28 Gennaio 2023

BEATI NOI (p.Ermes Ronchi)

Fb 29 gennaio 2023
Mt 5,1-12
Beati noi (di p.Ermes Ronchi)

Beati voi, beati noi. Tutti siamo stati poveri almeno una volta, tutti siamo stati nel pianto, e quell’unica volta ci è bastata.
Lungo le nove beatitudini si srotola lenta la regola della felicità; esse non evocano atti straordinari, ma una trama di storie comuni, nostro pane quotidiano. C’è la sorpresa di coloro che hanno pianto molto e le cui lacrime sono il tesoro di Dio, la sorpresa dei poveri fatti principi del regno. Ma nell’elenco ci siamo tutti: piccoli, miti, pacificati dentro, quelli dagli occhi puri che agli occhi impuri del mondo non contano niente, ma che sanno posare una carezza sull’anima, bianca e leggera come neve.
Le beatitudini hanno parole che sanno affascinarci, ma poi ci accorgiamo che ci è stato messo fra le mani il manifesto più difficile, stravolgente e contromano che l’uomo possa pensare.
Beati voi poveri. E ci saremmo aspettati: perché ci sarà un capovolgimento, perché diventerete ricchi. No! Beati, perché c’è più Dio in voi, c’è più libertà, meno attaccamento all’io e alle cose. Beati perché siete voi, e non i ricchi, a custodire la speranza che è possibile vivere meglio per tutti
In questo mondo di opulenza e povertà, un esercito silenzioso costruisce oasi di pace, nel lavoro, in famiglia, nelle istituzioni; ostinato nella gratuità e nella giustizia, onesto nelle piccole cose. Gli uomini delle beatitudini, ignoti al mondo, non andranno mai sui network, ma sono loro i legislatori segreti della storia.
Beati quelli che piangono. Paradossale. Felicità e lacrime mescolate insieme, indissolubili. Ma Dio è dalla parte di chi piange e non del dolore! Infatti, sono detti beati i poveri e non la povertà, non le situazioni. E’ detto felice chi non lo è, ma non perché piangere renda felici, ma perché accade una cosa nuova: «In piedi, voi che piangete, avanti: Dio cammina con voi, vi fascia il cuore, apre futuro». Un angelo misterioso annuncia a chi piange: «Il Signore è con te».
Felici i giusti. Nell’immenso andare della vita, i giusti, coloro che più hanno sofferto, conducono gli altri, li trascinano in avanti e in alto. Lo vediamo ovunque: chi ha il cuore più limpido indica la strada, chi ha pianto molto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta gli altri a ricominciare.
Beati i misericordiosi: sono gli unici che nel futuro troveranno la misericordia che già hanno ora e che si porteranno appresso per sempre, come un equipaggiamento in grado di attraversare l’eternità.
Fra le nove parole ce n’è una scritta per me e che devo individuare perché contiene la mia missione, la mia possibilità di essere più uomo, più libero e più vero. Su di essa sono chiamato a fare il mio percorso, per un mondo bisognoso di storie di bene, di uomini e donne che si occupino della felicità di qualcuno. E Dio si occuperà della loro.

 

Avvenire IV A Matteo 5,1-12

Abbiamo davanti parole abissali, delle quali non riusciamo a vedere il fondo, le più alte della storia dell’umanità (Gandhi).
È la prima lezione del maestro Gesù, all’aperto, sulla collina, il lago come sfondo, e come primo argomento ha scelto la felicità. Perché è la cosa che più ci manca, che tutti cerchiamo, in tutti i modi, in tutti i giorni. Perché la vita è, e non può che essere, una continua ricerca di felicità, perché Dio vuole figli felici.
Il giovane rabbi sembra conoscerne il segreto e lo riassume così: Dio regala gioia a chi produce amore, aggiunge vita a chi edifica pace.
Si erge controcorrente rispetto a tutti i nuovi o vecchi maestri, quelli affascinati dalla realizzazione di sé, ammaliati dalla ricerca del proprio bene, che riferiscono tutto a sé stessi. Il maestro del vivere mette in fila poveri, miti, affamati, gente dal cuore limpido e buono, quelli che si interessano del bene comune, che hanno gli occhi negli occhi e nel cuore degli altri. Giudicati perdenti, bastonati dalla vita, e invece sono gli uomini più veri e più liberi.
E per loro Gesù pronuncia, con monotonia divina, per ben nove volte un termine tipico della cultura biblica, quel “beati” che è una parola-spia, che ritorna più di 110 volte nella Sacra Scrittura. Che non si limita a indicare solo un’emozione, fosse pure la più bella e rara e desiderata.
Qualcosa forse del suo ricco significato possiamo intuirlo quando, aprendo il libro dei salmi, il libro della nostra vita verticale, ci imbattiamo da subito, dalla prima parola del primo salmo, in quel “beato l’uomo che non percorre la via dei criminali”.
Illuminante la traduzione dall’ebraico che ne ricava A. Chouraqui: ‘ beato’ significa “in cammino, in piedi, in marcia, avanti voi che non camminate sulla strada del male”, Dio cammina con voi.
Beati, avanti, non fermatevi voi ostinati nel proporvi giustizia, non lasciatevi cadere le braccia, non arrendetevi. Tu che costruisci oasi di pace, che preferisci la pace alla vittoria, continua, è la via giusta, non ti fermare, non deviare, avanti, perché questa strada va diritta verso la fioritura felice dell’essere, verso cieli nuovi e terra nuova, fa nascere uomini più liberi e più veri.
Gesù mette in relazione la felicità con la giustizia, per due volte, con la pace, la mitezza, il cuore limpido, la misericordia. Lo fa perché la felicità è relazione, si fonda sul dare e sul ricevere ciò che nutre, cura, custodisce, fa fiorire la vita. E sa posare una carezza sull’anima,
E anche a chi ha pianto molto un angelo misterioso annuncia: Ricomincia, riprendi, il Signore è con te, fascia il cuore, apre futuro. Tu occupati della vita di qualcuno e Dio si occuperà della tua.

Ma la sorpresa più grande è averla messa in relazione con coloro che hanno pianto