri, ritenuto quello al quale venne legato Gesù per essere flagellato) sicché il suo corpo si presentava in posizione molto arcuata, con il capo all’ingiù, per mettere bene a nudo la schiena difronte ai flagellatori. In tale posizione (del tutto ignorata dai predetti sperimentatori), pertanto, le ferite inferte sulla schiena producevano sangue che risaliva verso il collo e, quindi, in direzione opposta a quella che sarebbe stata seguita qualora il condannato fosse stato in posizione eretta, mentre il sangue fuoriuscito dalle ferite inferte in una zona centrale e più in basso della schiena necessariamente seguiva percorsi laterali verso la parte anteriore del corpo e, quindi, in direzione innaturale a quella che sarebbe stata seguita qualora il sangue fosse scaturito da un corpo disteso in posizione supina (come erroneamente ipotizzato dai due citati sperimentatori). Ma c’è di più: infatti, l’osservazione secondo la quale le impronte di alcuni rivoli di sangue presenti nella Sindone presentano un andamento apparentemente anomalo, era già stata formulata alcuni decenni addietro! Padre Ildebrando Santangelo, infatti, nel suo libro “Certezze su Gesù”, ultima edizione del 2014 (la prima è del 1992) aveva riferito che tale anomalia era stata rilevata da un illustre ematologo ricavandone, invece, una delle tante prove dell’autenticità della Sindone (per le motivazioni sopra ricordate circa la particolare postura del flagellato), dato che nessun falsario avrebbe mai commesso un tale apparente errore. Conclusione: la sperimentazione sopra descritta che tanto clamore aveva infondatamente suscitato altro non era che un’inconcludente e clamorosa bufala, da annoverarsi tra i molti vani ed, a volte, come il caso in esame, grotteschi tentativi posti in essere al fine di sostenere la falsità della sacra Sindone.
Per quanto concerne, poi, la tesi secondo la quale il telo sindonico sarebbe autentico nel senso che, oltre a non essere opera di un falsario, avrebbe avvolto il corpo di Gesù, dopo la Sua morte in croce fino alla Sua Resurrezione, sussistono notevoli ed insuperabili incongruenze che la mettono in serio dubbio sulla base delle seguenti riflessioni.
Il 31 luglio 2023, nella Chiesa di San Domenico in Chioggia, è stata aperta al pubblico la mostra internazionale “The Mystery Man” , dedicata alla Sacra Sindone di Torino che comprende l’esposizione di una scultura, realizzata in lattice e silicone, che riproduce in grandezza naturale il corpo raffigurato nel suddetto sacro telo, sfruttando le sue qualità tridimensionali. Come è noto, infatti, da diversi anni venne scoperto che l’intensità della colorazione degli innumerevoli punti costituenti l’immagine sindonica era strettamente correlata alla distanza tra la tela e l’oggetto dell’immagine, sicché si rendeva possibile, sfruttando tale sorprendente particolarità, ricostruire fedelmente il corpo ivi raffigurato: si era già nel passato cercato di realizzare tale complessa operazione, ma il risultato raggiunto non era mai pervenuto ad un tale livello di perfezione come evidenziato dal manufatto come sopra oggi esposto al pubblico. La scultura rappresenta il corpo di un uomo straziato da innumerevoli ferite (tutte corrispondenti a quelle descritte nei Vangeli sulla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo), con il capo leggermente sollevato, le mani piegate sul davanti ed una gamba flessa che indicano una persona non morta, ma viva che stia per alzarsi.
Partendo dalla considerazione, condivisa pressoché dalla totalità dei sostenitori dell’autenticità della Sindone, secondo cui la formazione dell’immagine si sarebbe formata per proiezione del corpo sul telo (anche se con modalità non ancora ben chiare), dovendo scartare ogni altra ipotesi, la ricostruzione così come sopra realizzata con la produzione di una statua esattamente corrispondente all’immagine sindonica mette in chiara evidenza quale fosse la posizione del corpo del soggetto raffigurato nel momento dell’avvenuta ipotetica proiezione.
Deve, pertanto, necessariamente convenirsi che, in presenza di una immagine sia del davanti che del retro del corpo, al momento della suddetta proiezione, il telo sindonico, al fine di evitare qualsiasi distorsione dell’immagine, dovesse trovarsi in posizione perfettamente distesa sia sotto che sopra il corpo e che quest’ ultimo non dovesse, inoltre, giacere sul telo stesso (dato che, in tale caso, avrebbe comportato un conseguente afflosciamento dei glutei, cosa esplicitamente non riscontrata dai vari esami effettuati): il corpo sarebbe stato, quindi (come del resto esplicitamente ipotizzato dagli studiosi) da ritenersi galleggiante all’interno del telo. Inoltre, in tale veramente surreale posizione del corpo, galleggiante tra le due parti del telo, al fine di realizzare una soddisfacente stesura dello stesso, doveva intercorrere una distanza sempre uniforme tra le suddette due parti del telo e per tutta la sua estensione, almeno leggermente superiore allo spessore del corpo onde evitare qualsiasi contatto con lo stesso (che, dalle indagini effettuate, risulta sempre escluso) e, pertanto, avendo anche presente che sia il capo che una gamba appaiono leggermente sollevati, non inferiore a 20-30 centimetri, cosa assolutamente impossibile a verificarsi. Infatti, essendo l’immagine realizzata su di un unico telo (testa contro testa), si rileva, tra le due immagini contrapposte del capo, l’esistenza di uno spazio privo di immagine di soli 2 o 3 centimetri, assolutamente insufficiente a realizzare il suddetto necessario minimo distacco, attribuibile alla presenza intorno al capo di un sudario che, arrotolato su se stesso, fungeva da mentoniera al fine di mantenere la bocca chiusa (sulle modalità della sepoltura, v. un mio precedente scritto al precedente n. 69 di questo sito dal titolo: “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”).
Invero il corpo di Gesù, al di fuori della suddetta veramente “bizzarra” quanto necessaria ricostruzione al fine di sostenere l’ipotesi dell’impressione dell’immagine per proiezione, risultava giacere nel sepolcro, avvolto dal lenzuolo sindonico e dalle sovrastanti fasce che mantenevano ben stretto il suo corpo. Come raccontato dai Vangeli, lenzuolo e fasce vennero trovati da Pietro e Giovanni afflosciati su sé stessi, in quanto privi del corpo di Gesù che contenevano, nella stessa posizione nella quale si trovavano all’atto della sua sepoltura: inoltre, il telo sindonico, come solo successivamente accertato, non presenta la benché minima sbavatura delle macchie di sangue, circostanza che attesta come il corpo di Gesù si sia smaterializzato e, quindi, scomparso da detti bendaggi, senza che gli stessi siano stati minimamente rimossi da qualcuno (anche su tale argomento v. lo scritto su richiamato).
Quanto sopra sembra sufficiente ad escludere l’ipotesi che l’immagine sindonica si possa essere prodotta per proiezione per l’obbiettiva impossibilita del verificarsi di quelle necessarie ma irreali ed irrealizzabili condizioni sopra descritte (galleggiamento del corpo di Gesù tra le due parti dell’unico telo, sufficientemente distanti fra loro).
Ma c’è di più. Come risulta descritto dai Vangeli, il corpo di Gesù, dopo la Sua morte in croce, venne ravvolto da un “candido lenzuolo” (inequivocabilmente identificabile con il telo sindonico) e così trasportato dal Golgota al sepolcro, distante circa 50 metri: è facile presumere che in tale tragitto (anche se abbastanza breve) detto lenzuolo si sia inevitabilmente macchiato di sangue per le innumerevoli ferite e lacerazioni che ricoprivano tutto il suo corpo e così sia rimasto ed utilizzato per la sua sepoltura, avvenuta in fretta per le note esigenze imposte dalla religione ebraica in quel dato momento.
In tale incontestabile situazione, l’impressione dell’immagine sindonica, nell’ipotetica modalità sopra descritta si sarebbe prodotta su di un telo non più “candido”, bensì già ricoperto da macchie di sangue (con conseguenti sbavature determinate dall’inevitabile sfregamento del corpo in occasione del suddetto tragitto) rendendo, in tal modo, sicuramente indecifrabile l’immagine: l’accurato esame del telo sindonico effettuato per decenni da parte degli innumerevoli studiosi non ha mai constatato, comunque, l’eventuale suddetta sovrapposizione.
In tale situazione sembra che, nell’affannosa ricerca delle cause che hanno generato l’immagine sindonica, non resti altro che un’unica possibile ipotesi: quella del miracolo. Tale conclusione comporta, inevitabilmente, l’impossibilità di ritenere che il telo di Torino possa coincidere con quello che avvolse il corpo di Gesù, dopo la Sua crocifissione.
Sarebbe stato, pertanto, Gesù stesso, al fine di lasciare un segno tangibile della sua Passione, Morte e Resurrezione, ad imprimere sul lenzuolo sindonico (così come risulta sulla Sacra Sindone di Torino) la propria immagine, unitamente ad una lunga serie di ulteriori segni informativi su quanto era accaduto, molti dei quali non immediatamente percepibili e, forse, ancora da scoprire. D’altra parte, a chi gli chiedeva di “vedere un segno” di tutto quello che diceva, Gesù stesso rispose: “una generazione perversa ed adultera pretende un segno. Ma nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta” (Mt. 12: 38-4).
Aggiungo, inoltre, che quanto da me sostenuto circa l’impossibilità che la Sindone di Torino possa aver avvolto il corpo di Gesù dopo la Sua crocifissione e che l’immagine impressa debba avere un origine solo miracolosa è supportata da queste inconfutabili risultanze scientifiche:
1)nel 1978 un gruppo di qualificati scienziati (STURP), dopo aver esaminato attentamente la Sindone, escluse categoricamente che la stessa potesse essere opera di un falsario;
2)nel 1988, tre laboratori scientifici, sulla base dei risultati di un esame con la tecnica radiometrica del carbonio-14, identificò la data di origine della Sindone nel 1300 circa: tale risultato risulta ufficialmente accettato dalla Chiesa (dal Cardinale Ballestrero) e mai modificato, ma solo, da altri, contestato sulla base di semplici fantasiose ipotesi.
Va, infine, notato come, riconoscendo che quanto raffigurato su quel telo vada ascritto ad un intervento sovrannaturale, ciò non ne diminuisca affatto il suo incommensurabile valore dato che, invece, per l’esatta corrispondenza di quanto ivi rappresentato con la narrazione dei Vangeli, costituirebbe una straordinaria, unica, decisiva ed esclusiva testimonianza (che nessuna altra religione possiede) da custodire gelosamente che il Gesù reale, il Gesù storico in senso vero e proprio è proprio il Gesù dei Vangeli, quella Persona, cioè (unica al mondo in tutti i tempi) che di sé ha potuto dire: “io sono la Via, la Verità, la Vita”.
OSSERVAZIONI PERSONALI
Gentile Federico Pellettieri. Ho letto attentamente il suo scritto. Desidererei però che mi rispondesse gentilmente a queste domande:
1) In che anno potrebbe essere accaduto il presunto “miracolo” postumo se presuppone che in effetti quello che vediamo ora non è il telo prettamente originale dello spazio-tempo per alcuni motivi da lei elencati? (1300? – In base all’esame al carbonio?)
2) Se fosse avvenuto nel 1300 (esame al carbonio) come mai abbiamo diverse rappresentazioni precedenti del telo sindonico anche di alcuni secoli precedenti? (ad esempio la miniatura dipinta su un codice del tardo XII secolo – il Codice Pray, conservato a Budapest, datato tra il 1192 e il 1195) il quale raffigura Gesù nel sepolcro con alcune caratteristiche che ricalcherebbero puntualmente l’iconografia di immagini sacre come quella sindonica.) Oppure il Mandylion – icona del X secolo ecc (Wikipedia)
3) Se dovesse essere un miracolo tardivo, perché l’immagine risulta in negativo? È uno specifico messaggio per noi dopo la nascita della scienza moderna? E per tutti i fedeli precedenti alla nostra era che significato avrebbe potuto dare?
4) Non dimentichiamo che il corpo prima di essere avvolto dal lenzuolo era stato spalmato abbondantemente da molte libbre di unguento, come usavano i ricchi. Potrebbe questo fatto spiegare il “galleggiamento” cui lei accenna? Un particolare poco considerato per la dinamica del tutto e del metodo della ricerca.
5) Come possiamo sapere con certezza che il “candido lenzuolo” in cui fu avvolto Gesù durante il tragitto dalla Croce al sepolcro corrisponde alla Sindone? La sua osservazione sembrare pertinente perché il lenzuolo (eventualmente sindonico) avrebbe dovuto presentare moltissime tracce di sangue. Trasportando il corpo avrebbero dovuto metterlo al centro.. il che pone molti interrogativi..
La ringrazio per la sua segnalazione… per ora
Distinti saluti
Pier Angelo mondocrea.it
Gent.mo Angelo Piai, la ringrazio moltissimo del suo interessamento al mio scritto.
Cerco di rispondere alle sue domande:
1)Secondo me è difficile contestare le risultanze degli esami del carbonio 14: la stessa Chiesa (con il cardinale Ballestrero) accettò l’esito di tali indagini che, obbiettivamente, non risultano scientificamente smentite;
2)Le numerose rappresentazioni del lenzuolo che avvolse Gesù (fatto raccontato nei Vangeli) non mi sembra che siano tali da identificarle con la particolarità della Sindone di Torino;
3)Il fatto che si tratti di un negativo, accettando la tesi del miracolo, è un fatto sul quale è difficile anche porsi la stessa domanda; d’altra parte la Sindone presenta tali e tante particolarità che vengono a poco a poco scoperte da far intendere una sovrannaturale volontà di tenerle inizialmente nascoste;
4)Sinceramente non vedo alcun collegamento tra gli unguenti ed il “galleggiamento” del corpo di Gesù tra le due parti dell’unico telo, come sostenuto da molti, con molta fantasia, per giustificare una immagine di un corpo che non risulta a contatto con tale telo, per l’assenza della benché minima sbavatura delle macchie di sangue;
5)Non leggo nei Vangeli alcun cenno ad un eventuale secondo lenzuolo. Circa il “sudario”, la invito a leggere il mio scritto (presente nella stessa pagina Facebook “Riflessioni su fede e morale cattoliche di Federico Pellettieri”) dal titolo “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”, nel quale richiamo l’attenzione sul fatto che tale sudario non era stato posto sul “viso” (come nel caso di Lazzaro), bensì intorno al “capo” (il testo greco del Vangelo di Giovanni è molto chiaro su questa differenza) a mò di mentoniera per mantenere la bocca chiusa.
Colgo l’occasione per aggiungere questa ulteriore considerazione che ho pubblicato nella mia pagina Facebook:
A sostegno di quanto affermato circa l’impossibilità che l’immagine sindonica possa essersi prodotta a seguito dell’intensissimo lampo al momento della Resurrezione di Gesù va ulteriormente osservato quanto segue.
Premesso che il suddetto lampo (di limitatissima durata, pari a qualche miliardesimo di secondo come scientificamente supposto) si sia prodotto all’atto della Resurrezione di Gesù deposto nella tomba per terra e, di conseguenza, l’immagine sindonica corrisponda a tale preciso momento, la raffigurazione, scientificamente ricostruita sfruttando le qualità tridimensionali del telo, mostra invece chiaramente (testa, gambe e braccia sollevate da terra che raffigurano il corpo di un uomo in atto di alzarsi) come tale immagine, riguardando un uomo vivo e non steso per terra come potrebbe far credere l’immagine sindonica, debba riferirsi ad un momento necessariamente successivo alla Resurrezione, cioè in un momento non coincidente con il detto lampo.
Nel ringraziarla nuovamente e nella speranza di sentirla ancora, la saluto molto cordialmente: Federico Pellettieri
22 marzo 2024
Gent.mo Prof. Pier Angelo Piai, le chiedo scusa se torno nuovamente ad importunarla sull’argomento in oggetto, ma sento il bisogno del suo apprezzato parere su quanto sto per scriverle, sempre con riferimento al mio scritto “La nascita dell’universo e la Sacra Sindone” con l’aggiunta suggeritami dal noto sindonologo Barrie Schwortz.
In tale scritto, ho l’impressione di non essere stato sufficientemente chiaro, ovvero di non aver avuto il coraggio di esplicitare quella che ritenevo fosse una naturale conclusione della mia ipotesi, secondo la quale, l’origine dell’immagine sindonica fosse da attribuirsi ad un miracolo e non alla proiezione del corpo di Gesù Cristo sul telo, avvenuta a seguito del luminosissimo lampo di luce prodotto dalla Sua Resurrezione.
Con riferimento alla statua in lattice confezionata da due valenti scienziati ed esposta, in Italia, in una chiesa di Chioggia ed ottenuta sfruttando con estrema precisione tecnica la particolarissima qualità tridimensionale dell’immagine, si ha, infatti, l’evidente percezione (per la posizione della testa e della schiena sollevate da terra, del braccio e di una gamba), da tutti condivisa, che la persona raffigurata fosse una persona in vita, in procinto di alzarsi: ammettendo che quella persona fosse da indentificarsi con Gesù Cristo, è evidente che l’immagine originaria, dalla quale è stata ricavata la suddetta statua, fosse da riferirsi ad un Gesù già risorto (anche se pochi istanti prima), quando, cioè, il suo corpo mortale si era già smaterializzato e trasfigurato in una soprannaturale modalità, rendendo, di conseguenza, inconcepibile, su basi scientifiche, una sua possibile proiezione.
Come è noto, scartate tutte le altre ipotesi sull’origine dell’immagine sindonica, l’unica che veniva ritenuta sufficientemente valida rimaneva quella di attribuire detta origine alla proiezione del corpo di Gesù sul telo a seguito del lampo di luce prodotto dalla Sua Resurrezione, ritenuto, comunque, di estrema brevità (pari a solo qualche miliardesimo di secondo). Tutte le appassionate indagini svolte da valentissimi scienziati per tanti anni, con la produzione di ingenti relazioni di alto livello scientifico, hanno avuto, infatti, l’unico scopo di cercare (senza mai pervenire ad alcun convincente risultato) argomentazioni scientifiche per dimostrare che la smaterializzazione del corpo di Gesù potesse produrre quel lampo da determinare l’impressione dell’immagine esistente sul telo sindonico.
Tutti gli sforzi sin qui compiuti sono, pertanto, tutti partiti dal necessario presupposto di un Gesù ancora morto e disteso nella sua materialità corporea, nel momento della Sua Resurrezione: a tale preciso momento (a quello, cioè, della produzione del lampo) doveva, di conseguenza, riferirsi l’immagine sindonica.
Una volta stabilito, invece, sulla base di obbiettiva evidenza, che l’immagine impressa sul telo si riferisce, senza ombra di dubbio, ad un momento successivo alla Resurrezione (dovendosi escludere che la Resurrezione ed il simultaneo lampo, possano essersi verificati quando Gesù era già sollevato da terra ed in procinto di alzarsi), perdono qualsiasi validità tutti gli sforzi come sopra sin qui profusi.
Concludendo, non resta che credere al miracolo come unica possibile soluzione al problema sull’origine dell’immagine sindonica: mi rendo perfettamente conto degli effetti veramente devastanti, su di una massa notevole di scienziati e studiosi, dell’ipotesi del miracolo della quale, lo confesso, mi sono definitivamente convinto.
Concludendo, le sarò infinitamente grato se volesse esprimere il suo qualificato giudizio su quanto da me come sopra rappresentato.
Ringraziandola sentitamente, la saluto molto cordialmente:
Federico Pellettieri.
Gent.mo Prof. Pier Angelo Piai, riprendendo il discorso che tanto mi appassiona, la informo che, con riferimento alle macchie di sangue sulla Sindone, sono pervenuto ad un altra riflessione che ritengo davvero determinante a sostegno della tesi del miracolo come unica causa originaria dell’immagine sindonica. La trascrivo qui sotto e le allego il mio articolo, così come integrato e pubblicato (in sostituzione del precedente) al n. 90 del mio sito www.fedell.it pag. 3.
Saluti cordialissimi: Federico Pellettieri.
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Esaminando la statua prodotta da due scienziati americani, sfruttando le qualità tridimensionali del telo, dando anche per scontato che tale ricostruzione si sia realizzata con la massima precisione e che, quindi, la posizione delle singole macchie riprodotte nella statua corrispondano effettivamente a quelle presenti nella Sindone, si rileva la presenza di molte macchie laterali sia sulle braccia che sulle gambe. Tutto ciò premesso, deve ritenersi che, al momento di tale contatto, il telo sindonico, avvolgendo il corpo di Gesù anche sulle suddette parti laterali, abbia lasciato su queste parti del telo le impronte del sangue.
E’ evidente che, stendendo il telo in questione (come oggi si presenta), tali macchie di sangue sarebbero risultate inevitabilmente distorte e fuori dei contorni dell’immagine del corpo, cosa che, invece, non si riscontra: ciò comporterebbe, come logica conseguenza, che dette immagini del sangue, non possano essere state prodotte per contatto, escludendo, così, l’unica ipotesi, di fatto, possibile come sopra indicato.
Sempre sull’esame delle macchie di sangue, e ribadendo che tutti gli esperti forensi e medici che hanno studiato la Sindone hanno affermato che le macchie di sangue sulla Sindone sono state provocate dal contatto diretto con il corpo, è lecito formulare un’ ulteriore riflessione.
Infatti, l’affermazione come sopra riportata, ormai da tutti condivisa, comporta un’inevitabile e, comunque, inaccettabile incongruenza: l’immagine sindonica sarebbe stata, infatti, impressa sul telo, con due diverse modalità: per la parte relativa alle macchie di sangue, per “contatto diretto con il corpo”, mentre la parte relativa all’immagine corporea, escludendo in modo unanime e categorico che possa essere stata prodotta per “contatto” per l’assenza di elementi che possano giustificare tale ipotesi, dovrebbe essere stata generata da una qualsiasi delle diverse ipotesi formulate dal mondo scientifico; tutto ciò avrebbe comportato la produzione di due diverse immagini (quella delle macchie e quella del corpo) tra di loro incompatibili e di impossibile sovrapposizione (con particolare riferimento alla notevole distorsione della collocazione delle immagini relative alle macchie di sangue, derivante dalla stesura del telo che avvolgeva, da tutti i lati, il corpo di Gesù rispetto all’immagine del corpo, realizzata, comunque, con una diversa prospettiva). Non resterebbe, quindi, che un’unica soluzione. Qualcuno (Gesù?) avrebbe impresso quelle macchie sul telo in modo del tutto apparentemente irrealistico e, quindi, soprannaturale, in maniera tale da poterne ricavare, in sede di una futura ricostruzione sfruttando le sue qualità tridimensionali, l’immagine corporea della sua passione, morte e resurrezione.
91) Un’ulteriore riflessione sulla formazione dell’immagine sindonica.
Facendo seguito a quanto fatto presente al precedente n. 90 sull’enigma della formazione dell’immagine impressa sulla sacra Sindone, ritengo che possa formularsi la seguente ulteriore riflessione.
Come è noto, nel 1988 tre rispettabilissimi Istituti (di Oxford, Tucson e Zurigo), scelti di comune accordo con le autorità ecclesiastiche al fine di individuare, con l’esame al carbonio 14, la data di origine del telo sindonico, pervennero alla concorde conclusione (a seguito di accertamenti separatamente eseguiti) che tale data era da identificarsi intorno al 1300 (con lo scarto di soli pochi anni tra loro). Tale risultato venne ufficialmente comunicato dal Cardinale Ballestrero che esplicitamente accettò le conclusioni dei tre istituti, affermando testualmente che la Chiesa non poteva fare altro che prendere atto di quello che la scienza aveva riscontrato. Tale conclusione non risulta, comunque, mai smentita dalla Chiesa, anche se, successivamente, abbia attribuito la qualifica di “reliquia” al sacro telo.
Dopo un primo inevitabile disorientamento provocato dalla divulgazione dei suddetti risultati che fecero riaffiorare e rinvigorire l’ipotesi di falso, nel senso che quel telo non poteva identificarsi con quello che aveva avvolto il corpo di Gesù Crocifisso, ci fu una violenta reazione da parte degli assertori della contraria ipotesi, basata su di una lunga serie di presunti errori commessi dai i tre suddetti istituti, con l’aggiunta, addirittura, dell’ipotesi di indimostrabili complotti.
Tale situazione ebbe il risultato di far lievitare tutti gli studi tendenti ad accrescere, sotto ogni aspetto, la conoscenza scientifica dell’immagine sindonica: obbiettivamente, si deve rilevare che nessun incontestabile risultato sia stato raggiunto, su basi scientifiche, sulla determinazione della data di origine del sacro telo, diversa da quella come sopra accertata. Unico dato positivo, di notevole importanza, di tutte le ricerche fin ora effettuate è stato quello di aver accertato, incontestabilmente ed ormai da quasi tutti accettato, che l’immagine impressa sulla Sindone non è un opera di un falsario del 1300, né può essere oggi realizzata anche avvalendosi delle attuali tecniche, né è stata mai trovata alcuna plausibile causa della sua origine; sicché, allo stato attuale, anche con riferimento ad alcune inspiegabili incongruenze rilevate, la scienza dovrebbe pervenire alla irrazionale conclusione che un simile oggetto non può esistere: ma, per fortuna, esiste ed è realmente presente a Torino. Allora, l’unica soluzione possibile, come già sostenuto, al precedente n. 90, è quella del miracolo.
In tale situazione, con riferimento all’accertamento effettuato con l’esame al carbonio 14, mi sembra di poter formulare una riflessione davvero apparentemente sconcertante.
Qualora, infatti, si ipotizzasse di accettare il risultato delle analisi ottenute nel 1988 dai tre istituti su indicati, nel senso di ritenere, cioè, che la data di origine del telo sindonico sia da identificarsi nel 1300 circa (cosa da non ritenersi aberrante, bensì del tutto possibile) tutto sarebbe risolto.
Le conseguenze di tale ipotesi sarebbero le seguenti:
-il telo sindonico presente a Torino non sarebbe identificabile con quello che ravvolse Gesù crocifisso, né, quindi, ritenersi effetto, secondo le naturali leggi fisiche, della sua Resurrezione: ciò comporterebbe l’irrilevanza di tutte le varie ipotesi (tanto strenuamente difese, senza alcun risultato, dai vari loro autori) circa la formazione dell’immagine sindonica;
-la constatazione che l’unica soluzione possibile sulla causa originaria dell’immagine debba, per quanto come sopra fatto presente, essere ricercata in un evento soprannaturale;
-dato che, come del resto quasi da tutti accettato, l’uomo raffigurato nel telo (flagellato, crocifisso, morto e risolto) sia da identificarsi con Gesù, a quest’ultimo debba farsi risalire l’evento miracoloso in questione, attribuendo, così, valore di Verità incontestabile di quanto ivi figurativamente decritto;
-sulla base di quanto come sopra fatto presente circa le Verità emergenti dal telo che corrispondono, nei minimi particolari a quanto narrato dai Vangeli, ne seguirebbe, quale logica e naturale conseguenza, la costatazione della veridicità dei vangeli stessi, costituendo (ribadendo le conclusioni già formulate nel precedente articolo) una decisiva testimonianza che il Gesù reale, il Gesù storico in senso vero e proprio è proprio il Gesù dei Vangeli.
15 aprile 2024
Un’ultima e definitiva conclusione. La resurrezione di Gesù, come da tutti convenuto, fu un evento ben diverso dalla resurrezione di Lazzaro: in quest’ultimo caso, infatti, Lazzaro risuscitò nel suo corpo mortale e, così, continuò a vivere fino alla sua morte naturale; Gesù, invece, nella sua resurrezione assunse un corpo glorioso, smaterializzandosi. Il suo corpo mortale, nello stesso attimo della sua resurrezione, svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata – sulla base delle svariate ipotesi formulate – come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione) assolutamente non percepibile.
Quanto sopra conferisce maggior credito, oserei dire determinante, all’ipotesi del miracolo: sarebbe stato, quindi, lo stesso Gesù ad imprimere, miracolosamente quell’immagine visibile sul telo esistente a Torino, con tutte quelle irripetibili particolarità e raffigurazioni (davvero inspiegabili ed, a volte, obbiettivamente scientificamente incongruenti), quali segni tangibili per una puntuale ricostruzione della sua passione, crocifissione, morte e resurrezione.
In riferimento alle sue argute osservazioni, sono d’accordo con lei che l’impronta sia stata un evento straordinariamente miracoloso.
Per questo personalmente suggerirei un personale approccio alla questione.
Forse potrebbe essere un po’ deviante il fatto che si debba partire dalle ricerche scientifiche per indagare la veridicità impressionante dell’impronta sindonica. Piuttosto dovrebbe essere il contrario: accettando l’esistenza di un evento così incredibilmente miracoloso, le indagini scientifiche dovrebbero avere l’intento di supportare il miracolo sindonico, puntando a convincere i più scettici che si tratta proprio di un evento straordinario strettamente legato alla Risurrezione di Cristo.
Se leggiamo i Vangeli in profondità, notiamo che Gesù appare a Tommaso perché, per poter credere, questi voleva prima vedere e toccare il corpo del Maestro Risorto…
Il Vangelo non dice, però, se Tommaso abbia poi davvero toccato il costato e le piaghe dopo l’invito del maestro (come emerge dalla tradizione relativa all’iconografia sacra ed artistica). Dice che l’apostolo esclamò subito: “Mio Signore e mio Dio” (probabilmente solo per averlo visto risorto).
La risposta di Gesù è valida per tutti noi: “Perché mi hai veduto hai creduto, ma beati coloro che crederanno senza avermi visto,” “Non essere incredulo, ma credente”
92) La Sacra Sindone: reliquia o miracolo?
Ritengo necessario, per quanto ovvio, premettere che le seguenti brevi considerazioni debbano ritenersi rivolte ai credenti nella resurrezione di Gesù ed a quanti, inoltre, siano convinti dell’autenticità del telo sindonico, nel senso che non sia frutto di un falsario.
Sempre a proposito del problema mai risolto circa la formazione dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone, va rilevato come, negli ultimi tempi la Chiesa (con riferimento a taluni interventi, a partire da papa Giovanni Paolo II fino a Papa Francesco) abbia qualificato il sacro telo quale “reliquia” cristiana.
E’ noto come con tale termine vengano identificati, in senso religioso, i resti corporali di personaggi di particolare importanza (santi, beati, martiri…), ovvero oggetti d’uso, come capi di vestiario e strumenti vari, che abbiano avuto un contatto diretto con detti personaggi e che vengono custoditi e venerati in luoghi sacri.
Il termine “miracolo” è, invece, riferito a fatti che si ritengono dovuti ad interventi soprannaturali, in quanto superano i limiti delle normali prevedibilità dell’accadere o vanno oltre le possibilità dell’azione umana.
E’, allora, evidente che attribuire la qualifica di “reliquia” alla Sindone significa ammettere che la stessa abbia avvolto il corpo di Gesù e che, quindi, debba essere coeva alla sua resurrezione, con ciò, implicitamente, annullando la datazione (del 1300) riscontrata con l’esame del Carbonio 14 del 1988.
Da quanto sopra emerge, però, un’evidente contraddizione nella posizione della Chiesa, dato che la stessa non ha mai contestato ufficialmente i risultati della predetta analisi (anzi, a suo tempo, li abbia addirittura accettati), limitandosi ad aderire alle numerose critiche, da più parti, avanzate.
Obbiettivamente bisogna riconoscere che a tutt’oggi non esistono prove fisiche unanimemente accettate dalla scienza e neppure ricostruzioni temporali condivise dalla maggioranza degli storici, che siano davvero in grado di far risalire la storia della sacra Sindone ad un’epoca antecedente al XII secolo d.C..
Per completezza espositiva, va aggiunto che, qualora dovesse, in ipotesi, ritenersi veritiera la datazione rilevata con l’esame del Carbonio 14, dovendosi escludere che l’immagine sindonica possa essere stata prodotta, secondo le normali leggi della fisica, in occasione della resurrezione di Gesù (secondo le varie ipotesi formulate dalla scienza e, comunque, sempre rimaste tali), ferma, anche, restando l’esclusione dell’opera di un falsario, per quanto concerne la formazione dell’immagine sindonica, non resterebbe che un’unica ipotesi: quella del miracolo, da tutti (ivi compresa la Chiesa) mai presa in considerazione.
Nell’ipotesi, invece, che la datazione della sindone debba coincidere con l’epoca della resurrezione di Gesù, resterebbe sempre valida la possibilità di individuare la sorgente dell’immagine in tale straordinario evento: a parte i deludenti risultati ottenuti dagli innumerevoli tentativi effettuati dalla scienza per addivenire alla soluzione di tale problema, troppe sono, comunque, le incongruenze e le incompatibilità, nelle circostanze obbiettive di fatto, riscontrate nelle particolarità di tale immagine che rendono difficile, se non impossibile, tale soluzione. A quest’ultimo riguardo, basti riferirsi, in questa sede, al fatto non contestabile che, per essere impresso da un’immagine priva di distorsioni, il telo sindonico dovesse necessariamente risultare ben steso in entrambi i lati, pulito e distanziato tra i suddetti due lati per una distanza almeno pari allo spessore del corpo, situazione non riscontrabile nel caso in esame: il telo, infatti, era in posizione di avvolgimento, a 360 gradi, del corpo di Gesù e, sicuramente, doveva ritenersi notevolmente macchiato di sangue (scaturito dalle oltre 200 ferite e, secondo le usanze ebree, raccolto nel lenzuolo) con notevoli sbavature (non riscontrate nell’immagine) procurate nel tragitto dalla croce al sepolcro e, così, sepolto senza essere stato lavato che avrebbero reso indecifrabile qualsiasi sovrapposizione di un ulteriore immagine; inoltre, trattandosi di un unico telo si rileva, nell’immagine, un distacco (testa contro testa) di soli 2 o 3 centimetri assolutamente insufficiente a realizzare quel minimo distacco come sopra previsto, per ottenere due immagini contrapposte, sempre nello stesso telo.
In tale obbiettiva situazione, mi sembra di poter riaffermare quanto già fatto presente in un mio precedente articolo, nel senso di ritenere l’ipotesi del miracolo l’unica vera origine della formazione dell’immagine sindonica.
Inoltre, dato che alcune volte alla Sindone è stata attribuita la qualifica di “icona” (anche da parte di Papi, come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) va rilevato quanto inadeguata, se non addirittura inappropriata, risulti tale qualifica in considerazione del fatto che, come ormai definitivamente accertato, non si tratta di un falso, né di un dipinto, né di un oggetto attribuibile ad un umano intervento per la sua irriproducibilità ed inspiegabilità.
In conclusione, in considerazione, quindi, che l’evento miracoloso, come sopra dedotto, va riferito essenzialmente all’immagine presente sul telo sindonico e non al telo stesso, la cui datazione – comunque non supportata da prove inoppugnabili – è, pertanto, del tutto irrilevante, la Sacra Sindone, di rilevanza davvero straordinaria, potrebbe essere considerata una: “immagine miracolosa di data incerta”.
Inutilità di nuove ricerche sulla datazione della Sacra Sindone
Sul sempre attuale enigma, mai risolto, che avvolge la Sacra Sindone di Torino, da qualche tempo si va sempre più intensificando, da parte di numerosi ed anche qualificati scienziati e sindonologi, la riconosciuta necessità di procedere ad ulteriori ricerche al fine di poter pervenire ad una definitiva soluzione di tale problema.
Partendo dalla considerazione che ciò che più ostacola il progredire delle ricerche è costituito dal noto risultato delle analisi svolte nel 1988 da parte di tre laboratori scientifici che attribuirono alla Sacra Sindone la data della sua origine al 1300 circa e che tale risultato risulta ampiamente contestato, in assenza, comunque, di valide argomentazioni sostenute da prove scientifiche, si è ora sostenuta la necessità di ripetere quell’esame, avvalendosi di nuovi e più sofisticati mezzi di indagine, offerti dalle nuove tecnologie oggi a disposizione.
Su tale pretesa necessità è lecito, comunque, avanzare alcune fondate perplessità, dato che il vero enigma che avvolge la Sacra Sindone non è quello della sua datazione, bensì quello dell’origine dell’immagine e come quest’ultima si sia potuta imprimere su tale telo.
E’, infatti, fuori dubbio che, una volta accertato (come condiviso dalla quasi totalità degli studiosi) che l’immagine sindonica non è opera umana, sulla sua origine non restano che due sole soluzioni: o quella che la individui come effetto naturale della Resurrezione, oppure quella che l’attribuisca ad un intervento sovrannaturale.
E’, invero, di tutta evidenza che, di fronte all’impossibilità di soluzione del suddetto enigma, l’individuazione di una corretta datazione della Sindone non riveste alcun valore, dato che, mentre l’eventuale conferma di una datazione al 1300 escluderebbe definitivamente la correlazione dell’immagine alla Resurrezione di Gesù, nel caso, invece, in cui la datazione dovesse corrispondere all’epoca di Gesù, tale risultato potrebbe, al massimo, consentire l’attribuzione di reliquia al sacro telo, ma mai e poi mai sarebbe in alcun modo utile a risolvere (sia pure in minima parte) il problema della supposta origine dell’immagine, quale naturale effetto, secondo le leggi della fisica, dell’avvenuta suddetta Resurrezione.
Difronte a tale alternativa, appare necessario prendere atto (sulla base di quanto raccontato nei Vangeli) della situazione di fatto nella quale si trovava la Sacra Sindone al momento della resurrezione di Gesù: il Suo corpo giaceva nel sepolcro, avvolto (da entrambi i lati) dal lenzuolo funebre e tenuto ben stretto ed aderente al corpo dalle sovrastanti bende. Pietro e Giovanni, entrati nel sepolcro vuoto, videro distintamente Sindone e bende afflosciate su sé stesse, segno evidente che il corpo di Gesù era misteriosamente scomparso al loro interno.
Ritornando all’alternativa come sopra fatta presente, è lecito pervenire alla conclusione che debba scartarsi quella che identifica nella Resurrezione di Gesù la causa della produzione dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone per le seguenti argomentazioni, fatte già presenti nei miei precedenti scritti e che qui, in breve sintesi, ripropongo:
1. Dopo una lunghissima ed estenuante ricerca, protrattasi per quasi un secolo, il mondo scientifico che si è occupato dell’argomento, è sempre pervenuto alla conclusione dell’impossibilità di spiegare quale fosse la causa originaria della produzione dell’immagine sindonica, tanto da far affermare, da parte di un illustre fisico (Paolo Di Lazzaro) di trovarsi difronte ad una “Immagine impossibile”, anche se realmente presente a Torino;
2. Inoltre la situazione di fatto, relativa alla posizione della Sindone al momento della Resurrezione di Gesù, come sopra richiamata, consente di pervenire alle seguenti ulteriori considerazioni:
a) Sulla base di quanto ritenuto dal mondo scientifico che individua, nel lampo scaturito dalla smaterializzazione del corpo di Gesù, la fonte dell’immagine sindonica, è facile osservare che, nello stesso attimo della sua resurrezione, il Suo corpo svanì nel nulla e, pertanto, tale evento deve ritenersi sottratto a qualsiasi sensibile percezione, rendendo impossibile qualsiasi sua “ripresa”; di conseguenza, ogni immagine, comunque realizzata di tale evento, necessariamente deve ritenersi non corrispondente ad un fatto fisicamente percepibile, anche se realmente avvenuto. Ogni indagine e ricerca, tendente a dimostrare che l’immagine sindonica possa essersi formata – sulla base delle svariate ipotesi formulate – come effetto naturale, secondo le leggi della fisica, della resurrezione di Gesù deve, di conseguenza, essere ritenuta inconsistente in quanto, appunto, relativa ad un evento (sparizione del corpo di Gesù contestualmente alla sua resurrezione) assolutamente non percepibile.
Quanto detto potrebbe bastare, ma c’è di più:
b) Sempre secondo quanto rilevato dagli scienziati, l’immagine sarebbe stata prodotta con due diverse modalità: la parte relativa alle macchie di sangue, per contatto, mentre, quella relativa alla figura del corpo di Gesù, per proiezione, dato che, in caso contrario, l’immagine sarebbe risultata distorta (cosa non riscontrabile nella Sindone). Deve, pertanto, necessariamente convenirsi che, in presenza di una immagine sia del davanti che del retro del corpo, al momento della suddetta proiezione, il telo sindonico, al fine di evitare qualsiasi distorsione dell’immagine, dovesse trovarsi in posizione perfettamente distesa sia sotto che sopra il corpo e che quest’ ultimo non dovesse, inoltre, giacere sul telo stesso (dato che, in tale caso, avrebbe comportato un conseguente afflosciamento dei glutei, cosa esplicitamente non riscontrata dai vari esami effettuati): il corpo sarebbe stato, quindi (come del resto esplicitamente ipotizzato dagli studiosi) da ritenersi galleggiante all’interno del telo. Inoltre, in tale veramente surreale posizione del corpo, galleggiante tra le due parti del telo, al fine di realizzare una soddisfacente stesura dello stesso, doveva intercorrere una distanza sempre uniforme tra le suddette due parti del telo e per tutta la sua estensione, almeno leggermente superiore allo spessore del corpo onde evitare qualsiasi contatto con lo stesso (che, dalle indagini effettuate, risulta sempre escluso) e, pertanto, avendo anche presente che sia il capo che una gamba appaiono leggermente sollevati, non inferiore a 20-30 centimetri, cosa assolutamente impossibile a verificarsi. Infatti, essendo l’immagine realizzata su di un unico telo (testa contro testa), si rileva, tra le due immagini contrapposte del capo, l’esistenza di uno spazio privo di immagine di soli 2 o 3 centimetri, assolutamente insufficiente a realizzare il suddetto necessario minimo distacco, attribuibile alla presenza intorno al capo di un sudario che, arrotolato su se stesso, fungeva da mentoniera al fine di mantenere la bocca chiusa (sulle modalità della sepoltura, v. un mio scritto al n. 69 del mio sito internet www.fedepell.it dal titolo: “Cosa vide Giovanni nel sepolcro vuoto”).
c) La produzione dell’immagine, avvenuta con due diverse modalità, (per contatto e per proiezione) esclude la possibilità di sovrapposizione delle due diverse immagini, dato che l’immagine è unica;
d) Le macchie di sangue impresse sulla Sindone riguardano anche quelle per le ferite subite sulle parti laterali del corpo di Gesù che risultano, invece, assenti nella raffigurazione solo frontale del Suo corpo;
e) l’immagine del corpo di Gesù dovrebbe essere stata impressa su di un lenzuolo ben pulito, mentre lo stesso, necessariamente, doveva risultare notevolmente macchiato di sangue con relative sbavature (assolutamente assenti sulla Sacra Sindone) a seguito del trasporto dal luogo della crocifissione al sepolcro, cosa che l’avrebbe reso inevitabilmente indecifrabile ;
f) Premesso che il lampo, ipotetica causa originaria dell’impressione dell’immagine (di limitatissima durata, pari a qualche miliardesimo di secondo come scientificamente supposto) si sia prodotto all’atto della Resurrezione di Gesù e, di conseguenza, l’immagine sindonica corrisponda a tale preciso momento, la raffigurazione, scientificamente ricostruita sfruttando le qualità tridimensionali del telo, mostra invece chiaramente (testa, gambe e braccia sollevate da terra che raffigurano il corpo di un uomo in atto di alzarsi) come tale immagine debba riferirsi ad un momento necessariamente successivo alla Resurrezione, cioè in un momento non coincidente con il detto lampo;
g) In ogni caso, resterebbe sempre da dimostrare in base a quale sconosciuto principio fisico-scientifico la pretesa avvenuta proiezione dell’immagine sul telo sindonico possa aver generato tutte quelle specifiche particolarità, riscontrate in detta immagine, con esplicito riferimento (a solo titolo esemplificativo) alla sua tridimensionalità: a quest’ultimo riferimento va notato che tale effetto tridimensionale risulta realizzato con una diversa intensità della colorazione, proporzionale alla distanza del telo dal corpo (che, invece, era da ritenersi aderente al corpo di Gesù, al momento della Sua Resurrezione).
Tutto ciò premesso porta ad un’unica soluzione: sarebbe stato, cioè, Gesù stesso, al fine di lasciare un segno tangibile della sua Passione, Morte e Resurrezione, ad imprimere sul lenzuolo sindonico (così come risulta sulla Sacra Sindone di Torino), con un proprio stupefacente intervento, la propria immagine, unitamente ad una lunga serie di ulteriori segni informativi su quanto era accaduto, molti dei quali non immediatamente percepibili e, forse, ancora da scoprire.
Concludendo va notato come, riconoscendo la natura miracolosa dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone, la ricerca del momento preciso di tale intervento divino è del tutto irrilevante: nulla, infatti, cambia se tale intervento fosse avvenuto sullo stesso telo che raccolse il corpo di Gesù (dopo, in questo caso, essere, sempre miracolosamente, divenuto “candido”) ovvero su di un altro telo del 1300.
Volevo solo aggiungere altre due considerazioni sulla proprietà tridimensionale dell’immagine: non lo faccio pubblicamente dato che non ne ho titolo non essendo uno scienziato.
E’ da tener sempre presente che, di norma, un’immagine si propaga a 360 gradi e non, come, invece, dovrebbe essere accaduto, in senso unidirezionale, cioè verso il telo sindonico,
Essendo l’effetto tridimensionale prodotto dalla diversità di intensità di colorazione dei miliardi di punti costituenti l’immagine, proporzionale alla distanza tra il corpo ed il telo (che, comunque, nella specie non sussiste dato che il telo era aderente al corpo) è evidente che detta distanza debba necessariamente essere stata calcolata al punto di arrivo di detta immagine (cioè sul telo): ciò presupporrebbe la necessità dell’esistenza sul telo stesso di miliardi di cellule fotoelettriche per la misurazione delle singole distanze di tutti i punti costituenti l’immagine. Siamo nella pura fantascienza
Un racconto fantastico: la Sacra Sindone non esiste.
Il persistere, da parte di diversi scienziati e sindonologi, nell’affannosa ricerca di una soluzione dell’enigma sulla formazione dell’immagine presente sulla Sacra Sindone che, a mio modestissimo avviso, non porterà mai, sul piano strettamente scientifico, ad alcun risultato positivo, ha provocato la mia fantasia a scrivere il seguente molto fantasioso racconto.
Sulla base di una secolare tradizione che si tramandava da generazione in generazione, circolava un dettagliato racconto sul lenzuolo che aveva avvolto il corpo di Gesù, dopo la Sua morte in croce, quindi deposto nel sepolcro fino alla Sua Resurrezione. Secondo tale narrazione, il lenzuolo sarebbe misteriosamente comparso, solo qualche secolo successivo alla Resurrezione e, successivamente, dopo altri secoli sarebbe, scomparso in circostanze mai precisate. Su tale lenzuolo, nonostante la sua sparizione, persistevano, comunque, dettagliati e minuziosi riferimenti su quanto era ivi raffigurato sulla Passione, Crocifissione, Morte e Resurrezione di Gesù, tanto da alimentare, da parte dei fedeli, un vero e proprio culto di detta immagine impressa su di un lenzuolo che, per altro, risultava misteriosamente sparito. Ciò non poteva essere ignorato dalla stessa Chiesa, anche in presenza di alcune critiche, secondo le quali taluni particolari presenti nella narrazione si presentavano tra loro contraddittori: al fine di dirimere ogni dubbio, si decise, pertanto, di dare incarico ad un qualificato gruppo di esperti in vari campi (fisici, medici e studiosi di antiche reliquie sacre) al fine di verificare l’attendibilità e l’ipotetica veridicità di quanto, da molti, in buona fede creduto.
Dopo un approfondito esame delle svariate particolarità attribuite al telo in questione dalla credenza popolare, il gruppo di esperti, all’unanimità, in una dettagliata relazione, nella quale aveva fatto emergere una lunga serie di incongruenze e contraddizioni rilevate sul dettagliato racconto delle particolarità presenti sul telo che si presumeva avesse ravvolto il corpo di Gesù, espresse il suo definitivo e convinto parere nel senso che il lenzuolo in questione non potesse contenere tutte le informazioni così come riferite nel noto racconto: in altri termini, affermò che, senza alcun dubbio, l’ipotetico telo in questione non poteva mai essere esistito.
Tale decisione dapprima suscitò molto disappunto tra quanti avevano creduto.
Passarono diversi anni e del lenzuolo che, secondo una tradizione popolare, aveva avvolto il corpo di Gesù era rimasto solo un vago ricordo.
Senonché, una mattina di una calda estate un pastore si presentò al parroco del paese portando con sé un piccolo scrigno di legno; il pastore raccontò che, a causa del gran caldo si era riparato in una grotta inesplorata; inoltrandosi in cerca di maggior refrigerio si era imbattuto in uno scrigno deposto per terra ed avendo visto il segno di una croce sul suo coperchio, ritenendo che contenesse qualcosa di sacro, si era recato dal suo parroco. Il sacerdote, sollevato il coperchio si accorse, con sua grande meraviglia, che nello scrigno era contenuto un lenzuolo sul quale era impressa una figura umana: allora, subito si ricordò del lenzuolo oggetto per tanto tempo della venerazione dei fedeli.
Il giorno dopo, inevitabilmente, tutti gli organi di informazione parlarono del prodigioso ritrovamento: la Chiesa ritenne subito necessaria un’accurata indagine sul telo in questione, affidando, anche questa volta, ad un qualificato gruppo di esperti di analizzarlo e studiarlo con la massima attenzione.
Il risultato di tale indagine fu sorprendente: tutti presero atto che quel telo che avevano sotto i loro occhi presentava tutte quelle particolarità che il precedente gruppo di scienziati aveva giudicato più che sufficiente a ritenere che l’ipotetico telo non fosse mai esistito……….Fine del racconto
20 giugno 2024
La verità nascosta nella tridimensionalità dell’immagine impressa sulla Sacra
Sindone
Come è noto, alcuni ricercatori avevano già da tempo scoperto che l’immagine impressa sulla Sacra Sindone presentava una particolarissima qualità: quella della sua tridimensionalità.
La suddetta scoperta particolarità consisteva nel fatto che ogni punto costituente l’immagine aveva una diversa intensità di colorazione che corrispondeva alla distanza intercorrente tra il telo sindonico ed il corpo ivi raffigurato, nel senso che l’intensità della colorazione aumentava con la riduzione della distanza tra il telo ed il corpo fino a raggiungere il valore massimo nei punti di aderenza (e, quindi, di assenza di distanza) tra il telo ed il corpo.
Usufruendo di tale particolarità, dopo anni di paziente studio e minuziosa ricostruzione, sulla base delle diverse intensità di colorazione dei singoli punti costituenti l’immagine, è stato possibile produrre un calco e, quindi, una statua che corrispondesse, con indiscutibile attendibilità, al corpo raffigurato nell’immagine sindonica.
Va premesso che tutti gli scienziati che hanno studiato la suddetta particolarità, pur non riuscendo a capire come un tale effetto si fosse verificato (nessuna fotografia tra le centinaia eseguite ha mai messo in evidenza un simile inspiegabile risultato), in presenza, comunque, di un fatto non contestabile non potevano fare altro che prendere atto della particolarità in questione astenendosi da ogni pur necessaria indagine sulle modalità della sua formazione che, tuttora, resta inspiegabile.
Va, inoltre, aggiunto che, concordemente, tutti i suddetti scienziati hanno, comunque, ipotizzato che il telo sindonico sul quale venne poggiato nel sepolcro il corpo di Gesù fosse stato solo adagiato, nella parte frontale, sul suo corpo, in posizione abbastanza distesa: ciò contraddice, però, con quanto risulta dai Vangeli, secondo i quali, il lenzuolo sindonico “avvolse” il suo corpo che venne ricoperto dalle “fasce” che, di conseguenza, lo tenevano ben stretto con notevole presumibile aderenza al suo corpo, ivi comprese le sue parti laterali che, invece, risultano assenti nell’immagine impressa sul sacro telo.
Una simile ricostruzione appare, però, davvero incongruente per le seguenti ulteriori argomentazioni, avendo presente sotto gli occhi, per una loro migliore comprensione, il profilo emergente dalla statua in lattice raffigurante, appunto, il risultato della suddetta ricostruzione, esposta, pochi mesi fa in una chiesa di Chioggia facilmente reperibile in internet e qui sotto riproposta.
Come precedentemente esposto, il massimo della colorazione dell’immagine, come correttamente ipotizzato, si sarebbe realizzato nei punti di contatto tra telo ed il corpo: ipotizzando di individuare un tale punto nella fronte di Gesù, è il caso di osservare la distanza intercorrente tra tale punto e la base di appoggio del suo corpo. E’ di tutta evidenza che tale distanza, per quanto sopra detto, avrebbe dovuto essere necessariamente identica per tutti i punti di contatto del telo con il corpo di Gesù.
Basta osservare gli altri punti di indiscutibile contatto tra telo e corpo di Gesù (punta del piede destro, ginocchio sinistro, mani, petto e naso) per rendersi immediatamente conto che la loro distanza dalla base di appoggio è, invece, macroscopicamente diversa di quella intercorrente tra la fronte di Gesù e la sua base di appoggio; tutto ciò in aperta ed evidente contraddizione con il supposto principio secondo cui la diversa intensità della colorazione dell’immagine costituisca la fonte per determinare la sua tridimensionalità. Ciò, infatti, non può corrispondere al vero se, come nel caso in esame, venga presa in considerazione la distanza tra il corpo e la sindone che segua l’andamento fortemente ondulatorio del profilo del corpo: è evidente che, in tal caso, detta distanza a nulla serve al fine di individuare la diversa distanza di ogni singolo punto dell’immagine rispetto alla base di appoggio, diversità di distanza che costituisce il necessario presupposto per far emergere il riscontrato effetto tridimensionale. In altri termini, la distanza intercorrente tra il corpo ed il telo che seguisse l’andamento ondulatorio del profilo del corpo di Gesù (come messo in evidenza dalla raffigurazione sottostante) per essere abbastanza aderente allo stesso, a nulla rileva al fine di determinare la diversità della distanza di ogni singolo punto dell’immagine rispetto alla base di appoggio.
Risorto o Scomparso ?
Come è noto, l’ipotesi più accredita, da parte del mondo scientifico, sull’enigma della formazione dell’immagine sulla Sacra Sindone, è quella secondo la quale detta immagine si sia formata a seguito di un forte lampo di luce prodottosi all’atto della Resurrezione di Gesù: tale ipotesi, sia pure ostacolata da innumerevoli incongruenze e contraddizioni, si fa sempre più strada ed, alla fine, rischia di risultare l’unica ritenuta possibile, tanto che alcuni noti sindonologi si sono spinti ad affermare, irresponsabilmente perché in mancanza di valide prove, che ormai appare certa la correlazione (di causa ad effetto) tra il suddetto lampo e l’immagine sindonica.
Va aggiunto, sul punto, che tutti gli scienziati che accettano tale ipotesi hanno, concordemente, affermato che, nelle loro indagini effettuate su basi esclusivamente scientifiche, hanno sempre escluso l’esame di ogni possibile interferenza con eventi sovrannaturali, d’altra parte esclusi anche dalla stessa Chiesa che, inspiegabilmente, non ha mai considerato l’ipotesi che detta immagine possa essere stata formata da un evento miracoloso e sovrannaturale.
Devo ammettere che la suddetta precisazione, da parte degli scienziati che si sono occupati di tale enigma, mi ha sempre lasciato molto perplesso, rilevando, in essa, un’evidente contraddizione: come, infatti, illustri scienziati possono dichiararsi di non prendere in alcun modo in esame eventi miracolosi, quando le loro ricerche sono state sempre rivolte alla verifica se l’immagine fosse stata prodotta da un lampo, prodotto appunto da un evento miracoloso, come quello della Resurrezione di Gesù?
L’attenta lettura di un articolo del Prof. Giuseppe Baldacchini, del 29 marzo del 2018, dal titolo “La Sindone ed un lampo di luce” mi ha, però, chiarito che mi sbagliavo nel pormi quella domanda, riflettendo su di un aspetto, chiaramente esposto in tale articolo che era sfuggito a me, come, devo presumere, anche a tanti illustri sindonologi ed alla stessa Chiesa cattolica.
In tale articolo, il Prof. Baldacchini ha, infatti, chiarito che, per evitare l’esame di un “punto”, considerato addirittura “indesiderato”, costituito da un “fenomeno fantascientifico” come il miracolo della Resurrezione di Gesù, aveva proposto un’altra ipotesi (da tutti accettata) che “si basa sulle leggi della fisica che si conoscono oggi”, che (sono sue parole): “prevede l’Annichilazione di Materia e Antimateria (AMA), che è l’unico processo fisico a nostra conoscenza che permette alla materia di scomparire, e quindi al corpo Gesù Cristo di poter attraversare la Sindone senza lasciare tracce. L’ipotesi AMA prevede la sparizione del corpo tramite un processo di annichilazione con antimateria virtuale poiché l’antimateria come tale non esiste nel nostro universo, e questa virtualità evita che si produca un’esplosione nucleare di proporzioni apocalittiche. Ma alla fine l’evento sindonico è simile al Big Bang, solamente molto più piccolo, e come nel Big Bang venne creata la materia dell’Universo, miliardi di volte meno della energia iniziale equivalente, nella Resurrezione avvenne una esplosione di energia che ha generato un Lampo di Luce, che a sua volta ha impresso nella Sindone l’immagine che ancora oggi si può osservare”.
Tutto (Resurrezione e formazione dell’immagine sindonica) sarebbe, pertanto, avvenuto nel pieno rispetto delle naturali leggi fisiche, al di fuori di ogni intervento “fantascientifico”.
In altri termini, l’ipotesi come sopra suggerita dal mondo scientifico, che il lampo avrebbe prodotto l’immagine sindonica, si basa sul presupposto che la Resurrezione di Gesù venga intesa come semplice Sua sparizione, con tutte le davvero devastanti logiche conseguenze, come descritte da Mikos Starsis, in un suo libro, dal titolo “Risorto o Scomparso ?”: la tesi sostenuta dall’ENEA (e condivisa da illustri sindonologi) secondo la quale l’immagine sindonica sarebbe stata prodotta per l’intervenuto lampo verificatosi al momento della Resurrezione di Gesù, si basa, quindi, sull’inaccettabile presupposto, come testualmente affermato dal Prof. Baldacchini (massimo esponente dell’ENEA) , che detta immagine si fosse impressa sul telo sindonico a seguito dei meccanismi relativi al processo di annichilazione (secondo le naturali leggi della fisica) della massa corporea di Gesù. In altri termini, secondo l’ENEA, Gesù non sarebbe risorto ma solo “sparito” nel nulla, come risultato del suddetto processo di annichilazione della materia che avrebbe solo provocato “un’esplosione di luce, calore e suono”.
Inoltre, a sostegno della sua tesi sull’ipotetico annichilazione del corpo di Gesù (che costituisce, per l’ENEA, l’indispensabile presupposto della formazione dell’immagine sindonica), il Prof. Baldacchini, sempre nell’articolo su citato, aggiunge quanto segue: “Questa ipotesi AMA non si limita a spiegare solamente le proprietà della Sindone che sono state descritte sopra, ma risolve anche l’annosa questione della datazione medievale, circa 1300, del Carbonio-14 diversa da quelle ottenute con altri metodi che riconducono a 2000 anni fa. Infatti l’ipotesi AMA si fonda su processi nucleari che possono aumentare la quantità di carbonio-14 sul telo di lino, ringiovanendo così il tessuto”.
Ciò che davvero lascia perplessi è che, successivamente, il Prof. Baldacchini, evidentemente accorgendosi dell’insostenibilità dell’ affermazione contenuta nel suddetto articolo (sparizione del corpo di Gesù a seguito dell’avvenuta sua annichilazione), in un suo successivo articolo dell’8 maggio del 2022, dal titolo “Il Big Bang della Risurrezione – Mistero della luce”, riproponendo integralmente quanto precedentemente pubblicato, nella frase nella quale parlava della sparizione del corpo annichilito di Gesù avvolto nel lenzuolo, abbia aggiunto questa precisazione: “per poi ricomporsi fuori del lenzuolo”, senza alcuna doverosa spiegazione di tale, sempre ipotetico, stupefacente evento. Quest’ultima precisazione appare, comunque, davvero fantascientifica e assolutamente incomprensibile: non si capisce, infatti, in virtù di quale ignota legge della fisica, un procedimento avviato e concluso naturalmente, “secondo le leggi della fisica che oggi conosciamo” (come quello dell’ipotetica avvenuta annichilazione del corpo cadaverico di Gesù, “avvolto nel lenzuolo”) si possa essere improvvisamente annullato per, poi, “ricomporsi fuori del lenzuolo”, nella precedente situazione (cioè, quella di corpo cadaverico). Ogni commento al riguardo appare, davvero, superfluo.
A tal riguardo, va osservato che, nel libro su citato “Risorto o Scomparso ?” di Mikos Starsis, l’autore, pur condividendo l’ipotesi dell’ENEA, secondo la quale il corpo di Gesù si sarebbe annichilito (tramutandosi in energia) , afferma, senza ombra di dubbio, che il processo di annichilazione debba intendersi come processo irreversibile, nel senso che, una volta realizzata l’annichilazione della materia, non sia possibile un successivo percorso inverso, che, cioè, l’energia si possa “ricomporsi” nella materia che, precedentemente, avesse generato quell’energia, come, invece, supposto dal Prof. Baldacchini, nell’articolo su riferito del 2022.
Concludendo, a parte la considerazione che l’ipotesi dell’avvenuta annichilazione del corpo di Gesù (in sostituzione della Sua Resurrezione) – ancorché ammissibile, in presenza, comunque, di particolarissime condizioni, “secondo le leggi della fisica oggi conosciute” – è assolutamente priva di alcuna valida prova e, pertanto, debba essere considerata davvero “fantascientifica”, detta ipotesi, in quanto, in evidente contrasto con la Verità evangelica, deve necessariamente essere ritenuta decisamente eretica e, quindi, inaccettabile da parte della Chiesa cattolica: da ciò ne consegue l’improponibilità di ogni studio e ricerca che partano da tale imprescindibile presupposto, come le ipotesi formulate dall’ENEA, oggetto di approfonditi esami e sperimentazioni, anche se, inconsapevolmente, sostenuti da illustri sindonologi di dichiarata fede cattolica.
Gent.mo Prof. Pier Angerlo Piai, le trascrivo qui sotto la risposta del prof. Baldacchini e la mia pronta replica. Mi sembra che si sia davvero toccato il fondo………………………….. Cordialmente: Federico Pellettieri.
A me però sembra che il signor Federico Pellettieri abbia fatto un poco di confusione.
I miei studi possono esser divisi in due parti. Nella prima, lampo di luce, ho (anzi abbiamo) dimostrato che l’immagine sindonica può essere prodotta da un fascio di luce UV molto breve e potente, e questo è un risultato scientifico che può essere controllato anche in altri laboratori. La seconda, ipotesi AMA, è un tentativo di spiegare nel modo più razionale e scientifico possibile cosa possa essere accaduto in una tomba di Gerusalemme circa 2000 anni fa. Infatti non c’è stato solo un lampo di luce proveniente dal corpo avvolto nel lenzuolo funebre, Sindone, ma anche altro. Quindi FP, deve prendere la prima parte come un risultato scientifico, mentre la seconda parte è solo una proposta tutta da verificare, anche se si basa sulle attuali conoscenze scientifiche e arriva ad alcune conseguenze che sono state verificate. Lasciamo stare i miracoli fuori da questa discussione.
Cari saluti, Giuseppe
La risposta del Prof. Baldacchini mi lascia davvero perplesso.
Non riesco, infatti, a capire in quale “confusione” io sia caduto, dato che il prof. Baldacchini non ha assolutamente risposto alla mia semplicissima domanda: come, cioè, possa ritenersi possibile (in occasione del lampo scaturito dalla Resurrezione, avvenuto, sulla base delle sue testuali parole, come effetto e, comunque, alla fine del complicato ipotetico processo nucleare) l’impressione dell’ immagine di un corpo che, in quel momento, non era più visibile, in quanto totalmente annichilito.
Prendo inoltre atto che, finalmente, il prof. Baldacchini afferma che la sua ipotesi (AMA, consistente nell’annichilazione-smaterializzazione del corpo di Gesù) sia da considerarsi (sempre, quindi, nell’ambito di una mera ipotesi) “solo una proposta tutta da verificare”, nel “tentativo di spiegare nel modo più razionale e scientifico possibile cosa possa essere accaduto in una tomba di Gerusalemme circa 2000 anni fa”, ridimensionando, così , se non annullando del tutto, quanto precedentemente affermato nell’articolo dell’aprile 2022 dal roboante e clamoroso titolo: “E io, fisico vi dico: così il corpo di Gesù si è smaterializzato”.
L’evoluzione della pretesa annichilazione del corpo di Gesù, secondo l’ipotesi del Prof. Giuseppe Baldacchini
Facendo seguito al mio articolo “Risorto o Scomparso”, pubblicato nella mia pagina Facebook “Riflessioni su fede e morale cattoliche di Federico Pellettieri”, ho di recente posto al Prof. Giuseppe Baldacchini, tramite il sito “La lampadina”, la seguente domanda:
“Se è vero che – nel processo di annichilimento del Corpo di Gesù che, sono sue parole, “permette alla materia di scomparire” e, quindi, rende non più visibile il Corpo di Gesù – “all’inizio c’è la Materia del Corpo di Gesù, mentre alla fine c’è una esplosione di Luce” che ha consentito la formazione dell’immagine sindonica, come è stata possibile l’impressione dell’immagine di un Corpo che, in quel momento, era “scomparso”?
A tale domanda, il Prof. Baldacchini, tramite la “Redazione controluce” del suddetto sito, mi ha così risposto:
“A me però sembra che il signor Federico Pellettieri abbia fatto un poco di confusione.
I miei studi possono esser divisi in due parti. Nella prima, lampo di luce, ho (anzi abbiamo) dimostrato che l’immagine sindonica può essere prodotta da un fascio di luce UV molto breve e potente, e questo è un risultato scientifico che può essere controllato anche in altri laboratori. La seconda, ipotesi AMA, è un tentativo di spiegare nel modo più razionale e scientifico possibile cosa possa essere accaduto in una tomba di Gerusalemme circa 2000 anni fa. Infatti non c’è stato solo un lampo di luce proveniente dal corpo avvolto nel lenzuolo funebre, Sindone, ma anche altro. Quindi FP, deve prendere la prima parte come un risultato scientifico, mentre la seconda parte è solo una proposta tutta da verificare, anche se si basa sulle attuali conoscenze scientifiche e arriva ad alcune conseguenze che sono state verificate. Lasciamo stare i miracoli fuori da questa discussione.
Cari saluti, Giuseppe”.
Immediata è stata la mia replica:
“La risposta del Prof. Baldacchini mi lascia davvero perplesso.
Non riesco, infatti, a capire in quale “confusione” io sia caduto, dato che il prof. Baldacchini non ha assolutamente risposto alla mia semplicissima domanda: come, cioè, possa ritenersi possibile (in occasione del lampo scaturito dalla Resurrezione, avvenuto, sulla base delle sue testuali parole, come effetto e, comunque, alla fine del complicato ipotetico processo nucleare) l’impressione dell’ immagine di un corpo che, in quel momento, non era più visibile, in quanto totalmente annichilito.
Prendo inoltre atto che, finalmente, il prof. Baldacchini afferma che la sua ipotesi (AMA, consistente nell’annichilazione-smaterializzazione del corpo di Gesù) sia da considerarsi (sempre, quindi, nell’ambito di una mera ipotesi) “solo una proposta tutta da verificare”, nel “tentativo di spiegare nel modo più razionale e scientifico possibile cosa possa essere accaduto in una tomba di Gerusalemme circa 2000 anni fa”, ridimensionando, così , se non annullando del tutto, quanto precedentemente affermato nell’articolo dell’aprile 2022 dal roboante e clamoroso titolo: “E io, fisico vi dico: così il corpo di Gesù si è smaterializzato”.
Per necessaria chiarezza, ritengo opportuno sintetizzare in che cosa consista, per il Prof. Baldacchini, la sua ipotesi di annichilimento del corpo di Gesù avvolto nella Sindone che ha prodotto il lampo di luce che ha consentito l’impressione dell’immagine di Gesù sulla Sindone.
Il pensiero del Prof. Baldacchini emerge sostanzialmente dai suoi seguenti scritti che dovrebbero essere letti attentamente:
marzo 2012: “Religioni, Cristianesimo e Sindone”, in www.sindone.info/BALDAK.PDF,
marzo 2018: “La Sindone ed un lampo di luce”, in www.controluce.it/la-sindone-e-un-lampo-di-luce/,
aprile 2022: “Ed io fisico vi dico come il corpo di Gesù si è smaterializzato”, in ne-e-io-fisico-vi-dico-cosi-il-corpo-di-gesu-si-e-smaterializzato/ , www.aldomariavalli.it/2022/04/13/nuove-ipotesi-scientifiche-sulla-sindo
maggio 2022: “Il big bang della Risurrezione”, in www.controluce.it/il-big-bang-della-risurrezione/ .
In brevissima sintesi, secondo il Prof. Baldacchini – “lasciando stare i miracoli fuori da questa discussine” e, quindi, credendo fermamente che qualsiasi evento, anche se apparentemente straordinario, possa e debba trovare la sua soluzione solo con esclusivo riferimento alle normali leggi fisiche oggi conosciute – l’immagine sindonica sarebbe stata prodotta dal forte lampo scaturito dalla reazione nucleare che sarebbe avvenuta nel sepolcro di Gesù per l’incontro della materia (corpo di Gesù) con antimateria che avrebbe provocato l’annichilazione del Suo corpo con l’esplosione di energia, tramutatasi “in luce, calore e suono”: nulla viene precisato su come detta antimateria ( che in natura non esiste ed attualmente può essere generata solo in laboratorio) si sarebbe trovata nel sepolcro di Gesù. In via generale, comunque, il Prof. Baldacchini si è esplicitamente riservato di chiarire ogni residuo dubbio “a tempo debito”. La suddetta energia, sempre secondo il prof. Baldacchini, si sarebbe poi ricomposta, fuori della Sindone ed in un altro luogo non meglio precisato per ritornare nella precedente situazione (quella, cioè, di corpo cadaverico?).
In considerazione del fatto che la suddetta reazione avrebbe comportato un’esplosione di energia di apocalittiche dimensioni, tali da distruggere l’intera città di Gerusalemme, il Prof. Baldacchini, rettificando il suo pensiero, chiarisce che l’incontro della materia (sempre il corpo di Gesù) non è avvenuto con antimateria, ma con antimateria “virtuale”, che è un tipo di antimateria, così chiamata, per l’estrema brevità della sua sopravvivenza, tanto da non essere fisicamente percepibile, producendo esplosioni di ridottissime dimensioni, rendendo, così, ancora più difficile comprendere la sua presenza nel sepolcro di Gesù. Evidentemente, non soddisfacendo dette pur ridottissime dimensioni dell’esplosione, il prof. Baldacchini, ulteriormente correggendosi, al fine di ridurre al massimo gli effetti di detta esplosione, fa ricorso ad un’altra ipotesi: l’annichilazione ipotizzata sarebbe “consistita nella trasformazione di una piccolissima frazione della Materia del corpo di Gesù” (v. articolo dell’aprile 2022).
A prescindere dalle ulteriori considerazioni, è appena il caso di rilevare come l’ipotesi, nei termini come sopra descritti, costituisca un vero e proprio irriverente scempio di quello straordinario e sovrannaturale evento della Resurrezione di Gesù che, escludendo ogni annichilazione/distruzione del Suo corpo, costituisce un imprescindibile fondamento della nostra fede sulla realtà della Sua trasfigurazione in un Corpo Glorioso, resosi invisibile a tutti, fatta eccezione a quanti Lui stesso avesse voluto apparire e che attraversava i muri e le porte senza aprirle, e si faceva fisicamente toccare dai suoi discepoli con i quali aveva anche mangiato.
Il prof. Baldacchini, comunque, evidentemente ritenendosi, come fisico, persona in grado di spiegare ogni cosa, ha continuato sempre ad insistere nell’affermare che la sua tesi dell’annichilazione è fondata sulle attuali conoscenze scientifiche, affermando, inoltre, con una frase che genera solo confusione, che “nella notte tra il sabato 8 e la domenica 9 aprile del 33 (o 30) d.C. in una tomba di Gerusalemme è avvenuto un fatto singolare che da allora è stato sempre ricordato nel variegato mondo del Cristianesimo con il nome di Resurrezione”. Sempre secondo il Prof. Baldacchini, le sue tesi arrivano anche “ad alcune conseguenze che sono state verificate” ed, a quest’ultimo riguardo, fa riferimento a quanto lui stesso ha potuto verificare nell’esame degli effetti che il processo nucleare da lui ipotizzato avrebbe prodotto sul ringiovanimento del telo sindonico.
Secondo la sua ipotesi, infatti, detto processo nucleare intervenuto sul corpo di Gesù, sulla base di una lunga serie di formule (per i più assolutamente incomprensibili) avrebbe comportato , sul telo sindonico che aderiva al corpo di Gesù, “un flusso isotropo di neutroni che ha ringiovanito il tessuto di circa 1300 anni, che, quindi, a una datazione con il Carbonio 14, fornisce una datazione medievale”.
La verifica di tale calcolo e, quindi, della sua validità la fornisce, sempre secondo il prof. Baldacchini, la seguente constatazione.
L’esame con il Carbonio 14 effettuato sul sudario che era nel sepolcro di Gesù ha dato, infatti, un risultato diverso rispetto a quello della Sindone, con un ringiovanimento di molto inferiore (700 anni circa): ciò sarebbe stato determinato dal fatto che detto sudario, “in accordo con il vangelo di Giovanni”, non era in aderenza con il corpo di Gesù ma era posto non per terra, in un luogo a parte, ad una distanza, calcolata sorprendentemente “con un semplice calcolo fisico e matematico” (sono sempre parole del Prof. Baldacchini) in 15 centimetri.
Tutta la costruzione logica come sopra fornita dal prof. Baldacchini è, però, inaccettabile perché errata.
Quanto raccontato nel vangelo di Giovanni (20, 6- 7) con riferimento a ciò che videro Pietro e lo stesso Giovanni (“giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”) è infatti frutto di un macroscopico errore di traduzione da parte di chi (San Girolamo) aveva, a suo tempo, provveduto alla traduzione dell’originario testo greco in latino.
Infatti, valenti esperti grecisti, concordemente hanno riscontrato (v. il mio articolo, di oltre 10 anni fa, dal titolo “Cosa vide Giovanni nel Sepolcro vuoto”, al n. 69 del mio sito www.fedepell.it, nel quale questo argomento è diffusamente trattato, riprendendo ricerche effettuate da numerosi cultori della lingua greca antica) che quanto riferito sul sudario, indicato come :“piegato in luogo a parte” risulta frutto di un’autentica invenzione da parte del traduttore, il quale, forse non riuscendo a capire bene il senso della frase, aveva scelto la strada di un’interpretazione “a senso” che, in definitiva, ha falsato il contenuto delle parole usate che, invece, andavano lette diversamente, con una traduzione letterale. In particolare il termine “piegato” andava, quindi, correttamente tradotto con “ravvolto” su sé stesso, mentre l’indicazione: “in luogo a parte” andava invece tradotta: “lì dove era” prima. Il sudario, cioè, che era stato posto intorno al “capo” (e non sul viso, come quello utilizzato per la sepoltura di Lazzaro) a scopo di mentoniera per mantenere la bocca chiusa si veniva, quindi, a trovare, al momento dell’entrata nel sepolcro di Pietro e Giovanni, nell’identica posizione nella quale si trovava al momento della deposizione del corpo di Gesù, cioè dentro e non fuori della Sindone, in stretto contatto con il corpo di Gesù. La sindone, quindi, si doveva presentare agli occhi di Pietro e Giovanni con un rigonfiamento all’altezza del viso di Gesù che stava a dimostrare che il suo corpo non poteva essere stato trafugato, dato che, in tal caso, il sudario (che avvolgeva il capo di Gesù) sarebbe uscito fuori dalla sindone.
La considerazione – secondo la quale, invece, il sudario si trovasse al di fuori della Sindone e, pertanto, non a contatto del corpo di Gesù – ipotesi, quest’ultima che, secondo il prof. Baldacchini avrebbe costituito una decisiva prova della fondatezza e validità dei suoi calcoli ed ipotesi, costituisce, allora, una volta accertato il macroscopico errore come sopra evidenziato, un vero e proprio cavallo di Troia, demolitore, pertanto, di una mastodontica impalcatura messa in atto per dimostrare l’indimostrabile che, cioè, l’immagine sindonica possa essere stata prodotta da un lampo di luce generata dall’annichilazione del corpo di Gesù.
Devo, inoltre, precisare che in quest’ultimo mio articolo, avevo esplicitamente affermato di condividere alcune ipotesi formulate dal Prof. Baldacchini, non conoscendo, a quel tempo, le ulteriori e più dettagliate puntualizzazioni emergenti dagli articoli successivamente pubblicati dal Prof. Baldacchini, con particolare riferimento a quelli dell’aprile e del maggio 2022, quest’ultimo avente il titolo molto ambiguo di: “Il big bang della Risurrezione”.
Per concludere, è sorprendente e, comunque, apre le porte ad un auspicabile suo ripensamento rispetto all’iniziale affermazione (“Lasciamo stare i miracoli fuori da questa discussione”), quanto ha scritto il prof. Giuseppe Baldacchini e che qui trascrivo, a conclusione di uno degli ultimi suoi articoli.
“In ogni caso, qualunque potrà essere l’esito finale di questi studi, rimarrà sempre un aspetto inspiegabile del processo della Resurrezione. Infatti, l’ipotesi AMA è in grado di descrivere come si sia formata l’IC e come il corpo sia diventato trasparente alla Sindone, ma non come un corpo morto possa essere riportato in vita. E’ chiaro però che se Cristo era il figlio di Dio, come molte circostanze tendono a indicare, allora questa difficoltà umana trova la semplicissima spiegazione dell’intervento divino, cioè un miracolo. Infatti, cosa impedisce a Dio di fare in 10 miliardesimi di secondo, la RESURREZIONE, quello che aveva già fatto in 10 miliardi di anni, la VITA?”.
Sacra Sindone: l’eresia di un raggio ultravioletto
Sull’enigma della formazione dell’immagine presente sulla Sacra Sindone ed a prescindere dal fatto di aver la presunzione di aver sufficientemente dimostrato nel mio blog,https://lenigmadellasacrasindone.it , l’impossibilità che detta impressione possa essere avvenuta, al di fuori di qualsiasi intervento soprannaturale, secondo leleggi fisiche oggi conosciute, mi sembra lecito formulare le seguenti considerazione dato che parecchi sindonologi, anche di fama internazionale, continuano a ritenere che l’immagine sindonica possa essere stata prodotta da un raggio ultravioletto, scaturito dal corpo di Gesù, al momento della sua Resurrezione.
Il ricorso ad un raggio ultravioletto è giustificato dalla considerazione che solo un raggio di questo tipo possiede quelle particolari caratteristiche ritenute necessarie per poter avanzare, almeno in via di ipotesi, la possibilità di detta impressione di immagine: sta, di fatto, però che tale raggio è producibile solo artificialmente, facendo ricorso a specifiche apparecchiature la cui presenza, nel sepolcro di Gesù, deve necessariamente escludersi.
Il superamento della suddetta difficoltà venne proposto qualche anno addietro dal Prof. Giuseppe Baldacchini, noto e molto stimato fisico del centro ENEA di Frascati che, già da diversi anni, aveva cercato di risolvere, con massimo impegno, l’enigma della formazione dell’immagine sindonica.
Il Prof. Baldacchini partendo, infatti, dalla considerazione che raggi ultravioletti vengono prodotti naturalmente anche in un solo caso, quello di un esplosione nucleare, determinata dall’incontro della materia con l’antimateria, proponeva la seguente sua ipotesi, precisando, comunque, che si trattava solo di un suo studio da sottoporre, comunque, a tutte le verifiche del caso.
Così scrive Federico Pellettieri:
In un articolo dell’aprile 2022 dal titolo: “Ed io fisico vi dico come il corpo di Gesù si è smaterializzato”, il Prof. Baldacchini – “lasciando stare i miracoli fuori da questa discussine” e, quindi, credendo fermamente che qualsiasi evento, anche se apparentemente straordinario, possa e debba trovare la sua soluzione solo con esclusivo riferimento alle normali leggi fisiche oggi conosciute –spiegava come l’immagine sindonica sarebbe stata prodotta dal forte lampo scaturito dalla reazione nucleare che sarebbe avvenuta nel sepolcro di Gesù per l’incontro della materia (corpo di Gesù) con antimateria che avrebbe provocato l’annichilazione del Suo corpo con l’esplosione di energia, tramutatasi “in luce, calore e suono”: nulla veniva, comunque, precisato su come detta antimateria ( che in natura non esiste ed attualmente può essere generata solo in laboratorio) si sarebbe, casualmente, trovata nel sepolcro di Gesù.
Va, al riguardo, rilevato come la previsione, nell’ipotesi formulata dal Prof. Baldacchini, dell’annichilazione del corpo di Gesù con la conseguente sua smaterializzazione e sparizione, in quanto trasformatosiin energia, dalla quale sarebbe scaturito il lampo ultravioletto che avrebbe consentito l’impressione dell’immagine sindonica, costituisce una chiara ed inequivocabile negazione della Sua Resurrezione, in evidente contrasto con quanto, da sempre, insegnatoci dalla teologia dogmatica della chiesa cattolica.
Va, comunque, aggiunto che, a seguito delle conseguenti sperimentazioni eseguite presso i laboratori dell’ENEA, il Prof. Baldacchini non ha potuto fare altro che prendere atto degli assai deludenti risultati ottenuti (ampiamente decritti nel su citato mio blog), tanto che il suo noto collega, Prof. Paolo Di Lazzaro, esplicitamente dichiarò che l’enigma della formazione dell’immagine sindonica rimaneva irrisolto, aggiungerei, in via definitiva.
Purtroppo assistiamo, ancora oggi, alla caparbietà, da parte di alcuni sindonologi, nel ribadire il loro convincimento, ormai privo di qualsiasi valido supporto, nel ritenere l’immagine sindonica quale effetto di un raggio ultravioletto, con ciò assumendo, di fatto e per quanto sopra detto sull’esclusiva origine di detto raggio, un comportamento chiaramente eretico.
Inaffidabilità di un nuovo tipo di ricerca sulla datazione dellaSacra Sindone
A proposito della datazione della Sacra Sindone è di questi giorni una notizia apparentemente davvero clamorosa: il Prof. Liberato De Caro dell’Istituto di Cristallografia di Bari avrebbe dimostrato che la datazione del suddetto sacro telo è di circa 2000 anni fa: come viene, infatti, riferito da numerosi organi di informazione: “ sulla base dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno stabilito che la Sindone sarebbe stata conservata a circa 23 gradi e con un’umidità relativa del 55% per 13 secoli prima di giungere in Europa”.
La suddetta notizia, nei termini come sopra riferiti, è ben diversa dalla obbiettiva verità: già in data 22 aprile 2022 il Prof. De Caro, a conclusione delle sue indagini, aveva testualmente dichiarato che era, comunque, da “sottolineare che la nostra analisi ha dimostrato che, affinché il tessuto TS avesse circa 20 secoli, avrebbe dovuto essere necessariamente mantenuto a una temperatura secolare media il XIV secolo” di circa 22,5 e un’umidità relativa media del 55 % per 13 secoli precedenti”.
Va, al riguardo, precisato, come del resto fatto correttamente presente dallo stesso Prof. De Caro, che il metodo usato (denominato Waxs) per determinare l’età di un determinatopezzo di tessuto si basa sulla misura del “degrado strutturale per invecchiamento naturale della cellulosa che compone le fibre dei fili di lino: in tal modo, è possibile datare con l’analisi a raggi X gli antichi tessuti da cui i campioni sono stati prelevati”. E’, inoltre, da tener presente (sono sempre precisazioni fornite dalProf. De Caro) che la suddetta degradazione della cellulosa è notevolmente influenzata dalla temperatura ed umidità riscontrate in tutto il tempo di conservazione del pezzo analizzato, sicché, per meglio chiarire tale concetto, una temperatura di conservazione più elevata determina un’accelerazione della sua degradazione. E’ evidente, quindi, che due pezzi di stoffa (pur avendo la stessa origine sia di luogo che di tempo) debbano presentare una diversa degradazione se conservati, per tutto il tempo considerato, a temperature diverse.
Nel nostro caso, l’attribuzione di una datazione risalente a 2000 anni fa alla Sacra Sidone risulta effettuata sulla base di un raffronto della degradazione di un campione di stoffa della Sindonecon un campione rinvenuto in una roccia di una località del Mar Morto (Masada) avente una data di origine validamente accertata (primo secolo dopo Cristo): avendo riscontrato che entrambi presentavano le stesse caratteristiche di degradazione, i ricercatori sono pervenuti alla conclusione di attribuirne la stessa datazione di origine.
Tale accostamento non sembra accettabile, sulla base delle precedenti osservazioni: infatti, l’attribuzione (come risulta presa in considerazione dai ricercatori di Bari) di una temperatura di 23 gradi per 13 secoli precedenti l’apparizione della Sindone, corrispondente a quella riscontrata sul pezzo di stoffa rinvenuto a Masada (una delle località più calde di tutto il pianeta) appare assolutamente inaccettabile dato che, mentre il pezzo di stoffa di Masada è stato permanentemente fermo in detta località in tutto il lunghissimo tempo trascorso, lo stesso non può assolutamente ipotizzarsi per la Sacra Sindone che, sicuramente, è stata spostata in diversi paesi, mai identificati con certezza, e con temperature medie comunque diverse da quelle, iniziali, di 23 gradi.
Le stesse osservazioni valgono, comunque, anche per i 700 anni successivi: per tale periodo risulta, infatti, attribuita (sempre in via del tutto presuntiva) una temperatura media di circa 8-9 gradi, anche questa inaccettabile. Basti considerare che la temperatura media della città di Torino è di circa 11 gradi, comunque riferita all’esterno e non ad un luogo chiuso e che, comunque, da vari decenni, nella teca che custodisce il sacro telo viene costantemente mantenuta (con l’ausilio di due condizionatori istallati a cura del Cardinale Giovanni Saldarini) a circa 20 gradi.
Sulla base di quest’ultima considerazione, appare davvero molto strano quanto ha affermato il Prof. Liberato De Caro sostenendo che “è stata una fortuna che la TS sia stata portata in Europa sette secoli fa. In effetti, la nostra analisi ha dimostrato che, dal XIV secolo fino a oggi, l’invecchiamento naturale della cellulosa del lino della TS è stato molto basso, a causa delle basse temperature medie secolari europee, (come sopra erroneamente supposte in 8-9 gradi ) impedendo così all’immagine corporea della TS di scomparire completamente, cosa che sarebbe accaduta a una temperatura media secolare di 22,5 °C. (con un intervallo consentito di 20-22,50 °C)………. Pertanto, per caso, solo la storia recente della TS in Europa ha impedito che il lino della TS ingiallisse completamente e che l’immagine della TS scomparisse completamente”; pertanto,essendo, attualmente, la Sacra Sindone conservata alla temperatura di circa 20 °C, la stessa sarebbe destinata (secondo il Prof. De Caro), anche se non nel breve periodo, a “scomparire completamente”.
Concludendo, sussistono valide ragioni per nutrire seri dubbi sull’affidabilità del sistema ideato dal Prof. De Caro, in mancanza di una valida indicazione dell’effettiva temperatura alla quale il Sacro telo è stato custodito per un così lungo periodo.
12 novembre 2024
La Resurrezione di Gesù e l’autenticità della miracolosa immagine sindonica.
Ritengo opportuno premettere alcune ulteriori argomentazioni a sostegno dell’inaffidabilità del metodo del Prof. Liberato De Caro, al fine di determinare la datazione di origine della Sacra Sindone ritenuta, a torto dai più, indispensabile per poter affermare l’autenticità dell’immagine sindonica.
Partendo dal presupposto, generalmente accettato, che il risultato di qualsiasi ricerca scientifica debba essere considerato inaffidabile qualora, in assenza della conoscenza di uno o più elementi necessari per il suo svolgimento, il ricercatore fosse costretto a ricorrere a semplici supposizioni, appare consentito formulare le seguenti argomentazioni.
Come dichiarato dal Prof. De Caro, in assenza della conoscenza della temperatura alla quale fosse stato custodito il telo sindonico che, unitamente al degrado osservato, avrebbe consentito di determinare il periodo di tempo di detta custodia, “è interessante sottolineare che la nostra analisi ha dimostrato che, affinché il tessuto TS avesse circa 20 secoli, avrebbe dovuto essere necessariamente mantenuto a una temperatura secolare media di circa 22,5 ± 0,5 °C e un’umidità relativa media del 55 ± 5% per 13 secoli precedenti il XIV secolo”, per un periodo, cioè, solo supposto e che costituisce oggetto della ricerca.
Tutto ciò, nei termini sopra esposti, non dimostra nulla, dato che l’esistenza della Sindone per 13 secoli prima della sua apparizione, proprio perché è oggetto della ricerca, non può logicamente essere presupposto, al fine di stabilire quale sarebbe stato il livello medio di temperatura, per tale ipotetico periodo, per ottenere l’invecchiamento osservato: se, infatti, si presupponesse, sempre per mera ipotesi, una esistenza, prima dell’apparizione nel 1300, di soli 10 secoli otterremmo, col metodo De Caro, l’indicazione di quale sarebbe stato il diverso livello medio di temperatura per tale, sempre ipotetico, periodo per ottenere l’invecchiamento osservato, ma mai l’indicazione dell’effettivo periodo di tempo dell’esistenza della Sindone, prima della sua apparizione. E’ evidente che tutto ciò non dimostra nulla, proprio perché non si conosce se ed in quale misura sia intercorso l’eventuale periodo di tempo di conservazione del telo sindonico precedente il XIV secolo, né, conseguentemente, l’effettivo livello di temperatura alla quale sia stato tenuto il telo sindonico in detto, sempre ipotetico, periodo; solo conoscendo tale temperatura, infatti, si potrebbe pervenire, sulla base del sistema ideato dal Prof. De Caro, alla determinazione del tempo occorrente per ottenere l’invecchiamento osservato: appare, infatti, molto discutibile pretendere di ottenere l’indicazione della temperatura media di conservazione (che, unitamente al degrado osservato, serva per la determinazione del periodo di tempo dell’eventuale presenza della Sindone prima della sua apparizione) ipotizzando in 13 secoli l’esistenza della Sindone prima della sua apparizione, una condizione, cioè, che costituisce, invece, come già detto, l’oggetto della ricerca, per poi utilizzare l’indicazione della temperatura, così ottenuta, al fine di ottenere la conferma dell’ipotesi dell’esistenza della Sindone sin da 13 secoli prima della sua apparizione. Il Prof. De Caro, comunque, non ha mai indicato espressamente il livello medio di temperatura ed umidità necessari per determinare l’ammontare complessivo di degrado riscontrato sul telo sindonico, ipotizzando il periodo di esistenza della Sacra Sindone limitato al solo periodo intercorrente dal XIV secolo ai nostri giorni.
D’altra parte, per lo stesso motivo, inaccettabile appare anche ipotizzare detta temperatura sulla base delle temperature delle varie località nelle quali, sempre presumibilmente, avrebbe sostato la Sindone nel suo peregrinare per 13 secoli.
Inoltre, il Prof. De Caro, sempre nella sua relazione su richiamata, testualmente afferma che la sua “analisi ha dimostrato che, dal XIV secolo fino a oggi, l’invecchiamento naturale della cellulosa del lino della TS è stato molto basso, a causa delle basse temperature medie secolari europee, impedendo così all’immagine corporea della TS di scomparire completamente, cosa che sarebbe accaduta a una temperatura media secolare di 22,5 °C.” E’ facile replicare che tutto ciò sarebbe vero se la temperatura di conservazione della Sindone, durante i sette secoli di permanenza in Europa, fosse stata riscontrata effettivamente pari alle “basse temperature secolari europee” (8-9 gradi), cosa, invero, inaccettabile, dato che le suddette “basse temperature europee” si riferiscono a temperature all’aperto e non all’interno di una teca conservata in un luogo chiuso; nello stesso tempo dimostra, sempre secondo il fisico De Caro, che, se fosse stata di 22,5 gradi (cosa più che possibile, ovvero, anche diversa e, comunque, pari al doppio di quella come sopra ipotizzata), l’immagine sarebbe scomparsa, sommando la degradazione realizzata per 700 anni alla degradazione per il periodo precedente di 13 secoli, con ciò, implicitamente, mettendo in seri dubbi, in tale ipotesi, la sussistenza stessa di un ulteriore degrado conseguente al, mai dimostrato, precedente periodo di esistenza della Sindone, oltre i noti sette secoli.
Concludendo, sembrerebbe che il Prof. De Caro, con il suo nuovo metodo per la misurazione dell’età della Sindone, al fine di dimostrare la sua esistenza per i 13 secoli precedenti la sua apparizione, involontariamente, cadendo in un evidente corto circuito, sia pervenuto alla dimostrazione di un risultato opposto.
Non può, comunque, sottacersi che, obbiettivamente, non sussistono validi elementi di prova a sostegno che la Sacra Sindone di Torino abbia 20 secoli di vita, né, pertanto, che abbia effettivamente avvolto il corpo di Gesù morto e risorto.
Per completezza di esposizione va, invece, aggiunto che sussistono valide ed inconfutabili argomentazioni, esplicitamente qui richiamando quanto già esposto nei miei precedenti articoli, che escludono che l’immagine sindonica possa essere stata impressa sul sacro telo, sia con riferimento alla posizione del corpo di Gesù in stato cadaverico, sia a quella di Gesù risorto: basti qui ricordare che l’immagine del corpo di Gesù in stato cadaverico (avvolto dalla Sindone e tenuto ben stretto dalle sovrastanti fasce) risulta incompatibile con un’immagine prodotta (come unanimemente accertato ed accettato) per proiezione e non per contatto e che l’immagine di Gesù risorto risulta inaccettabile per le seguenti argomentazioni: riflettendo, infatti, sulla differenza tra la resurrezione di Lazzaro e quella di Gesù e quanto riferito nei Vangeli sull’apparizione di Gesù Risorto solo nei confronti di quanti Lui stesso avesse voluto apparire, mi sembra consentito formulare la seguente considerazione.
Mentre, nella resurrezione di Lazzaro, il suo corpo, pur sempre mortale, miracolosamente tornò in vita rimanendo sottoposto alle leggi naturali, nella Resurrezione di Gesù, invece, il Suo Corpo Glorioso assunse una Sua nuova veste assolutamente al di fuori delle leggi naturali, rendendolo invisibile e, pertanto, deve escludersi qualsiasi effetto che fosse stato prodotto, secondo le naturali leggi della fisica, da tale Corpo: di ciò ne è la riprova il fatto che, dopo la Sua Resurrezione, il Suo Corpo divenne visibile solo a quanti avesse Lui stesso consentito di essere visibile. Se, pertanto, i discepoli ai quali Gesù era apparso avessero potuto disporre di un apparecchio fotografico per fotografarlo, non avrebbero potuto fotografare un bel niente, se non con un esplicito Suo consenso.
Non va, inoltre, sottaciuto che tutti gli affannosi e, purtroppo, vani tentativi messi in atto dai vari ricercatori al fine di pervenire ad un risultato che non verrà mai conseguito, quello cioè di dimostrare che il telo sindonico di Torino abbia 20 secoli di vita e che abbia avvolto il corpo di Gesù, trovano una loro giustificazione nell’errata considerazione che queste ultime condizioni costituiscano un presupposto indispensabile per definire autentica l’immagine sindonica.
In tale prospettiva, sempre al fine di dimostrare l’autenticità dell’immagine sindonica, si è assistito ad un notevole proliferarsi di scienziati e sindonologi che si sono profusi, con la produzione di un ingente mole di pubblicazioni, a proporre una lunga serie di ricerche e studi, puntualmente finiti nel dimenticatoio, in quanto inconcludenti ovvero ampiamente contestati, provocando, così, solo confusione e disorientamento con la conseguenza di rinvigorire la voce di una consistente schiera di malevoli denigratori, sempre pronti a metter in evidenza l’inconsistenza di detti tentativi ed alimentare, conseguentemente, la tesi del falso medioevale.
A tutto ciò va, inoltre, aggiunto, che risulta ormai accertato, come già in precedenza messo in evidenza, che l’immagine del Corpo di Gesù impressa sulla sacra Sindone, oltre a non poter essere considerata come un falso medioevale, non può essere stata prodotta per contatto con il Suo corpo in stato cadaverico, né per proiezione, come effetto, secondo le normali leggi della fisica, della Sua Resurrezione, come del resto concordemente affermato dal mondo scientifico che l’ha definita assolutamente inspiegabile per l’ulteriore emergenza di una lunga serie di incongruenze ed incompatibilità nei confronti delle naturali leggi fisiche, fino a pervenire, da parte degli stessi ricercatori, alla conclusione che detta immagine, da un punto di vista scientifico, non possa esistere, tanto da definirla davvero “impossibile”.
E’ evidente, pertanto, l’inconsistenza dell’ostinazione di ancora molti scienziati e sindonologi nel ritenere necessari più approfonditi studi e nuove ricerche che trovano la loro giustificazione solo nell’infondato convincimento che tutto ciò che accade debba necessariamente essere ricondotto nell’ambito delle naturali leggi fisiche, ivi compreso anche ciò che, invece, è sacro e sovrannaturale: quanto, poi, alle numerose incongruenze ed incompatibilità con le leggi fisiche difficilmente superabili che sono emerse nell’approfondito esame dell’immagine sindonica, sembrerebbe che le stesse fossero intervenute non a caso, bensì predisposte ad indirizzare i suddetti scienziati e sindonologi, al fine di risolvere l’annoso enigma della formazione dell’immagine sindonica, alla ricerca del suo vero Autore, identificandolo in quell’unica Persona sottratta, appunto, alle suddette leggi fisiche.
Tutto ciò premesso, dato che la Sacra Sindone, la cui autenticità va, pertanto, correttamente riferita all’immagine e non al telo sul quale detta immagine risulta impressa, non è un oggetto immaginario ma è realmente presente a Torino, e, necessariamente, un autore dell’immagine ivi impressa debba pur esserci, escludendo che si possa essere formata accidentalmente ovvero per altre cause la cui ricerca non abbia, comunque, conseguito alcun effetto, l’autenticità di detta immagine va correttamente ricercata non nella pretesa ed indimostrabile prova della coincidenza della sua data di origine con quella della Resurrezione di Gesù (che, comunque, nulla proverebbe senza aver risolto il problema principale, quello, cioè, della formazione dell’immagine), ma per quello che realmente è, pervenendo, così, ad un’ unica possibile conclusione: che, cioè, si tratta di una immagine, di incerta datazione, miracolosamente attuata da nostro Signore Gesù Cristo per Sua esplicita volontà, come del resto già dallo stesso preannunciato, di lasciare un segno tangibile che mirabilmente e contestualmente parlasse, con modalità e tempi da Lui scelti, della Sua Passione, Crocifissione, Morte e Resurrezione, nulla rilevando, al riguardo, se attuato in un momento immediatamente successivo alla Sua Resurrezione e, pertanto, sul telo che lo aveva avvolto, ovvero, eventualmente, in un momento ulteriormente successivo, fino alla sua apparizione in Europa e, quindi, su di un telo di epoca diversa.
E’, comunque, fuori dubbio che la soluzione come sopra proposta dell’enigma della formazione dell’immagine sindonica è, allo stato, solo un auspicio, in quanto resta pur sempre condizionato ad un ufficiale riconoscimento, da parte della Chiesa, della natura miracolosa di detta immagine, dopo un lunghissimo secolo di cauta e doverosa attesa, determinata dalla caparbietà dei suddetti noti scienziati e sindonologi nell’alimentare infondate aspettative di poter risolvere l’enigma in questione con una soluzione scientificamente valida, che, col proseguire delle ricerche, sono andate sempre più affievolendosi, fino a ritenere che oggi non abbiano più alcun fondamento.
29.11.24
La Sacra Sindone alla luce della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor
Nei Vangeli di Marco (9,2 – 18), Matteo (17,1 – 13) e Luca (9,28 – 36) è così raccontato l’episodio della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor,
in termini pressoché identici: “sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche…..”
In tale episodio i tre discepoli beneficiano di un particolare privilegio a loro concesso di constatare con i loro occhi la stupefacente trasformazione del Corpo di Gesù, difficilmente descrivibile dagli evangelisti: la Trasfigurazione è un bagliore, una rivelazione del volto di Gesù come fonte di luce, sorgente di vita divina, diffusa anche sulle vesti che lo ricoprivano, divenute candide come la luce, che dà loro la forza di discendere a valle e proseguire il percorso fino alla Pasqua, nella quale sperimenteranno in pieno quella Resurrezione anticipata per un’istante.
Se quanto avvenuto sul monte Tabor è da intendersi, come unanimemente ritenuto, preannuncio e prefigurazione di quello che sarebbe realmente avvenuto alla Resurrezione di Gesù, deve necessariamente ammettersi che anche il telo sindonico che lo ricopriva, a contatto con il Suo Corpo, abbia subito lo stesso effetto di essere inondato da quella folgorante luce dallo Stesso emanata, divenendo così bianco come “nessun lavandaio sulla terra avrebbe potuto” farlo. Tale ipotesi è comunque, avvalorata dalla considerazione che, per l’impressione dell’immagine sindonica, si sarebbe resa, in ogni caso, necessaria la presenza di un telo assolutamente bianco, mentre, invece, è fuori dubbio che il telo sindonico che avvolgeva il Corpo di Gesù fosse, al momento della Sua Resurrezione, notevolmente macchiato di sangue (nel tragitto, ancorché breve, tra il Golgota ed il sepolcro) da rendere assolutamente indecifrabile qualsiasi immagine che si fosse ivi sovrapposta.
Tutto ciò, inoltre, comporta l’impossibilità (per evidente logica incompatibilità) che quella “sfolgorante luce” diffusa dal corpo di Gesù fosse sostituita, da parte di alcuni scienziati e sindonologhi, dalla fantasiosa ipotesi di raggi ultravioletti sprigionati, come effetto delle naturali leggi fisiche, da un preteso annichilimento del Suo Corpo (in sostituzione della Sua Resurrezione) che avessero potuto produrre l’immagine impressa sul Sacro Telo, con tutte le sue riscontrate particolarità ed incongruenze, ampiamente precedentemente dimostrate e concordemente accertate, difficilmente superabili e tali da far definire la Sacra Sindone un oggetto scientificamente “impossibile”.
Definitivamente scartata, quindi, l’ipotesi che detta immagine possa essere stata impressa sul telo sindonico per effetto naturale del lampo di luce generato dalla Resurrezione di Gesù, deve, pertanto, convenirsi che l’unica ipotesi possibile, sull’origine della suddetta immagine sindonica, sia da ricercarsi unicamente in un intervento sovrannaturale voluto ed attuato, con insindacabili modalità e tempi, da nostro Signore Gesù, come segno tangibile (come da Lui stesso preannunciato) della Sua Passione, Crocifissione, Morte e Resurrezione.
Con riferimento, poi, alla obbiettiva difficoltà di stabilire con certezza la data di origine del telo sindonico, va osservato, come del resto già precedentemente messo in evidenza, che a nulla rileva, comunque, che la data del suddetto stupefacente evento miracoloso, sia coincidente in un momento immediatamente successivo alla Resurrezione di Gesù (cosa che mi “sento” di credere sia realmente accaduto, anche se obbiettivamente priva di alcuna valida prova) ed, in tal caso, l’immagine sindonica si sia impressa sul telo che abbia realmente avvolto il Suo Corpo, sia se riferibile ad un qualsiasi momento successivo, fino alla data dell’apparizione della Sacra Sindone in Europa, ed, in questo caso, avvenuto su di un telo del XIV secolo e, quindi, necessariamente diverso da quello che avvolse il Corpo di Gesù nel sepolcro.
Possa, infine, la miracolosa e tangibile immagine, impressa sulla Sacra Sindone di Torino, di Chi, vero Dio e vero Uomo dei dolori e della sofferenza, è sceso dal cielo per scendere sulla terra per indicare agli uomini la via della loro salvezza, costituire un valido sostegno per accettare di percorrere una via, a nessuno esclusa, ma a volte tortuosa e dolorosa, nella fondata speranza di aggiudicarsi un posto nel Suo Regno, come da Lui promesso, per condividerne gioiosamente l’infinita ed eterna bellezza di beatitudine e di pace della gloria celeste.