OMELIA DI p. Ermes Ronchi
XIX DOMENICA T.O. Gv 6,41-51
Sono le domeniche del pane e
del colmo dell’estate. Nella nostra vita distratta e talvolta desolata il
Signore Gesù ripete: Io sono il Pane che
dà la vita, l’unico che colma le profondità della vita. Iniziamo, allora,
domandando perdono se ci nutriamo di infinite cose ma non dell’unica che dà la
vita.
Dice il Signore: “Io sono il
Pane della vita”. Per questa fame di cose che non saziano, Kyrie eleison
Dice l’Apostolo: “Siate
imitatori di Dio”. Se invece abbiamo adottato altri modelli, Kyrie eleison
Dice il Profeta: “Ora basta,
Signore, prenditi la mia vita”. Per i peccati contro la speranza, Kyrie
eleison
Nel colmo dell’estate per
molte domeniche la liturgia propone il tema del pane della vita. Come una lunga
omelia.
Dice Gesù: Io sono il pane disceso dal cielo, sono io
il pane della vita. Gli ascoltatori non capiscono: Tu pretendi di essere pane
per il mondo, una manna piovuta dal cielo… Ma noi di te conosciamo il padre e la madre, sei uno come noi. Sei disceso
da loro non dal cielo.
Io sono il pane di vita… ma di quale vita parli? qui è tutto come prima, non è
cambiato niente. Tu non sembri uno che può cambiare il mondo. E poi cambiarlo
con il metodo del pane, facendo quello che fa il pane con il nostro corpo, che
entra nell’intimo, si nasconde e dà la vita scomparendo. Dio non deve fare così,
non deve nascondersi. Noi vogliamo segni e prodigi. Dove sono i miracoli? Il
Dio onnipotente dovrebbe fare ben altro: miracoli potenti, definitivi, evidenti,
spettacolari.
Ma Dio non fa spettacolo.
Discende dal cielo:
discende un
verbo al presente, adesso, in questo momento, senza stancarsi;
discende per
mille strade, in cento modi, non sopporta statistiche, ha fantasia e ci spiazza;
discende fino a questo piccolo essere, magari anziano, magari
malato, magari distratto che sono io, e mi avvolge e io sono immerso in lui.
Lui immerso in me, e nutre la mia parte più bella.
discende dal
suo trono, e si fa umile come il pane, non aumenta la sua gloria o il suo
potere, ma la sua vicinanza.
Che cosa porta? Che vita
offre? è venuto a portare cielo nella terra, Dio nell’uomo, vita immensa in
questa vita piccola. Venuto per il perdono dei peccati? Troppo poco! Molto di
più del perdono è venuto a portare. A portare se stesso. la sua stessa vita.
Luminosa, buona, serena ed eterna.
Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira. L’attrazione del Padre: io sono cristiano per
attrazione. Non si diventa cristiani se non per questa attrazione e per
contagio, non certo per via di indottrinamento o di crociate. Gesù l’ha
ripetuto: Quando sarò innalzato sulla
croce io attirerò tutti a me. Mi attira la croce, non il miracolo. Il fatto
che ama me più di se stesso. La bellezza di Cristo mi attira, la suprema
bellezza è quella accaduta fuori Gerusalemme sul Calvario.
Mi attira un Dio buono come
il pane, umile come il pane, VITALE come il pane, un Dio che alimenta la mia vita,
ogni vita, tutta la vita.
La pagina di oggi è riempita
dal verbo mangiare. Così semplice,
quotidiano, vitale. Che indica cento cose, ma la prima è vivere. Mangiare o no,
bere o no è questione di vita o di morte. Così è del Signore. Dio non è un
fatto decorativo, un accessorio domenicale, è una questione di fondo, ne va
della tua vita. Hai davanti a te la vita o la morte, scegli! ma scegli la vita!
Il verbo mangiare indica poi
che tu vivi per mezzo della comunione con ciò che mangi.
E’ la comunione con Dio il
segreto di tutta la vita. Di questa vita e di quella che verrà, comunione è il
senso ultimo nel tempo e nell’eterno. Vivere di Dio. Non solo diventare più
buono, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell’anima,
mi trasforma in lui. Assimilarlo. E infine diventare ciò che riceviamo il corpo
di Cristo.
Mangiare, quanti
significati! Pensiamo per esempio a quei momenti incantati in cui abbiamo
osservato una mamma o un papà giocare con il loro bambino piccolo, e ad un
certo punto abbiamo sentito una frase rivelatrice: io ti mangio!
E il bambino non ha paura,
ride! Capisce che quella minaccia è invece una dichiarazione d’amore: tu mi fai vivere! Sei il mio nutrimento quotidiano.
Senza di te non vivo. L’amato diventa
vita per chi lo ama. È l’amore che fa vivere. La mamma il papà dichiarano: voglio essere una sola cosa con te. Il più
vicino possibile. Intima a te. Non ci separeranno mai. E i baci che seguono
sono una liturgia di comunione, un surrogato umile e dolce del mangiare.
Trasferiamo questa immagine
familiare al nostro rapporto con il Signore. Quando mangiamo il pane di Dio? La
prima risposta rimanda subito alla messa, al rito della comunione. Giusto ma
non sufficiente.
Il corpo di Cristo non sta solo sull’altare, del suo Spirito
è piena la terra, Dio si è vestito d’umanità, al punto che l’umanità intera è
la carne di Dio. Infatti: quello che
avete fatto a uno di questi l’avete fatto a me. Altrimenti siamo credenti
alla domenica e atei per il resto della settimana.
Mangiare il pane della vita
comporta un alimentarmi instancabile, continuo, ad ogni respiro di Cristo.
Paolo lo dice così bene: in Lui siamo, ci muoviamo e respiriamo.
In Lui siamo,
non accanto vicino ma dentro, siamo immersi in Lui e non ce ne rendiamo conto. Dio
è come un’aria che ci avvolge, qui in questo momento. Respirare è respirarlo.
In lui siamo e ci muoviamo. Come dice il salmo: davanti ti urto, alle spalle mi
tocchi, come posso fuggire da te? Ci muoviamo e ad ogni passo ci addentriamo in
Dio. Io cammino e Dio è il mio confine. Dove io termino inizia Dio. Ognuno di
noi confina con Dio.
Questo è il
secondo modo per mangiare, fare comunione, respirare la presenza di Dio.
E poi c’è un
terzo modo.
Mi sento nascere da dentro
una domanda: di che cosa ci nutriamo oggi? Di che cosa nutriamo anima e
pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo
nutrendoci di egoismi, intolleranze, miopie dello spirito, insensatezza del
vivere, di paure? Che cosa mangiamo di letture, di spettacoli, di discorsi?
Se accogliamo pensieri
degradati questi ci fanno come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di
bellezza, essi ci fanno uomini e donne della bellezza.
Se ci nutriamo di Cristo, egli ci abita
e ci trasforma in sè, dà forma al pensare, al sentire, all’amare. Uno diventa
ciò che accoglie, uno diventa ciò che lo abita. Se ci nutriamo di vangelo
avremo belle notizie nel cuore saremo noi una bella notizia per il mondo.
Quale notizia? un verso di
P. Turoldo lo esprime così:
Io non sono ancora il Cristo, ma io sono questa
infinita possibilità…
Non basterà questa vita
forse, ma lui mi ha promesso che sarò una cosa sola con lui. Ha promesso e io
lo credo. Sono convinto che lo diverrò. Uno con lui.
I Giudei si
misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal
cielo. Dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non
conosciamo il padre e la madre? Come può dire: Sono disceso dal cielo?
Gesù rispose
loro: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato…
Io sono il pane della vita. I vostri
padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che
discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo. Se
uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne
per la vita del mondo.
(Giovanni
6,41-51)