Messaggero Veneto 23 giugno 2018.
Affondano le proprie radici nel passato remoto di Cividale, quello dei tempi della regina longobarda Piltrude, che la leggenda vuole fondatrice del monastero di Santa Maria in Valle. Le reliquie dei martiri Anastasia, Agape, Chiona, Irene, Grisogono e Zoilo arrivarono in città, secondo le fonti, proprio per volere della sovrana, devota di tali santi e intenzionata a conferire importanza, con i loro resti, agli spazi della nuova comunità religiosa. Oggi questo tesoro della storia è stato salvato dal rischio di un trasferimento a Roma dalla sua ultima sede, Gorizia, ed è tornato a “casa”, ospite della sacrestia nobile del Centro San Francesco (così come richiesto dalla Soprintendenza), dove, ad opere di allestimento ultimate, potrà essere ammirato dal pubblico.Si ricuce così uno strappo apertosi con lo spostamento a Gorizia, appunto, delle ultime suore Orsoline di Santa Maria in Valle, avvenuto nel 1999. Ora che pure la comunità goriziana è stata chiusa, quel bene che le religiose avevano portato con sé, al momento dell’addio a Cividale, era destinato ad accompagnarle nella capitale, loro destinazione. Il rischio ha stimolato la nascita di una stretta collaborazione fra arcivescovo, Capitolo di Udine, Ufficio beni culturali della Diocesi, parrocchia, ex allieve, privati cittadini e, naturalmente, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio e Polo museale del Friuli Venezia Giulia, che hanno seguito la parte burocratica e messo a disposizione restauratori e storici dell’arte, permettendo un accurato e sicuro trasferimento del patrimonio. Si spalanca così davanti ai cividalesi una vicenda sconosciuta ai più e di estrema suggestione «La cronaca della scoperta delle reliquie custodite dalle suore Benedettine è contenuta da un documento del 1533, intitolato “Inventio Reliquiarium Monasteri Sanctae Mariae in Valle” – spiega la direttrice del Museo cristiano, Elisa Morandini, autrice di un articolo in tema pubblicato sull’ultimo numero del bollettino parrocchiale –.
Secondo il racconto la regina Piltrude le mise in una cassa lignea, appositamente realizzata e ornata con lamine d’argento. La pose vicino all’altare maggiore; un coro “pulcherrimo” (bellissimo) fu progettato per l’occasione». Nel tempo, però, ci si dimenticò della cassa e del suo contenuto, forse anche a causa del terremoto del 1222, che provocò gravi danni: l’oblio durò dno al 5 maggio 1242, quando tale frate Leonardo di Latisana, incuriosito, forzò con un coltello l’apertura del contenitore, per scoprire cosa vi fosse racchiuso. Tolse la polvere secolare e trovò un tessuto, un palio, che copriva le reliquie. Ed accadde il “miracolo”. «La cronaca – continua la direttrice del Mucris – narra che non appena il drappo fu rimosso, un intenso profumo si diffuse tutt’attorno, nel monastero e nell’intera città. Nel giro di breve tempo Santa Maria in Valle si ritrovò affollata di gente che accorreva estasiata ed entrava da ogni dove, anche dal tetto, per assistere all’evento. E quando le reliquie furono estratte dalla cassa, le statue poste di fronte all’altare chinarono il capo».
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