Perché il coronavirus viene visto solamente come un limite? Tutto ciò che accade ha un senso per ognuno di noi: si tratta di indagare, andare in profondità…
Molti girano i continenti pensando di arricchire il proprio bagaglio culturale con diverse esperienze.
Visitano altri popoli, imparano altre lingue, ammirano i maestosi monumenti e l’arte più raffinata o si danno anche al volontariato più pericoloso.
Se però non sanno indagare ed ammirare il proprio universo interiore per scoprire le loro reali intenzioni, non sapranno mai trarne un vero profitto perché fanno il contrario: fuggono da se stessi.
Anche se ci si veste alla moda, esercitiamo una professione gratificante, guidiamo una macchina sportiva, coltiviamo amicizie importanti, se non sappiamo cogliere l’essenza del nostro io più interiore, tutto si dissolve alla superficie di noi stessi per poi accorgerci di non aver vissuto realmente.
Il genere umano tende a realizzare ciò che il cervello osservante stesso gli suggerisce: strutture più complesse in spazi sempre più ridotti e crescente dematerializzazione. L’umanità, come un mega-cervello, sembra pronta ad un’ importante mutazione trans-umana, coinvolgendo la stessa natura e l’ambiente che manipola. È in una fase molto critica: probabilmente sta intravedendo ciò che lo stesso Teilhard del Chardin chiamava “punto omega”, una trans-ominizzazione che non punta solo sul fattore dimensionale e quantitativo, ma su quello qualitativo.
L’attuale Coronavirus Covid19 (e varianti), fa parte incidentale del percorso evolutivo umano che in sé, come tantissimi altri e le guerre, ha un peso doloroso e limitativo e che la scienza ha il dovere di sconfiggere. Ma collateralmente comporta pause di riflessione che dovrebbero costringere l’umanità a prendere più consapevolezza di chi è realmente e dove sta andando e probabilmente la obbliga ad intraprendere nuovi percorsi evolutivi socio-economici (con l’ausilio dell’informatica, delle biotecnologie ecc.) e spirituali.