TERZA DOMENICA DI AVVENTO – Anno “C”
Sof 3, 14-18 – Fil 4, 4-7 – Lc 3, 10-18
Omelia
Riascoltiamo l’ultimo, straordinario, versetto del piccolo profeta Sofonia, nella prima Lettura, che riporta tre azioni di Dio: esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia come nei giorni di festa. Ecco finalmente un Dio felice!
Ogni tre anni, solamente, ritornano queste parole magnifiche e ogni volta provo la stessa emozione:
Dio esulta per te! Esultare è il verbo del corpo rapito nella danza. Nelle parole del profeta, Dio danza di gioia attorno alle sue creature, come Davide davanti all’Arca, come Giovanni nel grembo di Elisabetta, davanti a Maria. Dio danza attorno a te.
E poi: si rallegrerà per te con grida di gioia!
Sofonia intuisce un Dio commosso per la gioia che l’uomo gli dà, che tu gli dai. Racconta un Dio felice, il cui grido di festa percuote gli abissi del cosmo e le pareti strette del cuore.
Mai Dio aveva gridato nella Bibbia. Aveva parlato, sussurrato, era venuto in visioni e sogni; solo qui, solo per amore, la parola si moltiplica in grido. Non per minaccia, solo per amore Dio grida. Un Dio che non lancia avvertimenti, non si lamenta di noi, non rimprovera, come troppo spesso si è predicato o certe apparizioni…; neppure si accontenta di perdonare, e ci sarebbe bastato, fa molto di più, grida a me: tu mi fai felice! Tu uomo, tu donna, sei la mia gioia, la mia festa.
E la terza espressione grande: Ti rinnoverà con il suo amore. L’amore rinnova la vita, l’amore rende giovane il cuore, fa ripartire la vita da là dove si era fermata. Dio semina risurrezioni, da avvio a processi, inizia percorsi. La vita diventa forte e nuova quando si sente amata.
Nessuno prima del piccolo Sofonia aveva intuito la danza dei cieli, nessuno aveva messo in bocca a Dio parole così audaci: tu sei la mia gioia.
Proprio io? Io che pensavo di essere una palla al piede per il Regno di Dio, un freno tirato. Invece il Signore è un Dio felice che chiede a me di essere felice con lui.
Segue un vangelo con i piedi per terra, che ci riporta diritto dentro il quotidiano, dopo i voli sul venire di Dio per monti e burroni.
Giovanni: un profeta duro, respingente quasi, che non te le manda a dire.
Va da lui gente che non va al tempio e gli rivolgono tre domande concrete su cosa fare, su come agire. Domande importanti perché il modo con cui trattiamo gli uomini raggiunge Dio, il modo con cui parliamo a Dio raggiunge gli uomini.
Simone Weil scrive “non è da come uno mi parla di Dio, ma da come mi parla della vita che io capisco se una persona ha soggiornato in Dio”.
Non puoi cantare in chiesa gli inni sacri e poi disinteressarti della sorte dell’uomo. Non puoi pregare e non seminare, sulle macerie della storia, sulle asperità e sulle bellezze del vivere, i germi di un infinito amore.
Giovanni risponde con tre leggi per l’agire umano. Semplici, fattibili.
La prima regola: chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Una regola d’oro, che da sola basterebbe a cambiare il mondo. Sulla terra c’è tanto pane che a condividerlo basterebbe per tutti.
Prima legge: prenditi cura di qualcuno.
Una regola che sostituisce l’economia dell’accumulo con l’economia del dono, lo shopping con la condivisione. Una nuova legge di mercato, che si riassume così: ciò che io ho, / e tu non hai, / lo condivido con te.
“La conversione passa per le tasche” (Papa Francesco).
Giovanni è esperto di un’economia liberante: ci aiuta a liberarci dai tranelli del consumismo, a scrollarci di dosso tutti quell’alluvione di messaggi che ci vogliono convincere che la nostra felicità è legata al conto in banca, al nuovo modello di cellulare, di auto, di felpa, a una casa più grande e meglio arredata. Ad andare a fare la fila al Nuovo Tosano…Se non hai cose, non vali!
No, un uomo vale quanto vale il suo cuore, diceva Gandhi.
Ripeterselo tutti i giorni: Io non sono le cose che ho.
Io valgo quanto il cuore, quanto le mie relazioni.
Non sta fra le cose il benessere vero. Esso ha due semplici regole: è legato al dono e non può mai essere solitario.
È assurdo che le nazioni ricche non condividano con le più povere…
È assurdo, è ingiusto…
La seconda regola: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato.
La proposta di Giovanni è così semplice da sembrare raggiungibile: la seconda legge per vivere insieme è una insurrezione di onestà, la rivolta degli onesti: non rubare.
Invece la cupidigia, la bulimia di denaro, ti porta a calpestare gli altri, a metterti in vendita, e inizia la corruzione. Nella classifica delle nazioni più corrotte del mondo c’è da arrossire per l’Italia.
Allora, con Giovanni, semplicemente l’onestà. Ma a partire da me e dalle piccole cose.
Vengono pubblicani e soldati, uomini forti: “e noi che cosa faremo?”
Non crediate che gli uomini forti siano quelli che gridano di più, duri e spregiudicati nell’azione; quelli sono tutti uomini deboli.
Stalin ha avuto bisogno di polizie sempre più organizzate, di avere intorno uomini interamente condizionati dalla sua personalità e dalle sue idee. Così Hitler, così Mussolini: sempre protetti da una schiera di uomini, perché erano dei deboli.
Un uomo grande come Giovanni Battista non ha paura nella vita,
non ha paura di nessuno, perché sa che Dio si trasmette attraverso un atteggiamento di rispetto e di venerazione verso tutti gli uomini, e si trasmette come energia liberatrice dalle ombre della paura che ci invecchiano il cuore.
La terza regola coinvolge tutti quelli hanno ruoli di autorità e di forza, in tutti i campi: non maltrattate e non estorcete niente a nessuno. Non approfittate della posizione per rubare, per sentirvi grandi e umiliare; non abusate della vostra forza per maltrattare, o per far piangere. Non siate violenti. Sempre lo stesso principio: Per essere felice devi accorgerti dell’altro. Giovanni non chiede niente di straordinario, non dice “lascia tutto”, ma cose fattibili: non tenere tutto per te; non essere ladro; non essere violento.
La conclusione: Viene uno più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. È il più forte Gesù, ma non perché si impone e vince, ma perché è l’unico che parla al cuore. E lo segui.
È il più forte perché è l’unico che “battezza nel fuoco”, cioè ha la forza del fuoco, dell’alta temperatura morale che trasforma la vita.
Ha acceso milioni e milioni di vite, le ha accese e rese felici. Questo fa di lui il più forte. E il più amato.
Che cosa dobbiamo fare per essere felici come questo Dio felice?
La risposta ce l’abbiamo sotto gli occhi.
Un puntino, il possibile, lo posso fare io, poi arriverà l’impossibile che spetta a Dio.
Preghiera
Io credo in te, Signore,
Credo in te perché sei un Dio felice
e io per te sono come una festa.
Credo in te perché i profeti ti odono gridare di gioia per me.
E Giovanni ti vede intento a tessere
il tessuto buono del mondo.
Natale è un Dio che tesse fili.
Da quando sei nato tra noi tessi fili,
metti in comunione storie di uomini,
di poveri, di generosi, di profeti.
Credo in te, Signore, perché altro non fai
che eternamente considerare l’uomo, ogni uomo,
più importante di te stesso.
Signore, io sono quell’uomo
e sono un uomo grato. Amen
Ci descriviamo peggiori di quello che siamo.