Agli albori del secolo XI, per il prestigio del Patriarca e per i possedimenti patrimoniali della Chiesa, si viene a dare inizio a quegli elementi essenziali costitutivi del feudo. Il Patriarca si comporta già come un grande feudatario. Affida i suoi beni, come ville e castelli, ai suoi milites o ai ministeriali, suoi vassalli. Un tale potere si rafforza in modo considerevole sotto il Patriarcato di Volfango, figlio del Conte Ozi di Treffen (Carinzia), detto Poppo o Poppone (1019-1042). In questo periodo famiglie nobili del nord sono investite, quali vassalli, di feudi di varia entità. Queste non mancarono di portare tra i loro usi e costumi anche la fede cristiana e le loro devozioni. Tra queste si può rilevare la devozione di San Floriano Martire, che ha trovato vasta diffusione in Friuli e nelle regioni alpine contermini. Trovandosi a Mantem nel Noricum Ripense la sede del martirio, facilmente si può comprendere l’influenza tedesca. Nel basso Medioevo, il Santo era invocato contro incendi, devozione che tuttora viene ad essere praticata in varie zone della regione1.

Dall’archivio parrocchiale si possono desumere alcune notizie rilevanti per quanto concerne la Chiesa di San Floriano Martire in Sanguarzo. “Alle falde del monte dei Bovi, presso il castello di Urusbergo (Guspergo), si trova l’antica chiesetta dedicata a San Floriano Martire. Essa è esistente dal sec. XI; la dedicazione di questa chiesa pare ascenda all’anno 1050 o 1070, essendo Patriarca di Aquileia Godebaldo (1050-1063), Rabinger (1063-1068) o Sigeardo dei conti di Tengling-Peilstein (1068-1077). Altri assegnano la prima erezione all’anno 1150, quando era Patriarca Pellegrino I di Pao (1132-1161). Questa chiesa cammina a pari passo con la chiesuola di S. Pantaleone di Rualis. Nella chiesa v’è un altare di legno con una antica statua pure di legno di S. Floriano (1600)”.

Notizie meno vaghe riguardo a questa chiesetta vengono riportate dall’annalista Francesco Di Manzano negli Annali del Friuli, riprese a sua volta dallo Sturolo. Il noto storico aggiunge in nota una precisazione desunta dal Nicoletti, sempre in merito alla chiesetta di San Floriano Martire. “1293 – La chiesetta di San Floriano, Caterina, Donato e compagni, e Santi Ermacora e Fortunato, tutt’ora esistente, posta sotto il castello di Guspergo, venne ques’anno fatta costruire dai signori di Villalta”1. In nota, secondo il Nicoletti, l’erezione di questa chiesuola appartiene al 12972. Invece Di Manzano rileva che nel medesimo anno i Signori di Villalta-Urusbergo fecero consacrare la chiesetta e diedero proventi per la sua conservazione3.

Il Paschini ci informa che, in data 20 luglio 1267, il conte di Gorizia, dopo aver catturato il Patriarca Gregorio di Montelongo a Villanova, sotto Rosazzo, espugnò il “nuovo castello di Urusbergo presso Cividale e vi fece preda”4.
Certamente i Signori di Villalta-Urusbergo, dopo aver rimesso a nuovo il castello, avranno provveduto anche per la chiesa di San Floriano Martire, come sembra di capire da quanto tramanda il Nicoletti: “I conti di Villalta come se fussero quasi infami, per opere poco cristiane, sotto il loro castello di Urusbergo, consacrarono la chiesiola a San Floriano, Santa Caterina, San Donato et i suoi compagni et ai Santi Hermacora et Fortunato; e diedero provviste bastanti alla conservazione”5. Questa consacrazione si riferisce all’anno 1297.

La chiesetta di San Floriano Martire non era solamente per utilità dei Signori di Villalta-Urusbergo, ma anche del personale del castello e degli abitanti della zona di Urusbergo. Il servizio religioso veniva svolto da sacerdoti, scelti, secondo la consuetudine del tempo, dalla famiglia o da un loro parente vescovo di Concordia. Le alterne vicende in cui venivano a trovarsi i Signori di Villalta-Urusbergo non influirono in nessun modo sulla vita religiosa del contado e sulla sua relazione con la Chiesa. Un vero mutamento si ebbe dopo la distruzione del Castello effettuata nel 1364.

Gli abitanti della zona per la loro fede e desiderosi di mantenere un bene spirituale, seppero gestire una vita religiosa con un’accurata partecipazione al mantenimento dell’edificio sacro. Non mancarono le difficoltà sia per le invasioni degli Ungheri e specialmente a seguito dei sommovimenti tellurici. Dopo il terremoto del 1448, in cui si rilevarono gravi danni in tutto il territorio del cividalese, alcune persone iniziarono a ripristinare la chiesa. Vennero rinforzate le fondamenta con un rialzo del pavimento di circa sessanta centimetri, sopraelevate le pareti, con una finestra laterale a mezzaluna, e rinforzata la monofora campanaria. Il terremoto del 1511 provocò un certo smottamento di terreno nella parte sud, che venne rinforzata con un muro di sostegno.

Altre notizie della Chiesa di San Floriano Martire, si possono rilevare nei verbali delle visite capitolari, effettuate dall’Arcidiacono dell’Insigne Capitolo di Cividale alla Chiesa di San Giorgio Martire e a quella di San Floriano, dipendenti dalla Vicaria dei Santi Pietro e Biagio.
Nella visita del 7 maggio 1601 si ordina per la chiesa di San Floriano “un pavimento da farsi nel termine di due mesi; passato questo termine e il pavimento non fatto la chiesa sia interdetta”. Il lavoro venne effettuato con pianelle di terracotta, acquistate alla vicina fornace, oggi Casali Duca.
Si potevano amministrare i sacramenti e celebrare una messa nella quarta domenica del mese. Quindi nella Visita Arcidiocanale del 25 aprile 1602, si ordinava che nel giorno di San Marco, al termine della rogazione1, venisse celebrata la messa nella chiesa di San Floriano2.

Dalla “Visitazione in planis”, effettuata a Sanguarzo il 13 maggio 1638, di giovedì, verso mezzogiorno: “l’Arcidiacono visitatore si porta alla filiale campestre di San Floriano, distante dalla medesima villa circa 1/4 di miglio, e visitandola la trovò consacrata e recitò le preghiere consuete. Benedì l’altare parimente consacrato e trovò le tovaglie nitide e i candelieri di auricalco, non compaiono le croci della consacrazione e non è dealbata, manca la tela violacea per la messa, pertanto ordinò: 1) rifare le croci alle pareti affinché appaia chiaro che la chiesa sia consacrata; 2) sia provvista di una lampada di auricalco con vetro per la decenza del luogo, allo stesso modo l’altare venga provvisto di tela violacea e si dispone che queste ordinazioni siano eseguite al più presto”1.

Il 16 maggio 1767, il visitatore arcipretale si portò a visitare la chiesa di San Floriano, situata nel luogo chiamato Guspergo, ugualmente filiale della chiesa dei Santi Pietro e Biagio di Cividale, dove trovò un unico altare ligneo, col portatile consueto, dedicato a San Floriano e esaminò le reliquie autentiche di San Floriano in teca argentea “recte servatam”2.
Nella visita del 1820 alla vicaria dei Santi Pietro e Biagio di Cividale il visitatore si portò alla chiesa campestrale di San Floriano, e vide un solo altare in legno. Dopo un attento esame dell’edificio sacro, dichiarò che la chiesa è inservibile al culto nello stato attuale e minacciò la sospensione qualora non fosse stata riparata come indicato3.

In una lettera al vicedecano e ai canonici del Capitolo di Cividale, il vicario della chiesa dei Santi Pietro e Biagio, rendeva noto che per la chiesa di San Floriano veniva prescritto di restaurare le mura e di chiudere il cimitero assicurando che tutti i lavori fossero effettuati con la maggior sollecitudine possibile ed esattezza4.

La relazione sullo stato della vicaria dei Santi Pietro e Biagio, presentata all’arcivescovo Zaccaria Bricito nel 1849, ricorda che Sanguarzo ha anche un’altra chiesetta, dedicata a San Floriano Martire, presso la quale trovasi il cimitero, eretto da qualche anno. La sua dedicazione cade nella prima domenica di luglio. Essa non ha proventi e per il suo occorrente provvede la chiesa di San Giorgio Martire. Le celebrazioni liturgiche, nella chiesuola in discorso, vengono officiate dal vicario dei Santi Pietro e Biagio sia nella giornata suddetta della dedicazione sia nel dì di San Marco evangelista, al termine delle rogazioni e nella festa del titolare San Floriano il 4 maggio. Il vicario non manca di essere presente durante l’anno per la celebrazione di sante messe per soddisfare la devozione della popolazione1.
In questo stesso anno, 1849, la chiesa fu di nuovo restaurata, come si legge sul lato sinistro della parete interna: “Sub L.V.C.F.R.”, che s’interpreta: “Su Lesa Vicario Curato fu restaurata”.

Nel secondo semestre del 1903 si iniziarono i lavori per la costruzione della sacrestia. L’anno successivo, 1904, dal 25 aprile al 4 maggio si celebrò solennemente il XVI centenario della morte di San Floriano, che subì il martirio nel 304 d.C.
All’approssimarsi della prima guerra mondiale, nel 1914, la chiesa fu requisita dall’esercito italiano e ridotta a magazzino. Di conseguenza si dovettero asportare gli arredi sacri, la statua di San Floriano e un crocifisso. Durante l’invasione dell’esercito autsriaco, 1917-1918, la campana argentea, fusa nel 1820, venne celata in una buca ai piedi della gradinata della chiesa. Alla fine della guerra, gli stessi soldati italiani pensarono di riparare i danni recati all’edificio sacro durante il conflitto e di tinteggiare le pareti interne.

Con una commovente cerimonia venne poi riconsegnata per il culto al vicario della popolazione.
Le feste e le varie ricorrenze scandivano i mesi e gli anni, fino ad arrivare al 6 ottobre 1965. Il parroco, come sua consuetudine settimanale, visitò la chiesa. Vide a terra pezzi di intonaco. Subito si rese conto che ci dovevano essere affreschi parietali.

Venne informata la Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici di Trieste. Non molto tempo dopo, giunsero delle persone responsabili per rilevare quanto era apparso alle pareti della chiesa e per un esame di stabilità dell’edificio. Furono determinati dei tempi per i lavori richiesti. L’edificio cultuale rimase gravemente danneggiato a causa dei sismi del 1976, e si rese necessario il suo totale recupero Si iniziarono anche i lavori per rimettere in luce le pareti coperte da scialbatura. Gli affreschi furono restaurati in due momenti: nel 1979 e nel 1996 e furono attribuiti ad artista popolare friulano operante nella prima metà del XIII secolo.

Sulla parete destra, entrando nella chiesa, gli affreschi in pannelli rappresentano il Cristo crocifisso tra la Vergine e San Giovanni Evangelista, con una santa incoronata a sinistra e un santo vescovo a destra; ai lati di questo quadro, c’è una galleria di santi e sante entro arcatelle sostenute da colonnette tortili. Sotto la galleria dei santi, a destra, compare una figura di orante, rovinata, le cui parti visibili sono il capo, il busto e le mani, due croci dell’avvenuta consacrazione della chiesa. Sulla parete sinistra rimangono visibili alcuni frammenti pittorici di San Michele e una grande figura di San Cristoforo.

Della primitiva decorazione della chiesa, restano alcune tracce di colore sull’arco trionfale.
A ricordo dei lavori per la costruzione della chiesa e la sua consacrazione sullo scorcio del XIII secolo, esiste un crocifisso ligneo di pregievole fattura, restaurato di recente e attualmente depositato ed esposto nel Museo Diocesano di Udine.
Oltre a quella ora menzionata, vi fu una seconda consacrazione a seguito del restauro avvenuto per il ripristino della chiesa danneggiata dal terremoto del 1511. Infatti si legge nel “Catapan di Sanguarzo”1, pag. 12: “Nella prima domenica di luglio, 1533, fu consacrata dal rev.mo Vescovo De Rubeis la chiesa San Floriano, e la celebrazione annuale della dedicazione sarà la prima domenica del medesimo mese”.

In questi tempi così incerti e in considerazione anche del fatto che la chiesa si trova in una zona non abitativa, la statua di San Floriano, opera di un ignoto scultore del ‘600, è stata depositata presso il museo Diocesano di Udine e sostituita con un’altra scolpita dal signor Comugnero Antonio, scultura lignea ben riuscita per l’espressione del volto sia per la finezza dei particolari.