dal Messaggero Veneto del 2/02/2002
Il difficile rapporto con la Chiesa e la sua terra
Tornai dal Canada… chiesi di fermarmi nel mio convento delle Grazie a Udine. Là mi decisi di realizzare il film Gli ultimi che da tempo andavo sognando… speravo nella comprensione della gente. Invece, avevo sbagliato tutto: avevo fatto un film sulla civiltà contadina, quando tutti non vedevano l’ora di abbandonare i campi e di inurbarsi. Un film serissimo, austero… mi si accusò perfino che diffamavo il Friuli. Ormai ero certo che avrei lasciato ben presto anche il Friuli. Sì, l’avrei lasciato, ma non l’avrei mai tradito!».
Con questi appassionati e sofferti ricordi tratti da La mia vita per gli amici si vuole offrire alla città e al Friuli tutto il secondo momento di riflessione sulla figura e l’opera di Turoldo, nel decimo anniversario della sua scomparsa, che avrà il suo avvio martedì. Il suo rapporto con il Friuli dice di un’appartenenza primaria coinvolgente l’identità più profonda: «Sì, la mia anima è la mia natura di friulano, di questa gente di frontiera, orgogliosi figli di una piccola patria…
Sì, la mia anima era mia madre, mio padre; quelle madri del Friuli vestite di nero, col fazzoletto nero in capo annodato sotto il mento, uguali all’Addolorata sotto la Croce; quelle donne silenziose, sempre curve sulla cuna, oppure nei campi a strappare la gramigna; mentre i loro uomini erano lontani, in Canada o nelle Australie… Chiunque vorrà leggermi – scrive sempre Turoldo in La mia vita per gli amici – troverà nelle mie poesie più care questa preistoria che è uno degli elementi più sicuri per capirmi; e meglio ancora a capire quanto io sia riuscito a esprimere, a cantare come avrei voluto il vero canto dei poveri».
Le relazioni di Turoldo con una parte del Friuli che contava (uomini e istituzioni) sono state caratterizzate da precise tensioni che lo sentivano o, non capendolo, lo volevano estraneo. Attardato su una civiltà che stava scomparendo? Cantore d’una povertà finalmente superata? Esteta che consegnava le battaglie concrete impegnate nella salvaguardia dell’identità storico-culturale del Friuli al solo fascino della poesia? Trasgressore degli equilibri esistenti ammirato più per la capacità dialettica che per la percorribilità dei progetti? Sono interrogativi forse tuttora presenti e che pesano anche dopo l’esemplarità della sua morte. Gli incontri del dicembre 2001 volevano riproporre la sua figura alla generazione che lo ha conosciuto e soprattutto offrire l’attualità della sua testimonianza alle nuove generazioni. È molto difficile fare bilanci, ma qualche osservazione va fatta.
Turoldo non lascia indifferenti: o ci si appassiona o lo si rifiuta. I sacerdoti e i religiosi non hanno preso parte agli incontri: questo traduce una distanza che accompagna la figura di Turoldo fin dagli anni Sessanta e che ha le sue radici nella diversa visione della Chiesa e del mondo. La Chiesa friulana si è sempre collocata in un ambiente socio-culturale di cristianità ed è questo che ha sostanziato l’attività seria e impegnata del prete. Ed è qui forse la ragione della crisi attuale.
Non era certo la visione di Turoldo, che amava invece una Chiesa profetica, una Chiesa che legge gli eventi alla luce della Parola; una Chiesa che serve come il samaritano l’uomo caduto nell’agguato dei ladroni. Una Chiesa quindi talmente libera, da non collocarsi con nessun Potere, al punto di poter servire ogni uomo, senza etichette, senza tessere, che, al di là di tutte le confessioni, si trova conculcato nella sua dignità. Se c’è uno spazio sacro, questo è l’uomo concreto che si trova in una situazione di bisogno.
La Chiesa è quindi fraternità aperta e solidale. Nessuno nega le identità specifiche che egli trova vive anche in se stesso, ma che non possono significare chiusura e separazione. Sono preziose, anzi, quando si vivono come diversità che si confronta e si apre per approdare ad una universalità che accomuna nelle fatiche e nelle conquiste. Sembra ancora che le istanze progressiste che molte persone perseguono nell’ambito politico e civile non si siano percepite in questa prima fase del convegno: si sono, di fatto, notate molte e significative assenze. Viene da pensare che Turoldo abbia qualche cosa da dire solo se passa attraverso determinate ottiche.
La scarsa presenza dei più giovani impone una riflessione attenta: determinate modalità celebrative possono rivelarsi lontane dalle loro sensibilità e dalle loro urgenze. Probabilmente, si dovranno trovare altre strade, a partire dalle loro interpellanze e da mediazioni culturali fatte su misura della loro realtà.
In questa seconda parte del convegno si offrirà uno spazio che scavi, con delle testimonianze dirette, il servizio che Turoldo ha reso all’Uomo come progetto nei concreti vissuti che vanno dalla Resistenza milanese all’autentico laboratorio civile ed ecclesiale della Firenze degli anni Cinquanta-Settanta; dall’attività saggistico-giornalistica attraverso i media all’incontro-scontro con le persone e i problemi del Terzo mondo. Non sarà indifferente il tentativo di evidenziare la sutura imprescindibile per la credibilità del Cristianesimo, tra fede e impegno: assertore della visione laica dello Stato, Turoldo, nel rispetto della coscienza di ciascuno, sente, avverte che ogni liberazione storica ha le sue radici e il suo compimento in una Redenzione che l’uomo accoglie con assoluta libertà e gratuità.
A Canti ultimi la premessa che egli pone è un grido agapico: «La vita che mi hai ridato / ora te la rendo / nel canto». È una dimensione in Turoldo irrinunciabile: senza di essa, la sua stessa vicenda umana è incomprensibile.
Un concerto affidato all’esecuzione della prestigiosa Orchestra di Stato bulgara e ispirato dalla sua poderosa ossatura poetica con ampi richiami biblici consegnati alle voci, oltre che agli strumenti, chiuderà nella contemplazione le nostre serate.
Il 4 marzo l’importante incontro con gli studenti, con personalità della cultura, la presentazione di alcune pubblicazioni e, nel teatro Giovanni da Udine, la visione in prima assoluta della copia restaurata del film Gli ultimi a cura del Cec, di Cinemazero e della Cineteca del Friuli segneranno una consegna di rilievo per un futuro di ulteriori impegni.
Renato Stroili Gurisatti
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