20 Marzo 2021

PICCOLA BOMBA DI VITA (p. Ermes Ronchi)

Fb 21 marzo 21

Gv 12, 20-33

Piccola bomba di vita

Se vuoi vedere me, guarda il chicco di grano. Una frase difficile e pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione distorta della fede.

Tutto parte da una domanda forte “vogliamo vedere il Signore” , parole d’allora, di oggi e dell’uomo di sempre, perché Dio non si dimostra con alte catechesi, ma si mostra con mani d’amore e occhi limpidi, con una vita abitata da lui.

E io, discepolo interpellato come Filippo e Andrea, cosa rispondo? Il vangelo suggerisce tre immagini: chicco di grano, croce, strada. E, sempre, la terra che è il cielo di Dio, cielo di mitezza e di spine, grembo del grano, sostegno della croce, strada del discepolo.

A prima vista, ogni seme sembra un guscio secco e spento, in realtà è una piccola bomba di vita, che cade in terra e ciò che sembra morte in realtà è l’inizio di un lavorio infaticabile e meraviglioso, che il dono di sé: dalla terra al chicco, dal chicco al germe, dal germe al frutto. Lo sguardo del vangelo va quindi a posarsi sulla fecondità, sul molto frutto, non sul morire!

Tuo è solo ciò che hai donato e che ritorna a te, moltiplicato. Per questo anch’io sarò un granello sepolto, lontano dal clamore, nel silenzio della mia terra, seminato nel quotidiano della famiglia, nella terra arida del mio lavoro e in quella amara delle domande incompiute e delle lacrime.

Sapendo che quando si sceglie di donare se stessi si è sempre soli, come la partoriente che se anche avesse il mondo intero attorno a sé, resta sola con la sua paura e il suo miracolo. Ma poi, attraverso il dono di sé, ecco vita nuova e più grande. Allora sì il chicco muore, ma nel senso che la sua vita di prima è trasformata in una forma più evoluta e potente.

Chi vuole vedermi, mi segua. L’unica visione che ci è concessa è la sequela, come Mosè sul Sinai, che vuole vedere Dio e lo scorge solo di spalle, mentre passa ed è già oltre. Così noi per vederlo camminiamo sulle sue orme, dietro l’eco delle sue parole, nella scia del profumo dei suoi gesti.

E non cancelliamo i turbamenti di Gesù: danno forza, dicono che come un coraggioso anche lui ha avuto paura; che ha amato questa mia stessa vita all’estremo, che non è andato alla morte sorridendo, ma con un folle atto di fede. Infatti l’amore che l’ha portato sulla croce, inerme e virile insieme, l’uomo non riesce a reggerlo, è troppo limpido.

Ma ogni uomo e donna sono piccolo chicco seminato nei solchi della storia. Se sei generoso di te, di tempo, cuore, intelligenza; se ti dedichi, come un atleta, uno scienziato o un innamorato al tuo scopo, allora produci molto frutto, e moltiplichi la vita intorno a te.

Sarò innalzato e vi attirerò a me. Alto sui campi della morte, Gesù è amore fatto visibile. Alto sui campi della vita, è amore che seduce.

«La Croce non ci fu data per capirla ma perché ci aggrappassimo ad essa» (Bonhoeffer): attratto, sedotto da qualcosa che non capisco del tutto, mi aggrappo anch’io al morente in eterno, in eterno risorgente.

 

AVVENIRE V DI QUARESIMA 2021

Vogliamo vedere Gesù: domanda dell’anima eterna dell’uomo che cerca, e che sento mia. La risposta di Gesù esige occhi profondi: se volete capire guardate il chicco di grano, cercate nella croce, sintesi ultima del vangelo.

Se il chicco di grano non muore resta solo, se muore produce molto frutto. Una delle frasi più celebri e più difficili del vangelo. Quel “se muore fa peso sul cuore e oscura tutto il resto. Ma se ascolti la lezione del chicco, il senso si sposta; se osservi, vedi che il cuore del seme, il nucleo intimo e vivo da cui germoglierà la spiga, è il germe, e il grembo che lo avvolge è il suo nutrimento. Il chicco in realtà è un forziere di vita che lentamente si apre, un piccolo vulcano vivo da cui erompe, invece che lava, un piccolo miracolo verde. Nella terra ciò che accade non è la morte del seme (il seme marcito è sterile) ma un lavorio infaticabile e meraviglioso, una donazione continua e ininterrotta, vero dono di sé: la terra dona al chicco i suoi elementi minerali,  il chicco offre al germe (e sono una cosa sola) se stesso in nutrimento, come una madre offre al bimbo il suo seno. E quando il chicco ha dato tutto, il germe si lancia all’intorno con le sue radici affamate di vita, si lancia verso l’alto con la punta fragile e potentissima delle sue foglioline.

Allora il chicco muore sì, ma nel senso che la vita non gli è tolta ma trasformata in una forma di vita più evoluta e potente. Quello che il bruco chiama fine del mondo tutti gli altri chiamano farfalla (Lao Tze), non striscia più, vola; muore alla vita di prima per continuare a vivere in una forma più alta.

Il verbo principale che regge la parabola del seme è “produce frutto”.  Gloria di Dio non è il morire ma la fecondità, e il suo innesco è il dono di sé. La chiave di volta che regge il mondo, dal chicco a Cristo, non è la vittoria del più forte ma il dono.

La seconda icona offerta da Gesù è la croce, l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce (Karl Rahner). Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Ma dalla morte esce come germe dalla terra, forma di vita indistruttibile, e ci trascina fuori, in alto, con sé. Gesù: un chicco di grano che si consuma e germoglia; una croce nuda dove già respira la risurrezione.

“La Croce non ci fu data per capirla ma per aggrapparci ad essa” (Bonhoeffer): attratto da qualcosa che non capisco, ma che mi seduce e mi rassicura, mi aggrappo alla sua Croce, cammino con Lui, in eterno morente nei suoi fratelli, in eterno risorgente. Sulla croce l’arte divina di amare si offre alla contemplazione cosmica, si dona alla fecondità delle vite.