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p. Ermes Ronchi

 

IV domenica A Matteo 5,1-12

 

Davanti al vangelo delle beatitudini provo ogni volta il desiderio del silenzio, sento la paura di rovinarlo con i miei tentativi di commento.

Perché so di non averlo ancora capito. Perché dopo anni di ascolto e di lotta, questa parola continua a stupirmi e a sfuggirmi.

Non c’è prova o garanzia per queste affermazioni, eppure Gandhi diceva che queste sono “le parole più alte del pensiero umano”.

Pagina del vangelo affascinante e devastante, un contromano, un controcorrente totale alla logica del mondo.

In chiesa ci crediamo anche, ma appena usciamo ci accorgiamo che come programma per vivere nel mondo ci siamo scelti il manifesto più stravolgente e rovesciante che si possa immaginare.

Eppure le 8 beatitudini hanno, in qualche modo, conquistato la nostra fiducia, le sentiamo difficili eppure suonano amiche. Amiche perché non stabiliscono nuovi comandamenti, ma propongono la bella notizia che Dio regala vita a chi produce amore, che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre si fa carico della sua felicità.

 

Si può pensare che si tratti di una bella pagina verticale, un sesto grado, che io però io non riuscirò mai a scollinare.

Si può pensare che si tratti di una pia pagina illusoria, che Gesù ha pronunciato sul monte di Dio, ma figuriamoci se si realizzerà mai… Qualcuno (Niestche) ha anche pensato, leggendole, che il cristianesimo sia una religione da schiavi, da perdenti, da sottomessi, poveri, piangenti, deboli, miti, insomma si direbbe oggi da “sfigati”, da bastonati della vita.

Invece io sento, dentro le beatitudini, sapore di vita, il segreto per stare bene.

La prima cosa che mi colpisce è la parola: Beati.

Dio si allea con la gioia degli uomini, e se ne prende cura.

Il Vangelo mi assicura che il senso della vita è, nel suo intimo, nel suo nucleo profondo, ricerca di felicità.

Che questa ricerca è nel sogno di Dio, e che Gesù è venuto a portare una risposta. Attraverso una proposta che, come al solito, è inattesa, controcorrente, che srotola otto sentieri che lasciano senza fiato: felici i poveri, gli ostinati a proporsi giustizia, i costruttori di pace, quelli che hanno il cuore dolce e occhi bambini, i disarmati, quelli che sono coraggiosi perché inermi. Sono loro la sola forza invincibile (Turoldo).

Ma il punto di svolta, lo snodo sintattico delle frasi è nel perché; perché di essi è il regno, perché possiederanno la terra, perché vedranno Dio…

I poveri non sono beati perché poveri, ma perché se stai dalla loro parte trovi la strada per un futuro buono per tutti.

Dio non ama la sofferenza, ma il consolare lo stare con chi è solo, con chi piange.

È quello che intende fare la Chiesa delle periferie, anzi la chiesa con le periferie nel cuore, come dice Francesco, quella degli ultimi della fila, la chiesa in uscita.

Beati i poveri in spirito dice Matteo; in o per lo spirito, credo significhi: beato chi ha scelto per un motivo grande, di condividere e spezzare il suo pane con gli altri; chi ha scelto, in nome dell’umano, la vita sobria e solidale: avere meno, perché tutti abbiano il necessario.

Sobrietà e solidarietà. Perché solo il pane nostro è pane di Dio. Questo è il modo per essere poveri in o per lo spirito.

Per capire qualcosa in più del significato della parola ‘beati’ osservo anche come essa ricorra già nel primo dei 150 salmi, quello delle due vie, anzi sia la parola che apre l’intero salterio: “Beato l’uomo che non resta nella via dei peccatori, che cammina sulla via giusta”. E ancora nel salmo dei pellegrinaggi: “beato l’uomo che ha la strada nel cuore” (Sl 84,6).

Dire beati è come dire: In piedi voi che piangete; avanti, in cammino, Dio cammina con voi, è sulla vostra strada, asciuga lacrime, fascia il cuore, apre sentieri”. Dio conosce solo uomini in cammino.

Beati: non arrendetevi, voi i poveri, i vostri diritti non sono diritti poveri, i diritti dei deboli non sono deboli diritti.

Le beatitudini sono il più grande atto di speranza del cristiano. Indicano la via: il mondo non è e non sarà, né oggi né domani, sotto la legge del più ricco e del più forte. Il mondo appartiene a chi lo rende migliore, non a chi lo compra.

La terra non sarà resa migliore da chi accumula più denaro. I potenti si difendono, hanno paura, vogliono mantenere e conservare ciò che possiedono. Non sono beati perché non hanno sentieri nel cuore.

 

Mi azzardo a immaginare gli occhi di Gesù oggi, le sue mani oggi, la sua voce oggi. Lui, che era il vento della storia, verso dove ci spingerebbe? Verso dove farebbe segno agli amici? Siamo come una barca in rada,
con le vele afflosciate,
annusiamo il vento.
E in queste pagine lo senti alzarsi, il vento dello spirito, senti un richiamo, un grido, un urlo, che giunge a noi, compagni a riva,
perché diventiamo soci di sconfinamenti,
viviamo il sogno dell’azzardo.

Oggi che ascoltiamo alzarsi contro-beatitudini, che ascoltiamo rabbrividendo urla di populismi deliranti, vediamo con un disagio fisico l’innalzamento di muri minacciosi, che assistiamo indignati al respingimento disumano degli ultimi. Oggi immagino che avrebbe occhi tristi, per avvento di disumanità, per tradimento del vangelo, per devastanti false beatitudini. Ci stiamo abituando all’orrore. Dove tutti fregano tutti. Ci salvano queste poche parole, pagine che danno vento alle vele, che ci mettono ali.

E se ti chiedessimo Signore che cosa fare, da dove cominciare? Forse oggi non ci manderesti sulle piazze, ci diresti di creare cenacoli di resistenza. E che siano grumo di lievito nella pasta, fermento non nel gelo dei palazzi, ma là dove si vive, si soffre, si muore, nelle “periferie”, come invita il vescovo di Roma che tu dall’alto benedici.

Non è ora di tirare i remi in barca. E’ ora che si ricominci. Con piccole cose, e molta convinzione.

La logica delle beatitudini ti cambia il cuore sulla misura di quello di Dio. Che non è imparziale,

ha un debole per i deboli,

incomincia dalle periferie della storia,

ha scelto ciò che nel mondo è povero e malato

per cambiare radicalmente il mondo,

per fare una storia che avanzi

non per le vittorie della forza,

ma per seminagioni di giustizia

e raccolti di pace.

 

 

Preghiera

Beati voi poveri, che avete il cuore al di là delle cose;

Beati voi che sapete piangere,

Dio ricomporrà ogni lacerazione, asciugherà ogni lacrima;

Beati voi che non usate armi,

solo voi darete sicurezza alla terra;

Beati voi che avete fame di giusti rapporti con tutte le cose,

a voi Dio darà in risposta una grande armonia con tutto ciò che vive;

Beati voi che guardate tutti con amore e che scusate tutti,

sarete amati e scusati sempre;

Beati gli operai silenziosi della pace,

i tessitori del meglio segreto;

Beati gli ostinati a proporsi la giustizia;

Beate le mani nude dei miti;

Beati quanti hanno compreso la logica di Dio,

che si impossessa di te

ma poi ti fa libero come nessuno saprà mai,

che ti fa spoglio eppure ricco,

apparentemente battuto e invece protagonista,

con occhi così chiari da affascinare.

E allora Dio trasparirà dal fondo della tua anima. Amen

p. Ermes Ronchi