Fb 6 dicembre 2020

Mc 1, 1-8

Un messaggio sul nulla

 

p. Ermes Ronchi

“Inizio del vangelo”, inizio della bella notizia che è Gesù. E sembra quasi una annotazione pratica, un titolo esterno al racconto. Ma il vero sigillo del senso, è nel termine “vangelo” che significa bella, allegra, gioiosa notizia.

Perché, a partire da cosa, ricominciare a vivere e a progettare, se non da una notizia buona, da una notizia bella arrivata magari all’improvviso, oppure attesa a lungo? Solo a partire dal bene si può intuire un futuro, e mai iniziando da amarezze, errori, dal male che assedia.

Ricominciare da una cattiva notizia è finta intelligenza, priva di una sapienza che sa di vangelo. E se qualcosa di doloroso ci tormenta, buona notizia diventa il perdono, che lava via gli angoli bui annidati nel cuore. A noi il compito di spargere larghi sguardi di promessa, sguardi di vangelo!

Due voci parlano del venire di Dio. Isaia, voce del cuore: Viene il Signore con grande potenza, che è la sua tenerezza; tiene sul petto gli agnellini e conduce pian piano le pecore madri. E’ la tenerezza di Dio, potenza immensa e assoluta.

E Giovanni, delle acque e del sole: Viene uno dopo di me ed è il più forte. Lui ci battezzerà, ci immergerà nel turbine santo di Dio.

Isaia e Giovanni, potremmo definirli “cercatori di profeti”. Per Isaia, profeta è innanzitutto uno che apre strade anche sul nulla, che scova tracce di speranza là dove sembrava impossibile; uno che non si nasconde, né si lascia omologare dal pensiero dominante.

I profeti: creatori di strade, liberi come nessuno! Ascoltarli è diventare come loro. Il loro secondo marchio è l’essere in attesa, insoddisfatti di ciò che hanno, cuore in tensione attratto dal richiamo di cose lontane.

In terzo luogo, profeta è colui che ri-orienta la vita: Giovanni predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, che sono il fallimento di chi non riesce a raggiungere la propria meta, ha perso la rotta ed è caduto. Il perdono è Dio che scuote, che indica di nuovo l’obiettivo, che fa ripartire, carovana che si rimette in viaggio all’alba, vento per la nave che salpa.

Perdono è un nuovo inizio, un nuovo mare, un nuovo giorno.

I due profeti annunciano un Altro più grande, il loro centro è altrove: in un desiderio, un orizzonte, una persona. Usano lo stesso verbo, in un eterno presente: Dio viene.

Specialmente Giovanni non dice: verrà, un giorno. Oppure: sta per venire, tra poco, e già sarebbe cosa grande. Ma semplice, diretto, sicuro, dice: viene! Giorno per giorno, continuamente, adesso. Anche se non lo vedi, eccolo, in cammino sulla tua strada. Si fa vicino nel tempo e nello spazio, ci stupisce come la prima neve.

Perché ciò che fa ricominciare a sorridere, a inventare, a relazionarsi, è sempre un presagio di gioia, uno straccetto di profetica speranza, almeno intravista. Di tracce nascoste di Dio, è pieno il mondo.

 

2 Avvenire II di avvento B

Due voci, a distanza di secoli, gridano le stesse parole, nell’arsura dello stesso deserto di Giuda. La voce gioiosa di Isaia: «Ecco, il tuo Dio viene! Ditelo al cuore di ogni creatura». La voce drammatica di Giovanni, il Giovanni delle acque e del sole rovente, mangiatore di insetti e di miele, ripete: «Ecco, viene uno, dopo di me, è il più forte e ci immergerà nel turbine santo di Dio!» (Mc 1,7).

Isaia, voce del cuore, dice: «Viene con potenza», e subito spiega: tiene sul petto gli agnelli più piccoli e conduce pian piano le pecore madri. Potenza possibile a ogni uomo e a ogni donna, che è la potenza della tenerezza.

I due profeti usano lo stesso verbo, sempre al presente: «Dio viene». Semplice, diretto, sicuro: viene. Come un seme che diventa albero, come la linea mattinale della luce, che sembra minoritaria ma è vincente, piccola breccia che ingoia la notte.

Due frasi molto intense aprono e chiudono questo vangelo. La prima: Inizio del vangelo di Gesù Cristo, della sua buona notizia. Ciò che fa ricominciare a vivere, a progettare, a stringere legami, ciò che fa ripartire la vita è sempre una buona notizia, una fessura di speranza. Inizio del vangelo che è Gesù Cristo. La bella notizia è una persona, il vangelo è Gesù, un Dio che fiorisce sotto il nostro sole, venuto per far fiorire l’umano. E i suoi occhi che guariscono quando accarezzano, e la sua voce che atterra i demoni tanto è forte, e che incanta i bambini tanto è dolce, e che perdona. E che disegna un altro mondo possibile. Un altro cuore possibile.

Dio si propone come il Dio degli inizi: da là dove tutto sembra fermarsi, ripartire; quando il vento della vita «gira e rigira e torna sui suoi giri e nulla sembra nuovo sotto il sole» (Qo 1,3-9), è possibile aprire futuro, generare cose nuove. Da che cosa ricominciare a vivere, a progettare, a traversare deserti? Non da pessimismo, né da amare constatazioni, neppure dalla realtà esistente e dal suo preteso primato, che non contengono la sapienza del vangelo, ma da una “ buona notizia”.

In principio a tutto c’è una cosa buona, io lo credo. A fondamento della vita intera c’è una cosa buona, io lo credo. Perché la Bibbia comincia così: e vide ciò che aveva fatto ed ecco, era cosa buona.

Viene dopo di me uno più forte di me. La sua forza? Gesù è il forte perché ha il coraggio di amare fino all’estremo; di non trattenere niente e di dare tutto. Di innalzare speranze così forti che neppure la morte di croce ha potuto far appassire, anzi ha rafforzato. È il più forte perché è l’unico che parla al cuore, anzi, parla “sul cuore”, vicino e caldo come il respiro, tenero e forte come un innamorato, bello come il sogno più bello.

E chiama tutti a essere ‘più forti’, a fare come Isaia e Giovanni: a

Notiamo il verbo centrale: viene, al presente. Giovanni non dice: verrà, un giorno. Non proclama: sta per venire, tra poco, e sarebbe bastato. Ma semplice, diretto, sicuro dice: viene.

Due voci che parlano di un Dio Camminatore instancabile dei secoli, viaggiatore dell’anima, orma nel deserto, piede che si ferma alla tua porta (cf. Ap 3,20), fremito nel grembo di Maria (Lc 1,41), passione nella voce di Giovanni, miele nella voce di Isaia.

Giorno per giorno, continuamente, adesso, Dio viene. Anche se non lo vedi, viene; anche se non ti accorgi di lui, è in cammino su tutte le strade.  È bello questo mondo immaginato colmo di orme di Dio.

Guardiamo la terra, da un angolo all’altro: è cresciuta la libertà dei singoli, l’autenticità nelle relazioni; un segno dello Spirito santo è il movimento epocale del femminile; è cresciuta la giustizia e la solidarietà verso i deboli, pensate solo alla rivoluzione di questi anni nei confronti dei disabili, da quando erano invisibili al rispetto che oggi li circonda;

e poi l’amore per l’ambiente, per tutte le creature, per la terra, l’aria, le acque. E l’istruzione e la scienza e la cultura. Anche altro è cresciuto, è vero, una solitudine, una disgregazione di legami, una idolatria del denaro e dell’apparire, una insofferenza verso gli estranei.

E tuttavia il regno di Dio è più vicino oggi di ieri. Il vangelo d’avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e delusioni. Ci sarà sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante. Ho provato anch’io lo scoraggiamento, molte volte, ma non gli permetto di mangiare nel mio piatto, non gli permetto di sedere sul trono del mio cuore.

Il motivo è questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed è che non può esserci disperazione finché ricordo perché sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio, chi mi ha mandato qui. E chi sta venendo: viene il più forte.

Un mondo più buono e più giusto, dove