Nel cuore di Teresa d’Avila vibrò sempre con eccezionale intensità
l’anelito “voglio vedere Dio!”, tanto da esclamare:
” o morire o patire!”.
Fin da piccola si è lasciata prendere dalla
fretta di vedere Dio, incontrare l’Amore, abbracciare il Papà.
Lo dimostra l’episodio in cui, ancora bambina, scappa di casa col fratellino per cercare il martirio in cui dare la vita e così poter vedere Dio.
Teresa non ha detto: “o patire o morire”,
ma ha esclamato: “o morire o patire” ( SCV 14) ,
perchè è cristiana.
Per lei è più desiderabile morire che patire.
Per lei vale più morire che patire.
Il patire è per poter bene morire;
il morire è per poter vedere Dio.
Il patire è la grande occasione per poter amare
e accorgersi di essere amati.
La croce, il dolore sono porte per le quali passa l’amore di Dio per te e
con il tuo “sì”, passa l’amore tuo per Dio.
Il morire è la massima manifestazione di amore,
ricevuto e donato. Non c’è infatti amore più grande…:
dare la vita per amore del prossimo.
Vale più morire per amore che patire novant’anni senza amore.
Forse patire novant’anni per amore equivale a morire per amore…
Gesù è morto per amore a soli trentatre anni.
Perchè non ha protratto il patire ancora per settant’anni?
Perchè morire per amore equivale a un’eternità d’amore.
Chi per amore muor, vissuto è assai.
Il buon ladrone mentre muore per amore, credendo all’amore,
nello stesso ‘attimo presente’ si sente canonizzato dall’Amore:
“Oggi stesso sei con me in Paradiso”.
Ha colto, come Teresa di Lisieux, che l’importante è “vivere l’oggi”:
” Tu lo sai o mio Dio che per amarti — per incontrarti – non ho che l’oggi”.
p.Andrea Panont
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