Nel cuore della piccola città di Cividale del Friuli, c’é un parco che tutti conoscono e amano. È un luogo di pace e bellezza, dove gli alberi si ergono maestosi e gli arbusti fioriscono in una sinfonia di colori. Questo giardino, un tempo pertinenza del palazzo Nussi-Carbonaro, dal 1901 era diventato un dono prezioso per la comunità, acquistato dal comune.
Meni (Domenico Caporale) era il custode di questo parco. Per trent’anni aveva dedicato la sua vita a curarlo con amore e dedizione. La sua passione per il verde non conosceva limiti, e la sua conoscenza delle piante era vasta e profonda. Ogni mattina, ben prima dell’alba, Meni si recava al parco. Lo si poteva vedere curvo sui fiori, con le mani affondate nella terra, mentre parlava dolcemente alle piante, come fossero vecchi amici.
Non era solo un giardiniere; era un educatore. Con pazienza e gentilezza, insegnava ai giovani del quartiere l’importanza di rispettare la natura. Organizzava passeggiate guidate, durante le quali spiegava i segreti delle piante, raccontava storie sulla flora locale e mostrava come prendersi cura del verde. I bambini lo ascoltavano con occhi spalancati, affascinati dalla sua passione e dalla sua conoscenza. Anche gli adulti trovavano in lui una fonte d’ispirazione.
Un giorno, durante una di queste passeggiate, Meni raccontò una storia che nessuno dimenticò mai. Parlando sotto ll grande pino nero all’inizio del parco, spiegò come quel maestoso albero fosse lì da molto prima che il parco diventasse pubblico. “Questo pino nero,” disse, accarezzando la corteccia ruvida, “ha visto generazioni di famiglie passeggiare sotto i suoi rami. Ha resistito a tempeste, siccità e persino a una guerra. È un simbolo di resilienza e forza.”
Un ragazzo, curioso, chiese: “E tu, Meni, hai mai voluto fare qualcos’altro oltre a curare questo parco?”
Meni sorrise e rispose: “Quando ero giovane, sognavo di viaggiare e vedere il mondo. Ma poi ho capito che il mondo intero può essere racchiuso in un giardino, se si sa dove guardare. Ogni pianta ha una storia, ogni fiore un segreto. E qui, ho trovato la mia missione: preservare e insegnare questa bellezza agli altri.”
Gli anni passavano, ma la dedizione di Meni non diminuiva. Anche quando l’età avanzava e il lavoro diventava più difficile, non si arrese mai. La comunità lo amava e rispettava profondamente, e molte persone si offrivano volontarie per aiutarlo, seguendo il suo esempio.
Meni non era solo un custode, era una leggenda vivente nel piccolo parco cittadino. Nel corso dei trent’anni, la sua vita si intrecciò con quella del giardino in modi che alimentavano storie e aneddoti tramandati di generazione in generazione.
Uno degli eventi più curiosi riguardava una particolare rosa che cresceva vicino all’ingresso principale del parco. Si diceva che fosse una varietà rara, dai petali di un rosso intenso che sfumavano in un delicato rosa verso il centro. Ogni anno, in primavera, la rosa sbocciava esattamente il giorno del compleanno di Meni. Nessuno sapeva come fosse possibile, ma la gente del posto attribuiva il fenomeno al legame speciale tra Meni e la natura. Una volta, un botanico venne da lontano per studiare questa rosa, ma se ne andò confuso, incapace di spiegare il suo comportamento.
Un’altra storia popolare riguardava l’amicizia inaspettata tra Meni e una volpe. Una notte, durante una ronda nel parco, Meni trovò una piccola volpe ferita sotto un cespuglio di ortensie. La prese con sé, curando le sue ferite e nutrendola fino a quando non fu completamente guarita. Da allora, la volpe divenne una presenza costante nel parco, seguendo Meni ovunque andasse. La gente del quartiere iniziò a chiamarla “Foxy”, e si diceva che, quando Meni parlava con le piante, Foxy ascoltava come se comprendesse ogni parola.
Una delle storie più misteriose riguardava un antico albero di ginkgo situato vicino al centro del parco. Si diceva che le foglie del ginkgo cadessero in modo sincronizzato, tutte nello stesso giorno d’autunno, creando un tappeto dorato che copriva il terreno. Una leggenda urbana raccontava che chiunque fosse stato sotto l’albero al momento della caduta avrebbe avuto un desiderio esaudito. Meni, conoscendo bene questa credenza, ogni anno organizzava una piccola festa sotto il ginkgo, invitando bambini e adulti a condividere storie e desideri. Sebbene nessuno avesse mai confermato se i desideri si realizzassero, l’evento creava un’atmosfera di magia e speranza.
Ogni estate, verso la fine di giugno, il parco si trasformava in un luogo incantato durante la “Notte delle Lucciole”. Meni raccontava che, quando era bambino, aveva scoperto un punto particolare nel parco dove le lucciole si radunavano in gran numero. Con il passare degli anni, mantenne segreto quel luogo, svelandolo solo a coloro che dimostravano un profondo rispetto per la natura. Durante quelle notti, i fortunati invitati camminavano lungo un sentiero illuminato da migliaia di lucciole, un’esperienza che molti descrivevano come magica e spirituale.
Un giorno, mentre potava un vecchio albero di magnolia, Meni trovò un piccolo libro nascosto in un cavo del tronco. Il libro conteneva disegni e annotazioni sui diversi tipi di piante del parco, alcuni risalenti a decenni prima. Si diceva che fosse stato scritto dal primo custode del giardino, un uomo misterioso di cui si sapeva poco. Meni aggiunse le sue note al libro, rendendolo una sorta di diario segreto del parco, un tesoro di conoscenze che sarebbe stato tramandato ai futuri custodi.
Questi eventi, reali o leggendari, contribuirono a rendere Meni una figura amata e rispettata nella comunità. La sua vita era una testimonianza di come la dedizione, l’amore per la natura e la capacità di vedere la magia nel quotidiano potessero trasformare un semplice parco in un luogo di meraviglia e leggenda.
Alla fine, quando Meni lasciò questo mondo, il parco era il suo più grande lascito. Gli alberi, gli arbusti e i fiori che aveva curato con tanto amore continuavano a crescere rigogliosi. E i giovani che aveva educato continuavano a prendersi cura del parco, perpetuando la sua eredità. Una targa in suo onore fu posta sotto la grande quercia, con un’iscrizione che recitava: “Meni, custode del verde, che con amore e dedizione ha nutrito questo giardino e le anime di chi lo visita.”
Ogni mattina alcune persone continuavano a venire al parco, lodando Dio per le meraviglie della natura e per il dono di un uomo come Meni, il cui spirito viveva in ogni foglia e in ogni fiore.
Nel parco cittadino, quieto e sereno,
Tra conifere e arbusti, il camminamento,
La natura mi avvolge in un abbraccio terreno,
Un verde incanto, dolce incantamento.
Le conifere svettano maestose al cielo,
Sempreverdi che resistono all’inverno crudo,
Ornamenti preziosi che danno un tocco di zelo,
Arbusti che ciclicamente spogliano il loro muto.
“Meni”, custode fedele per trent’anni,
Ha curato il giardino con amore e dedizione,
Educando i giovani, tra piante e rami,
A rispettare la natura, in tutta la sua bellezza ed emozione.
E alle volte, con chi incontro lungo il sentiero,
Senza conoscerli, condivido il mio stupore,
Tra sguardi e sorrisi, in questo verde sincero,
Lodo Dio per questo parco, un dono di eterno splendore.