SANTA FAMIGLIA 2016

Anno C –  Sir 44,23-45,1.2-5 ; Ef  5,33-6,4 ; Mt 2, 19-23

 

La santa famiglia di Nazaret come una famiglia di
profughi, storia di sempre eppure storia di Dio. Giuseppe, con il Bambino e la
Donna, non sui barconi nell’Egeo, non nei boschi della Bulgaria, ma nel deserto
pietroso del Medio Oriente vive la gioia e la paura, le lacrime condivise, i
perché senza risposta, ma anche l’impegno a custodirsi l’un l’altro fino in
fondo. E la fede difficile. Maestri di vita per noi.

 

Signore, nella nostra casa tiraci fuori dalle nostre
piccolezze, dagli interessi limitati, dalle diffidenze che tagliano le ali, ti
preghiamo
, Kyrie eleison

Signore,
nella nostra famiglia quando vantiamo solo diritti e seguiamo strade solitarie, tu invia sogni da condividere e speranza, Kyrie eleison

Signore,
Tu che hai detto ad ogni cuore: “A chi molto ama, molto è perdonato”, per
l’affetto dato e ricevuto nella nostra famiglia, tu molto perdonaci. Kyrie
eleison

 

OMELIA

Scorrendo
i 73 libri di cui è composta la Bibbia, ci si accorge che i grandi tornanti della
storia sacra sono annunciati da una espressione che suona così: «alzati e va’».

Alzati dalla posizione
seduta, dalla vita arresa o immobile, che si sente arrivata e mettiti in cammino,
in ricerca. È detto ad Abramo, al popolo in Egitto e in esilio, ai profeti che
si erano omologati, è detto a Giona profeta controvoglia, a Elia che vuole
morire, ai grandi peccatori.

Lungo tutta la Bibbia ci
incalza questo: «alzati e va’».
Da dove ci eravamo fermati, Dio ci fa ripartire, come un soffio di vento nelle
vele della nostra nave.

Anche Giuseppe è raggiunto da questa parola. E lui,
signore dei sogni, amico degli angeli, eppure fuscello in balia dei politici, si
alza e va’. Stringendo a sé i suoi beni: un bambino, una donna, il loro amore.

Davanti a sé ha frontiere e confini, dentro di sé voci
di angeli. Che però non bastano mai a sostituirsi alle sue scelte, alla sua
prudenza sapiente.

Giuseppe mescola
intelligenza e l’umile via dei sogni. Esile e santa, perché l’uomo giusto ha
gli stessi sogni di Dio.

Oggi, a distanza, vediamo
che il personaggio determinante di quel viaggio non è Erode il Grande, non è
suo figlio Archelao, non i grandi ma un uomo silenzioso e coraggioso, concreto
e sognatore: Giuseppe.

Che sogna e si mette in
cammino, stringendo a sé la sua famiglia.

Compie tre azioni: ascoltare,
andare e custodire.
Tre gesti decisivi per ogni famiglia, per ogni
individuo e, per questo preciso motivo, decisivi per le sorti stesse del mondo.

Sognare è il primo verbo. Un granello di sogno, caduto dentro gli ingranaggi
duri della storia, è sufficiente a modificarne il corso. Giuseppe nel suo sogno
non vede immagini, ascolta parole, è un sogno di parole.

E’ quello che è concesso
a ciascuno di noi
, noi tutti abbiamo
la Parola di Dio, il Vangelo che cammina a fianco delle nostre paure; cammina con
tutti i milioni di profughi, e ha nome speranza; cammina con chi dà loro
soccorso, e ha nome compassione. Abbiamo un sogno di Vangelo, un sogno di
parole, sempre disponibile per tutti noi. Sempre acceso. Ma l’abbiamo seguito?
“Non conta se Dio è stato messo nelle vostre mani, ma cosa ne avete fatto”
(Bernanos).

Andare, è la seconda
azione.
E’ il verbo di chi non si
accontenta del mondo così com’è. E sa che un altro mondo è possibile. I sogni
di Giuseppe sono pieni di cose concrete da fare “alzati, prendi, va”. Ciò
che Dio indica, però, è davvero poco, indica la direzione verso cui partire,
solo questo, poi devono subentrare libertà e intelligenza, creatività e tenacia
di Giuseppe, che quando sa di Archelao nuovo re, cambia direzione: l’intelligenza fa da angelo, da
sogno-guida.

Il Signore non offre mai un
prontuario di regole per la vita familiare o individuale, non ha stilato un
manuale di norme esatte da seguire. Quello che Lui instancabilmente fa è
proporre grandi obbiettivi.

Il Signore accende
obbiettivi e cuore, poi ti affida alla tua libertà e alla tua intelligenza. Tocca
a noi studiare scelte, strategie, itinerari, riposi, misurare la fatica. Non
siamo esecutori di ordini, ma inventori di strade. Mi domandano spesso: ma il
Signore mi farà incontrare la persona giusta? Quella da amare? Io rispondo: sei
tu che devi diventare la persona giusta, amabile, e qualcuno ti incontrerà…

Il terzo verbo è
custodire,
stringere a sé,
proteggere. Il vangelo racconta un padre, una madre e un figlio: le sorti del
progetto di Dio, le sorti del mondo si decidono dentro una famiglia. E’
successo allora e succede sempre.

Dentro gli affetti, dentro
lo stringersi amoroso delle vite, nell’umile coraggio di una, di tante, d’infinite
creature innamorate e silenziose fioriscono creature che faranno a loro volta
fiorire la storia.

Giuseppe, il giusto, rappresenta tutti gli uomini e le donne che prendono
su di sé la vita di un altro, che vivono l’amore, le loro relazioni familiari,
senza contare fatiche, tutti quelli che senza proclami e senza ricompense, in
silenzio, fanno ciò che devono fare, semplicemente, lealmente.

Tutti coloro che hanno
capito che compito supremo nel mondo è ‘custodire delle vite con la propria
vita’
(Elias Canetti) E così fanno, concreti e sognatori, disarmati eppure
più forti di ogni Erode.

Nel Vangelo di Matteo
Giuseppe sogna quattro volte, e ogni volta si tratta di un annunzio parziale e
limitato, ogni volta di una profezia troppo breve, ne serviranno altre, eppure
per partire e ripartire, per imboccare la pista egli non pretende di avere
chiara la mappa davanti a sé, gli basta:

tanta luce quanta serve
al primo passo, tanto coraggio quanto ne serve alla prima notte, tanta forza
quanta serve per alzarsi
, sapendo che
poi la forza si rinnoverà ad ogni passo, la luce ad ogni notte.

E’ la grande speranza della
famiglia: anche l’affetto e l’amore possono rinnovarsi, ad ogni passo, ad ogni
notte.

A Giuseppe non serve
l’itinerario completo, gli basta sapere che Dio intreccia il suo respiro con
quello dei tre fuggiaschi per essere certo che il viaggio va verso casa, anche
se devia per deserti e paesi ostili.

Dio non protegge dalla fatica,
ma nella fatica. Non protegge dalla sofferenza, ma nella sofferenza.

Allora, come a
Giuseppe, anche a noi basti sapere che Dio è coinvolto, anche quando non ho
risposte. Che è chino su di noi, intreccia il suo sogno con i nostri sogni, che
la nostra vita è un filo rosso il cui capo è saldo nelle mani di Dio.

Come Abramo che si
mette in cammino al lume delle stelle e non sa il punto di arrivo; come i Magi
che si mettono in viaggio con gli occhi fissi nel cielo e sbaglieranno strada e
città, e perderanno la stella. Così per noi: il punto di arrivo è certo, è uno
solo, in terra e in cielo, e si chiama amore.

Quando vedo un uomo e una
donna che prendono su di sé la vita dei loro cari io vedo Vangelo vero. Quando
un uomo e una donna camminano insieme dietro a un sogno d’amore io vedo Vangelo
di Dio.

E la tavola della loro casa
è un altare; primo altare dove è celebrato il sacramento del vivere,
dove la vita celebra la sua festa. Ed è da questo altare che deriva poi quello
della Chiesa.

 Perché
Dio bussa alla porta della mia vita con il volto delle persone che vivono con
me, attorno alla mia tavola, attorno al mio altare. Il mio viaggio nella vita
ricomincia ogni giorno dal volto di chi mi ama.

Alzati e va’, vai verso di loro, stringili a te, e segui la bussola
del cuore.

 

 

 LA
BENEDIZIONE  DELLA CASA

 

Benedici,
Signore, la nostra casa,

benedici chi la rende bella e accogliente;

chi la profuma di affetto
e di pane.

 

Benedici
ogni casa.

Il sacrificio fedele
dell’amore,

la poesia dei gesti
quotidiani,

la risurrezione di ogni
alba,

i risvegli accanto a chi
amo,

l’amore racchiuso dentro
una carezza.

 

Benedici ogni casa,

quando la sera accoglie
in sé le vite in tumulto,

 quando al mattino si offre alla luce,

  quando accoglie ospiti e pellegrini, figli e
amici

 attorno alla sua tavola che è tuo
altare.

 

Benedici
ogni casa, che sia nido e vela.

Benedici
i suoi miracoli, i suoi misteri,

l’amore
sotto ogni silenzio,

 la speranza sotto ogni paura.

 

Benedici la mia casa,
Signore,

anche nei giorni in cui

allo slancio subentra la
stanchezza

 e la fatica sembra scolorire la gioia.

 

Benedici gli occhi
semplici sulle cose,

il cuore che respira
l’infinito,

 l’istante che brilla nell’eterno

 e l’eterno che si insinua nell’istante.

 

Benedici
me, Signore,

con
la presenza  di chi mi ama.

E
possa tu  benedire quanti amo

 con la mia presenza buona.

 Amen

 

p.Ermes Ronchi