XXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO – “Anno C”
Is 66, 18-21 – Eb 12, 5-7. 11-13 – Lc 13,22-30
Benediciamo la vita e tutto ciò che in essa c’è: il sole, l’aria, la foresta e tutte le creature.
Benediciamo chi dà la vita e chi la custodisce.
Benediciamo quindi l’Amazzonia, polmone di tutti, che brucia per l’avidità di pochi.
Omelia
Tutto parte da una domanda sbagliata: Sono pochi quelli che si salvano? Gesù non entra in questi discorsi fatti sulla pelle degli altri, sulla salvezza degli altri. E non risponde sul numero, su quanti, ma su chi si salva.
E nasce un primo enigma. Cosa vuol dire “salvezza”? Nessuno parla di salvezza, oggi. Non fa parte dei nostri discorsi: non se ne parla né al bar né in chiesa. Chi ne sente davvero il bisogno? E’ parola usata da chi sta affogando; bisogna stare per annegare, per affondare, per capire e dire: sono salvato.
Per capire salvezza, dobbiamo essere prima mendicanti, questuanti, cercatori, aver fame e sete. Senza contare che in realtà noi anneghiamo così volentieri nei nostri laghetti personali.
Bisogno di salvezza, no, forse di un salvatore, di uno che risolva i problemi al posto nostro, un politico, un papa, un medico… Salvatori sì, salvezza no.
Una volta salvezza voleva dire salvarsi l’anima, andare in paradiso, dopo questa vita.
Non è così semplice, non così limitato: vuol dire entrare in una vita indistruttibile, vivere una vita di una qualità tale che sarà eterna e non sarà distrutta, vivere cose che meritano di non morire.
Il seguito del vangelo di oggi dirà quali sono.
Sforzatevi di entrare per la porta stretta.
Ed ecco un secondo enigma da risolvere: che cos’è la porta stretta, in che senso è stretta?
Nel senso che ti devi graffiare contro gli stipiti perché non passi? Che provoca un restringimento per la salvezza, un blocco?
No: è stretta nel senso che è controcorrente, come lo era la vita di Gesù, contromano come lo sono le beatitudini.
E Gesù qui fa chiarezza, è molto chiaro su chi passa la porta, una chiarezza trascurata lungo i secoli. Infatti a chi dirà: non vi conosco? Non so di dove siete? A quelli che si vanteranno: abbiamo mangiato e bevuto con te, ti abbiamo ascoltato nelle nostre piazze.
Ma come? Abbiamo frequentato la chiesa, partecipato alla messa, organizzato catechismi e mega raduni…
Non serve, non basta, la misura è nella vita.
Non basta mangiare Gesù che è il pane, occorre farsi pane.
Quelli che bussano alla porta chiusa hanno compiuto sì azioni per Dio, ma nessuna azione per i fratelli. A loro è detto:
Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia: non vi conosco. Allora la porta è la giustizia!
Il riconoscimento sta nella giustizia.
Dio non ti riconosce per formule, riti o simboli religiosi, o per citazioni “io e la mia madonnina”, ma perché hai mani e gesti di giustizia.
Voi non entrate, voi avete false credenziali.
Non c’è salvezza neanche con tante confessioni e messe, non garantiscono niente.
Infatti quelli alla porta si vantano di cose di poco conto: abbiamo mangiato con te, eravamo in piazza ad ascoltarti… ma questo può essere solo un alibi furbo, non significa che stanno vivendo il suoi Vangelo.
In realtà noi sappiamo di Gesù solo ciò che viviamo di Gesù. Ciò che ho fatto mio. “È da come uno mi parla delle cose della terra e non di quelle del cielo che io capisco se uno ha soggiornato in Dio (S. Weil).
Ch Bobin: la verità è ciò che arde. La mia verità di cristiano è ciò che arde. La verità sono persone, mani e gesti che ardono! Arde qualcosa di Cristo in me? Arde un po’ di vangelo?
Il vangelo inizia con due immagini potenti: una porta stretta e una folla che si accalca e preme per entrare.
Poi, con un improvviso cambio di prospettiva, siamo oltre quella soglia stretta, in un’atmosfera di festa, in una calca multicolore e multietnica: verranno da oriente e da occidente, da nord e da sud e siederanno a mensa.
Quella porta è il passaggio, chiaro, netto, nitido verso la vita buona, bella e felice, come lo era quella di Gesù. La porta è Cristo, il punto di passaggio, soglia che si apre su un mondo altro. Allora cercherò di essere anch’io come lui piccola porta per cui passa gente e vita. Anch’io piccola porta aperta e non chiusa. Amo le porte aperte.
E infatti, la storia dell’umanità, e forse anche la mia storia personale, è piena di altre porte, di archi trionfali o presunti tali, di percorsi larghi, che però hanno prodotto illusioni e sangue, che hanno creato molto dolore sulla faccia della terra.
E la storia è bianca delle ossa dei popoli che hanno attraversato altre porte, adottato altre logiche e non quella del Vangelo come codice di futuro.
E la voce di Dio mi dirà: “ti conosco” soltanto se nella mia vita ho vissuto qualcosa della vita di Gesù, magari solo un bicchiere d’acqua fresca; mi dirà “ti conosco” soltanto se Gesù scopre qualcosa di se stesso in me:
– il Dio della giustizia cercherà in me gesti di giustizia;
– il Dio della accoglienza cercherà in me semi e tracce di accoglienza;
– il Dio di comunione cercherà dentro di me comunione, almeno per frammenti, e non chiusure.
E trovandoli mi riconoscerà e spalancherà la porta.
Lo dico con san Giovanni della Croce: Alla fine del giorno saremo interrogati sull’amore. E’ questa la porta stretta
La porta è stretta, ma è bella.
Infatti riverbera rumori di festa, una sala colma, una mensa imbandita e un turbinare di arrivi, un colorato confondersi di punti cardinali, un mondo finalmente altro dove gli uomini sono diventati fratelli.
La porta è stretta ma sufficiente.
Infatti la grande sala è piena, vengono i lontani e sono folla, entrano, forse non sono migliori di noi che siamo i vicini, ma hanno operato giustizia, magari senza saperlo. Sono i sorpresi: come quelli del giudizio universale: quando mai Signore ti abbiamo visto povero, malato, affamato, forestiero e ti abbiamo aiutato? La rivelazione: ogni volta che avete fatto questo a un piccolo l’avete fatto a me. Vi ho conosciuto allora.
Il sogno di Dio è far sorgere figli da ogni dove, per una offerta di felicità, per una vita in pienezza. Lui li raccoglie da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno, arrivati ultimi e per lui considerati primi.
Per la porta larga vuole passare chi crede di avere addosso l’odore di Dio, preso tra incensi, riti e preghiere, e di questo si vanta. Per la porta stretta entra “chi ha addosso l’odore delle pecore” (papa Francesco), l’operaio di Dio, con le mani segnate dal lavoro e il cuore buono.
Preghiera
Amo le porte aperte
che fanno entrare notti e tempeste
polline e spighe,
Libere porte che rischiano l’errore e l’amore.
Amo le porte aperte
di chi ci invita a varcare la soglia
e fa entrare pellegrini e vagabondi
naufraghi e marinai.
Amo le porte aperte di uomini e donne
capaci di povertà e di coraggio davanti a luci spente.
Amo le porte aperte:
Buchi nella rete, brecce nei muri,
lucciole nella notte
profezia di una umanità
rivolta per diritto di tenerezza e di giustizia.
Amo le porte aperte
dei pericolosi visionari
dei testardi amanti
Di chi ha fatto voto di vastità:
Braccia aperte per tutti noi!
Amo le porte aperte di Dio.