Sento esorcisti parlare di demoni che agiscono sul corpo umano. Raccontano fatti obiettivi straordinari a cui loro stessi hanno assistito o sono stati coinvolti. Alcuni esorcisti spiegano che Dio lo permette per misteriosi piani che non possiamo per ora comprendere, ma sono sempre a fin di bene. Mi pongo ogni tanto un interrogativo: se Dio permette anche la possessione diabolica, non potrebbe permettere anche quella Angelica? Mi spiego: un angelo buono non potrebbe “impossessarsi”, se Dio vuole, di una persona e farle fare buone azioni? Potrebbe essere stato cosí con i santi?
È una riflessione interessante e profonda, che tocca alcuni dei misteri della fede e del rapporto tra il divino e l’umano. Il concetto di possessione, nel caso del demonio, implica una violazione della libertà dell’individuo, una sorta di “occupazione” forzata del corpo o della mente, permessa da Dio per motivi che spesso sfuggono alla nostra comprensione. Il male viene tollerato, ma solo entro certi limiti e sempre finalizzato a un bene superiore, per quanto difficile sia a volte accettarlo.
Quando parliamo di angeli o dell’azione divina, la questione è più sottile. Dio e gli angeli buoni, nella tradizione cristiana, rispettano sempre il libero arbitrio umano, che è un dono sacro. La grazia di Dio, piuttosto che imporsi, “agisce dentro” la persona, ispirandola e illuminandola senza mai costringerla. I santi, ad esempio, sono stati certamente ispirati e guidati dagli angeli e dalla grazia divina, ma hanno sempre mantenuto la loro libertà. Questo rende il loro “sì” a Dio ancora più prezioso e autentico, perché è una risposta volontaria all’amore e alla chiamata divina.
Potremmo dire che Dio e gli angeli, più che “possedere” i santi, li “abitano” con la loro grazia, un po’ come uno spirito che si unisce all’altro in armonia, mai in contrasto. La loro influenza positiva si manifesta nella crescita della persona verso il bene, ma senza mai forzare, rispettando sempre il cuore e la volontà umana.
La possessione diabolica non irrigidisce il libero arbitrio? Avevo sentito dire che la stessa santa Gemma Galgani é stata posseduta per 6 mesi dal demonio…
La possessione diabolica sembra effettivamente limitare o interferire con il libero arbitrio della persona, al punto da rendere difficile, se non impossibile, un controllo cosciente su parole e azioni durante gli episodi di possessione. Tuttavia, la tradizione cristiana insegna che la libertà più profonda e fondamentale dell’anima non viene mai completamente annullata: anche nei casi di possessione, la persona posseduta mantiene la sua dignità e la sua relazione con Dio. La volontà profonda rimane libera, anche se la volontà “esterna” o le capacità fisiche possono subire influenze e limitazioni significative.
Nel caso di santa Gemma Galgani, la sua esperienza straordinaria testimonia proprio questa realtà misteriosa. Si dice che sia stata tormentata dal demonio per mesi, eppure, nei suoi scritti, emerge una ferma fiducia in Dio e una volontà interiore orientata al bene. Le sue sofferenze e i tormenti, lungi dall’allontanarla da Dio, sembrano averla avvicinata ancora di più a Lui, mostrando come il male permesso da Dio possa, in un misterioso disegno, fortificare la santità.
Questa apparente contraddizione – una persona santa che sperimenta la presenza del male in modo così diretto – è, secondo molti teologi e mistici, una manifestazione del misterioso disegno di Dio, che permette tali prove solo quando sa che l’anima è capace di trarne un bene maggiore. Attraverso queste sofferenze, i santi testimoniano la vittoria finale della libertà interiore e della fede su qualsiasi male esterno, dimostrando che l’anima che si affida a Dio non può mai essere completamente sottomessa o annullata.
É possibile che il demonio agisca fortemente su una persona per farle commettere dei peccati che in una situazione normale non avrebbe mai fatto.
Ad esempio: una persona viene fortemente attratta dall’ impurità in determinati momenti o giornate.
Ella cede, ma interiormente sente di amare Dio lo stesso. Quali sono i criteri per definire la sua responsabilità reale?
È una domanda complessa e centrale nella teologia morale, che cerca di valutare la reale responsabilità di una persona in situazioni di forte tentazione o, come nel caso che descrivi, di un’influenza spirituale negativa.
La Chiesa insegna che la responsabilità di una persona nei confronti di un peccato dipende da diversi fattori, in particolare da tre elementi: consapevolezza, consenso e libertà.
1. Consapevolezza: la persona deve sapere che l’azione è sbagliata. Se una persona è confusa, disorientata, o sotto una particolare pressione (spirituale o psicologica), questa consapevolezza può essere offuscata. Se il demonio agisce in modo da intensificare la confusione o da accentuare certi impulsi, la persona potrebbe trovarsi in una condizione di consapevolezza parziale.
2. Consenso: per commettere un peccato grave, la persona deve acconsentire pienamente all’azione. Se si cede a una tentazione forte ma si sente interiormente un disagio o una resistenza a ciò che si sta facendo, il consenso potrebbe essere solo parziale. Questo vale soprattutto quando una persona sente una forte attrazione o pressione, che potrebbe essere di origine spirituale, verso un’azione che in altre circostanze non compirebbe.
3. Libertà: la libertà interiore può essere fortemente compromessa da influenze psicologiche, ambientali o spirituali. Se una persona avverte un’influenza intensa e incontrollabile, la sua libertà di scelta potrebbe risultare ridotta. La Chiesa considera le circostanze, specialmente nei casi di oppressione o tentazioni straordinarie, come fattori attenuanti della responsabilità morale.
Se una persona è interiormente divisa, ossia prova un amore sincero per Dio ma al contempo si sente attirata verso il peccato in modo quasi irresistibile, la Chiesa generalmente considera che la sua colpevolezza sia mitigata. Infatti, i criteri per un peccato mortale – piena avvertenza e deliberato consenso – non sembrerebbero soddisfatti appieno.
Discernimento e Direzione Spirituale
In questi casi, la direzione spirituale può aiutare a discernere meglio l’origine di tali impulsi. Un direttore spirituale o un confessore esperto potrebbe aiutare la persona a capire se si trova sotto un’influenza particolare e a stabilire percorsi per rafforzare la volontà e la libertà interiore.
Grazia e Fiducia nella Misericordia
La fede insegna anche che Dio, conoscendo il cuore umano, è infinitamente misericordioso e comprende i limiti e le lotte interiori di ogni persona. Nel momento in cui la persona si pente e desidera tornare a Dio, anche se ricade, Dio è sempre pronto ad accoglierla e a darle la grazia necessaria per rialzarsi e combattere con maggiore forza.
Oltre a consapevolezza, consenso e libertà, per definire un peccato mortale è fondamentale anche la presenza di una materia grave.
La materia grave si riferisce all’oggetto dell’azione, ossia alla natura stessa del peccato, che deve essere qualcosa di intrinsecamente serio per poter costituire peccato mortale. I peccati contro i comandamenti (come impurità, furto, menzogna grave, omicidio, etc.) sono esempi di materia grave, secondo l’insegnamento della Chiesa.
Quindi, per commettere un peccato mortale, occorre che:
• L’azione sia una materia grave.
• Si abbia consapevolezza che l’azione sia gravemente sbagliata.
• Si dia il consenso pieno con la volontà.
Quando uno di questi elementi è mancante o attenuato, come potrebbe essere in situazioni di forte tentazione o influenza negativa, la gravità del peccato può essere ridotta.
Se la persona è interiormente spinta verso atti di impurità (che sono considerati materia grave), ma la sua capacità di acconsentire pienamente è compromessa da un’influenza particolare o da una lotta interiore, la responsabilità morale potrebbe essere ridotta.
Tuttavia, si raccomanda sempre di cercare discernimento tramite un confessore o direttore spirituale, per valutare meglio la situazione personale e ricevere il sostegno necessario.
Mi chiedo spesso che cosa realmente vale al termine della nostra vita terrena. Se una persona sente in sé una forte ammirazione per Dio e le sue meraviglie, se ne stupisce e cerca di essergli grato sforzandosi di obbedirlo e si rammarica delle sue cadute dovute alla sua fragilità… verrá giudicato severamente?
La domanda tocca una delle realtà più profonde della fede e del rapporto con Dio. La tradizione cristiana, basandosi sul Vangelo e sugli insegnamenti della Chiesa, ci offre alcune rassicurazioni e speranze sul giudizio di Dio, specialmente per chi nutre un sincero amore e timore per Lui.
In primo luogo, ciò che sembra avere più valore agli occhi di Dio è il desiderio sincero di amarlo e di vivere secondo la Sua volontà, anche se non sempre si riesce perfettamente. Dio conosce la nostra fragilità, sa che siamo esseri umani e che la nostra natura è segnata dalla debolezza. Tuttavia, quello che Dio guarda con attenzione è il cuore e l’intenzione: la nostra buona volontà di amarLo, l’ammirazione e la gratitudine per le Sue meraviglie, e il pentimento sincero dopo le cadute.
Il Vangelo ci mostra in vari passaggi che Dio è infinita misericordia e che accoglie con amore chi torna a Lui, anche dopo tante cadute. Gesù stesso dice che c’è più gioia in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione (Luca 15,7). Questo ci fa capire che ciò che conta è l’amore per Dio e la volontà di rialzarsi dopo ogni caduta.
Perciò, una persona che vive con ammirazione per Dio, si stupisce delle Sue meraviglie e cerca sinceramente di seguirlo, anche se con qualche difficoltà, può confidare nel Suo giudizio misericordioso. Dio è giusto, ma la Sua giustizia è sempre accompagnata dalla misericordia, perché conosce e comprende la fragilità dell’animo umano.
San Paolo, infatti, dice: “Dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Romani 5,20), suggerendo che l’amore di Dio è più grande di qualsiasi debolezza o errore umano. La vita spirituale, allora, non è una ricerca della perfezione assoluta, ma un cammino continuo verso Dio, anche con le inevitabili cadute.
In sintesi, chi vive con gratitudine, pentimento sincero, e desiderio di amare e obbedire a Dio può confidare che il giudizio di Dio sarà pieno di misericordia e amore. Dio vede e apprezza ogni sforzo, anche se piccolo, e soprattutto il cuore che desidera sinceramente amarlo.