dal Messaggero veneto del 14/02/2002
(San Valentino)
di MAURO COVACICH
Un giorno all’anno ci innamoriamo tutti. Lo facciamo per il bene del commercio. Abbiamo tutti a cuore la salute del commercio internazionale. Dipendesse da noi, stabiliremmo altri due-tre Natali a scadenze regolari, giusto per iniettare nuova linfa al sistema sempre anemico del commercio internazionale. Non potendo insistere troppo sulla moltiplicazione del Natale, un giorno all’anno ci innamoriamo.
Fidanzatini già fissi dai tempi del liceo, giovani coppie che hanno programmato le date del matrimonio e del primo figlio in base alle rate del mutuo regionale, mariti e mogli tornati dei perfetti estranei nella medesima casa, tutti coloro, insomma, che sono legati in una specie di alleanza, di patto di non aggressione per fronteggiare le avversità del mondo esterno, e non ricordano neanche lontanamente cos’è l’innamoramento.
Tutti questi oggi si scambieranno confezioni di baci Perugina, si affronteranno muti in cenette al lume di candela, compreranno fiori di cui non sanno il nome.
Gli unici a non poter soccorrere il commercio internazionale saranno oggi le donne e gli uomini non corrisposti.
Giovani, vecchi, malati, sani, handicappati, non handicappati, carcerati, eccetera, più, ovviamente, molti membri delle coppie stabili succitate che in segreto, proprio adesso, mentre brindano – cin cin, amore – si staranno consumando l’anima in ben altra direzione.
Il bello è che i non corrisposti sono gli unici veri innamorati. E, comunque sia, l’innamoramento è un processo, non uno stato. Come tutti i processi, non dura, non è stabile. E come i processi più bastardi, arriva, scoperchia le case, squarcia gli alberi e se ne va.
Ecco, l’innamoramento è un uragano.
Non c’entra niente con la pioggerella che viene dopo (quando si ha la fortuna di un dopo).
Nei casi rari in cui ci si innamora reciprocamente, il mal di pancia passa in fretta, si torna a ingrassare e ci si vuole un sacco di bene. Negli altri casi si aspetta rimbambiti per un po’ sotto la pioggia e poi ci si butta sotto il primo ombrello non ostile.
Allora, considerando che la maggior parte dei regali che ci scambiamo per San Valentino sono regali di finti innamorati e che la maggior parte dei veri innamorati oggi non può festeggiare, mi domando: perché non modificare almeno un po’ il giochino? Dài, proviamo.
Per carità, senza nulla togliere alle necessità del commercio internazionale – ormai il ristorante l’abbiamo prenotato – ma oggi, per strada, via i musi lunghi! Incrociamo lo sguardo di chi ci guarda! Sorridiamogli!
Baciamolo se ci piace! Attacchiamo bottone in autobus! In treno smettiamola di ignorarci! E poi, andiamo a spasso! Facciamo l’amore con una pianta! Con la nostra auto! Con le borse della spesa! Con tutto quello che ci va! Perché la quantità di amore contenuta nell’universo dev’essere per forza la stessa di una volta ed è troppo strano che se ne veda così poco in giro ed è troppo evidente che ce n’è un sacco pronto a sprizzare da ogni poro della nostra pelle.
Dài, solo oggi, confessiamo anche noi ciò che dice, in lacrime, coi denti rotti, seduto sullo scalino di una pompa di benzina, il protagonista del bellissimo Magnolia: «Ho tanto amore da dare».
Mauro Covacich