Quando è stato chiesto ad Einstein (76 anni con aneurisma addominale) perché non volesse sottoporsi a un intervento chirurgico, ha risposto: “Voglio andarmene quando lo decido. È di cattivo gusto prolungare artificialmente la vita. Ho fatto la mia parte, è ora di andare”.

Dal punto di vista cristiano..


1. Il valore della vita

Nel cristianesimo, la vita è considerata un dono sacro di Dio. L’uomo non ne è il padrone assoluto, ma un custode, e solo Dio ha il diritto di decidere quando essa debba concludersi.

Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) 2280:
“Apparteniamo a Dio. La nostra vita è il dono che Dio ci ha fatto, essa è sua. […] Noi siamo amministratori e non proprietari della vita che Dio ci ha affidata.”

Da questo punto di vista, il desiderio di Einstein di “andarsene quando lo decide” potrebbe apparire problematico, perché implica un’autonomia sull’esistenza che contrasta con la visione cristiana della vita come dono.


2. Rifiuto dell’accanimento terapeutico

Tuttavia, la frase “È di cattivo gusto prolungare artificialmente la vita” può essere vista come un rifiuto dell’accanimento terapeutico — qualcosa che la Chiesa non solo permette, ma anche scoraggia.

CCC 2278:
“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. […] Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire.”

In questo senso, non voler affrontare un intervento chirurgico invasivo in età avanzata e con gravi rischi può essere considerato compatibile con una scelta etica cristiana, se fatta con consapevolezza e serenità.


3. Serenità nell’accogliere la morte

Einstein dice: “Ho fatto la mia parte, è ora di andare.”
C’è in questa frase una sorta di accettazione della fine, che può ricordare l’atteggiamento di chi consegna la propria vita a Dio al termine del proprio cammino terreno.

Nel cristianesimo, la morte non è l’ultima parola, ma un passaggio verso la vita eterna. Accettare con pace il momento della propria morte, senza disperazione e senza ribellione, è spesso considerato un segno di maturità spirituale.


In sintesi

Dal punto di vista cristiano, le parole di Einstein possono essere valutate così:

  • Problematiche se lette come una rivendicazione radicale dell’autonomia sull’esistenza.

  • Comprensibili e forse anche condivisibili se intese come rifiuto dell’accanimento terapeutico e accettazione serena della morte.

Dipende molto dall’intenzione interiore e dalla cornice etica e spirituale in cui si colloca la scelta.


Papa Giovanni Paolo II, nelle sue ultime settimane di vita nel 2005, non volle essere trasferito in ospedale per ulteriori trattamenti e chiese di essere lasciato morire nel suo appartamento in Vaticano, circondato dalla preghiera e dalla vicinanza spirituale delle persone a lui care.


✝️ “Lasciatemi andare alla casa del Padre”

Una delle sue ultime frasi, riportate dai suoi collaboratori, fu:

“Lasciatemi andare alla casa del Padre.”

Queste parole sono in profonda sintonia con la spiritualità cristiana: non un desiderio di fuga, ma un abbandono fiducioso nelle mani di Dio, accogliendo la morte come passaggio alla vita eterna.


🏥 Rifiuto dell’accanimento terapeutico

Negli ultimi giorni il papa era molto debilitato: non riusciva più a parlare, aveva problemi respiratori, febbre alta, insufficienza renale e cardiovascolare. I medici avevano valutato un possibile ricovero, ma lui rifiutò ulteriori trattamenti ospedalieri invasivi, volendo restare nella sua “casa” e morire in pace.

Questa scelta non fu eutanasia, ma un classico esempio di ciò che la Chiesa definisce rifiuto dell’accanimento terapeutico, cioè quando le cure diventano sproporzionate rispetto al beneficio.

Come disse Benedetto XVI nel 2009:
“Papa Giovanni Paolo II ha insegnato con l’esempio che non bisogna temere la sofferenza, la malattia, la vecchiaia o la morte, se si accolgono nella fede.”


🧭 In sintesi

Giovanni Paolo II scelse consapevolmente di non prolungare artificialmente la sua vita, affidandosi a Dio con serenità.
Questa scelta è in perfetta armonia con la dottrina cattolica, che distingue chiaramente tra:

  • Il dovere di curarsi,

  • Il rifiuto dell’accanimento terapeutico, e

  • L’inaccettabilità dell’eutanasia attiva.

📜 1. Riflessione del Magistero

Dopo la morte di Giovanni Paolo II, sia Papa Benedetto XVI che altri esponenti della Chiesa hanno riflettuto su quel momento come su un “testamento vivente”.

Papa Benedetto XVI, 2009 (Giornata del Malato):
“Con il suo esempio, Giovanni Paolo II ci ha insegnato a vivere la sofferenza come partecipazione al mistero della croce, rifiutando l’accanimento terapeutico e accogliendo la morte come atto di fiducia verso il Padre.”

Questa affermazione sottolinea che il papa non ha voluto “decidere” la sua morte, ma accettare che la vita si stesse naturalmente concludendo, senza forzarne la continuazione tramite cure sproporzionate.


📚 2. Teologia morale cattolica

Il principio alla base della scelta di Giovanni Paolo II è legato al concetto di proporzionalità delle cure, espresso anche nella “Dichiarazione sull’eutanasia” (1980) della Congregazione per la Dottrina della Fede:

“Quando la morte è imminente […] si può, in coscienza, rinunciare a cure che procurerebbero un prolungamento precario e penoso della vita, senza interrompere i trattamenti normali dovuti al malato in analoghe condizioni.”

Il papa ha ricevuto l’assistenza di base (acqua, nutrizione, cure palliative, vicinanza spirituale), ma ha rifiutato cure straordinarie che non avrebbero cambiato l’esito.


✝️ 3. Dimensione spirituale

Molti teologi hanno sottolineato anche l’aspetto spirituale e pastorale della scelta: Giovanni Paolo II ha evangelizzato anche nel morire, mostrando al mondo come un cristiano può affrontare la morte con dignità, fede e speranza.

Uno dei più forti simboli di questo fu il Venerdì Santo del 2005, quando, troppo debole per partecipare alla Via Crucis, il papa fu ripreso in diretta TV mentre abbracciava un crocifisso nel suo letto, in silenzio, unendo le sue sofferenze a quelle di Cristo.


🕊️ Conclusione

La decisione di Giovanni Paolo II di morire in pace, senza accanimento, è stata:

  • Teologicamente legittima,

  • Moralmente coerente con l’insegnamento cattolico,

  • Spiritualmente esemplare, perché vissuta nella fede e nell’offerta.

Questa scelta viene oggi citata spesso nei documenti e dibattiti sul fine vita come esempio di “buona morte cristiana”.