Fb 20 novembre

Lc 23,35-43

Ti porto con me (di p.Ermes Ronchi)

Cristo re dell’universo, proclama la liturgia. Ma dov’è il suo regno, dov’è mai la terra come Lui la sogna, la nuova architettura del mondo e dei rapporti umani? E soprattutto, che Dio è questo che lascia morire il suo Messia?
Nell’ultima domenica al suo vangelo dedicata, Luca ci guida verso il tesoro della regalità nel luogo più inadatto, nel piccolo spazio della croce.
Il crocifisso è signore appena di quel poco di legno e terra che basta per morire, dove un malfattore, appeso come lui, gli chiede solo di non essere dimenticato, e Gesù invece lo prende con sé.
In quel bandito egli raggiunge tutti noi, consacrando la dignità di ognuno nella sua decadenza, nel suo limite più basso. L’uomo è sempre amabile per Dio. Proprio di Dio è amare perfino l’inamabile.
Non ha meriti da vantare il ladro. Non sa che Dio non si merita, si accoglie. Non sa che la sua giustizia va ben oltre le buone o le cattive azioni. Ai suoi occhi appare un re giustiziato con una derisoria corona di spine, ma che muore amando ostinatamente; un re che si può perfino rifiutare, e il ladro dal cuore buono ne intuisce lo sguardo posato per sempre su di noi, anche da lontano.
E gli si accostavano per dargli da bere aceto. Il vino nella Bibbia è simbolo d’amore, l’aceto è il suo contrario, il simbolo dell’odio. Tutti lì attorno odiano quell’uomo, lo deridono. Di cosa hanno bisogno questi che uccidono? Di una condanna più severa, della pena di morte? No, hanno bisogno di un supplemento d’amore. E Dio si mette in gioco.
Il malfattore intuisce in quel cuore pulito il primo passo di una storia diversa, intravede un altro modo di essere uomini e l’annuncio di un mondo capace di perdono, di giustizia vera, di pace.
Costui non ha fatto nulla di male! Bella definizione di Gesù, nitida, semplice e perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. Che si preoccupa fino all’ultimo non di sé ma di chi gli muore accanto e gli si aggrappa: ricordati di me quando sarai nel tuo regno d’amore. In questo tuo regno pensami.
E Gesù non solo si ricorda, fa molto di più: lo porta con sé.

Ricordati di me, prega il morente. Sarai con me, risponde l’amante. Ricordati di me, prega la paura. Sarai con me in un abbraccio, risponde il forte. Solo ricordati e mi basterà, prega l’ultima vita. Con me, oggi, in un paradiso di luce, risponde il datore di vita.
Venga il tuo regno, noi preghiamo, e sia più intenso delle lacrime, più bello dei sogni di chi visse e morì per costruirlo.
Il regno di Dio verrà quando sorgerà un ostinato amore, che avanzando dalle periferie della storia arriverà ad abitare le città degli uomini. Solo questo trasformerà la nostra cronaca amara in storia finalmente umana.
Regale ed eterno è davvero solo questo amore che si inabissa, rassicurante amore, disarmato amore.

 

CRISTO RE – 2022
Lc 23,36-43

Sul Calvario, fra i tre condannati alla stessa tortura, Luca colloca l’ultima sua parabola sulla misericordia. Che comincia sulla bocca di un uomo, anzi di un delinquente, uno che nella sua impotenza di inchiodato alla morte, spreme, dalle spine del dolore, il miele della compassione per il compagno di croce Cristo.
E prova a difenderlo in quella bolgia, e vorrebbe proteggerlo dalla derisione degli altri, con l’ultima voce che ha: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena? Parole come una rivelazione per noi: anche nella vita più contorta abita una briciola di bontà; nessuna vita, nessun uomo sono senza un grammo di luce. Un assassino è il primo a mettere in circuito lassù il sentimento della bontà, è lui che apre la porta, che offre un assist, e Gesù entra in quel regno di ordinaria, straordinaria umanità.
Non vedi che patisce con noi? Una grande definizione di Dio: Dio è dentro il nostro patire, crocifisso in tutti gli infiniti crocifissi della storia, naviga in questo fiume di lacrime. La sua e nostra vita, un fiume solo. “Sei un Dio che pena nel cuore dell’uomo” (Turoldo). Un Dio che entra nella morte perché là entra ogni suo figlio. Per essere con loro e come loro. Il primo dovere di chi vuole bene è di stare insieme a coloro che ama.
Lui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida, semplice, perfetta: niente di male, a nessuno, mai. Solo bene, esclusivamente bene.
Si instaura tra i patiboli, in faccia alla morte, una comunione più forte dello strazio, un momento umanissimo e sublime: Dio e l’uomo si appoggiano ciascuno all’altro.
E il ladro che ha offerto compassione ora riceve compassione: ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Gesù non solo si ricorderà, ma lo porterà via con sé: oggi sarai con me in paradiso. Come un pastore che si carica sulle spalle la pecora perduta, perché sia più agevole, più leggero il ritorno verso casa. “Ricordati di me” prega il peccatore, “sarai con me” risponde l’amore. Sintesi estrema di tutte le possibili preghiere. Ricordati di me, prega la paura, sarai con me, risponde l’amore. Non solo il ricordo, ma l’abbraccio che stringe e unisce e non lascia cadere mai: “con me, per sempre”.
Le ultime parole di Cristo sulla croce sono tre parole da principe, tre editti regali, da vero re dell’universo: oggi-con me-nel paradiso. Il nostro Gesù, il nostro idealista irriducibile, di un idealismo selvaggio e indomito! Ha la morte addosso, la morte dentro, e pensa alla vita, per quel figlio di Caino e dell’amore che sgocciola sangue e paura accanto a lui. È sconfitto e pensa alla vittoria, a un oggi con me, un oggi di luce e di comunione.
Ed è già Pasqua.

 

INIZIO
Siamo qui affamati di vita, a cercare pane buono.
Siamo qui perché Tu ci aiuti a spingere verso l’alto, con tutta la forza, qualsiasi cielo oscuro che incontriamo
Veniamo a te, che ti occupi di ogni sofferenza…
Veniamo a te come liberati, perché tu ci liberi ancora…
Veniamo a te, che ci fai capire cosa sia vita e cosa no.

Grazie
Per i colori dell’autunno
Per gli occhi luminosi di persone
Per le piccole gioie di ogni giorno

Omelia
Sta morendo, posto in alto, nudo nel vento, e lo prendono in giro, tutti: “guardatelo, il re!” E per bocca di uno dei due ladri crocifissi, con una prepotenza aggressiva, ritorna la sfida del diavolo nel deserto: se tu sei il figlio di Dio… (Lc 4,3). La tentazione che il malfattore introduce è ancora più potente: se sei il Cristo, salva te stesso e noi.
È la sfida, alta e definitiva, su quale Messia essere; ancora più insidiosa, ora che si aggiungono sconfitta, vergogna, strazio, derisione.
Se essere il messia dei miracoli e della onnipotenza, oppure un messia inchiodato ad un abbraccio più che ad una croce, braccia spalancate in eterno, che niente e nessuno mai potrà annullare.
SE sei il Dio forte, onnipotente, parola nostra che non c’è mai sulla bocca di Gesù, che vorrei sostituire con una parola che non esiste in italiano l’onni-amante, l’onniabbracciante, il tutto-abbracciante.
Un abbraccio così potente, che nulla potrà mai piegare; braccia aperte più potenti di tutto: di sordità e silenzi, del nostro fuggire, di vite sbagliate, di ladri e crocifissori.
Sul Calvario, fra i tre crocifissi c’è un ladro “misericordioso”, lo sentiamo provare compassione per il compagno di pena Cristo,
e vorrebbe difenderlo in quella bolgia, pur nella sua impotenza di inchiodato alla morte, e vorrebbe proteggerlo, ma ha solo la voce e tuttavia e le parole sono potenti, straordinarie : non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena?
Gesù non è il primo ad esprime pietà, il primo è il ladro, è lui che apre la porta, offre un assist, e Gesù entra in quel regno di ordinaria, straordinaria umanità.
Non vedi che patisce con noi?
Una grande definizione di Dio: Dio è dentro il nostro patire,
Dio è crocifisso in tutti gli infiniti crocifissi della storia,
Dio che naviga in questo fiume di lacrime.
Un Dio che pena nel cuore dell’uomo, dirà Turoldo.
Che entra nella morte perché là entra ogni suo figlio.
Per essere con loro e come loro.
Il primo dovere di chi vuole bene è stare insieme a quelli che ama.
Lui non ha fatto nulla di male.
Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta: niente di male, per nessuno, mai; solo bene, esclusivamente bene.
E Gesù si conferma, fino all’ultimo respiro, il tutto-abbracciante,
perdona i crocifissori, si preoccupa non di sé ma di chi gli muore accanto, e che prima si era preoccupato di lui, e sono in due, lui e il ladro, e si instaura tra i patiboli, in faccia alla morte, una comunione più forte dello strazio, un momento sublime.
E il ladro che ha dato compassione ora trova compassione: ricordati di me quando sarai nel tuo regno.
Gesù non solo si ricorderà, ma lo porterà via con sé: oggi sarai con me in paradiso
Gesù ha potuto appoggiare la testa sulle spalle del ladro, il capo di Dio sulle spalle dell’uomo. Adesso è l’uomo che l’appoggia la testa sulle spalle di Dio. Così l’abbraccio vuole. Dio e l’uomo ognuno posa la sua testa sulle spalle dell’altro.
“Ricordati di me” prega il peccatore, “sarai con me” risponde l’amore. Sintesi estrema di tutte le possibili preghiere.
Ricordati di me, prega la paura, sarai con me, risponde l’amore. Non solo il ricordo, ma l’abbraccio che stringe e unisce e non lascia cadere mai: “con me, per sempre”.
Le ultime parole di Cristo sulla croce sono tre parole da principe, tre editti regali: oggi-con me-paradiso.
Oggi: adesso, subito; perché l’amore ha sempre fretta; l’istante è un inizio di eternità.
Con me: mentre la nostra storia di paure si chiude in muri, frontiere e respingimenti, la passione di Dio è stare con noi, Emma nu-el, la sua gioia è stare con i figli dell’uomo.
Nel paradiso: quel luogo che non sappiamo, ma che brucia gli occhi del desiderio, quel luogo immenso e felice che “solo amore e luce ha per confine” (Dante).
In quel bandito è consacrata la dignità di ogni persona umana: nel fallimento, nel degrado, nell’inamabile, l’uomo conserva un nucleo d’oro, un tesoro, e rimane comunque capace di amare, e amabile per Dio.
Oggi, con me, nel paradiso. Il nostro Gesù, il nostro idealista irriducibile, di un idealismo selvaggio e indomito. Ha la morte addosso, la morte dentro, e pensa alla vita, per quel figlio di Caino e dell’amore che sgocciola sangue e paura accanto a lui.
È sconfitto e pensa alla vittoria, a un oggi con me, un oggi di luce e di comunione.
C’è già la Pasqua qui dentro, la pasqua che irride capi, soldati e patiboli: “Oggi, con me, vincitori…”

Adesso vedo come Dio salva. Non mi evita il dolore, ma dentro il dolore; non mi protegge dalla sofferenza ma nella sofferenza. Dio non mi salva dalla Croce ma nella Croce, non dal Calvario ma sul Calvario.
“Ricordati di me” prega il morente.
“Oggi sarai con me” risponde l’amante.
“Ricordati di me” prega la paura e il profeta coraggioso offre molto più:
“Sarai con me” a millimetro di cuore.
Solo ricordati e mi basta” prega l’ultima scintilla di vita.
“Sarai con me, un abbraccio indissolubile” risponde la sorgente della vita.

E se il primo che entra in paradiso è quest’uomo dalla vita sbagliata, allora non c’è nulla e nessuno di definitivamente perduto, nessun figlio è senza speranza.
Le braccia del disarmato amore sono spalancate per sempre, per tutti quelli che, qualunque sia il loro passato, riconoscono Gesù come compagno d’amore e di pena: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo.

Preghiera alla comunione

Dalla tua Croce, Signore, mi guardi
con occhi che fanno del mio cuore un lago di pianto.
Quante cose ho sciupato!
Ho buttato talenti,
ho bruciato germogli,
non ho custodito creature,
ho fatto cose di cui non mi credevo capace.
Eppure sento il Tuo sguardo che mi apre
e mi attira verso la Croce.
Prendo coraggio e dico:
ho sbagliato tanto, Signore, ma ricordati di me,
come del ladro buono.
Sono come lui. Ricordati!
Stringimi a te,
stringiti in me.
La mia testa sulla tua spalla,
la tua testa sulla mia spalla.
Tu che navighi nel nostro fiume di lacrime,
tu che vivi di noi,
crocifisso amore.
Amen

Il ladro compie un gesto divino, offre la sua spalla perché Gesù possa per un istante almeno posarvi la sua testa e riprendere il fiato del coraggio. Poi è l’assassino a domandare di potersi appoggiare sulla spalla del re: ricordati di me quando sarai nel tuo regno.
L’uomo e Dio posano la testa ciascuno sulla spalla dell’altro.
Un abbraccio così potente, che nulla potrà mai piegare; braccia aperte più forti di tutto: di sordità e silenzi, del nostro fuggire, di vite sbagliate, di ladri e crocifissori.

 

Avvenire XXXIV Cristo Re dell’Universo
Sta morendo, posto in alto, nudo nel vento, e lo deridono tutti: “guardatelo, il re!” I più scandalizzati sono i devoti osservanti: ma quale Dio è il tuo, un Dio sconfitto che ti lascia finire così? Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re, usa la forza!
E per bocca di uno dei crocifissi, con una prepotenza aggressiva, ritorna anche la sfida del diavolo nel deserto: se tu sei il figlio di Dio… (Lc 4,3). La tentazione che il malfattore introduce è ancora più potente: se sei il Cristo, salva te stesso e noi. È la sfida, alta e definitiva, su quale Messia essere; ancora più insidiosa, ora che si aggiungono sconfitta, vergogna, strazio.
Fino all’ultimo Gesù deve scegliere quale volto di Dio incarnare: quello di un messia di potere secondo le attese di Israele, o quello di un re che sta in mezzo ai suoi come colui che serve (Lc 22,26); se il messia dei miracoli e della onnipotenza, o quello della tenerezza mite e indomita.
C’è un secondo crocifisso però, un assassino “misericordioso”, che prova un moto compassione per il compagno di pena, e vorrebbe difenderlo in quella bolgia, pur nella sua impotenza di inchiodato alla morte, e vorrebbe proteggerlo: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena?
Una grande definizione di Dio: Dio è dentro il nostro patire, Dio è crocifisso in tutti gli infiniti crocifissi della storia, Dio che naviga in questo fiume di lacrime. Che entra nella morte perché là entra ogni suo figlio. Che mostra come il primo dovere di chi ama è di essere insieme con l’amato.
Lui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, esclusivamente bene. E Gesù lo conferma fino alla fine, perdona i crocifissori, si preoccupa non di sé ma di chi gli muore accanto e che prima si era preoccupato di lui, instaurando tra i patiboli, sull’orlo della morte, un momento sublime di comunione.
E il ladro misericordioso capisce e si aggrappa alla misericordia: ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Gesù non solo si ricorderà, ma lo porterà via con sé: oggi sarai con me in paradiso; se lo carica sulle spalle, come fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, perché sia più leggero l’ultimo tratto di strada verso casa. Con me! E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni e per separazioni, per chiusure e per respingimenti, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci e per accoglienza.
E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine ma che muore ostinatamente amando; un re che noi possiamo anche rifiutare, ma che non potrà mai, lui, rifiutare noi.