13 Dicembre 2016

 

III DI AVVENTO – Anno “A”

Is 35, 1-10 – Rom 11,25-36 – Mt 11, 2-15


“Fiorisca la steppa, come fiore di narciso fiorisca” Isaia il visionario porta la primavera nel cuore dell’inverno. Il suo Dio è per noi ciò che è la primavera per i fiori.

Siamo qui davanti a te Signore per rotolarci nella profezia, antica e nuova e portarne addosso i pollini, per il nostro mondo.

Avvento, tempo dell’attesa. Attendere voce del verbo amare!

 

  • Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, Dio viene!” Vieni, Signore.
  • Dite al terreno sassoso e di spine: Coraggio, il Seminatore viene…
  • Dite a chi ha il cuore deserto e arido: Coraggio, viene il Dio amante della vita…

 

Omelia di ERMES RONCHI

Sei tu colui che deve venire oppure dobbiamo aspettare un altro? Grande domanda: continuiamo dietro il vangelo o cerchiamo altrove?

Il dubbio fa male, ma il profeta proclama qualcosa che è più forte del dubbio: se non sei tu, io comunque non mi arrendo, io continuerò ad attendere e a cercare, io non mi fermo qui.

Giovanni è pronto, perché Attendere è voce del verbo amare.

Gesù non risponde con definizioni, ma chiamando a raccolta ciechi, storpi, sordi, lebbrosi, morti, poveri: sei nomi, e il settimo nome, affinché l’elenco sia completo, è il mio.

I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i sordi odono, ai poveri è annunciato il Vangelo, tutti hanno una seconda opportunità.

Chiama la vita dolente e ferita, gli ultimi della fila. E non per farne dei devoti discepoli, ma perché tornino uomini pieni e liberi.

E tuttavia i suoi miracoli non hanno cambiato il mondo, per un cieco che torna alla luce legioni di ciechi sono rimasti nella notte, i poveri sono sempre più poveri, nessuna steppa è fiorita di gigli; anzi, il deserto l’inquinamento con i suoi veleni si espande e corrode la terra.

Il non credente che è in me, il disilluso, mi contesta, dati alla mano, storia davanti agli occhi, e dice che è tutta un’illusione. Che il vangelo non ha portato soluzioni ai problemi concreti. Avete tanto pregato per la pace e la pace non è venuta.

Ma la pace ormai si è accesa in noi, come un sogno tante volte tradito, ma di cui non ci è permesso stancarci! Ci siamo rotolati dentro la pace e ne abbiamo addosso i pollini. E non potremo più considerare il mondo come un malato inguaribile, ma come un sofferente affidato alle nostre mani.

Il vangelo non ha portato soluzioni già fatte ma ci ha invitato, sospinto, pressato a inventarle noi.

Gesù non ha mai promesso di risolvere i nostri problemi con l’evidenza dei miracoli. Ha promesso qualcosa di più forte e più bello, il miracolo del seme, il lavoro instancabile del seme nascosto, la fiducia del seme invisibile, del seme crocifisso. Non ha portato i miracoli del Dio onnipotente, ma la presenza del Dio onni-amante, respiro del mio respiro, amante dei germogli. C’è un salmo che dice che Germoglio è un nome di Dio! (Salmo 72,17). Pensate che bello e che fiducia! Dio come un germoglio.

Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita… E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!” (papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 274).

 

Il profeta non capisce e dubita: aiutami a capire. Io sono in prigione, sarò ucciso perché ho denunciato l’adulterio di Erode, e tu perdoni perfino gli adulteri colti in flagrante!

E Gesù rilancia: Beato colui che non si scandalizza di me, di questo amore scandaloso, che invece di bruciare i peccatori, come annunciava Giovanni, siede a tavola con loro.

Gesù portava scandalo e lo porta oggi, a meno che non ci facciamo un Cristo a nostra misura e addomestichiamo il suo messaggio: non stava certo con la maggioranza, era controcorrente, ha cambiato il volto di Dio e ha rovesciato quello del potere, ha messo pubblicani e prostitute prima dei sacerdoti, ha fatto dei poveri i principi del suo regno.

Con Gesù tutto cambia: le persone più religiose non sono quelle talmente assorbite in Dio, da non accorgersi delle ferite del prossimo, ma quelle che agiscono come agisce Dio, prendendosi cura delle ferite della terra. Beato chi non si scandalizza ed ha il coraggio di andare in cerca di ciechi, di zoppi, di perduti, di dolenti, di sofferenti, di profughi per sostenere un germoglio di vita in loro, un germoglio di Dio. Beato chi ha il cuore pieno di volti e di nomi.

 

Ma quale è la differenza fra il racconto di Isaia, il suo viaggio in una terra di sogno, e una favola come Alice nel paese delle meraviglie ? La differenza fra favola e profezia sono una mangiatoia e una croce.

La storia alta di un uomo capace di andare fino in fondo, e mai per il proprio interesse. La storia di un Dio che si mette in gioco, a rischio di dolore e di lacrime, a rischio di morte.

Lo guardi e vedi che nella mangiatoia e nella croce non c’è inganno, non c’è imbroglio, nessun fine nascosto. Ed è tutto così semplice, quando si ama. Lo vedi prendersi cura della vita, lo zoppo saltare come un capriolo, l’affamato ricevere pane, e pace per oggi e per domani; parla e nella prostituta si risveglia la donna; la fanciulla morta è solo addormentata; i bambini e i poveri diventano i principi del Regno.

 

Tutto questo non è evidente, ma chi vuole camminare con l’evidenza si rassegni a stare dalla parte del deserto, perché lui sì è evidente.

 

Per tre volte oggi Gesù domanda: Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? una banderuola? No vi dico, ma un uomo in piedi, senza doppiezze, e libero.

Che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? preoccupato dell’abito firmato? O non invece un uomo vestito, come Elia, degli avanzi del deserto, un marginale lontano dalle corti, ma vicino al mondo nuovo?

Che cosa siete andati a vedere? Gesù insiste su questo verbo concreto. Non domanda: cosa avete udito, ascoltato, imparato; ma “che cosa avete visto”. Perché Dio non si dimostra, Dio si mostra.

Hanno visto una profezia incarnata, che ha modellato comportamenti concreti. Il fascino di Giovanni viene dal fatto che le sue parole sono diventate corpo,

un corpo inciso, stampato, marchiato dalla Parola.

Gesti e parole sono un tutt’uno. Lui è credibile.

E in noi che cosa vedono gli altri? Non ci chiedono se siamo credenti, ma se siamo credibili.

Solo la fede che è diventata carne e sangue è fede vera. La fede è fatta di due cose: occhi profondi che vedono il sogno di Dio, e mani di contadino, pazienti e fiduciose, che ‘aspetta il prezioso frutto della terra’ (Giacomo 5,7). Di uno stupore, come un innamoramento per un mondo nuovo possibile, e di lavoro concreto per volti e nomi che riempiono il cuore.

Gesù: un uomo solo, con un pugno di amici, di fronte a tutti i mali del mondo. Sentirlo così, ancora presente sulle frontiere della vita, seme di luce, goccia di fuoco che non si spegne è l’unico miracolo di cui abbiamo bisogno.

 

 

 

Preghiera

 

Signore, sei tu colui che deve venire?

Sento i tuoi passi inseguirmi,

Rispettosi e mai stanchi.

 

Sei tu, Signore?

Donaci la fede inquieta e coraggiosa

di Giovanni che non smette di cercare sorgenti.

 

Oppure dobbiamo attendere un altro?

Come Giovanni ti dico: Sappi, Signore,

che se anche sarò deluso, io continuerò a cercare;

che se non rispondi io non mi arrendo,

continuerò a domandare.

Che se non vieni ancora, io continuerò ad attendere.

 

Ma tu vieni, vieni come un seme,

seme di guarigione, seme di un mondo nuovo,

piccolo e fortissimo seme,

unico miracolo di cui abbiamo bisogno.

 

Tu vieni come un sogno di deserti fioriti.

Un sogno che non si è ancora avverato

Tante volte tradito

ma di cui non mi stancherò mai. Amen

 

 

di ERMES RONCHI