Perché Dio ci lascia vivere nella nostra fragilità? Egli spera sempre in una nostra reale conversione a Lui. Ho detto conversione a Lui, perché Lui è la Verità, il resto è illusione.
Allora ciò che è importante in noi è smascherare le illusioni, quindi è il lavorìo della consapevolezza del sé estremamente importante. Ma non ci dobbiamo scandalizzare : “quando c’è poco di nostro c’è molto di Dio” diceva San Francesco di Sales (Filotea p. 179).

Se sapessimo realmente quello che siamo ci abbatteremmo per le nostre miserie e ci sbalordiremmo della ricchezza di Dio.
Ma c’è una povertà di spirito che Gesù stesso dichiara beata. “Beati i poveri in spirito”

E’ difficile definire questa povertà: essa potrebbe costituire la presa di coscienza dell’anima che si rende conto di ciò che realmente è. In questo caso si trova sola con Dio. Non considerata dagli altri, disprezzata da se stessa.
Una coscienza che sa chi è non bada nemmeno alla considerazione, anche se alta, del prossimo: non ne fa caso, sa benissimo che l’ammirazione degli altri non aumentano la stima che Dio ha per essa, la quale ha ben altri parametri rispetto a quello degli uomini.

Ma a Dio piace perdonare ed usare misericordia con chi è misero. Il più povero tra i poveri è il peccatore incallito che fa esperienza della sua miseria e si vede una nullità. Non ha proprio niente per cui vantarsi né davanti a se stesso, né davanti agli altri né davanti a Dio!!!

Gesù fuggiva dalle folle che volevano farlo re, ritirandosi solo sul monte a pregare.
Gesù non si lamentava del disprezzo di molti nei suoi confronti.
Gesù amava e compativa i peccatori e non li giudicava.
Gesù dimostrò una vita terrena piuttosto fallimentare, finendo adirittura sulla croce insultato dalla folla.
Quale povertà è più grande di quella del “Re dei re” che si fa veramente come l’ultimo uomo della terra?

Pier Angelo Piai