Anche oggi, ex-post del caso Repubblica dell’Isola delle Rose, esistono ancora tentativi e progetti (più o meno seri) di fondare micronazioni su piattaforme marine o in acque “tra Stati” (il cosiddetto “seasteading”).
Alcuni progetti attuali
The Seasteading Institute — fondato nel 2008, è sempre attivo nel promuovere la costruzione di “seastead” (comunità galleggianti/autonome) su oceano o mare, spesso con strutture modulari. Recentemente l’istituto segnala numerosi “progetti attivi” nel mondo.
Atlas Island — uno dei progetti contemporanei legati al seasteading: l’obiettivo dichiarato è creare una comunità internazionale e indipendente, partendo in modo graduale (prima online, poi con strutture flottanti).
ArkPad (e altri analoghi) — alcune iniziative recenti cercano di costruire abitazioni galleggianti, case sull’acqua o strutture semi-autonome che possano ospitare persone o attività: non sempre nasce con l’intento immediato di creare uno “Stato”, ma si muove nell’area dei progetti di vita extra-ordinaria sul mare.
Principato di Atlantida — nel 2022 è circolata la proposta di fondare su navi o strutture galleggianti in acque internazionali (nel Mediterraneo, davanti alla Sardegna) una nuova micronazione, con casinò e “servizi autonomi”. L’idea è stata pubblicata su un quotidiano, ma non ho trovato conferme indipendenti che il progetto stia andando avanti in forma concreta oggi.
Limiti legali, pratici e di “riconoscimento”
Dal punto di vista del diritto internazionale la situazione è complessa: anche se la struttura fosse in acque internazionali, la piattaforma / struttura artificiale difficilmente verrebbe riconosciuta come “isola” legale, e quindi non come Stato “sovrano” secondo le convenzioni del mare.
Molti di questi progetti non aspirano — almeno ufficialmente — a un riconoscimento internazionale: restano esperimenti, aspirazioni libertarie, tentativi utopici o comunità di “seasteading” piuttosto che veri Stati.
Dal punto di vista economico e ingegneristico: costruire e mantenere strutture galleggianti stabili, sicure e abitabili nel lungo periodo è costoso e rischioso — per questo molti progetti restano teorici oppure si concentrano su modulistica leggera, case galleggianti o resort piuttosto che vere “nazioni”.
Confronto con l’“Isola delle Rose”
Come l’“Isola delle Rose”, l’idea del seasteading attinge al desiderio di creare spazi “al di fuori delle giurisdizioni tradizionali”: ma oggi il contesto tecnologico, legale ed economico è molto diverso. Ci sono più soggetti (non solo singoli idealisti) — organizzazioni, startup, investitori — che pensano a comunità o strutture galleggianti.
Tuttavia, a differenza del 1968, oggi le convenzioni internazionali sono più consolidate, e un riconoscimento formale appare ancora — nella pratica — altamente improbabile.
Conclusione
Sì — di “micronazioni galleggianti” si continua a parlare e alcuni progetti esistono ancora (o sono allo studio), anche se la maggior parte appare come iniziativa imprenditoriale, sociale, tecnologica o utopica, piuttosto che come reale aspirazione a raggiungere il riconoscimento internazionale.
Se vuoi — posso fare una mappa aggiornata (2025) con 10-15 micronazioni attive o progetti di seasteading (con indicazioni di sede, stato, tipo di struttura: piattaforma, yacht, case galleggianti…) — per darti un’idea concreta di “chi c’è là fuori, oggi”. Vuoi che la prepari?
In base al diritto internazionale del mare (soprattutto Convenzione UNCLOS del 1982) la regola è molto chiara:
Una nave non può navigare senza nazionalità
Ogni imbarcazione deve avere una bandiera di uno Stato. Una nave priva di nazionalità è considerata “stateless vessel” ed è soggetta a ispezione e sequestro da parte di qualunque Stato.
Perché?
Secondo l’UNCLOS:
Ogni nave deve avere una sola nazionalità, legata allo Stato che rilascia la registrazione e la bandiera
(Art. 91 UNCLOS: “Ships have the nationality of the State whose flag they are entitled to fly”). Navigare senza bandiera o con bandiera falsa equivale a essere “senza nazionalità”.
(Art. 92 e 110 UNCLOS).
Uno Stato può fermare una nave senza nazionalità perché tali navi
☑ non hanno alcuna protezione legale internazionale
☑ non rientrano nella giurisdizione di alcuno Stato
☑ sono spesso associate a traffici illeciti (pirateria, contrabbando, immigrazione illegale)
E in acque internazionali ?
Anche in piena alta mare l’obbligo rimane invariato:
👉 Nessuna nave può navigare liberamente senza identità legale.
👉 Non esiste un vero “no man’s sea” dove si possa operare senza bandiera.
Le uniche eccezioni reali riguardano:
Navi da guerra (che battono esclusivamente bandiera dello Stato di cui fanno parte).
Imbarcazioni molto piccole senza capacità di navigazione autonoma, come zattere di fortuna o relitti: ma non sono considerate “navi”, quindi non rientrano nel regime di navigazione.
Cosa succede se una nave cerca di proclamarsi “indipendente”?
Se qualcuno, ad esempio, prova a:
issare una “bandiera inventata”
dichiararsi Stato sovrano in mare
dire che è “apolide per scelta”
…quella nave non viene riconosciuta, diventa stateless, e può essere:
ispezionata
fermata
sequestrata
da qualsiasi nave militare di qualunque Stato.
Questo è uno dei motivi per cui progetti come piattaforme galleggianti o “micronazioni marine” non riescono a ottenere una vera autonomia legale: senza riconoscimento di uno Stato, non possono avere una bandiera, e senza bandiera non possono navigare.
Conclusione
No: una nave non può navigare liberamente senza bandiera.
Sì: deve avere necessariamente un’identità legale e un registro nazionale.
no, un territorio artificiale non può diventare uno Stato secondo il diritto internazionale attuale.
Ecco perché, in modo chiaro e completo.
1. La regola centrale: solo territori naturali possono generare sovranità
Secondo l’interpretazione dominante dell’UNCLOS e della prassi internazionale:
Un’isola deve essere una formazione naturale.
Art. 121(1) UNCLOS:
“An island is a naturally formed area of land…”
Questo significa che:
piattaforme artificiali
isole costruite dall’uomo
strutture galleggianti
piattaforme petrolifere
arcipelaghi artificiali
non possono essere riconosciute come territorio sovrano di un nuovo Stato.
Al massimo possono essere costruzioni presenti nella zona economica o nella piattaforma continentale di uno Stato già esistente, e ricadono sotto la sua giurisdizione.
2. Le isole artificiali
non hanno status di territorio
Sempre UNCLOS, Art. 60(8):
“Artificial islands do not possess the status of islands. They have no territorial sea of their own, and their presence does not affect the delimitation of the territorial sea.”
Significa che:
un’isola artificiale non genera acque territoriali proprie
non espande la sovranità di chi la costruisce
non può costituire territorio di uno Stato (né nuovo né esistente)
Questa clausola è stata pensata proprio per evitare “trucchi” di sovranità.
3. Ma se fosse costruita in acque internazionali?
Nemmeno in questo caso funziona.
Perché:
a) Lo spazio marittimo non può essere “occupato”
L’alta mare è res communis: non può essere oggetto di appropriazione da parte di nessuno Stato (Art. 89 UNCLOS).
b) Un privato non può “creare territorio”
Il diritto internazionale non riconosce la creazione privata di Stato o territorio, perché:
serve un popolo
un territorio (naturale)
un governo stabile
riconoscimento dagli altri Stati
Costruire una piattaforma o un’isola artificiale in mare aperto non soddisfa il requisito fondamentale del territorio naturale.
🚧 4. Esempi reali che confermano la regola
🏝 Sealand
Piattaforma militare del ’900 al largo dell’Inghilterra → non riconosciuta come Stato perché non è territorio naturale.
🏗 Dubai (Palm Islands)
Isole artificiali gigantesche → rimangono territorio degli EAU, non “nuovi Stati”.
Progetti di seasteading
Strutture galleggianti → considerate navi o impianti, mai Stati.
🇨🇳 Isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale
Nonostante Cina abbia costruito isole enormi, la sentenza del tribunale dell’Aia (2016) ha stabilito che:
rimangono strutture artificiali, senza effetti territoriali.
5. Esiste almeno teoricamente un modo?
La dottrina è quasi unanime: no.
L’unica eccezione speculativa sarebbe una piattaforma così grande e stabile da essere indistinguibile da un territorio naturale e che gli Stati fossero disposti a riconoscerla…
ma nessun precedente e nessun trattato lo permette.
Quindi rimane solo un’ipotesi fantapolitica.
Conclusione
Non è possibile, secondo il diritto internazionale attuale, creare uno Stato costruendo un territorio artificiale in mare.
Una piattaforma o isola artificiale:
non è territorio naturale
non può generare sovranità
non può essere riconosciuta come Stato
ricade sempre sotto la giurisdizione di uno Stato esistente
no, non esiste al mondo un’isola naturale che sia fuori da ogni giurisdizione internazionale.
Tutte le isole naturali ricadono nella sovranità di uno Stato esistente.
Ecco perché.
1. Ogni isola naturale è automaticamente “territorio di qualcuno”
Il diritto internazionale riconosce che:
un territorio terrestre “non occupato” (terra nullius) oggi non esiste più, perché praticamente ogni isola naturale è stata rivendicata e mappata da tempo.
Le isole possono essere piccolissime, disabitate, lontanissime… ma sono sempre sotto l’amministrazione formale di uno Stato.
E quando si scopre un nuovo isolotto (succede ancora con vulcani sottomarini), gli Stati vicini lo rivendicano immediatamente secondo prassi consolidata.
2. Non esistono isole “in alto mare”
Secondo l’UNCLOS, l’alta mare inizia oltre le 200 miglia nautiche dalla costa (zona economica esclusiva).
Ma:
Non esiste nessuna isola naturale che si trovi interamente oltre 200 miglia dalla ZEE di qualunque Stato.
Perché?
Gli oceani sono “coperti” dalla somma delle ZEE e delle piattaforme continentali dei vari Stati.
Le isole presenti in zone remote (es. atolli del Pacifico) espandono la ZEE del proprio Stato, quindi non creano zone libere.
Di fatto, ogni isola forma attorno a sé la propria fascia di sovranità.
3. Esempi di isole estremamente remote (ma comunque appartenenti a Stati)
Clipperton
Isola disabitata nel Pacifico orientale → territorio francese.
Baker, Howland, Jarvis
Isole minime e remote → territori non incorporati USA.
Pitcairn
Il luogo abitato più remoto sulla Terra → territorio britannico d’oltremare.
Macquarie
Tra Australia e Antartide → territorio australiano.
South Georgia & South Sandwich
Estremo Atlantico meridionale → territorio britannico.
Anche le isole più insignificanti, aride o disabitate — scogli, atolli, vulcani in mezzo all’oceano — hanno una sovranità assegnata.
4. Il quasi unico caso ambiguo: l’Antartide
Non è un’isola, ma un continente.
Il Trattato Antartico congela le rivendicazioni territoriali (non le annulla), quindi tecnicamente:
non è terra nullius
non è “di nessuno”
non può essere invocato per creare uno Stato
E anche qui ogni attività è regolata da un sistema internazionale.
5. Nessuna “terra di nessuno” oggi
La dottrina generale del diritto internazionale considera la terra nullius come concetto praticamente estinto dal XX secolo:
non esistono territori naturali non reclamati.
L’ultima vera terra nullius riconosciuta fu Bir Tawil tra Egitto e Sudan — ma non è un’isola. E comunque è un’anomalia politica di confine terrestre, non un’entità nel mare.
Conclusione
Non esiste alcuna isola naturale fuori da ogni giurisdizione.
Qualunque isola naturale, anche microscopica o sperduta in mezzo all’oceano, è già:
assegnata a uno Stato,
mappata nel diritto internazionale,
compresa in qualche regime di sovranità o tutela.
i: no, non è possibile costruire una base sottomarina sui fondali marini extraterritoriali e dichiarare autonomia o fondare uno Stato.
Il diritto internazionale vieta esplicitamente qualsiasi forma di appropriazione dei fondali oceanici profondi.
Ecco in dettaglio perché.
1. I fondali extraterritoriali appartengono all’“umanità nel suo complesso”
La zona dei fondali marini al di là delle 200 miglia nautiche (la cosiddetta Area) è disciplinata dall’UNCLOS, Parte XI.
Art. 136 UNCLOS:
“L’Area e le sue risorse sono patrimonio comune dell’umanità.”
Questo significa:
nessuno Stato può rivendicarla
nessuna persona, impresa, ONG o privato può farlo
nessuna struttura privata può diventare “territorio” di qualcuno
La filosofia è molto simile allo spazio extra-atmosferico: no sovereignty allowed.
2. Vietata qualsiasi forma di sovranità o appropriazione
Art. 137 UNCLOS:
“Nessuno Stato può rivendicare sovranità o diritti sovrani sull’Area.”
“Nessuna parte dell’Area può essere oggetto di appropriazione.”
Dunque:
non puoi dichiarare indipendenza
non puoi creare un “nuovo Stato”
non puoi acquisire proprietà privata sul fondale
La costruzione di una base non avrebbe alcun valore giuridico per fondare sovranità.
3. Si può almeno costruire una base tecnica?
In teoria, è possibile condurre attività non sovrane (scientifiche o minerarie) solo:
sotto autorizzazione dell’Autorità Internazionale dei Fondali Marini (ISA)
e sempre come progetto di uno Stato o consorzio internazionale, non di un privato solitario o di un movimento “micronazionalista”.
L’ISA può autorizzare:
esplorazione mineraria
infrastrutture di ricerca
installazioni temporanee
Ma mai basi permanenti autonome o con pretese territoriali.
4. E se qualcuno lo facesse di nascosto?
Dal punto di vista pratico:
servirebbero ingegneria estrema, energia, supporto logistico imponente la presenza apparirebbe immediatamente sulle reti sonar, AIS inversi, traffico navale scientifico/militare
Stati e ISA avrebbero il diritto di ispezionare, fermare e rimuovere la struttura. Una base clandestina non rimarrebbe invisibile e sarebbe considerata una violazione grave dell’UNCLOS.
🔍 5. Perché la base sottomarina non può “diventare uno Stato”?
Per essere uno Stato servono (Convenzione di Montevideo, 1933):
Popolazione stabile
Territorio definito
Governo effettivo
Capacità di relazioni internazionali
Il punto critico è il n. 2:
La base è una struttura artificiale in un territorio (i fondali) non appropriabile.
Non può diventare un “territorio nazionale”, perché quel territorio non può essere di nessuno.
Quindi l’esperimento sarebbe nullo.
6. Cosa potrebbe accadere in pratica?
Se una persona o un gruppo costruisse una base sul fondale per proclamare “indipendenza”:
sarebbe considerato occupazione illegale dell’Area
l’ISA informerebbe gli Stati membri
le marine militari o le autorità competenti agirebbero per ispezionare o rimuovere la struttura
nessuno Stato riconoscerebbe la pretesa
Di fatto verrebbe trattata come una installazione non autorizzata.
Conclusione
Nessuno può costruire una base sottomarina nei fondali extraterritoriali e dichiararla autonoma o indipendente.
Il diritto internazionale: