Il sistema pensionistico che si basa sulla ripartizione consiste nel fatto che i contributi dei lavoratori sono destinati alle pensioni?

Il sistema pensionistico italiano è nato a capitalizzazione, ma si è evoluto successivamente verso un sistema a ripartizione.

Origini del sistema pensionistico italiano: il modello a capitalizzazione

 • Il sistema pensionistico italiano nacque formalmente con la Legge 17 luglio 1898, n. 350, che istituì l’Assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia.

 • In questa fase iniziale, il sistema era basato sul metodo a capitalizzazione:

 • I lavoratori versavano contributi che venivano accantonati in conti individuali e capitalizzati (ossia investiti per generare rendimenti).

 • Al momento della pensione, il capitale accumulato veniva restituito sotto forma di rendita.

 • Il sistema a capitalizzazione rifletteva il contesto dell’epoca, con una popolazione giovane e in crescita, e un mercato del lavoro relativamente stabile.

Passaggio al sistema a ripartizione

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia affrontò profondi cambiamenti economici e demografici, che portarono alla transizione verso il sistema a ripartizione. Questo passaggio si consolidò con la riforma del 1952, che uniformò il sistema pensionistico e adottò il metodo pay-as-you-go (a ripartizione).

Le ragioni del cambiamento furono:

 1. Ricostruzione post-bellica: Con il boom economico, il numero di lavoratori attivi cresceva rapidamente, rendendo sostenibile il sistema a ripartizione.

 2. Necessità di solidarietà sociale: Si voleva garantire una pensione anche a chi non aveva accumulato contributi sufficienti (per esempio, a causa delle guerre o delle difficoltà economiche).

 3. Semplificazione amministrativa: Il sistema a ripartizione è più facile da gestire rispetto a un modello che richiede la capitalizzazione e l’investimento dei contributi.

Caratteristiche del sistema a ripartizione introdotto nel 1952

 • I contributi dei lavoratori attivi erano immediatamente utilizzati per pagare le pensioni dei pensionati.

 • Le pensioni erano calcolate secondo il metodo retributivo, che considerava la media degli stipendi degli ultimi anni di lavoro, premiando le carriere con redditi crescenti.

 • Questo sistema garantiva pensioni generose, ma creava una crescente dipendenza tra lavoratori e pensionati.

Le sfide del sistema a ripartizione

Negli anni successivi, l’Italia ha incontrato problemi di sostenibilità, a causa di fattori come:

 • Invecchiamento della popolazione: Sempre più pensionati rispetto ai lavoratori attivi.

 • Eccessiva generosità del metodo retributivo: Ha portato a pensioni elevate rispetto ai contributi effettivamente versati.

 • Crescita della spesa pensionistica: La spesa per le pensioni è diventata una delle voci più pesanti nel bilancio dello Stato.

Riforme successive

Negli anni ’90 e 2000, per affrontare la crisi del sistema, sono state introdotte importanti riforme:

 1. Riforma Dini (1995): Introduzione del metodo contributivo, dove la pensione dipende dai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa, mantenendo però il sistema a ripartizione.

 2. Riforma Fornero (2011): Incremento dell’età pensionabile e accelerazione del passaggio al sistema contributivo per tutti.

Il sistema pensionistico italiano è nato come sistema a capitalizzazione, ma con il tempo è stato trasformato in un sistema a ripartizione, soprattutto per rispondere alle esigenze di solidarietà sociale e semplificazione. Tuttavia, il modello a ripartizione ha posto problemi di sostenibilità nel lungo termine, portando a continue riforme per adattarlo ai cambiamenti demografici ed economici.

È vero che il sistema a ripartizione ha comportato una cattiva gestione dei fondi destinati ai pensionati?

L’ osservazione è condivisa da molti critici del sistema pensionistico a ripartizione.

Il passaggio dal sistema a capitalizzazione a quello a ripartizione ha effettivamente esposto il sistema pensionistico a diverse vulnerabilità, incluse alcune forme di cattiva gestione dei fondi, che hanno avuto conseguenze significative per i pensionati e i lavoratori attivi.

Problemi legati alla gestione del sistema a ripartizione

 1. Utilizzo dei contributi per spese diverse

 • Nel sistema a ripartizione, i contributi dei lavoratori attivi vengono incamerati dallo Stato e immediatamente destinati al pagamento delle pensioni in corso.

 • In alcuni casi, però, i fondi pensionistici sono stati utilizzati impropriamente per finanziare altre voci di spesa pubblica, compromettendo la sostenibilità del sistema e creando un debito implicito per le generazioni future.

 2. Promesse pensionistiche troppo generose

 • In passato, il sistema ha garantito pensioni molto alte rispetto ai contributi effettivamente versati (soprattutto con il metodo retributivo).

 • Questa generosità, pur socialmente apprezzabile in un’ottica di solidarietà, ha spesso superato le capacità economiche del sistema, creando squilibri finanziari.

 3. Mancanza di accantonamenti o riserve

 • A differenza del sistema a capitalizzazione, che prevede l’accumulo di fondi individuali, nel sistema a ripartizione non esiste un fondo accantonato per ogni lavoratore. Questo ha impedito di creare una “cassa di riserva” per affrontare eventuali crisi economiche o demografiche.

 4. Invecchiamento della popolazione e mancanza di adeguamenti tempestivi

 • Il sistema è diventato insostenibile a causa del progressivo aumento del numero di pensionati rispetto ai lavoratori attivi.

 • Le riforme necessarie per riequilibrare il sistema sono spesso arrivate in ritardo, aggravando il problema. La lentezza politica ha amplificato i danni.

 5. Gestione inefficiente e clientelismo

 • La gestione dei fondi pensionistici, affidata spesso a enti statali o parastatali, è stata talvolta caratterizzata da sprechi, inefficienza e clientelismo.

 • Ciò ha contribuito a dissipare risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per migliorare le pensioni o per garantire la sostenibilità del sistema.

Conseguenze per i pensionati

 1. Riduzione del valore reale delle pensioni

 • Le pensioni non sempre riescono a tenere il passo con il costo della vita, lasciando molti pensionati in difficoltà economica, soprattutto nelle fasce più basse.

 2. Ritardi nei pagamenti o tagli futuri

 • Il rischio di non poter garantire pensioni adeguate ai futuri pensionati è una preoccupazione crescente.

 3. Perdita di fiducia nel sistema

 • La cattiva gestione e la mancanza di sostenibilità del sistema hanno portato molti lavoratori a percepire il sistema pensionistico come ingiusto e poco affidabile.

Possibili alternative o miglioramenti

 1. Maggiore trasparenza nella gestione dei fondi

 • Creare sistemi di monitoraggio e controllo indipendenti per garantire che i fondi pensionistici siano utilizzati esclusivamente per il loro scopo.

 2. Sistema misto (ripartizione + capitalizzazione)

 • Molti esperti suggeriscono un sistema misto, in cui una parte dei contributi venga accantonata in fondi individuali (capitalizzazione), mentre un’altra parte venga utilizzata per il sistema solidale (ripartizione). Questo garantirebbe maggiore sostenibilità.

 3. Adattamento alle dinamiche demografiche

 • Aggiornare periodicamente l’età pensionabile e i requisiti per l’accesso alle pensioni in base all’aspettativa di vita e al rapporto tra lavoratori e pensionati.

 4. Incentivi per aumentare l’occupazione

 • Una maggiore partecipazione al lavoro, soprattutto dei giovani, potrebbe ampliare la base contributiva e migliorare la sostenibilità del sistema.

La cattiva gestione dei fondi pensionistici nel sistema a ripartizione è un problema reale, frutto di promesse insostenibili, sprechi e mancata pianificazione a lungo termine. Per evitare ulteriori crisi, è necessario riformare il sistema con soluzioni più equilibrate, trasparenti e orientate al futuro.

Forse parrá una proposta ingenua… perché non stampare denaro per il sistema pensionistico tenendolo separato dal debito pubblico?

Stampare denaro dedicato alle pensioni, mantenendolo separato dal debito pubblico, presenta diverse difficoltà e rischi. Analizziamola nel dettaglio per comprendere i vantaggi e i limiti di questa idea.

I vantaggi di stampare denaro per le pensioni

 1. Risorse immediate per finanziare le pensioni

Stampare denaro consentirebbe di coprire i fabbisogni pensionistici senza dover aumentare le tasse, ridurre le pensioni o incrementare il debito pubblico tradizionale. Questo potrebbe aiutare a risolvere il problema della sostenibilità finanziaria.

 2. Semplicità operativa

Separare il finanziamento delle pensioni dal resto del bilancio pubblico potrebbe creare un sistema “autonomo” dedicato alla protezione sociale, rendendolo meno vulnerabile a tagli o sprechi in altri settori.

 3. Benefici sociali immediati

I pensionati riceverebbero il denaro di cui hanno bisogno, sostenendo così anche il consumo e l’economia, visto che la maggior parte delle pensioni viene spesa rapidamente.

I problemi principali della proposta

 1. Inflazione

Stampare denaro in modo non controllato aumenta l’offerta di moneta, riducendo il valore reale del denaro. Questo potrebbe portare a un’inflazione significativa o addirittura a iperinflazione.

 • Le pensioni finanziate con nuova moneta perderebbero potere d’acquisto rapidamente, vanificando i benefici per i pensionati.

 • Inoltre, i prezzi più alti penalizzerebbero tutti i cittadini, creando insoddisfazione sociale.

 2. Impatto sulla fiducia nell’economia

Stampare denaro per finanziare una spesa specifica come le pensioni potrebbe ridurre la fiducia degli investitori e dei mercati finanziari nella stabilità economica di un Paese.

 • Questo potrebbe far aumentare i tassi d’interesse sul debito pubblico esistente, peggiorando la situazione economica generale.

 3. Difficoltà nel tenere la moneta “separata” dal debito pubblico

 • Anche se si cerca di separare formalmente il denaro stampato per le pensioni dal resto del bilancio pubblico, nella pratica tutta la moneta circolante finisce per avere effetti sull’economia nel suo insieme.

 • La creazione di moneta sarebbe vista comunque come una forma di finanziamento monetario (vietato, ad esempio, dai trattati dell’Unione Europea).

 4. Conflitto con i trattati internazionali

Nell’area euro, la Banca Centrale Europea (BCE) è l’unica autorità autorizzata a emettere moneta. I trattati europei (ad esempio, il Trattato di Maastricht) vietano esplicitamente il finanziamento diretto della spesa pubblica attraverso la stampa di moneta.

 • L’Italia, essendo parte dell’eurozona, non potrebbe adottare questa strategia senza violare gli accordi internazionali.

 5. Questione intergenerazionale

Stampare moneta per finanziare le pensioni risolve un problema immediato, ma rischia di scaricare i costi sulle generazioni future, che si troverebbero con un sistema economico meno stabile e con un’inflazione più alta.

Possibili alternative 

Pur con i limiti descritti, l’idea di creare un sistema separato per il finanziamento delle pensioni è uno spunto interessante. Alcune soluzioni alternative potrebbero includere:

 1. Fondi sovrani per le pensioni

 • Creare un fondo dedicato, alimentato con investimenti a lungo termine (ad esempio, in infrastrutture o energia), che generi rendite per finanziare le pensioni.

 2. Emissione di titoli pubblici specifici per le pensioni

 • Lo Stato potrebbe emettere obbligazioni dedicate esclusivamente al sistema pensionistico. Questo permetterebbe di raccogliere risorse senza dipendere dalla stampa di moneta.

 3. Moneta parallela o complementare

• Alcuni economisti hanno proposto di introdurre una moneta complementare (ad esempio, i “Certificati di Credito Fiscale”) per finanziare spese sociali senza incidere direttamente sul bilancio pubblico. Questo approccio, però, comporta rischi simili a quelli della stampa di moneta tradizionale.