VI DOMENICA dopo il Martirio – “Anno A”

 Lc 17, 5-10

 

E’
la domenica dei “servi inutili”, ma non
è mai è inutile il servizio. E’ la
domenica dei servitori senza pretese, che non lavorano per la ricompensa. Anche
noi ora nell’incontro tra la grandezza Vangelo e la nostra povertà, domandiamo
un cuore libero e coraggioso.

Dice Paolo:
ricordati di Gesù Cristo
. Per la nostra facilità a dimenticare, perché l’oblio
è la radice di tutti i mali, Kyrie eleison

Siamo servi
inutili.
Se
abbiamo avuto paura di sprecare inutilmente tempo e cuore per i fratelli,
perché non c’era ricompensa, di questa poca fede , Kyrie eleison

Abbiamo fatto
quanto dovevamo fare:
per le tante volte che non abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo e
potevamo fare per il Regno, gli altri, il creato, Kyrie eleison

 

Omelia

La parola che mi
sorprende ogni volta in questo vangelo è l’aggettivo inutili: siamo servi inutili.

Nella nostra lingua inutile significa che non serve a
niente, che non produce, che è inefficace. Ma non è questo il senso delle
parole di Gesù:  non sono né incapaci né improduttivi
quei servi che arano, pascolano, preparano da mangiare. E mai è dichiarato
inutile il servizio.

Prima di tutto capire
le parole. La parola greca usata da Luca è: a-kreioi, che significa “che non cercano vantaggi”, che non si
aspettano un utile, che non lo rivendicano. Allora il senso diventa: quando
avete fatto tutto dite ‘siamo servi senza
pretese, senza rivendicazioni, senza esigenze’.

Siamo servi che di
nulla hanno bisogno se non di essere se stessi.

Non di pesare i risultati,
non di contare gli applausi o la carriera. Ho bisogno di vivere una vita
dedicata, a me, agli altri, al creato. Per la bellezza di farlo. Dostoevsky:
“La vita realizzata è quando lavori per le cose che ami e ami le cose per cui
lavori”.

Madre Teresa di
Calcutta ripeteva alle sue donne, miracolo vivente di coraggio e fede: nel nostro servizio non contano i risultati,
ma quanto amore metti in ciò che fai. E’ il servizio che è vero, non i suoi
risultati; “i morenti che abbiamo raccolto per le vie di Calcutta non si salveranno,
ma nessuno deve morire senza essere stato amato”. Il prendersi cura, con limpido
amore ‘inutile’: vangelo.

La nostra esistenza
non è raccogliere, ma seminare, non è arrivare ma partire. Partire ad ogni
alba, seminare ad ogni stagione.

Ricorderete la visionaria
immagine di don Tonino Bello: vorrei una
chiesa con il grembiule. Ma noi tutti, a cominciare da me, preferiamo i
paramenti dorati del sacerdote al povero grembiule del servo, la toga
dell’inquisitore alla tuta del lavoratore.

Eppure vorrei
diventare lavoratore dei campi del mondo, servitore che non ha padroni eppure è
servo di tutti, in una globalizzazione non del denaro, oggi che Fondo Monetario Internazionale è un nome
nuovo di Dio, in una globalizzazione invece dell’inchino e della cura
dovuta ad ogni uomo, perché questo è il solo modo per creare una storia che
umanizza, che libera, che pianta oasi di verde nel nostro deserto, che semina giustizia
nelle nostre società.

Il servizio è il nome
segreto della civiltà. L’ho appreso da sant’Agostino: servum te faciat caritas quia liberum te fecit veritas (Agostino).
La verità ti ha fatto libero, adesso l’amore ti faccia servo.

Non per premio o per castigo,
come i bambini;

non per sanzioni o per
ricompense, come i paurosi,

ma per libero amore, forza
trascinante della vita.

 

Servi inutili
sono quelli che osano la vita. “
Osare la vita è non aver paura di essere portatori di
ideali e protagonisti di un sogno; sapendo che questo ci farà soffrire: da Gesù
a Martin Luther King, da Gandhi a Madre Teresa, da Massimiliano Kolbe a
Mandela, da padre Puglisi a Don Peppino Diana, tutti sono stati portatori di un
sogno e hanno pagato per questo,  ma
il loro sogno ha cambiato la vita di tanta gente e soprattutto ha rimesso in
piedi tanta gente.

Il
loro sogno come fuoco ha rischiarato la notte che teneva prigionieri tanti
uomini, ha acceso milioni di altri sogni e alla fine si è fatto realtà.
Stupenda incredibile realtà”.

Basta che un uomo solo sogni
perché un’intera stirpe profumi di farfalle…

Servi
inutili sono i sognatori! “E se quelli che ti circondano, magari gli stessi familiari,
ti dicono: “ma chi te lo fa fare? Fai come tutti gli altri, fatti furbo!”, non
scoraggiatevi,  non lasciate cadere
le braccia; sentitevi, invece, lusingati quando vi parleranno così, perché sarà
il segno che non state vivendo una vita banale.

Osare
la vita significa venire alla luce, significa rompere il guscio che ci
protegge, la bambagia che ci avvolge, per vivere in pienezza il proprio giorno
su questa terra. Significa rinunciare a farsi trasportare dalla corrente delle
mode e scegliere, rischiando in proprio, che cosa mettere nella scatola vuota
dei propri giorni. Ricordate che la vita non si misura in lunghezza, ma in
spessore” (Amedeo Cristino).

E
sono poche le cose che danno spessore alla vita. Facciamo allora qualcosa,
mettiamo in piedi qualcosa, un’opera un progetto un seme un granellino un
respiro un niente pieno d’amore, per chi non ce la fa, per il Giobbe
innumerevole di questa terra. Tu puoi! Osa! Abbi le mani belle, come dice un detto africano. Che qualcuno ti possa
dire: stupende hai le mani.

“Osare
la vita significa scegliere, in un mondo che parla il linguaggio del profitto,
di parlare la lingua del dono; in un mondo che percorre la strada della guerra,
scegliere di prendere la mulattiera della pace; in un mondo che si uccide in
nome dell’Etnia, scegliere di essere fratelli e sorelle di ogni uomo; in un
mondo che ha paura delle differenze e di chi è diverso, scegliere di sentirsi
ricco delle differenze, orgogliosi della diversità di cui ognuno è portatore.

Gli
altri, i concreti, gli incapaci di sogno, quelli che hanno sempre i piedi per
terra, quelli che rideranno dei vostri ideali e che vi inviteranno ad essere
come loro, perché di voi avranno paura, prima o poi, come diceva Don Tonino
Bello, verranno a mangiare il pane dei vostri sogni, siatene certi: è già
accaduto”.

Essere servitore, ma perché? Perché Dio è il primo servitore della vita. E io a sua immagine e
somiglianza. Io servo perché Gesù è il servo,
di più: è il Servo sofferente. Che ha
scelto la sofferenza, il mezzo più scandalosamente inutile, improduttivo,
inefficace che è il dolore, per guarire le nostre ferite. 

Io servo, non per premio o per castigo, come i bambini; non per
sanzioni o per ricompense, come i paurosi, ma per fare le cose che Dio fa.

 Mi bastano grandi campi, un granellino di fede, e gli occhi
di un profeta per vedere il sogno di Dio come una goccia di luce impigliata nel
cuore dolente di ogni uomo, nel cuore vivo di tutte le cose.

E a
coloro che dicono che bisogna avere i piedi per terra, ricordate che se i piedi
sono fatti per restare per terra, la testa quella no, essa è fatta per restare
in alto. È il grido dei profeti quando annunciano qualcosa di grande: alza il
capo e guarda!
Alzare il capo. E poi
andare nel mondo, gravidi del sogno di Dio!

 

 

 

Preghiera

Signore, tuoi servi sono i gigli del campo, servi della bellezza,

tuoi servi gli uccelli dell’aria, simboli di libertà e di gioia,

 Fammi servo libero e
inutile come loro

Come il fiore che nel folto del bosco fiorisce

anche se nessuno lo vedrà mai,

come l’usignolo che canta a mezzanotte

anche se nessuno aprirà la finestra ad ascoltarlo.

 

Una madre ha amato con tutto il cuore

e suo figlio non è guarito.

Una donna ha servito tutti i giorni

e il suo uomo se ne è andato,

il monaco ha pregato fino all’alba

e nessuno lo saprà mai.

Eppure hanno fecondato la vita, hanno reso più buona la terra.

 

Che io sappia servire per la bellezza di farlo

E amare per la gioia di amare

Ho bisogno, però, della tua pazienza

che così tanto ha seminato in me per tirar su così poco,

ho bisogno di avere occhi di profeta

per vedere ancora il tuo sogno

come una goccia di luce impigliata

nel cuore vivo e dolente di tutte le cose

e di una stella alla quale appendere la mia vita.

Per fare del mio nulla qualcosa che serva a qualcuno. Amen

 

 

 

p. Ermes Ronchi