OSSERVAZIONE PERSONALE sul problema ontologico del
DIVENIRE

 

Parmenide ed i Megarici sostenevano che l’ente è sempre in atto e quindi non esiste l’essere in potenza.

“L’essere in potenza” è “principio di mutamento”, secondo Aristotele.

Quindi il mutamento è considerato un semplice passaggio dall’essere in potenza all’essere in atto.

Può davvero considerarsi “potenza” l’essere? Esiste l’essere in potenza?

Nel senso aristotelico si dice che “ente in potenza” non equivale a “nulla”, ma neanche all’ente in senso pieno, che è l’ente in atto. E’ un quid intermedio tra i due.

Su un piano diverso riporto l’esempio dei numeri Uno e Due, così rimaniamo sul campo dell’astrazione che ci avvicina alla metafisica:

Tra l’uno ed il due ci sono dei passaggi?

1,1 – 1,2 ecc

Tra l’uno e l’1,1 ci sono passaggi?

1,01 – 1,02 ecc

Continuando il ragionamento, possiamo asserire che tra l’uno ed il due ci sono infiniti passaggi?

Se lo affermiamo positivamente si tratta ora di individuare un infinitesimo intermedio: esso può essere considerato “numero” nel senso pieno del termine con il quale possiamo effettuare tutte le operazioni matematiche?

È come dire: un infinitesimo addizionato ad un altro fanno due infinitesimi. E un infinitesimo moltiplicato o diviso per l’altro? Una somma di infinitesimi rimane sempre un infinitesimo, e così il loro prodotto.

Il nostro pensiero “entifica” i numeri perché li inquadra in puri concetti proprio in modo che anche i contenuti mentali sono “enti”, pur se astratti, secondo la logica aristotelica.

Ritornando sul piano metafisico, che senso ha affermare che esiste l’essere in potenza?

Noi deduciamo tutto in fase attuale, anche il dedurre l’esistenza dell’essere in potenza. Può davvero dirsi esistente ciò che non è in atto? Credere di aver risolto il problema ontologico affermando che anche ciò che è in potenza è “essere” si scontra apparentemente con il principio di non contraddizione, perché affermiamo che esiste ciò che ancora non è attuale dimenticando che anche i contenuti di coscienza, pur considerati astratti, sono “enti”, quindi, in un certo modo “attuali”.

Comunque il problema ontologico non è per ora risolvibile, perché non è chiaro il rapporto tra il pensante e l’oggetto del pensiero, tra il cosciente ed il contenuto di coscienza.

Noi percepiamo in modo personale i fenomeni che accadono, ma non conosciamo bene il meccanismo della percezione. Osserviamo il
seme e diciamo che “in potenza” ha tutti i presupposti, gli elementi e le leggi per diventare pianta, ma non è ancora pianta.

I passaggi tra il seme che matura e la pianta che cresce portano in sé l’attualità dell’ente e la potenza del futuro ente.

 

Pier Angelo Piai