Di tutti gli allievi che hanno frequentato il CFP, un numero consistente di questi è stato ospite dell’annesso collegio.
Ecco allora un po’ di storia che ho ricavato dalla tesi di laurea di Milena Paolini.
Il collegio si insediò nell’edificio del Seminario Arcivescovile di Cividale, eretto nel 1904, per essere la sede della villeggiatura estiva del seminario diocesano, e venduto dalla Diocesi di Udine nel 1919 all’Amministrazione Provinciale, che lo cedette in uso gratuito al Patronato per gli orfani di guerra .
Nel novembre 1920 con i primi centocinquanta allievi, fu inaugurato, alla presenza delle autorità dello stato l’ “Istituto Friulano pro Orfani di Guerra”. Con il decreto del Regno d’Italia n.386 del 3 marzo 1921 l’Istituto venne eretto in ente morale e venne approvato il suo statuto organico.
Il suo motto era “I nostri padri sono morti per la Patria: noi impariamo a servirla ed onorarla”. Oltre allo scopo prettamente assistenziale, l’istituzione si propose anche di occuparsi dell’istruzione e dell’educazione civile, morale e religiosa degli orfani creando un asilo infantile, una scuola elementare, le scuole d’arti e mestieri, con le officine e i laboratori e la scuola pratica di agricoltura, con la colonia agricola.
Degno di nota il fatto che dopo pochi anni dall’inizio della sua attività, nel 1924, l’istituto venne visitato dal re Vittorio Emanuele III. Negli anni successivi furono ammessi anche non orfani di guerra e il numero delle presenze medie giornaliere arrivò a 597 nel 1932.
Nell’istituto, a partire dal 1932, prese avvio anche un corso d’istruzione premilitare di due anni, in cui si seguivano gli stessi programmi dei corsi istituiti dalla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Nel 1936 l’amministrazione provinciale di Udine, cedette tutto il complesso dell’istituto all’ “Opera di Previdenza della MVSN”, la quale in breve tempo fece sì che l’istituto venisse destinato ad accogliere gli orfani maschi delle Camicie nere cadute in Spagna e in Africa Orientale.
Inevitabilmente l’istituto cambiò nome e divenne “Collegio nazionale per Orfani delle Camicie nere”.
Era l’unico di questo tipo in Italia. L’Opera si impegnò notevolmente per ristrutturare nuovamente il fabbricato esistente, comprese le officine, i laboratori e l’azienda agraria e per ampliarlo.
Il vecchio fabbricato venne conservato quasi integralmente, e costituì il nucleo maggiore del nuovo complesso, ma la struttura architettonica mutò completamente. Furono cancellate le decorazioni ottocentesche e furono rifatti i prospetti con lo stile moderno caratteristico delle opere del periodo fascista, in mattoni a cortina e pietra. Venne inoltre eretta la torre littoria e davanti a essa venne predisposto un grande piazzale per le adunate.
Nel 1938 l’istituto era entrato ufficialmente a far parte delle organizzazioni giovanili del regime. La vita interna era regolamentata da una rigida disciplina militare, e soprattutto dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, fu la formazione premilitare ad avere un ruolo importantissimo nelle attività dei ragazzi, suddivisi in squadre, manipoli, centurie comandate da ufficiali.
Le vicende della guerra e gli eventi successivi ad essa connessi, quali la caduta del fascismo, lo scioglimento della MVSN, l’arrivo degli alleati e la Resistenza, influirono sulle sorti dell’istituto. In quel periodo esso servì più come alloggio e base operativa per i contingenti militari, ora di una, ora dell’altra fazione, che per accogliere giovani bisognosi.
Nel 1944 l’istituto, affidato all’Amministrazione provinciale di Udine, aveva assunto una nuova denominazione: “Istituto Friulano Orfani”, ma i giovani accolti erano pochi, e una parte degli edifici venne riservata per gli ufficiali della Repubblica Sociale Italiana da poco costituita, che sottostavano agli ordini dei tedeschi, che avevano occupato Cividale.
Dopo la liberazione il complesso ospitò la formazione partigiana “Osoppo” e, fino al 1947, alcuni reparti militari americani. Nel 1948 la Provincia cedette gli immobili e i beni dell’istituto all’ “Ente friulano Assistenza” di Udine, che fu così incaricato di occuparsi dell’educazione e dell’istruzione degli “orfani del Friuli e degli orfani dei profughi delle zone del confine orientale italiano”.
A partire dagli anni cinquanta, l’istituto, rimasto unicamente dedicato ai maschi, assistette alla propria rinascita. Il numero dei giovani ospitati, orfani di guerra, orfani di lavoratori, ragazzi in situazione di disagio economico e psicologico, il cui ricovero era finanziato dal Ministero dell’Assistenza postbellica e dal Ministero degli Interni, arrivò in quegli anni a superare il migliaio.
Gli istitutori che si occupavano di loro erano studenti delle scuole superiori, borsisti, che godevano di vitto e alloggio nell’istituto. Le scuole interne statali, cioè la scuola elementare, la scuola di avviamento professionale e tecnica a indirizzo agrario, funzionavano ottimamente.
Vennero istituiti anche dei nuovi corsi biennali per la qualificazione professionale di meccanici, elettricisti e falegnami, riconosciuti dal Consorzio provinciale per l’istruzione tecnica di Udine e alcuni anni dopo, nel 1955, venne fondato il Centro Addestramento Professionale.
Circa negli stessi anni la scuola tecnica agraria, dopo aver ottenuto l’autonomia, fu trasformata in Istituto Tecnico Agrario, il primo avviato in regione. Negli anni sessanta, le modifiche apportate nelle scuole facenti parte del plesso dell’istituto furono molte, in conseguenza delle novità introdotte in quel periodo nel sistema dell’istruzione italiana.
La scuola di avviamento commerciale cittadina venne fusa con le scuole di avviamento professionale industriale e agraria interne, e sorse, nei locali dell’istituto, la seconda scuola media statale di Cividale, chiamata “Ippolito Nievo”, frequentata sia dagli allievi convittori sia da esterni, provenienti anche dai vicini comuni di Moimacco e Torreano. L’ I.F.O. continuò a ospitare i ragazzi che frequentavano quelle scuole.
Nel 1970 cambiò per l’ennesima volta nome, diventando “Istituto Friulani per la Gioventù” .
I giovani provenienti soprattutto dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto, erano tenuti a pagare una retta, che era a totale carico delle famiglie o, in caso di situazioni familiari difficili, di enti di beneficenza.
Gli allievi iscritti al C.A.P., a partire dal 1965, potevano alloggiare gratuitamente nell’istituto, secondo quanto stabilito da una legge regionale sulla formazione professionale.
A metà degli anni settanta venne istituito il “Collegio CAP”, che si avvalse sia di alcuni locali dell’ “IFG” sia di alcuni ambienti scolastici, rinnovati e adattati per il nuovo utilizzo.
Da quel momento la scuola e il collegio ebbero la stessa direzione. Il Direttore del Centro Cesca Giovanni si avvalse della preziosa collaborazione di don Tita Del Negro per la programmazione dell’attività educativa in rapporto alle varie problematiche riguardanti l’età, l’ambiente familiare, sociale e religioso dei giovani.
Nello stesso periodo il CAP, in seguito ai riconoscimenti e finanziamenti regionali e statali si trasformò in “Centro Formazione Professionale” (CFP).
Nei primi anni ottanta il collegio venne rinnovato e sistemato in modo più funzionale. Alla fine degli stessi anni cessò di essere destinato solo ai maschi: vennero ammesse le prime ragazze e venne realizzato il reparto femminile.
Negli anni novanta ci furono ulteriori lavori per l’allestimento di camere singole, doppie e triple, di sale ricreative, ci fu la suddivisione della struttura in “moduli” autonomi, di venti-trenta allievi ciascuno, pur mantenendo i servizi di carattere ge
nerale, come la mensa e le strutture sportive in comune.
Fino a qualche anno fa il collegi
o era aperto unicamente durante il periodo scolastico, dal mese di settembre a quello di giugno. Ora esso funziona anche durante il periodo estivo, per rispondere a un’esigenza connessa a un importante cambiamento relativo alla tipologia dei giovani accolti. Infatti dal 2000 il collegio ha iniziato ad ospitare dei ragazzi provenienti da diversi paesi europei ed extraeuropei, in rappresentanza di una ventina di nazioni.
Ciò ha inevitabilmente prodotto anche dei cambiamenti nell’organizzazione interna del collegio. Sappiamo infatti che qualsiasi comunità di giovani, indipendentemente dalla provenienza geografica, presenta caratteristiche molto eterogenee, e che non è semplice trovare il modo per soddisfare le esigenze di tutti allo stesso modo.
Il fatto di dover gestire un gruppo numeroso e dover conciliare lingue, culture, religioni e tradizioni diverse ha indotto i responsabili del collegio a rivedere tutti i sistemi e le metodologie educative e disciplinari fino a quel momento adottati.
Gli educatori si sono assunti nuove responsabilità, consapevoli del fatto che il loro compito principale è infatti proprio quello di operare in modo tale che la struttura possa garantire sempre, a tutti i ragazzi, i servizi necessari per il loro rapido e positivo inserimento nel tessuto sociale e lavorativo.
dalla tesi di Laurea di Milena Paolini