Fb 16 maggio 21  Ascensione

Nostalgia del cielo (di p. Ermes Ronchi)

Mc 16,15-20

Con l’ascensione inizia la nostalgia del cielo. Di noi che restiamo nella storia, a fidarci di un corpo assente, a fidarci di una Voce.

Andate in tutto il mondo. Che ampio orizzonte in queste parole! È sentirsi protesi verso tutto, allargare le braccia su ogni cosa, respirare ogni vivente, sentire il vangelo, la parola felice, dilagare nei paesaggi del mondo come ossigeno e fresca acqua chiara.

Io sto con la Voce. Continuo a scegliere di starci. La sento cantare dentro, riaccendermi, farsi cuore. E l’assenza diventa una più ardente presenza.

Nel racconto dell’ascensione, a sorpresa, si parla più di me che di Cristo. Io ricevo la stessa consegna degli undici: annunciate. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, assoggettate. Non le vostre idee più belle, non la soluzione dei problemi, non una politica o una teologia, solo vangelo. E mi sembra persino facile.

Gesù spinge i suoi amici a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è vostro!

Lo fa perché crede in loro nonostante abbiano capito poco e siano scappati. E quale gioia sapere che si fida ancora del mio cuore, delle mie mani.

Ma durissima fu la fatica degli apostoli, secondo Marco. Un gruppetto di uomini confusi, con i tre anni di libertà, predicazione e conflitti che sembrano chiudersi in un fallimento. Uomini e donne che stanno a fissare il cielo. Gente che anche nell’ultimo incontro si confonde: lui che parlava del Regno di Dio, loro che capivano il regno di Israele. E invece di restare, Gesù se ne va! Ma con un atto di enorme fiducia: «Ce la farete!»

Nel mio nome scacceranno demoni. I demoni da snidare sono i nuovi padroni del cuore, i pensieri che ci possiedono: l’arrivismo, l’autorealizzazione a spese di tutto, il vuoto dentro.

Se berranno veleni… nella vita c’è chi sparge veleni, ma passeremo indenni tra falsità e cattiverie, perché il nostro antidoto è una Parola salda che fa vivere.

Parleranno lingue nuove: in un mondo cinico l’amore è poliglotta, e il vangelo insegnerà parole luminose con la lingua della tenerezza e della cura, che apre all’ascolto dell’altro.

E partirono a predicare ovunque.

L’ultimo versetto, che chiude il vangelo di Marco e apre il mio vangelo, dice: il Signore operava insieme con loro. Il verbo greco suona così: Il Signore agiva in sinergia con loro.

Come farei altrimenti a scacciare demoni, a prendere in mano serpenti, a bere veleni, a guarire? Lui è con te quando lotti contro il male, offri un bicchiere d’acqua, porgi una parola fresca; con te quando costruisci pace, quando la tua è fame di giustizia.

Ascensione. Cristo non è salito verso l’alto, lui è andato oltre, verso l’intimo delle cose. Non si è spostato di luogo, è andato in profondità, assente e meno assente che mai. E noi qui, “conchiglie ripiene dell’eco dell’infinito silenzio” (Turoldo); noi qui, come Elia  sull’Oreb, a incontrare Dio nel brivido del silenzio.

 

Avvenire Ascensione del Signore Mc16,15-20

Gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne, fedeli e coraggiose. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto, e sono venuti tutti all’appuntamento sull’ultimo colle.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in uomini e donne che dubitano ancora, affidando proprio a loro il mondo e il vangelo. Non rimane con i suoi ancora un po’ di tempo, per spiegare meglio, per chiarire meglio, ma affida loro la lieta notizia nonostante i dubbi. I dubbi nella fede sono come i poveri: li avremo sempre con noi.

Gesù affida il vangelo e il mondo nuovo, sognato insieme, alla povertà di undici pescatori illetterati e non all’intelligenza dei primi della classe. Con fiducia totale, affida la verità ai dubitanti, chiama i claudicanti a camminare, gli zoppicanti a percorrere tutte le strade del mondo: è la legge del granello di senape, del pizzico di sale, della luce sul monte, del cuore acceso che può contagiare di vangelo e di nascite quanti incontra.

Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, insegnate il mestiere di vivere, così come l’avete visto fare a me, mostrate loro il volto alto e luminoso dell’umano.

Battezzate, che significa immergete in Dio le persone, che possano essere intrise di cielo, impregnate di Dio, imbevute d’acqua viva, come uno che viene calato nel fiume, nel lago, nell’oceano e ne risale, madido d’aurora.

Ecco la missione dei discepoli: fare del mondo un battesimo, un laboratorio di immersione in Dio, in quel Dio che Gesù ha raccontato come amore e libertà, come tenerezza e giustizia.

Ognuno di noi riceve oggi la stessa missione degli apostoli: annunciate. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, fate grandi opere caritative, ma semplicemente: annunciate.

E che cosa? Il Vangelo, la lieta notizia, il racconto della tenerezza di Dio. Non le idee più belle, non le soluzioni di tutti i problemi, non una politica o una teologia migliori: il Vangelo, la vita e la persona di Cristo, pienezza d’umano e tenerezza del Padre.

L’ascensione è come una navigazione del cuore. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo. È disceso (asceso) nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita. “La nostra fede è la certezza che ogni creatura è piena della sua luminosa presenza” (Laudato si’ 100), che “Cristo risorto dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce” (Laudato si’ 221).