San Tommaso d’Aquino e il diavolo

 

Le idee teologiche sul diavolo, presentate in modo piuttosto disorganico da Alberto Magno, sono riprese da Tommaso d’Aquino. Il suo pensiero può essere raccolto in quattro temi fondamentali: il primo riguarda la descrizione della colpa dei demoni; il secondo la pena conseguente; il terzo riguarda la loro azione sugli uomini; il quarto cerca di far luce sul mistero del male. I primi due punti sono esposti principalmente nel Commento alle Sentenze, nella Summa Theologiae e nella Summa contra Gentes; mentre gli ultimi due sono affrontati nella questione specifica De malo e nel commento al De Divinis Nominibus dello Pseudo-Dionigi.

Tommaso ha dichiarato che il peccato angelico è stato quello di superbia, precisando che non si tratta del desiderio di essere uguale a Dio; ma piuttosto della deliberazione di non sottostare alla volontà superiore di Dio, volendo l’angelo essere la regola di se stesso, il che compete unicamente a Dio. Oppure egli ha desiderato di essere simile a Dio, nel senso di portare in sé la somiglianza divina, però lo ha desiderato non secondo l’ordine stabilito da Dio per mezzo della grazia, ma con le forze della propria natura. In altre parole l’angelo non ha accettato di accogliere il dono divino della beatitudine soprannaturale, ma ha voluto ottenerlo da se stesso. E questo è un vero peccato di superbia. Alla superbia segue l’invidia che consiste nel considerare il bene dell’altro un impedimento del proprio bene. Per questo il diavolo è invidioso della beatitudine umana e della perfezione divina. È possibile, afferma Tommaso, che l’angelo abbia peccato nel primo istante della creazione, per un atto disordinato del libero arbitrio, poiché quando una cosa comincia ad esistere, contemporaneamente inizia la sua possibilità di agire. Ora, se l’angelo avesse agito male dal primo momento della sua esistenza, ciò significherebbe che tale azione cattiva è stata causata da Dio. Ma Dio, che ha creato gli angeli non può essere causa del peccato. Bisogna ammettere perciò che l’angelo ha peccato dopo il primo istante della sua creazione. Tommaso è del parere che il primo a peccare fu l’angelo superiore a tutti, poiché ha peccato di superbia e chi è più perfetto è più portato a rendersi autonomo e indipendente dagli altri, anche del più grande di lui. Lucifero , il più bello degli angeli è stato causa del peccato degli altri, non per costrizione, ma per persuasione. Tommaso afferma poi che gli angeli caduti sono meno numerosi di quelli rimasti fedeli, perché il peccato è contro l’inclinazione naturale. I demoni non hanno corpi naturali ma sono del tutto incorporei, anche se possono assumere, come gli angeli, in qualche circostanza un corpo per essere visti dagli uomini.

Tommaso è il primo autore cristiano che in maniera esplicita e radicale afferma la piena spiritualità dei demoni, nel senso che la loro natura non è mista con elementi di ordine naturale, neanche di materia leggera o sottile. Questa novità non venne facilmente accolta, perché poteva prestarsi a errate interpretazioni, quasi che i demoni quali enti puramente spirituale fossero esseri divini, come hanno inteso gli avverroisti. Per tale ragione essa fu contrastata da altri maestri, quali Bonaventura e Scoto, e non accettata subito dall’autorità ecclesiastica anche, se in seguito divenne patrimonio comune a tutta l’ideologia. La concezione della spiritualità dei demoni consente a Tommaso di liberare la demonologia dall’influsso del pensiero platonico che poneva i demoni tra gli esseri intermedi della sfera celeste e quella terrena. Per Tommaso essi sono esseri spirituali, i quali vivono e agiscono secondo le caratteristiche specifiche dello spirito: conoscere, volere ed essere liberi. La prima pena, che i demoni hanno dovuto subire, dopo il peccato, riguarda l’ottenebramento e la diminuzione dell’intelletto, non a livello della capacità naturali, che sono rimaste illese, ma nella possibilità di conoscere verità superiori del mistero divino. Quanto a queste verità gli angeli cattivi, per la loro disordinata e orgogliosa volontà, possono avere false opinioni, in quanto esibiscono presuntuosamente il loro intelletto per giudicare alcune cose eccedono la loro natura. Anche la volontà angelica, dopo il peccato, ha subito un deterioramento: i demoni sono ostinati nel male in modo definitivo e stabile, senza possibilità di ritornare al bene.

Tommaso precisa che, per i demoni, non si può parlare di dolore in senso sensibile o passionale, poiché essi non possiedono sensi né passioni. Il loro dolore non è altro che la rinuncia della volontà a molte cose che vorrebbe ottenere o ad altre che vorrebbe rifiutare, come nel caso in cui i demoni vogliono che gli uomini si dannino, mentre si salvano. La loro sofferenza sta precisamente in tutto ciò che si oppone alla loro volontà e non può essere vinto.[1] Il tormento dei demoni è il fuoco che li tiene legati a sé come se fossero prigionieri. Tommaso parla poi di una gerarchia dei demoni, perché il grado ove erano posti secondo la natura non è stato distrutto dal peccato. Da ciò deriva l’influsso o l’azione di un demone sull’altro secondo il loro ordine naturale, influsso però non secondo la verità di Dio, ma sempre nella perversità. In particolare va ritenuto che gli angeli buoni, in quanto più vicini alla perfezione divina, abbiano potere sui demoni e li governino. I demoni sono in lotta contro gli uomini a causa della loro invidia e malizia, ma anche con il permesso di Dio. Le tentazioni rientrano dunque nel piano sapiente di Dio. Egli precisa anche che non tutti i peccati sono causati direttamente dal diavolo, poiché l’uomo possiede il libero arbitrio con cui dominare le sue passioni. Il diavolo agisce solo esteriormente attraverso i sensi dell’immaginazione, ma non può giungere nell’intimo dell’anima, come invece fanno la grazia divina e lo Spirito Santo.[2]

Per quanto riguarda la conoscenza delle cose future, Tommaso dice che solo Dio conosce ciò che dovrà accadere; il demonio quindi non può sapere l’accadere degli eventi futuri, né conoscere direttamente i pensieri del cuore umano. Per cui i pensieri intimi e le movenze della volontà restano irraggiungibili ai demoni e a qualunque altro, ma aperti solo a Dio e all’uomo stesso che li vuole. I demoni possiedono però una potenza superiore alle semplici capacità umane, in quanto sono capaci di arti magiche che possono illudere i sensi umani. Tommaso, in riferimento alla filosofia platonica e alle concezioni dello Pseudo-Dionigi, afferma che il male non esiste, non è una sostanza reale, ma è semplicemente la privazione di un qualche bene particolare. Tutto ciò che esiste è buono; il male dunque corrisponde a ciò che non esiste, in quanto è il contrario del bene. Tutti gli enti desiderano il bello e il buono; tutto quello che fanno, lo fanno per il bene o perlomeno per ciò che loro sembra buono. Nessun esistente desidera il male per se stesso; anche quando di fatto compie azioni cattive, ha di mira il proprio bene particolare. Il male, in quanto privazione del bene, esiste nel bene, nel senso che può essere considerato come un bene parziale, ridotto nella sua perfezione, privato di una parte del proprio bene. Esiste l’occhio cieco, cioè privo della vista, dice Tommaso, ma in quanto esiste è una cosa buona. Così l’uomo malvagio, in quanto uomo, è sempre una creatura che esiste ed è perciò buona, tuttavia è deficiente di una certa virtù, e sotto tale aspetto lo si chiama cattivo.

I demoni sono quindi cattivi a causa di una deficienza del bene che però non è totale, poiché partecipano del bene in quanto esistono, vivono, desiderano e ragionano. Sono cattivi perché hanno agito in modo deficiente rispetto alla loro volontà, la quale è regolata dalla volontà divina. Allontanarsi da questa regola è stato il male dei demoni. Da qui il loro essere imperfetto e malvagio. Tale privazione del bene è stata causata unicamente dalla loro libera decisione di rifiutare il bene universale dato ad essi e di non seguire il bene voluto da Dio. In tal senso i demoni sono cattivi, perché manca ad essi un certo bene, cioè la perfezione del loro essere secondo l’ordine divino. La disgrazia di Lucifero e degli altri angeli decaduti consiste nel continuare a scegliere il non essere, restando prigionieri del male da loro liberamente voluto.

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[1] Summa Theologiae I, q.64, a.3.

[2] Summa Theologiae I-II, q.80, a.2; De Malo q.3, a.4 e a.12; Quodlib. 3, q.3 a.3. In S. Th. III., q.8, a.7, Tommaso sostiene che il diavolo può essere detto “il capo di tutti i cattivi” in forza dell’influsso esteriore che esercita su di essi come un principe o governatore sui propri sudditi, ai quali inculca la spinta di raggiungere il suo stesso scopo, quello di allontanare la creatura razionale da Dio sotto forma di libertà. Pertanto coloro che con il peccato vogliono raggiungere tale fine, cadono sotto il regime o il governo del diavolo. In ciò Tommaso si accomuna alla concezione di Alessandro di Hales.

 

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