Si legge nella vita dei santi che moltissimi passavano molte ore in preghiera, specie i religiosi od i monaci. Molti laici vedono ciò come una perdita di tempo e non comprendono il valore della preghiera agli occhi di Dio.

Pregare molto, anche in solitudine, è un’attività dello spirito gradita a Dio?

Facciamo riferimento sia alla tradizione cristiana che a una prospettiva più generale di vita spirituale.

Nella vita dei santi, la preghiera intensa e prolungata non era considerata tempo sottratto ad altro, ma un vero atto d’amore verso Dio. Per i religiosi e i monaci, era la loro vocazione: offrire la loro esistenza come lode continua e intercessione per il mondo.

Secondo la fede cristiana:

  • La preghiera in sé è sempre gradita a Dio, sia quella comunitaria (Messa, Liturgia delle Ore) sia quella personale e silenziosa.

  • Pregare molto non è mai una “perdita di tempo”: significa stare alla presenza di Dio, crescere nell’unione con Lui e lasciarsi trasformare interiormente.

  • Non tutti hanno la stessa chiamata: ai monaci viene chiesto di dedicare molte ore al silenzio e alla contemplazione; ai laici, Dio chiede di santificare le attività quotidiane, il lavoro, la famiglia.

  • La preghiera autentica si riconosce dai frutti: più pace, più carità, più disponibilità al servizio degli altri.

In sintesi:
Anche la preghiera solitaria e prolungata è gradita a Dio, perché è dialogo con Lui e offerta del cuore.
Tuttavia, non conta tanto la quantità di tempo, ma la sincerità, l’amore e la fedeltà con cui si prega. Un’Ave Maria detta con cuore puro può avere agli occhi di Dio lo stesso valore di un’ora di meditazione distratta.

Notiamo che nei Vangeli Gesù raccomanda di pregare molto, ma non dice espressamente “bene”…

Nei Vangeli Gesù insiste spesso sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1), ma raramente usa l’avverbio “bene”. Tuttavia, se guardiamo più da vicino, Gesù non mette tanto l’accento sulla quantità formale della preghiera, quanto sulla qualità interiore.

Alcuni esempi:

  • Mt 6,5-7: mette in guardia dal pregare per farsi vedere dagli uomini o dal moltiplicare parole come i pagani. Qui Gesù sottolinea che ciò che conta è il cuore, non la lunghezza o l’esteriorità.

  • Lc 18,9-14: la parabola del fariseo e del pubblicano mostra che la preghiera “giusta” non è quella lunga o perfetta nelle formule, ma quella umile e sincera.

  • Gv 4,23-24: “i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”: qui Gesù indica il criterio fondamentale, che potremmo chiamare il “pregare bene”.

  • E allo stesso tempo, come notiamo, Gesù stesso passava notti intere in preghiera (Lc 6,12), dando l’esempio della perseveranza e dell’intimità con il Padre.

Quindi:
Gesù non dice “pregate bene” in modo esplicito, ma lo implica continuamente: non basta pregare tanto, bisogna pregare con cuore puro, con fede, con umiltà.
È per questo che la Chiesa ha sempre insegnato entrambe le cose: la preghiera costante (molto, con perseveranza) e la preghiera autentica (bene, cioè con amore e sincerità).

Ecco qualche esempio concreto di santi (sia religiosi che laici) per vedere come vivevano il rapporto tra preghiera e azione:

Nella vita dei santi si vede molto bene come la preghiera non fosse mai “isolata” dall’azione, ma fosse la sorgente che alimentava ogni gesto. 

Citiamo alcuni esempi concreti:

 Religiosi e monaci

  • San Benedetto da Norcia (480-547)

    Fondò il monachesimo occidentale con il motto ora et labora (“prega e lavora”): la sua regola bilanciava ore di preghiera corale (Liturgia delle Ore) e ore di lavoro manuale e intellettuale.

    Per lui la preghiera non escludeva l’azione, ma la trasfigurava.

  • Santa Teresa d’Avila (1515-1582)

    Grande mistica e riformatrice del Carmelo, passava lunghe ore in contemplazione. Eppure fu anche donna d’azione: fondò conventi, scrisse libri, affrontò difficoltà enormi.

    La sua preghiera intensa la rese capace di un’attività instancabile e creativa.

  • San Francesco d’Assisi (1182-1226)

    Alternava momenti di ritiro eremitico (giorni interi in solitudine e digiuno) a predicazione itinerante, incontro con la gente, servizio ai poveri.

     Il suo cuore contemplativo lo spingeva ad amare e servire concretamente.

 Laici

  • San Tommaso Moro (1478-1535)

    Cancelliere del Regno d’Inghilterra e padre di famiglia. Nonostante i suoi impegni politici, si ritagliava quotidianamente spazi di meditazione e preghiera.

    Questa fedeltà interiore gli diede la forza di restare coerente fino al martirio.

  • Santa Gianna Beretta Molla (1922-1962)

    Medico, moglie e madre. Pregava con semplicità nella vita ordinaria, trovando nella preghiera la forza per vivere il lavoro e la famiglia con dedizione.

    Il suo sì fino al sacrificio finale per la vita della figlia nacque da una vita di preghiera silenziosa e fedele.

  • Beato Carlo Acutis (1991-2006)

    Adolescente appassionato di informatica. Partecipava ogni giorno alla Messa e passava tempo in adorazione eucaristica, ma viveva anche pienamente la sua età, aiutando i compagni e servendo i poveri.

    Diceva: “L’Eucaristia è la mia autostrada per il cielo”.

In tutti questi casi si vede una costante: la preghiera non li isolava dal mondo, ma li rendeva più capaci di amare, servire e trasformare la realtà.

 

 

LE DISTRAZIONI NELLA PREGHIERA

 

È stato detto prima: “Tuttavia, non conta tanto la quantità di tempo, ma la sincerità, l’amore e la fedeltà con cui si prega. Un’Ave Maria detta con cuore puro può avere agli occhi di Dio lo stesso valore di un’ora di meditazione distratta.” 

Se però un cristiano fa un’ora di meditazione distratta, se ha deciso di farla significa che egli desidera pregare, ma spesso non riesce bene perché prevalgono le distrazioni. Significa che Egli ama Dio e Dio spesso guarda le intenzioni e sa bene che costui è tormentato dalle distrazioni… 

Nella tradizione spirituale cristiana, le distrazioni in preghiera sono considerate quasi inevitabili: siamo umani, la mente vaga, i pensieri ci assalgono. Ma Dio non misura la preghiera con un cronometro o con un “indice di concentrazione”: guarda il cuore e l’intenzione.

Alcune idee chiave:

  • Il desiderio conta più della riuscita: se una persona si mette davanti a Dio per un’ora, anche se si sente distratta, ha già dimostrato con il suo atto di volontà di voler amare e onorare Dio. Questo è molto prezioso ai suoi occhi.

  • Le distrazioni non annullano la preghiera: Santa Teresa d’Avila diceva che anche un solo “sguardo d’amore” verso Dio, in mezzo a mille pensieri vaganti, è preghiera autentica.

  • La fedeltà è amore: perseverare in quell’ora, nonostante la fatica, è un atto di amore più grande di mille belle parole fluenti. È come un amico che rimane accanto a un altro anche quando non trova cosa dire: la sola presenza è amore.

  • Dio vede il cuore: spesso il tormento per le distrazioni è già segno di amore. Chi non amasse Dio, non si preoccuperebbe affatto di pregare “bene”.

Perciò se un cristiano dedica un’ora alla preghiera ma si sente distratto, non significa che non ha pregato. Significa che ha amato Dio con la fedeltà e il desiderio, anche se la mente non collaborava. E questo è graditissimo a Dio.

Ecco alcuni pensieri di santi e maestri spirituali proprio sul tema delle distrazioni nella preghiera:

🌿 Santa Teresa d’Avila (1515-1582)

“Non vi chiedo di pensare molto, ma di amare molto. E così, se non potete meditare, né fare riflessioni, non importa: amatelo.”
Teresa riconosce che la mente può vagare, ma ciò che conta è l’atto d’amore verso Dio.

San Francesco di Sales (1567-1622)

“Se nel tempo della preghiera vi accorgete che siete stati molto distratti, non vi turbate: umiliatevi dolcemente davanti a Dio, riconoscendo la vostra miseria. Questo atto d’umiltà gli sarà più gradito che se aveste pregato con grande raccoglimento.”
Anche la distrazione diventa occasione di umiltà, e quindi preghiera vera.

San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars (1786-1859)

“Le distrazioni nella preghiera non offendono Dio, se non è colpa nostra. Basta che ci umiliamo e ricominciamo con amore.”
L’importante è non scoraggiarsi e riprendere con semplicità.

San Pio da Pietrelcina (1887-1968)

“La miglior consolazione è non avere consolazione. Quando non sentite nulla nella preghiera, allora è il momento di offrire a Dio la vostra fedeltà: questo vale più delle lacrime e dei trasporti.”
La perseveranza nella “secchezza” o nella distrazione è offerta graditissima a Dio.

Questi santi confermano che la distrazione involontaria non annulla la preghiera, anzi può renderla più meritoria perché obbliga a perseverare solo per amore, senza appoggiarsi al gusto o alla facilità.