III DI AVVENTO – Anno B

Gv 1,6-8.19-28

p. Erems Ronchi

Omelia

C’era grande attesa in Israele, in quei giorni. E Dio interviene: “venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni”. Dio interviene per gli uomini non con miracoli: mandando un uomo.

Il miracolo di Dio siamo noi. L’intervento di Dio, oggi, siamo noi. Dio salva attraverso persone scrive Romano Guardini. Attraverso profeti di povere parole, che siamo noi.

Giovanni, il Profeta roccioso e selvatico, deve affrontare due commissioni d’inchiesta, due inquisizioni. Chi sei? E perché battezzi?

Sacerdoti e leviti insieme: i leviti facevano anche funzione di polizia, sono lì pronti per arrestarlo qualora…Sei domande sempre più incalzanti. Tre risposte sempre più brevi: identità per spoliazione, per sottrazione, io non sono.

Io non sono, né l’eroe dei miei sogni né il bambino delle mie paure. Io non sono il personaggio che vorrei essere, né il fallito che temo di essere, io non sono ciò che gli altri credono di me, o ciò che si aspettano, né un santo, né solo peccatore, io non sono il mio ruolo e nemmeno il mio peccato.

Tre no, e un sì finale: io? semplicemente Voce. La parola è un Altro. Lui è il senso di ciò che io dico.

“La parola una volta pronunciata non muore, ma proprio in quell’istante  comincia a vivere e fiorire” (E. Dikinson) per la voce di un uomo.

Io, semplicemente voce, che si alza in grido: che significa appello, bisogno, fame.

La vita dell’uomo inizia con un grido, il grido vittorioso del bambino che nasce, e termina con un grido soffocato, il grido crocifisso di ogni morente (on sort on crie, c’est la vie; on crie on sort c’est la mort”;

Grido di Cristo, quando sulla croce diventa la grande voce del mondo che urla la sua sete e le sue paure agli uomini e al cielo.

Io, semplicemente voce. Che dice parole più antiche e più grandi di me. La mia identità è di essere attraversato dal soffio di Dio, che dice e ridice, si alza e non si stanca.

Io semplicemente come una canna vuota, un flauto che emette la sua voce quando il respiro dello Spirito lo attraversa, e il soffio diventa musica. Così i mistici… Sono strumento e mi lascio adoperare.

Essere voce vuol dire allora che tutti noi abbiamo una struttura di profezia come nostra identità, siamo tutti – profondamente – profeti.

Parla tu Signore che il Tuo servo ascolta, parla le tue parole, noi non sappiamo più cosa dire; parla tu e riempi questa voce di semi di vangelo, che sono semi di vita; riempila di semi di cielo che sono semi di luce e di gioia. Parla, il tuo servo si farà voce, voce che grida nel deserto o che sussurra al cuore. Molti parlano, pochi parlano al cuore, uno solo parla sul cuore, senza distanza alcuna, toccando il cuore…

Noi cerchiamo profeti, uomini e donne dalle parole di fuoco, dal cuore in fiamme, e Dio che parla dai loro roveti. Ma dove sono? Il vangelo risponde così: E venne un uomo mandato da Dio! Un uomo vuol dire ogni uomo, vuol dire ognuno mandato da Dio, con una sillaba di Parola, con una goccia di fuoco, una parola insostituibile della frase del mondo. e se io non pronuncio la mia parola mancherà qualcosa alla compiutezza della frase. Siamo pietre vive della cattedrale che Dio va costruendo…non importa dove sei messo…ma se tu manchi la tua missione ci sarà una disarmonia cosmica, un vuoto, un buco che nessuno potrà colmare..

Per ascoltare devo chinarmi profondamente, come il Battista, cercare dentro. Se trovo Dio in me, allora sarò libero, libero come Giovanni davanti alle due inquisizioni dei potenti del tempo. Per me, come per lui, conteranno solo gli occhi del mio Signore, quel piccolo pezzo di Dio in me, che dice e ridice e non tace mai.

E mi sussurra come a Isaia, che la terra non è orfana di Dio, che qualcosa si muove, un virgulto, un agnello, un bambino: affiniamo lo sguardo! Come Isaia testimone di un Dio invisibile eppure luminoso, sconosciuto e innamorato, che è in mezzo a noi come guaritore delle vite, come germoglio di tronco tagliato.

E io credo nel sogno del lupo e dell’agnello insieme anche se, per ora, non si è realizzato; credo nel sogno della pace, anche se ancora non è venuta! Così come credo nella primavera anche se oggi non splende. E nell’amore, anche se oggi non scalda. Io credo, io do fiducia alla luce, mi fido del bene, in noi più antico del male più antico, più originario del peccato originario.

Molti di voi conosceranno Cuore di tenebra, un famoso romanzo di Joseph Conrad: nel mondo e in noi batte un cuore di tenebra. Eppure una narrazione più alta suggerisce invece che una goccia di luce batte nel cuore vivo di tutte le cose.

È Cristo venuto come luce vera che illumina ogni uomo; notate bene: ogni uomo, ogni uomo, ogni uomo.

E nessuno che sia escluso, e nessuno che sia senza luce. È venuto e ha fatto risplendere la vita: la mia vita, la tua vita, la vita innumerevole, dai mille nomi, dai mille volti.

Di questo anch’io posso essere testimone! Non di ingiunzioni ma di un bene che è dentro di me; non di castighi ma di luce, di un Dio che sorge come un sole, che fascia le piaghe dei cuori spezzati, che è germoglio sui tronchi abbattuti, che è cercatore di prigionieri per rimetterli nel sole.

Noi, a differenza di Isaia e di Giovanni, siamo profeti di povere parole. Eppure voce non inutile: “solo se il messaggero è infinitamente piccolo, il messaggio sarà infinitamente grande” (Vannucci).

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete. In mezzo a voi e non nel tempio; in mezzo a voi ma non dentro ai vostri schemi. Cristo sconosciuto, io non lo possiedo, neppure la chiesa lo possiede, questa chiesa continuamente in cerca del suo Cristo (Paolo VI).

Egli è qui, nei miei profeti, nelle accensioni improvvise dell’anima e del cuore, è nel nostro amore e nei nostri poveri, è negli occhi testimoni della luce, nella bellezza de mondo e dello splendore del dimesso, nelle parole che consolano davvero, ogni volta che un lupo, che un violento si disarma e si fa guidare da un bambino. Da un cuore bambino.

Ogni volta che la radice mette germogli, Dio è qui e parla parole che sono nido e vela, nido che accoglie e conforta, e vela che fa ripartire la vita, come un germoglio di luce che cresce e si arrampica in noi, come un fiore di luce sbocciato nel nostro deserto.

Preghiera alla comunione

 

Signore, chi sono io veramente?

Vorrei dirmi appena voce, soltanto voce e Tu la parola.

Ma non è così. Ho detto parole solo mie, di cenere e sabbia.

Vorrei però essere voce che grida nei deserti e che sussurra al cuore

che una bontà immensa abita l’universo.

Vorrei essere solo pulviscolo di luce,

frammento minimo di sole, pur con tutto il mio buio.

Vorrei essere con la mia vita piccola profezia di te,

eco di un flauto che suona da altrove.

E così crederanno a te e non a me, Signore,

a te che ripeti a ciascuno con la voce di Isaia:

Il tronco fiorirà, la parola tornerà dal silenzio,

il lupo e l’agnello pascoleranno insieme.

E sia la nostra vita voce che dice

il cuore buono dell’essere,

che dice che Tu, Signore, hai un cuore di luce,

che io, con il mio frammento opaco, posso essere

frammento ospitale del cosmo

riflesso di te, nostalgia di te

venuto come un fiore di luce nel nostro deserto. Amen

 

p. Ermes Ronchi