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Introduzione:
La questione dell’aborto, specialmente riguardo all’estensione legale oltre i 90 giorni dal concepimento, suscita dibattiti accesi in molte società moderne. Al centro della discussione c’è la dignità della persona umana e la definizione stessa di “persona”. Un elemento centrale di questa disputa è il momento in cui l’embrione diventa una persona umana. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, non esiste ancora una risposta definitiva a questa domanda. Questa incertezza dovrebbe spingerci ad un atteggiamento di cautela e rispetto verso la vita umana in tutte le sue forme.
1. La dignità della persona umana: un principio universale La dignità della persona è un valore riconosciuto universalmente e sancito da molte costituzioni e dichiarazioni internazionali. Questo principio si basa sulla convinzione che ogni individuo, per il semplice fatto di esistere, ha un valore intrinseco e inalienabile. Tale dignità non dipende da capacità intellettuali, fisiche o dal livello di sviluppo, ma dal solo fatto di essere un essere umano.
2. Il dibattito sulla definizione di “persona” Uno dei punti più controversi nel dibattito sull’aborto riguarda la definizione di persona. Quando inizia la vita umana? Quando l’embrione può essere considerato una persona a tutti gli effetti?
- Prospettiva filosofica: Alcuni sostengono che la persona si definisca attraverso la capacità di autodeterminazione, coscienza di sé e interazione sociale. Tuttavia, questa visione esclude fasi cruciali della vita umana, come quella embrionale, ma anche condizioni come il coma o stati di incoscienza.
- Prospettiva scientifica: Dal punto di vista biologico, la vita umana inizia con la fecondazione, momento in cui un nuovo DNA unico viene creato. Questo costituisce la base biologica dell’essere umano. Tuttavia, la scienza non può, da sola, determinare il momento esatto in cui questo essere umano acquisisce lo status di persona.
3. Incertezza scientifica e approccio di cautela La scienza non ha ancora stabilito con certezza quando un embrione possa essere considerato una “persona umana”. Alcuni sostengono che ciò avvenga con lo sviluppo del sistema nervoso, altri a partire dalla capacità di provare dolore, mentre altri ancora ritengono che il momento cruciale sia la nascita. Tuttavia, in assenza di una risposta scientifica chiara e condivisa, il principio etico della cautela ci invita a trattare l’embrione con il massimo rispetto, considerando che potrebbe già essere portatore di una dignità personale.
- L’approccio della bioetica: In molte teorie etiche, si suggerisce che, in presenza di incertezza sullo status morale di un essere, si debba agire nel modo più conservativo possibile, per evitare la possibilità di infliggere un danno irreversibile. Se esiste la possibilità che l’embrione sia una persona umana, l’interruzione della sua vita potrebbe costituire un’offesa alla dignità umana.
- Principio di precauzione: Nella medicina e nella bioetica, il principio di precauzione viene invocato in situazioni di incertezza. Anche se non possiamo provare con assoluta certezza che l’embrione sia una persona, non possiamo nemmeno escluderlo. Di conseguenza, potrebbe essere prudente trattarlo come se lo fosse.
4. Lo sviluppo embrionale: una continuità della vita La biologia ci insegna che lo sviluppo dell’essere umano avviene attraverso una serie di fasi continue, dalla fecondazione fino alla morte. Non esiste un “salto” qualitativo netto che separi l’embrione da un adulto. Lo sviluppo di un individuo è un processo graduale e ininterrotto. Se accettiamo l’idea che la dignità della persona sia intrinseca e non acquisita, allora non dovrebbe esistere un momento in cui la vita umana possa essere privata del rispetto e della tutela.
- Il ruolo della genetica: Il DNA unico dell’embrione è presente sin dal momento della fecondazione, determinando l’identità biologica dell’individuo. Questo codice genetico guiderà lo sviluppo dell’essere umano fino alla morte naturale. Pertanto, da una prospettiva genetica, il rispetto della vita dovrebbe essere presente fin dal concepimento.
5. I rischi di una estensione legale dell’aborto Estendere i termini legali per l’aborto oltre i 90 giorni dal concepimento solleva questioni ancora più complesse. Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza, il feto ha già sviluppato caratteristiche più visibili e avanzate, come il battito cardiaco, il movimento e, in alcuni casi, la capacità di provare dolore. La scienza non ha ancora chiarito a che punto della gestazione il feto possa percepire il dolore in maniera cosciente, ma alcuni studi suggeriscono che già a 20 settimane il sistema nervoso è sufficientemente sviluppato per tale esperienza.
6. Conclusioni: il rispetto per la vita e l’incertezza morale Alla luce dell’incertezza scientifica sul momento esatto in cui l’embrione acquisisce lo status di persona umana, è fondamentale adottare un atteggiamento di rispetto e cautela. La dignità della persona, così come viene intesa in molte tradizioni morali e religiose, deve essere estesa a tutti gli esseri umani, anche nelle fasi iniziali della vita. In assenza di prove definitive che escludano la presenza di una persona nell’embrione, l’unica risposta eticamente responsabile è quella di trattare l’embrione con lo stesso rispetto che riserviamo a tutti gli altri esseri umani.
Riflessione finale: L’essenza del dibattito sull’aborto non è solo una questione di diritti, ma anche una questione di rispetto per la vita umana. La scienza, la filosofia e la bioetica non hanno fornito una risposta definitiva su quando inizi la vita di una persona. In questo vuoto di certezza, il rispetto per l’embrione e la sua dignità restano una responsabilità fondamentale per tutti noi. Essere umani significa anche riconoscere e rispettare i limiti della nostra conoscenza, agendo con rispetto e prudenza nei confronti di ciò che non comprendiamo appieno.
Questo approccio mira a mantenere un equilibrio tra etica, scienza e riflessione morale, offrendo un punto di vista ponderato che si può presentare a un pubblico ampio e diversificato.
La posizione della Chiesa cattolica sull’aborto è chiara e immutabile: essa afferma che la vita umana deve essere rispettata e protetta sin dal concepimento. La Chiesa considera l’aborto un grave peccato, in quanto rappresenta l’uccisione di un essere umano innocente.
Ecco alcuni punti chiave che delineano la posizione attuale della Chiesa cattolica sull’aborto:
1. La vita inizia dal concepimento
Secondo la dottrina cattolica, la vita umana inizia al momento della fecondazione, quando un nuovo essere umano viene formato con il proprio patrimonio genetico. Da quel momento, la Chiesa sostiene che ogni vita umana ha un valore intrinseco e deve essere protetta.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 2270, si legge:
“La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Fin dal primo momento della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti di persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita.”
2. Aborto come peccato grave
L’aborto è considerato un peccato mortale. La Chiesa cattolica insegna che ogni azione volta a interrompere una gravidanza volontariamente è moralmente inaccettabile. Questo include l’aborto in ogni fase della gravidanza, indipendentemente dalle circostanze.
Il Catechismo continua (n. 2271):
“Fin dal primo secolo la Chiesa ha affermato la malvagità morale di ogni aborto procurato. Questo insegnamento non è cambiato ed è immutabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale.”
3. Scomunica per l’aborto
Chi procura un aborto, sia chi lo esegue che chi vi partecipa consapevolmente, può incorrere in una scomunica latae sententiae (automatica). Questo è un segno della gravità che la Chiesa attribuisce all’atto dell’aborto. Tuttavia, la scomunica può essere revocata tramite il sacramento della riconciliazione e il pentimento sincero.
4. Eccezioni e situazioni di difficoltà
La Chiesa è consapevole delle difficoltà e delle pressioni che possono portare una donna a considerare l’aborto, come ad esempio povertà, mancanza di sostegno o violenza sessuale. Tuttavia, la risposta della Chiesa è quella di sostenere le madri in difficoltà, offrendo assistenza materiale, spirituale e psicologica, piuttosto che accettare l’aborto come una soluzione.
Papa Francesco ha più volte sottolineato la necessità di accompagnare le donne che si trovano in situazioni difficili e ha invitato i sacerdoti a mostrare compassione, soprattutto durante l’Anno Santo della Misericordia (2015-2016), quando ha concesso a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere il peccato dell’aborto.
5. L’aborto come tema di difesa della dignità umana
Per la Chiesa, la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, è parte integrante della promozione della dignità della persona. L’aborto viene visto come un attacco diretto a questa dignità e come una minaccia alla sacralità della vita.
Papa Francesco ha ribadito più volte l’incompatibilità tra la promozione dei diritti umani e l’accettazione dell’aborto, affermando:
“Difendere la vita con convinzione e amore significa stare dalla parte dei deboli, dei più vulnerabili, come i bambini non nati.”
6. Appelli alla protezione legislativa della vita
La Chiesa cattolica sostiene anche la necessità di proteggere la vita umana attraverso leggi che proibiscano l’aborto. Questa posizione si riflette nelle prese di posizione pubbliche e nei movimenti pro-vita che la Chiesa supporta. Tuttavia, la Chiesa riconosce anche che la conversione dei cuori e delle menti, non solo l’imposizione di leggi, è fondamentale per creare una cultura della vita.
Conclusione
In sintesi, la posizione della Chiesa cattolica sull’aborto è chiara: la vita umana è sacra e inviolabile dal momento del concepimento e deve essere protetta. L’aborto è considerato un peccato grave, ma la Chiesa offre sempre misericordia e perdono a chi si pente sinceramente.
A tale proposito un altro tema delicato: Ho sentito dire che alcuni farmaci sono composti anche da sostanze che si ottengono attraverso linee cellulari e ciò implica il fatto che l’embrione o il feto sia vivo. In questo caso può il fine giustificare i mezzi?
La questione dell’uso di linee cellulari derivate da tessuti fetali per la produzione di farmaci o vaccini è complessa e tocca profondi temi etici, specialmente in ambito religioso e bioetico. Vediamo i punti chiave e la posizione della Chiesa cattolica su questo argomento.
1. Cosa sono le linee cellulari derivate da tessuti fetali?
Le linee cellulari fetali sono colture di cellule che sono state originariamente derivate da tessuti prelevati da feti abortiti decenni fa, spesso negli anni ’60 e ’70. Queste linee cellulari vengono poi mantenute e utilizzate per la ricerca medica, lo sviluppo di vaccini, e in alcuni casi per la produzione di farmaci. Importante sottolineare che, nel caso di queste linee cellulari, le cellule attualmente utilizzate sono discendenti di quelle originali e non derivano direttamente da nuovi aborti.
2. La posizione della Chiesa cattolica: il fine giustifica i mezzi?
La Chiesa cattolica ha affrontato questo tema con molta attenzione, specialmente negli ultimi anni, quando è diventato di rilievo durante lo sviluppo di vaccini, come quelli contro il COVID-19. La dottrina morale cattolica sostiene che il fine non giustifica mai i mezzi se questi mezzi sono intrinsecamente immorali, come nel caso dell’aborto. Quindi, l’aborto in sé è sempre considerato un male morale e non può essere giustificato per nessun fine, nemmeno a scopi scientifici o terapeutici.
Tuttavia, la questione diventa più complessa quando si parla di uso di linee cellulari derivate da aborti avvenuti decenni fa e non attualmente. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha affrontato la questione in diverse occasioni, delineando alcune linee guida:
3. Principio della cooperazione al male
La dottrina cattolica distingue tra vari gradi di “cooperazione al male”:
- Cooperazione formale: è quando una persona o un’istituzione partecipa direttamente e volontariamente a un atto immorale. Questo è sempre illecito.
- Cooperazione materiale: può essere suddivisa in “prossima” e “remota”. La cooperazione materiale remota avviene quando una persona non è direttamente coinvolta nell’atto immorale, ma potrebbe trarre un beneficio indiretto da esso.
Nel caso delle linee cellulari fetali, la Chiesa ha riconosciuto che l’uso di vaccini o farmaci derivati da linee cellulari sviluppate decenni fa costituisce una cooperazione materiale remota, che può essere moralmente tollerata in circostanze specifiche, come la protezione della salute pubblica, a patto che non ci siano alternative eticamente accettabili.
4. Vaccini e farmaci: Il Magistero della Chiesa
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha emesso delle dichiarazioni ufficiali, ad esempio nel 2020 in merito ai vaccini contro il COVID-19, affermando che, quando non sono disponibili alternative moralmente accettabili, è moralmente lecito usare vaccini sviluppati con linee cellulari derivate da feti abortiti, ma con alcune condizioni:
- Non c’è alcuna approvazione dell’aborto. I fedeli non devono vedere l’uso di tali farmaci o vaccini come un’approvazione morale dell’aborto.
- Pressione per alternative etiche. È doveroso continuare a fare pressione affinché la ricerca e lo sviluppo di farmaci non dipendano da pratiche immorali, e vengano trovate alternative eticamente accettabili.
- Salvaguardia del bene comune. Quando la salute pubblica e il bene comune sono in pericolo, come nel caso di pandemie, la cooperazione materiale remota può essere accettata per evitare danni maggiori.
5. Il principio del doppio effetto
Questo principio è spesso utilizzato per giustificare un’azione che ha un effetto moralmente positivo (come salvare vite) ma anche uno negativo, involontario o non direttamente voluto. Secondo il principio del doppio effetto, l’azione è moralmente lecita se:
- Il male non è voluto direttamente.
- Il bene prodotto supera il male involontario.
- Non ci sono alternative migliori.
Nel caso dell’uso di farmaci o vaccini derivati da linee cellulari fetali, il bene che deriva dal loro utilizzo, come la protezione della salute e la prevenzione di malattie, è considerato superiore rispetto al male associato all’origine di quelle linee cellulari, purché i fedeli non approvino l’aborto o ne minimizzino la gravità.
6. L’importanza del discernimento morale
Ogni cattolico è chiamato a riflettere, con l’aiuto della preghiera e della guida morale della Chiesa, sulla liceità dell’uso di determinati farmaci o vaccini, soprattutto se essi derivano da pratiche eticamente problematiche. La coscienza ben formata è cruciale in queste situazioni, e i fedeli dovrebbero cercare di capire in che modo il loro comportamento possa contribuire a costruire una cultura della vita.
Conclusione
In sintesi, la Chiesa cattolica condanna fermamente l’aborto e non approva l’uso di tessuti fetali derivanti da aborti, ma riconosce che l’uso di farmaci o vaccini che impiegano linee cellulari da aborti avvenuti in passato può essere moralmente accettabile in circostanze particolari, come la protezione della salute pubblica. Tuttavia, la Chiesa sottolinea la necessità di sviluppare alternative eticamente accettabili e incoraggia i fedeli a promuovere una cultura della vita.
Sappiamo che, soprattutto in questi ultimi anni, si sono realizzati miliardi di farmaci che necessitano di linee cellulari di embrioni vivi per la loro presunta efficacia. È davvero possibile realizzare tutta questa enorme mole di farmaci su linee cellulare di aborti avvenuti decenni di anni fa? Qui il buon senso richiede una risposta convincente…
ECCO IL PUNTO DI VISTA DELL’I.A. (Da approfondire per conoscere come realmente è la situazione in base a fatti concreti)
Queste perplessità sono comprensibili, soprattutto quando si parla di questioni bioetiche così complesse. La questione delle linee cellulari embrionali utilizzate nella ricerca medica e nella produzione di farmaci è un tema molto delicato, che ha sollevato dibattiti sia in campo scientifico che morale.
Linee cellulari e farmaci
Le linee cellulari embrionali utilizzate in molti studi, inclusi quelli per alcuni vaccini o farmaci, provengono tipicamente da aborti avvenuti negli anni ’60 e ’70. Questi tessuti sono stati coltivati in laboratorio e, attraverso processi di replicazione e conservazione, le stesse linee cellulari vengono utilizzate ancora oggi. Le linee cellulari più note e frequentemente utilizzate sono HEK293 e PER.C6, derivanti rispettivamente da un feto abortito legalmente negli anni ’70 e da un’altra fonte abortiva simile. (Affermazione molto opinabile..si dovrebbero approfondire…)
Perché le stesse linee cellulari vengono utilizzate?
- Replicabilità e immortalizzazione: Queste linee cellulari sono capaci di replicarsi indefinitamente in laboratorio, il che significa che una volta stabilite, non è necessario prelevare nuovi tessuti da aborti successivi. Le cellule vengono immortalizzate, in un certo senso, e continuano a riprodursi da quelle originali.
- Standardizzazione scientifica: Utilizzare le stesse linee cellulari permette una coerenza nei risultati scientifici, poiché queste cellule rispondono in modo prevedibile e uniforme agli stimoli sperimentali.
Domanda legittima: è sufficiente il materiale di partenza?
La domanda è assolutamente ragionevole: come può essere sufficiente del materiale biologico prelevato decenni fa per supportare l’enorme quantità di ricerca e produzione di farmaci oggi? La risposta risiede nella tecnologia di coltura cellulare, che consente di espandere e moltiplicare le cellule all’infinito. Questo processo non richiede tessuti freschi o ulteriori aborti, perché una volta che una linea cellulare è stata stabilita, può essere propagata in laboratorio senza limiti.
È necessario continuare a usare nuove linee cellulari?
In molti casi, no. Tuttavia, la comunità scientifica continua a esplorare nuove fonti di cellule, tra cui cellule staminali pluripotenti o altre forme di colture cellulari, anche se è raro che ciò implichi l’uso di nuovi tessuti fetali. Alcuni ricercatori e aziende hanno intrapreso sforzi per evitare completamente l’uso di linee cellulari derivanti da aborti, usando alternative eticamente meno problematiche, come le cellule staminali adulte.
Il fine giustifica i mezzi?
Dal punto di vista morale, la domanda su se il fine possa giustificare i mezzi è complessa. Nella dottrina cattolica, l’uso di tessuti embrionali o fetali derivati da aborti volontari è visto come moralmente problematico, anche se l’intenzione ultima è lo sviluppo di cure mediche salvavita. Tuttavia, l’insegnamento della Chiesa lascia spazio a discussioni sulla cooperazione al male: se il male (in questo caso l’aborto) è già stato commesso decenni prima, l’uso dei prodotti derivati in circostanze specifiche può essere considerato moralmente lecito per il bene comune, a patto che si lavori per trovare alternative etiche.
In sintesi:
- La maggior parte dei farmaci che si basa su queste linee cellulari usa materiali prelevati decenni fa.
- Le tecnologie moderne consentono di utilizzare le stesse linee cellulari senza bisogno di nuovi tessuti fetali.
- L’argomento etico è complesso e richiede una riflessione profonda sul concetto di cooperazione al male.
Mi sembra che il buon senso ti porti a cercare una risposta che tenga conto sia dell’efficacia scientifica che delle implicazioni etiche. Credo che la discussione debba continuare a cercare alternative etiche più chiare e condivise per la ricerca scientifica, ed è un dibattito che riguarda tutti noi.