18 Gennaio 2017

GESÙ È VENUTO A PORTARE SE STESSO

 

 

II DOMENICA – Anno A Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Gv 1,29-34

 

Benvenuti a questo momento di grazia e di forza, come un mettere la bocca sotto la fontana e dissetarci. Con la serena fiducia che la Parola di Dio realizzerà in noi ciò che promette: e sarà più vita, più umanità.

Accogliamola con la sua forza che dilata il cuore.

 

Vieni, Signore, come una carezza di luce sugli occhi

affinché penetrino l’orizzonte e ti vedano venire.

– vieni Signore e illumina le nostre scelte

Vieni, Signore, come un bacio sulla fronte

che scuota i miei pensieri, dal profondo.

– vieni e illumina le nostre scelte

Vieni Signore, come fuoco leggero

che consumi tutto quello che non è amore.

 

 

OMELIA

Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!

Ecco, e vuol dire: guarda, fissa lo sguardo, contempla, non mollare quell’immagine.

Ecco l’agnello: che ha ancora bisogno della madre e si affida al pastore; ecco un Dio che non si impone, si propone, che non può, non vuole far paura a nessuno.

Ecco l’agnello, il piccolo animale dei sacrifici nel tempio.

Ma di che cosa sarà vittima Gesù? Della giustizia di Dio che esige che il peccato sia espiato fino in fondo? E lo fa pagare al figlio?

Tristissima idea di Dio. È la vecchia religione dei sacerdoti e leviti, dei funzionari del sacro che pensavano la salvezza dell’umanità come il pagamento di un debito: l’uomo ha un debito con il Padre, è insolvente, e allora lo paga al Padre, al posto nostro, il Figlio. Ma questo farebbe mercato della misericordia di Dio.

Già papa Benedetto ha mandato al macero la dottrina dell’espiazione del peccato e di quella sacrificale, perché è incompatibile con la dottrina della Trinità, unione d’amore, l’idea che Gesù, il Figlio, versi il sangue per placare la sete di giustizia del Padre. Un Padre che qualcuno immagina come una sorta di grande sanguisuga celeste. Che succhia energie e preghiere. Cui non bastano mai i sacrifici degli uomini.

C’è molto di più nella nostra fede: Gesù non è venuto a portare il perdono dei peccati (anche un uomo sa perdonare, non occorreva l’incarnazione, non occorreva la croce…); è venuto a portare molto di più del semplice perdono: è venuto a portare se stesso, la sua vita dentro la vita dell’uomo, il cuore dentro il cuore, fiato dentro il fiato, per sempre.

Dio non toglie vita a nessuno dei suoi figli, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. Non spezza nessuno spezza se stesso, non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue.

Dio ha guardato l’umanità e l’ha trovata smarrita, malata, sperduta. E non l’ha più sopportato. Ma invece di portare un giudizio di rifiuto e condanna, è venuto a portare comunione.

Quando Giovanni dice: ecco l’agnello che toglie il peccato, non parla di espiazione. Lui vede venire un agnello: il santo tra i peccatori, il puro tra gli impuri, il medico tra i malati, il primo fra gli ultimi della fila, il cielo mescolato alla terra.

Ecco l’agnello, ecco l’amore di Dio che toglie il peccato del mondo. Il peccato, al singolare, non i mille gesti sbagliati con cui continuamente laceriamo il tessuto di comunione del mondo, ne sfilacciamo la bellezza. Ma il peccato profondo, la radice malata che inquina tutto. In una parola: il disamore.

Che è indifferenza, violenza, menzogna, chiusure, fratture, vite spente…

Gesù viene come il guaritore del disamore (cfr W. Fasser). E lo fa non con minacce e castighi, non da una posizione di forza con ingiunzioni e comandi, ma da agnello, con quella che Francesco chiama “la rivoluzione della tenerezza”.

Ecco l’agnello, inerme e più forte di tutti gli Erodi della terra. Una sfida a viso aperto alla violenza, alla sua logica, al disamore che papa Francesco ha evidenziato con una bella formula: la globalizzazione dell’indifferenza. Il contrario dell’amore non è l’odio è l’indifferenza, quando l’altro non conta, non mi interessa, non c’è, non vive. Questa è la matrice del male del mondo.

E Gesù a vivere la globalizzazione dell’attenzione, della cura, del rispetto verso ogni più piccolo figlio della terra.

Il mondo non riesce, la terra non ce la fa a fiorire secondo il sogno di Dio, gli uomini non ce la fanno a raggiungere la vita buona, bella e beata. Allora Gesù viene come agnello: l’agnello è un ‘no!’ gridato al ‘così stanno le cose’; un ‘no!’ gridato forte in faccia al nostro ‘ così va il mondo‘.

Viene e la bella notizia, il suo vangelo è questo: è possibile vivere meglio, per tutti. E chi ne possiede il segreto, le chiavi, è Lui.

Giovanni usa il verbo al tempo presente: che toglie il peccato, non un verbo al futuro nella speranza che un giorno accada, non un verbo al passato come per una impresa finita, ma al presente: Ecco Colui che instancabilmente, infallibilmente, ogni giorno, continua a togliere, a raschiare via, adesso ancora il male dell’uomo.

Cristo è all’opera, lavora adesso in me, dentro i miei sbagli, dentro le mie cadute. E in che modo? Nello stesso modo in cui opera nella creazione. Per vincere il buio della notte Dio incomincia a soffiare la luce del giorno; per vincere il gelo accende il suo fuoco, per vincere la steppa sterile semina milioni di semi; per vincere la zizzania del campo si prende cura del buon grano; per demolire la menzogna Lui passa libero, disarmato, amorevole fra le creature.

E ci chiede di passare liberi, disarmati, amorevoli fra le persone.

Come lui, noi siamo inviati al mondo come breccia, fessura, feritoia di un amore che toglie il male; braccia aperte donate alla storia.

Giovanni vedendo Gesù venire verso di Lui: ecco, avere gli occhi di Giovanni, occhi che sanno vedere Gesù che viene verso di noi, riuscire a scorgere Dio in cerca di me, sparpagliato per tutta la terra, in cammino su tutte le strade.

Possiamo vedere Gesù nel volto del povero a cui abbiamo dato aiuto, con cui ci siamo fermati a parlare; abbiamo incontrato il suo volto nel volto dello straniero che suonava alla nostra porta e che abbiamo fatto entrare per riposarsi e ristorarsi; l’abbiamo incontrato nel volto dell’anziano che ci abita vicino e a cui abbiamo dedicato un po’ del nostro tempo

Giovanni dice: “Ecco l’Agnello!” Vorrei anch’io essere per quanti mi incontrano niente altro che questo: dito che indica il Signore e occhi lucenti che lo vedono venire.

Mi sento inadeguato, conosco i miei limiti, vorrei sottrarmi al compito, invece no! Non posso e non devo sottrarmi perché io non propongo la mia vita contraddittoria, ma propongo Lui, come mio progetto, e la sua bella notizia: è possibile per tutti vivere meglio. Il vangelo sa come.

Il nostro compito è provarci. Il resto non ci compete.

Provarci, con tante cadute e infinite riprese.

Mi basterebbe riuscire a indicare, di tanto in tanto, una direzione, un pertugio da cui traspaia un barlume della bellezza di Dio.

 

Preghiera alla Comunione

 

Vieni, Signore,

come una carezza di luce sugli occhi

affinché penetrino l’orizzonte

e ti vedano venire.

 

Vieni, come un bacio sulla fronte

che scuota i miei pensieri,

dal profondo.

 

Vieni Signore,

come fuoco leggero

che brucia e consuma

tutto quello che non è amore.

 

Vieni Signore,

come una carezza tenera

sul salice esitante,

sulla canna incrinata,

sullo stoppino fumoso

che io sono.

 

Vieni Signore,

come un bacio di luce sulle mie lacrime,

vento sui nostri sorrisi,

miele sulle mie amarezze,

fiato e coraggio alla nostra voglia di amare.

Amen

 

p. Ermes Ronchi