IV DOMENICA DI PASQUA
Gv 10, 27-30
– Per quelli che ci hanno accompagnato nella vita e non ci hanno lasciati soli, grazie. Se noi invece ci siamo isolati dagli altri, senza farci compagnia a nessuno, ti chiediamo perdono
– Per quelli che ci hanno difeso dai pericoli, dai lupi e dalle paure, grazie. Se noi non abbiamo difeso gli ultimi, gli umiliati, perdono
– Per coloro che negli anni ci guidato a sorgenti buone, grazie. Se noi non abbiamo custodito la libertà e la speranza in qualcuno, perdono.
Omelia
Un Vangelo così breve che si può seguirlo parola per parola.
Le mie pecore ascoltano la mia voce. Prima grande sorpresa. Una voce attraversa le distanze, un io si rivolge a un tu, sopra di me c’è uno sguardo, che si interessa di me.
La prima delle caratteristiche dei discepoli è quella di ascoltare la voce, dare attenzione, tempo e cuore, a una voce.
Non ascoltano i comandi, la voce. Non tono intimidatorio, impositivo, costrittivo, sono toccati da quella voce. Ubbidiamo alla sua bellezza Quella voce che attraversa le distanze, inconfondibile; che racconta una relazione, rivela una intimità, fa emergere una presenza in te.
La voce giunge all’orecchio del cuore prima delle cose che dice. È l’esperienza con cui il bambino piccolo, quando sente la voce della madre, la riconosce, si emoziona, tende le braccia e il cuore verso di lei, ed è già felice ben prima di arrivare a comprendere il significato delle parole.
Ma perché le pecore ascoltano? Per dovere, per obbligo? No.
Perché ci si sente conosciuti, e la voce è entrata nel cuore
Pastore e agnelli: una relazione non basata sulle regole, sui precetti, ma sulla conoscenza. Non è un obbligo, è una voce che fa sentire conosciuti.
Non perché si deve, ma perché la voce è bellissima.
Nella nostra formazione prima di tutte venivano le regole, le strutture, l’inquadramento, stare al passo con il gregge. Non funziona così. È inutile tutto se quella parola non arriva nel cuore,
La sua voce sa toccare, perché conosce cosa c’è nel cuore. Io conosco le mie pecore: La samaritana al pozzo aveva detto: venite, c’è uno che mi ha detto tutto di me. Una bellissima definizione del Signore, colui che dice il tutto dell’uomo, che risponde alle domande più profonde del cuore, alla sete.
Due generi di persone si disputano il nostro ascolto: i seduttori e i maestri. Come distinguere tra i due? I seduttori, sono quelli che promettono piaceri facili, vita facile; i maestri veri sono invece quelli che rendono feconda la tua vita, che ti danno ali e fecondità.
Poi viene la seconda caratteristica del gregge. Io do loro la vita eterna. Un dono, al presente, di adesso, non un tfr alla fine del nostro lavoro nel mondo.
Che cos’è la vita eterna? Non è la vita dalla durata indefinita, ma è la qualità della vita, vita eterna è la vita dell’Eterno in noi, quel pezzetto di Dio in te, che spesso neppure cerchiamo: bellissimo sant’Agostino, tu eri in me più intimo a me di me stesso e io fuori di me ti cercavo…
Io do loro la vita eterna! è qui, in me, senza condizioni, prima di qualsiasi risposta, senza paletti e confini; la vita di Dio è data, presente come un seme potente, seme di fuoco nella mia terra nera. Come linfa che non vedo ma che risale la vite senza stancarsi mai, giorno e notte, e si dirama per tutti i tralci, dentro tutte le mie gemme. Ogni volta che sfiori Gesù o la parola un po’ più da vicino, prende a vibrare, a muoversi questo seme vivo. Il nostro male è che non sappiamo quanto siamo ricchi. S. Basilio: o uomo considera la tua dignità regale: tu porti Dio in te!
E poi la terza caratteristica: Non andranno mai perdute. La mia fede cristiana è dilatazione, cuore grande, accrescimento d’umano e di cose che meritano di non morire. Gesù lo dice con una immagine di lotta, di combattiva tenerezza: Nessuno le strapperà dalla mia mano. Una parola assoluta: nessuno. E un’altra parola infinita: in eterno.
Una promessa subito raddoppiata, come se avessimo dei dubbi: nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
Io sono vita indissolubile dalle mani di Dio. Legame che non si strappa, nodo che non si scioglie. L’eternità è un posto fra le mani di Dio. Siamo passeri che hanno il nido nelle sue mani. E nella sua voce, che scalda il freddo della solitudine.
Io sono vita, che nessuno strapperà. Amato che nessuno porterà via, legame non lacerabile. Come agnelli abbiamo un ovile un posto nelle sue mani, come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere, come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine, come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
E ad alcuni possiamo dire anche noi parole copiate da Dio: nessuno ti strapperà dalla mia mano. Coloro che amiamo, meritano queste parole divine.
Beati noi se potremo dire a qualcuno: tu sei inseparabile dalle mie mani.
l’avventura di coloro che vogliono, sulla terra, custodire e lottare, camminare e liberare, ed essere donatori di vita, inizia da qui, dalla certezza che per Dio tu sei importante. E io dovrei ripetere e rilanciare quersto, io a sua immagine, io pastore di anche solo un minimo gregge, dovrei dire parole di Dio: mi importa, ai care, diceva don Milani, del fratello dello Sri Lanka, agnelli uccisi a centinaia come pecore al macello mentre celebrano il Risorto a Pasqua; mi importa dell’annegato nel mediterraneo, dell’uomo o della donna sola, vicini di casa.
L’uomo mi importa. Altro che religione oppio dei popoli, voi capite che questa immagine del pastore, le sue parole se le mettiamo in pratica sono l’adrenalina dei popoli, e del cuore mai indifferente (don Borsato).
Le mie pecore mi seguono. Seguire Cristo vuol dire vivere una vita come la sua. Significa, in qualche modo, diventare pastori. Ciascuno voce e parola e mano di un discorso amoroso. Di più, ciascuno mano da cui il mio piccolo gregge non sarà mai rapito.
Oggi Dio mi rassicura: Nessuno mai ti strapperà dalle mie mani. Nessuno, mai.
Preghiera alla Comunione
Signore, nessuno mai ci rapirà dalle tue mani.
Nessuno mai ci separerà dall’amore.
Nessuno mai ci strapperà da quelle mani
che hanno dispiegato i cieli,
gettato le fondamenta della terra.
Mani di vasaio sull’argilla dell’Eden,
come una infinita carezza.
Mani di Creatore sull’Adamo addormentato
e nasce, estasi dell’uomo: Eva.
Mani inchiodate alla Croce
per un abbraccio senza fine,
che non rifiuterà nessuno mai, estasi della storia.
Nessuno mai ci strapperà da queste mani.
Come passeri abbiamo in esse il nido,
come bambini ci aggrappiamo forte
a quella mano che non ci lascerà cadere,
come innamorati cerchiamo la tua mano
che scalda la solitudine, annulla la lontananza.
Come crocifissi ripetiamo:
nelle tue mani, Signore, affido la mia vita.
A Te, il solo Pastore
che pei cieli ci fai camminare.
Sono molti quelli che ci parlano, pochi quelli che parlano al cuore.
Gesù è l’unico che parla sul cuore.
Lo ha detto il profeta Osea: Ti porterò nel deserto e là parlerò – letteralmente – sul tuo cuore, a distanza annullata, come un bacio posato sulle labbra del cuore, toccandoti dentro.
Quante volte forse anche noi avremmo voluto dire queste parole, in casa, in comunità, sul lavoro. Il sogno di tutti è poter vivere con persone cui importiamo veramente, con dei pastori di vite.
Che come dice Geremia ci dia pastori secondo il suo cuore.