NATIVITÀ del BATTISTA Luca 1,57-66.80

Il vangelo racconta due nascite soltanto, quelle di Gesù e Giovanni, che la liturgia ha ripreso ai due solstizi, quello d’estate e quello d’inverno.

Giovanni, nato fra i miracoli, sgozzato nel buio di una galera, nel silenzio terribile di Dio, l’ultimo respiro soffocato dal suo sangue e dalle musiche di un banchetto di cortigiani e ballerine.

Giovanni, il più grande, che danzava nel ventre di sua madre, morto per la danza di una ragazzina perversa e per i giochi malsani di un vecchio re.

Ma il vangelo che oggi incontriamo ruota attorno alla nascita e al nome da dare a quel bambino, figlio dello stupore.

Un gioco di nomi: Zaccaria oppure Giovanni?

Il nome nella bibbia è molto importante, vuol dire chi tu sei dentro e cosa sarai. È un evento e un destino.

I parenti, tutto il clan vogliono prolungare il nome del padre, rafforzare l’identità della famiglia, chiamarlo Zaccaria, che vuol Dio si ricorda, Dio non dimentica.

Elisabetta si oppone: si chiamerà Giovanni, che vuol dire: Dio fa un dono ora, fa grazia adesso!

I parenti sono fieri del loro passato: non dimentichiamo chi siamo!

Elisabetta è fiera del suo presente, di quel bambino venuto come un dono impossibile.

Dice no, donna libera e fiera. Il suo no, per affermare i figli non sono nostri, non appartengono alla famiglia, ma alla loro vocazione, alla profezia che devono annunciare; non vengono dal passato, ma dal futuro.

Zaccaria, Dio si ricorda. La memoria è importante, va curata e sanata anche, ma più importante ancora è orientarci tutti verso il nostro nome nuovo. Dircelo che Dio ha in serbo un nome nuovo per noi. Una vocazione, un compito.

Bisogna dircelo: Il tuo nome è Giovanni, non Zaccaria.

Questo il mio nome profetico: Dio fa dono! Adesso!

Avere occhi profondi che sanno Vedere i doni! La mia vita come un tessuto di doni.

Noi nasciamo a metà e tutta la vita ci serve per nascere del tutto!

Siamo sempre nella preistoria di noi stessi. Stiamo sempre nascendo. La parte migliore della mia vita deve ancora venire: è adesso che Dio sta facendo cose nuove Dio con me e con l’umanità, viene con i suoi doni.

 

Giovanni, dono di Dio, profeta.

 

Zaccaria interviene anche lui, Dopo 9 mesi di silenzio Zaccaria ha partorito un altro se stesso. Rinasce.

E se prima attorno all’altare degli incensi ha dubitato, la sua incredulità non ha fermato il piano di Dio. Dio può avere anche la bocca di un muto! La bocca di Zaccaria. Può adoperare il grembo di una donna anziana e sterile, ma decisa e forte, Elisabetta.

È bello pensare che anche i miei difetti, le mie incertezze, i dubbi non bloccano la storia di Dio. La mia poca fede non ferma la forza di vita che promana da Lui. E questo non è semplice pensiero consolatorio, ma fatto teologico, rivelativo.

Mi piace tanto il Dio che nella Bibbia agisce attraverso le nascite: Samuele, Sansone, Giovanni…

La bibbia sarà anche maschilista, ma è un tripudio di nascite improbabili, un inno alla vita, di grembi che danzano, che lievitano.

La parola, tolta al sacerdozio, volata via dal tempio, si sta intessendo nel ventre di due madri, Elisabetta e Maria. Dio scrive la sua storia dentro il calendario della vita, fuori dai recinti del sacro.

Il sacerdote tace ed è la madre, laica, a prendere la parola. Un rivoluzionario rovesciamento delle parti: Elisabetta ha saputo accogliere e fare spazio alla vita e ora può parlare:

“si chiamerà Giovanni”,

ed è il nome di ogni uomo, dono di Dio!

 

E i vicini si rallegravano con lei.

Il bambino viene alla luce come parola felice di Dio, vertice di tutte le natività del mondo: ogni nascita è profezia, ogni bambino è profeta, portatore di una parola di Dio unica, pronunciata una volta sola, e che non ripeterà mai più.

Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla.

Cosa sarà, oltre ad essere vita che viene da altrove, oltre a un amore diventato visibile?

Cosa porterà al mondo questo bambino, sillaba del Verbo, dono unico che Dio ci ha consegnato avvolto di abbracci?

Che sarà mai questo bambino? Bellissima domanda. Ogni bambino è porta del mistero, porta degli dei, entra nel mondo con un passo di danza, in lui ride danzando la vita.

 

Una domanda oggi, ricordando la nascita del più grande tra i profeti.

Cos’è un profeta, a che cosa serve un profeta? Ne nascono ancora?

Perché abbiamo bisogno di profeti, perché non ce la facciamo da soli?

Loro sì sono il dono di Dio! E ce ne sono tanti, ad ogni epoca, anche oggi!

Non dissipiamo i nostri profeti. Sono Persone che Dio utilizza per aiutarci a capire quello che stiamo vivendo. Non a indovinare il futuro ma a leggere il presente.

Il Profeta è bocca dei poveri e bocca di Dio, per la giustizia, non blandisce nessuno ma esige il meglio da tutti;

uno che non si omologa, non si mimetizza, non sta alla finestra a guardare scorrere la vita,

ma ha la misteriosa beatitudine degli oppositori a tutto ciò che fa male alla vita. Percorso, il suo, coraggioso e solitario, controcorrente.

Non sprechiamo i nostri profeti. Non dissipiamo la profezia nella chiesa e nella società. Riconosciamoli, riconosciamo quella voce che dice e ridice le cose essenziali: che una vita umana è al di sopra di qualsiasi calcolo politico;

voce che non tace e osa ripetere oggi: ero forestiero e mi avete accolto.

Anche a costo di prendersi qualche insulto sui social o un risolino di compatimento.

 

Io-hannà: dono di Dio, poterlo dire, imparare a dirlo

Al familiare, al fratello, all’amico, al povero:

tu sei dono di Dio, il dono che Dio mi fa.

Sapessimo benedire così.

Manda ancora profeti, Signore,

uomini certi di Dio

uomini dal cuore in fiamme

e tu a parlare

dai loro roveti!

 

 

 

 

 

Fine: vi auguro occhi e orecchi aperti… e se inciampate in un profeta, non lasciatevelo scappare!