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Una sbirciatina in cielo

 

Per
dare una sbirciatina al cielo bisogna sapere da che parte guardare e con quale
occhio. Da sempre gli uomini hanno dato la scalata al cielo in molti modi:
fisicamente come gli illusi di Babilonia che volevano detronizzare Colui che il
cielo lo aveva fatto e lo abitava; o filosoficamente come Aristotele per il
quale il cielo è la perfezione ma non sapeva indicarci la strada per arrivarci;
o popolandolo di personaggi mitologici chiamati Dei, ma non erano altro che la
personificazione delle frustrazioni umane fantasiosamente arricchiti di
superpoteri.

Invece,
secondo gli Ebrei, su una terra ritenuta piatta, si inarcavano le volte del
cielo di cristallo purissimo nel quale erano incastonate le stelle che con il
loro movimento costituivano, e ancor più oggi costituiscono, il primo e più
perfetto orologio cosmico.

Per
questo popolo radunato proprio da Colui che dal cielo aveva visto il loro stato
di schiavitù e si era commosso, il cielo era soprattutto l’abitazione del
Creatore, un  Dio burbero, ma
provvidente, che parlava al suo popolo come un padre parla al figlio. A Lui
sospiravano: “Se tu aprissi i cieli e discendessi” (Is 63,19). E la risposta
non si fa attendere: “i aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio
scendere come una colomba e venire su di lui” (Mt 3,16). E così il cielo è
sceso sulla terra per sempre.

Oggi
qualcuno dice di essersi emancipato da queste “favole” perché sappiamo scrutare
le profondità dell’universo con i telescopi e siamo capaci di aggirarci nel
cielo con le esplorazioni spaziali che sono ben più di una sbirciatina.

Ma
in realtà se l’occhio del tuo spirito non è stato curato con il fango che Gesù
ha usato per il cieco-nato e che si è dissolto con l’acqua della piscina di
Siloe, rischi di vedere tante cose ma di non capirne il valore e, ancor peggio,
come Yuri Gagarin potresti affermare di essere stato in cielo e di non aver
visto alcun Dio.

Leggendo
le pagine di questo libretto, di racconto in racconto, ho sentito che l’occhio
del mio spirito andava purificandosi fino al punto che in ogni situazione
descritta e nella quale anch’io mi sono trovato a vivere, riuscivo sempre più a
staccarmi dalla superficie dei fatti e a dare una “sbirciatina al cielo”.

Proprio
per questo, arrivato all’ultimo racconto ho pensato che ci potrebbe star bene
un significativo sottotitolo: “istruzioni per l’uso”,  non teoriche, perché Padre Andrea Panont le ha già
sperimentate. È così diventato un saggio perché ha imparato a vivere alla
scuola di tre Terese di cui anch’io sono innamorato: Teresa d’Avila, la grande,
Teresina del Bambin Gesù, la piccola, Teresa Benedetta della Croce, meglio
conosciuta come Edith Stein, la coraggiosa. Tre maestre. Tre Sante.

Con
tali maestri ciascuno di noi si riconosce allievo che deve imparare. Dobbiamo
anche ringraziare chi sa confezionare le “istruzioni per l’uso” e ci fa
scoprire che non siamo soli in questo viaggio di illuminazione, perché colui
che ci ha generato e che quindi possiamo chiamare “mamma” non abbandonerà mai
la nostra piccola mano fin quando ci avrà immersi nel suo abbraccio eterno.

La
Bibbia ce lo dice con una immagine plastica bellissima. Vi  ricordate della scala di Giacobbe. Una
notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si
protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno Dio
gli parlava, promettendogli la terra sulla quale stava dormendo ed un’immensa
discendenza e tutte le famiglie della terra sarebbero state benedette in lui e
nella sua discendenza. 

Questa
promessa vale per ciascuno di noi, perché, dopo l’incarnazione di Cristo, il
cielo ha ormai impregnato tutte le realtà della terra, tutte ci parlano di Dio
e i racconti di questo libro sono i gradini della scala di Giacobbe, sono
annunci angelici che ti aprono gli occhi perché tu possa vedere Dio e in lui
riposare.

 

Don
Ferdinando Colombo

sacerdote
salesiano

LA STELLA DEL BAMBINO  (Video basato su un brano di questo libro a p.54)