Personalmente penso che da redenti (nell’altra dimensione) avremo la possibilitá di dialogare in profonditá anche con noi stessi in diversi stadi della vita. Altrimenti che senso avrebbe l’evoluzione personale? Perché Pier Angelo 1,2,3,4,5, etc.? Noi abbiamo avuto tante visioni della vita relativamente agli stadi raggiunti, anche se durano 1 secondo. Infatti io non sono esattamente uguale identico a quello di un secondo prima, nemmeno fisicamente (qualcosa cambia sempre, se non altro per il flusso sanguigno e le vibrazioni mentali che fanno persino mutare la percezione del mondo)
La riflessione tocca un tema profondo e suggestivo: la continuità e l’evoluzione del sé attraverso il tempo, fino a una possibile dimensione trascendente in cui ogni frammento di noi possa dialogare con gli altri. È affascinante pensare che nell’aldilà, da “redenti”, potremmo avere l’opportunità di riconciliare ogni fase della nostra vita, comprendendo il senso unitario di ciò che ci ha resi ciò che siamo.
Un dialogo eterno con noi stessi
L’idea che ogni versione di noi (Pier Angelo 1, 2, 3, ecc.) abbia una prospettiva unica è potente:
• L’evoluzione personale non sarebbe solo una trasformazione, ma una collezione di esperienze che contribuiscono tutte alla totalità del nostro essere.
• In questa visione, il senso dell’evoluzione personale si trova nel riconoscere che ogni istante, anche il più effimero, lascia un’impronta. Ogni “te stesso” aggiunge un tassello al mosaico dell’anima.
• La connessione eterna: Nell’altra dimensione, non ci sarebbe più frammentazione. Potremmo esplorare le nostre molteplici versioni con amore e curiosità, come si sfoglia un libro della propria storia, ma con la possibilità di dialogare con ogni pagina.
Il mutamento continuo del sé
L’osservazione che non siamo mai “identici” a un istante precedente è vera sia sul piano fisico che mentale. Il flusso sanguigno, le vibrazioni mentali, i pensieri che nascono e muoiono: tutto è in perenne trasformazione.
• La percezione del mondo cambia continuamente perché siamo soggetti dinamici, intrecciati con un universo altrettanto in mutamento.
• Questa fluidità rende ogni istante unico e irripetibile, il che amplifica il valore di poter dialogare con tutte le nostre “versioni”.
Immaginare questo incontro eterno
Potremmo visualizzare questa dimensione come una “sala degli specchi viventi”, dove ogni riflesso rappresenta una fase diversa della tua vita. Oppure come un grande albero genealogico dell’anima, in cui ogni ramo ospita un “te stesso” in un determinato momento, tutti connessi da un tronco comune: il tuo vero sé.
L’idea di sincronizzare situazioni diacroniche, come un incontro tra te stesso anziano e te stesso a 12 anni, apre uno spazio affascinante per l’immaginazione. Ecco una possibile rappresentazione del loro dialogo e del contesto:
Scena immaginaria
• Ambientazione: Uno spazio sospeso nel tempo, a metà tra un luogo familiare e un ambiente simbolico, come una stanza immersa in un cielo stellato o una biblioteca infinita con libri che fluttuano.
• Il tuo io anziano (75 anni): Saggio, pacifico, con un aspetto che riflette anni di esperienza, ma ancora capace di meraviglia.
• Il tuo io giovane (12 anni): Curioso, pieno di domande, con uno sguardo che cerca risposte e guida.
Dialogo ipotetico
Io Anziano: “Non avere fretta di diventare adulto. La vita è come un libro: ogni pagina va letta e gustata con calma.”
Io Giovane: “Ma come posso sapere se sto facendo le scelte giuste? Ci sono così tante cose che non capisco.”
Io Anziano: “Non ti preoccupare di capire tutto subito. Sbaglierai, e andrà bene così. Ogni errore sarà un passo verso ciò che diventerai.”
Io Giovane: “Hai dei rimpianti? Qualcosa che avresti voluto fare diversamente?”
Io Anziano: “Forse avrei potuto avere più coraggio in certi momenti, ma ogni paura mi ha insegnato qualcosa.
E ricorda, a volte il coraggio non è l’assenza di paura, ma la scelta di andare avanti nonostante essa.”
Io Giovane: “Posso chiederti una cosa? La mia vita sarà felice?”
Io Anziano: “La felicità non è un punto d’arrivo, ma il viaggio stesso. Goditi ogni tappa, anche quelle difficili. E ricorda: ciò che conta davvero non sono i trofei, ma le persone che amerai lungo il cammino.”
Elementi artistici da includere in un’immagine
Se volessimo visualizzare questa scena:
• Lo spazio-tempo intrecciato: Un cielo cosmico dove linee di luce collegano i due sé.
• Il giovane e l’anziano: Seduti uno di fronte all’altro su una panchina sospesa nel vuoto, circondati da immagini simboliche dei momenti più importanti della vita.
• Dettagli simbolici: Un orologio senza lancette, un albero che cresce e si trasforma tra le due figure, o una sfera luminosa che rappresenta la continuità del sé.
Il filosofo Severino sosteneva che l’evoluzione in sé non esiste perché ognuno di noi ha una sua pienezza: ció passa, anche per un solo istante, non puó svanire nel nulla, ma solo eclissarsi nell’orizzonte dell’essere, altrimenti la nostra esistenza sarebbe solo un’illusione..
La visione di Severino è profondamente radicata in un pensiero ontologico che rigetta l’idea di “nulla” come reale, sostenendo invece che tutto ciò che esiste possiede una propria pienezza intrinseca e immortale. Secondo lui, l’evoluzione come la intendiamo comunemente – un continuo progredire o trasformarsi verso qualcosa di diverso – è in un certo senso un’illusione, perché implica che ciò che è stato possa svanire, dissolversi nel nulla. Questo è in contrasto con la sua concezione secondo cui ogni momento dell’essere ha una sua eternità, anche se appare e scompare dall’orizzonte del nostro percepire.
L’essere come eterno e immutabile
Secondo Severino:
• Ogni istante dell’esistenza è eterno: Non può cessare di essere, ma solo eclissarsi alla vista. È come se ogni fase della nostra vita fosse custodita in un “archivio eterno”, mai perduto, ma reso invisibile dal continuo fluire del tempo percepito.
• Il divenire è un’apparenza: Ciò che percepiamo come mutamento non è un vero cambiamento, ma una successione di momenti eterni che emergono e scompaiono nell’orizzonte dell’essere.
• La pienezza dell’essere: Ogni cosa che è stata possiede una propria compiutezza. Non esiste qualcosa che è “meno reale” o “incompleto”. Anche l’istante più fugace è pieno di significato ed eternità.
Conseguenze sul senso dell’esistenza
Questa visione ha implicazioni profonde:
1. Nulla si perde: Non solo i momenti più significativi della nostra vita, ma anche quelli apparentemente banali o dolorosi possiedono una loro eternità. Nulla di ciò che siamo stati è “sprecato” o annullato.
2. L’illusione del nulla: L’idea che qualcosa possa scomparire nel nulla è un errore della mente umana, una percezione distorta della realtà che nasce dalla nostra esperienza del tempo come qualcosa di lineare.
3. L’identità come totalità eterna: L’essere umano non è frammentato nei suoi stadi, ma una totalità che si manifesta in momenti diversi.
Riflessione personale
Pensare che tutto ciò che siamo stati, in ogni istante della nostra vita, abbia una sua eternità può essere rassicurante e persino liberatorio. Questa prospettiva può aiutare a vedere il valore in ogni momento vissuto, sapendo che nulla è davvero perduto. Anche il “dialogo” tra le diverse versioni di noi stessi, come immaginato prima, potrebbe essere visto non come una metafora, ma come una realtà ontologica: ogni fase di noi è sempre presente, anche se velata.
É suggestivo, ma non molto adattabile alla visione cristiana della vita terrena e dell’anima
La visione ontologica di Severino, sebbene affascinante, non si adatta pienamente alla prospettiva cristiana, che attribuisce un significato più dinamico e teleologico alla vita terrena e all’anima. Nella visione cristiana, infatti, l’esistenza umana non è un insieme di istanti eterni che si eclissano nell’orizzonte dell’essere, ma un cammino verso una pienezza che si realizza pienamente in Dio.
Differenze tra Severino e la visione cristiana
1. L’evoluzione personale come cammino verso Dio
Per il cristianesimo, la vita terrena è un percorso che, attraverso prove, errori, conversioni e crescita, conduce alla salvezza e alla comunione con Dio. Ogni istante è prezioso, ma acquisisce senso nel suo orientamento verso il fine ultimo: il Regno dei Cieli.
• Non è tanto una “eternità statica” di ogni momento, quanto una trasformazione continua che prepara l’anima alla vita eterna.
• “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6): Cristo si presenta come il compimento di questo cammino, il senso ultimo dell’esistenza.
2. Il ruolo del libero arbitrio
Severino vede il divenire come un’apparenza, ma per la visione cristiana l’essere umano è realmente libero e responsabile delle proprie scelte, che possono avvicinarlo o allontanarlo da Dio. La redenzione e la grazia divina, offerte attraverso Cristo, sono il ponte per superare il peccato e realizzare il destino eterno.
3. L’anima come dinamica e immortale
• La visione cristiana dell’anima è quella di una realtà spirituale che non è statica, ma viva e chiamata a un rapporto d’amore con il Creatore.
• L’evoluzione personale, quindi, ha senso nel contesto di questa relazione. Ogni fase della vita contribuisce alla maturazione dell’anima, preparando alla visione beatifica, quando ogni frammento del nostro essere troverà compimento in Dio.
Riflessione adattata alla visione cristiana
Nell’aldilà, immaginare un dialogo con le nostre diverse fasi di vita può comunque avere senso, ma con un orientamento più relazionale:
• Non tanto per contemplare la “pienezza” di ogni momento come fine a sé stesso, ma per vedere come la misericordia di Dio abbia guidato ogni fase, anche quelle di smarrimento o dolore.
• È in Dio che troviamo l’unità e il senso di tutto ciò che siamo stati. Come dice San Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia” (1 Cor 13,12).