Antonio era un impiegato statale di mezz’età. Era credente e si dedicava spesso alla lettura dei Testi Sacri ed alla preghiera.
Accanto alla casa c’era un giardino abbastanza amplio nel quale aveva sistemato alcune statue raffiguranti soggetti sacri. Quando, nelle ore libere si recava in giardino, passeggiando meditava e pregava davanti alle statue.

Da un po’ di tempo, però, gli succedevano cose strane. Nel momento in cui decideva di andare in giardino per la contemplazione itinerante, era molto disturbato dai vicini confinanti. Mettevano in moto i trattori, usavano la motosega, il tagliaerba, alcuni loro amici che  venivano a trovarli parlavano forte e qualcuno bestemmiava in continuazione.

Antonio dopo qualche mese era esasperato, perché quando capitavano quegli inconvenienti, lasciava tutto ed andava da altre parti. Decise di recarsi dal saggio Elia che conosceva da molto tempo per la sua pietà e fede. Gli espose tutto nei minimi particolari.

Al termine osservò: “È possibile che sia tutta una casualità? I vicini, lo so, fanno il loro fatto… ma quello che mi meraviglia è la coincidenza dei disturbi sonori con la mia decisione di andare in giardino a pregare e meditare!”

Elia, dopo aver ascoltato attentamente, gli chiese: “Cosa significa per te meditare?” Rispose: “riflettere in profondità considerando i vari concetti che sto elaborando”
“Quindi la tua meditazione è una questione mentale” – osservò Elia.
“Più o meno” – rispose Antonio. “Perché? – domandò incuriosito.
“Andiamo a vedere il torrente che scorre qui vicino?” – propose Elia.

Antonio, perplesso, accettò e dopo un chilometro a piedi vi arrivarono. Elia stette un po’ in silenzio, poi osservò:
“La nostra mente funziona spesso come quel torrente impetuoso: l’acqua scorre veloce, trova degli ostacoli, cerca di aggirarli, ritorna sul tracciato precedente, si dirama in altri rivoli e poi, dopo numerosi salti, spumeggia, allenta la sua corsa per riprendere il percorso simile a quelli precedenti.”
“Non capisco bene cosa vuoi intendere” disse perplesso Antonio.
“La meditazione meramente mentale è come quell’acqua” – spiegò Elia. I contenuti mentali si susseguono e a nostra insaputa diventano tumultuosi perché qualsiasi elemento che si inserisce durante il loro fluire ne cambia la rotta o spezza il loro percorso. Sicché i contenuti si susseguono velocemente senza assaporarne alcuno. La mente, in pratica, si agita follemente perché non si abitua a soffermarsi sui pochi contenuti, anzi su un solo contenuto.”

“Il tuo discorso riesce a farmi riflettere su molte cose, ma ancora non riesco a capire il nesso logico relativo al problema che ti avevo posto” – osservò Antonio.

“Ascolta il torrente!” – gli disse Elia.
Rimasero per un po’ in silenzio. Poi Elia intervenne: “Sei riuscito ad ascoltare il torrente?” “Un po’… ma non del tutto. La mia mente si distraeva su altri pensieri” – rispose Antonio.
“Vedi che stai cercando di intuire qualcosa? Sei sulla buona strada per la risoluzione del tuo problema.” – Ribadì Elia.

“Il nocciolo del mio problema è imperniato sul concetto di meditazione, allora” – osservò Antonio.”
“Già! Se capisci questo allora puoi procedere verso l’autentico senso della meditazione” – aggiunse Elia.
“Allora non si tratta di far scorrere i contenuti mentali, ma piuttosto di soffermarvisi” – disse Antonio palesando l’espressione sorpresa del suo volto.
“Esatto. Se ti cimenti a meditare usando la mente solo per le tue alterne considerazioni, allora non è vera meditazione. Ti sforzi di fare un ragionamento che richiede la massima concentrazione e questo richiede una tensione interiore che toglie la tua serenità!” – osservò Elia.
“Quindi qualsiasi elemento estraneo mi procura disturbo!” – aggiunse Antonio.

Disse allora Elia: “Proprio come ti succede nel tuo giardino quando sei intenzionato ad usare il tuo metodo personale di meditazione. Un rumore esterno o qualche evento lontano con quel metodo si presentano come un disturbo e tu lo respingi. Se invece sei in atteggiamento di semplice ascolto tutto rientra a far parte della tua tranquilla meditazione: avverti i tuoi passi, il tuo respiro, il vento, il calore del sole, la voce del contadino. Il rumore lontano del tagliaerba o della motosega o di qualsiasi altra fonte non ti disturberanno più come prima, ma li saprai accogliere come facenti parte della vita stessa, nella sua integrità, perché nulla è slegato nel microcosmo in cui agiamo.”

Antonio ringraziò il saggio amico e d’allora in poi cercò di applicare quel tipo di meditazione nel suo giardino, quando gli capitava. E finalmente quei disturbi non costituivano più per lui un serio problema.