dal Messaggero Veneto del 19/02/03
La riscoperta di Ernesto Bergagna
Tre volumi dedicati al pittore di arte sacra tra i massimi friulani del Novecento
Nella panoramica dell’arte friulana del Novecento rispunta la figura di Ernesto Bergagna (Bressa 1902 – Milano 1991) caposcuola del Beato Angeelico di Milano, una scuola che, fondata nel ’21 da Polvara come Scuola superiore di arte cristiana per attuare il progetto di rinnovare l’arte sacra, ha pubblicato nel centenario della nascita di Bergagna il primo di una serie di tre volumi dal titolo La preghiera rappresentata per tributare un omaggio di riconoscenza a un artista che ha lasciato un’impronta significativa non solo nella stessa scuola, ma anche nell’arte sacra in Italia.
Approdò ventenne a Milano ricco di interessi culturali e di viva spiritualità e con l’idea fissa della pittura a tal punto da scrivere: «L’arte mi fortifica, mi abbaglia, mi uccide quasi e mi fa vivere al medesimo tempo per sè». Fu tra i primi alunni della scuola conquistandosi la massima stima di Polvara che al termine del quadriennio lo nominò insegnante di pittura riconoscendo in lui il maestro ideale al fine della rinascita dell’arte liturgica.
Per Bergagna fu un momento di successo e di fervore incontenibile rivolto alla ricerca più ampia possibile. Il dibattito artistico nella Milano di allora era molto vivace se si pensa alle tendenze stilistiche che segnavano l’evoluzione dell’arte del momento. Basti ricordare che proprio nel ’22 a Milano nacque il Novecento Italiano, un ritorno alla tradizione del passato. D’altro canto Kandinskij, pittore teorico per eccellenza, faceva circolare nel suo libro Sullo spirituale nell’arte idee come queste: «La nostra anima si sta risvegliando da un lungo periodo di materialismo». Inoltre erano forti i richiami di Divisionismo, Liberty, Fauvismo, Simbolismo, Futurismo, Cubismo. Nella dialettica delle proposte estetiche Bergagna individuò il Divisionismo come la tecnica più idonea a esprimere la spiritualità rigenerandola nelle spirali del cromatismo e del simbolismo.
Un suo quadro emblematico di questo periodo è l’Autoritratto con il teschio (1926), opera sorprendente che è «preludio e garanzia – così annota il critico Zuliani – di originalità e forza poetica fra realtà e simbologia». Un altro dato importante è l’inclusione di Bergagna nella Prima Biennale friulana d’arte (1926) accanto a pittori come Giuseppe Barazzutti, Coceani, Davanzo, Tita Gori, Mitri, Enrico Ursella e altri. In seguito Bergagna soggiornò in Francia dove visitò musei, gallerie, pinacoteche, cattedrali senza interrompere la produzione di una cospicua serie di quadri esposti in più riprese, ragion per cui può essere considerato – sostiene Zualini – uno dei famosi Italiens de Paris. Dal ’36 riparte la sua attività di maestro di pittura alla Beato Angelico dove resta fino alla fine del suoi giorni.
Di Bergagna, il cui inventario risulta complesso per vastità e tutt’ora in corso di definizione, in questo volume si presentano le immagini a colori delle 78 composizioni a tempera dell’Apocalisse e le immagini dei monumentali affreschi eseguiti dal ’41 al ’44 nella Cappella dei Teologi a Venegono.
Nel secondo volume ci saranno le 64 tavole a olio del Cantico Mariano, la stupenda cantica della Litanie laurentane, ritenute da Valerio Vigorelli «l’opera più significativa e fortunata del maestro Bergagna»: sarebbe un evento straordinario per il Friuli poter ammirare dal vivo quest’opera che si trova a Milano, anziché a Udine. Ne parla la Guida d’Italia del Touring Club, zona di Milano, segnalandola come punto di eccezionale attrazione artistica.
Marco Melzi, architetto e scultore, amico e collega, ricordando la figura di Bergagna, non esita a definirlo «un grande artista» e uno dei protagonisti dell’arte sacra italiana. A convincerlo in tal senso non sono solo le opere monumentali realizzate nelle chiese, ma soprattutto i cicli biblici con pitture a olio e a tempera come La Creazione, Il simbolo apostolico, Le Antifone d’Avvento, Il libro di Daniele, Il Cantico dei cantici, Il Salmo 148, quest’ultimo esposto nella Mostra di arte sacra del ’96 in Vaticano accanto a opere di Manzù, Mirko, Guttuso, Roualt,
Matisse, Zigaina.
Giacomo Piutti