dal “Diario di un pellegrino carnico”
10 Luglio 1987
Il Creatore ha fatto tutto: il mare, i monti, le cime e le vallate i torrenti e i fiumi Lui li ha formati, nella sua mente che è l’universo. Ora siamo in una particella di tutto il Suo creato, particella formata da alberi giganteschi che si lanciano con impeto verso il cielo né sereno né nuvoloso. Nell’aria vibrano, danzano, saettano le creaturine fatte d’aria, tanto sono leggere e veloci.
Insetti. Che differenza passa tra questi insetti che sono formati dalle Tue mani e il nostro corpo appesantito di materia? La differenza è, se si vuole, facile a definirsi, ma, pensandoci, la differenza non deriva da peso o proporzioni spaziali, bensì dal contenuto simbolico che richiama il vero: essi (insetti) sono creature uscite dalla mano tremante del Creatore, noi siamo usciti dalla Sua essenza in maniera faticosa. L’analisi di certi aspetti della realtà non è cosa da mulini a vento, bensì da cascata in cui occorre captare l’armonia, la nota pacifica.
Lui è il buon Creatore di tutto, del grande del piccolo, dell’insetto e della persona umana nella quale Lui si rappresenta, e la quale deve porre attenzione e considerarsi qualcosa più dell’insetto. Perché? Perché l’insetto non sarà mai capace di contraddire il Creatore e di conseguenza di operare il male, mentre la persona in cui il Creatore rappresenta se stesso può diventare un oppositore, demolendo quella creazione sublime in cui l’ha formata il Creatore.
Vorrei condensare il mondo in questo angolo del mondo, in cui, se si vuole, si può sentire il risuono dell’universo. Non è bello sentire così. È doloroso È dolore non raggiungere il punto elevato, il sommo del desiderio dell’anima che vorrebbe abbracciare tutto ma non le è concesso date le sue dimensioni non infinite: di accogliere in sé, in unità, tutte le cose. Le è concesso soltanto di contemplarle.
Ma tra la contemplazione delle cose create e l’anima, permane nell’anima la tentazione — lo stimolo, tendenza, tensione — a valicare l’abisso tra la visione e la fruitio: il possesso.
Siamo fatti così, e posti in un luogo determinato, per contemplare l’indeterminato che è l’infinito, che è Dio. E così è, se vogliamo, per qualunque situazione specifica o personale in cui ci veniamo a porre o collocare. Siamo poveri poveri se non arriviamo a sentire come lo Spirito ci fa sentire.
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