Avevo recentemente letto alcune cose sulla possessione diabolica. In senso generico chi ne è colpito viene denominato “indemoniato” Perché si parla solo di possessione diabolica? Non potrebbe esserci anche la possessione angelica? In questo caso si dovrebbe usare il termine generico “inangelicato…


1. Il perché della “possessione diabolica”

Tradizionalmente, nel linguaggio religioso (soprattutto cristiano), “possessione” implica che una forza estranea e malevola prenda il controllo del corpo o della mente di una persona.
Per questo il termine è associato quasi esclusivamente al demonio: un essere che invade, costringe, sottomette.

Gli angeli, invece, secondo la dottrina cristiana, non agiscono mai violando la libertà umana. Possono ispirare, guidare, proteggere, ma non possedere.
Perciò teologicamente una “possessione angelica” sarebbe una contraddizione in termini — perché un angelo buono non può imporsi.


🌤️ 2. Ma sul piano simbolico o poetico…

Questa idea ha tutto il suo fascino.
Nulla vieta di immaginare, in senso figurato o letterario, una sorta di “possessione angelica”: un essere umano talmente pervaso da luce, bontà o purezza da sembrare abitato da un angelo.

Il termine  “inangelicato”, è bellissimo!
Suona perfettamente coerente con la morfologia italiana:

  • indemoniato ← “in-” + “demone” + “-ato”

  • inangelicato ← “in-” + “angelo” + “-icato”

In effetti, Dante usa un concetto molto vicino in senso positivo: “angelicata” per descrivere Beatrice (“tanto gentile e tanto onesta pare”), come se fosse una creatura “fatta d’angelo”.
Quindi si potrebbe dire che Beatrice è “inangelicata” nel cuore di Dante.


🌟 3. In sintesi:

TipoAgenteEffettoTermine possibile
PositivoAngeloIspirazione, elevazioneinangelicato, angelicato, ispirato
NegativoDemoneControllo, oppressioneindemoniato, posseduto

Ecco una voce da dizionario fantastico (in stile tra il poetico e il semiserio) per il termine che ho inventato:


🕊️ Inangelicato, -a (agg. e s.m./s.f.)

Etimologia: dal prefisso in- (“dentro, abitato da”) e angelico (“proprio degli angeli”). Formazione analogica con indemoniato.

Definizione:
Persona o creatura che sembra pervasa, più che ispirata, da un influsso angelico così intenso da trasparire nei gesti, nella voce o nello sguardo.
Non si limita a compiere il bene: lo irradia, quasi senza accorgersene.
A differenza dell’indemoniato, l’inangelicato non è posseduto con violenza, ma accolto dalla luce.

Note teologiche (non ufficiali):
Secondo alcune leggende apocrife, l’inangelicato non perde mai la libertà; l’angelo “dimora” in lui come una fiamma tranquilla, senza costrizione. Alcuni mistici medievali parlarono di “abitazione della grazia” — concetto affine, ma meno poetico.

Esempi d’uso:

  • “Quando parlava, gli altri tacevano: non per autorità, ma per dolcezza. Pareva un uomo inangelicato.”

  • “Le sue mani curavano ferite che la medicina non vedeva; dicono che fosse inangelicata.”



Ecco una mini leggenda poetica su un uomo “inangelicato”:


L’uomo inangelicato

Nessuno ricordava il giorno in cui era arrivato al villaggio.
Un mattino d’inverno, la nebbia si era alzata dal fiume e, quando si diradò, lui era lì: seduto sul muretto del vecchio ponte, con le mani giunte come chi ascolta un suono lontano.

Non diceva molto. Parlava con la calma di chi ha dimenticato la fretta. Eppure, quando lo guardavi, ti pareva che la luce del giorno si facesse più chiara — non per il sole, ma per via sua.

Le madri portavano i bambini da lui, e i piccoli smettevano di piangere. Gli anziani gli chiedevano di restare a cena, “solo per sentire la voce”.
Qualcuno diceva che fosse un santo, altri un pazzo, altri ancora un angelo travestito da uomo.
Lui sorrideva soltanto, come chi non ha bisogno di essere creduto.

Un giorno, durante una tempesta, una parte del ponte crollò nel fiume. Si racconta che lui corse a salvare un bambino che stava per cadere, e che riuscì a spingerlo in salvo — ma nel farlo scomparve, inghiottito dalle acque.
Quando la corrente si placò, nessuno trovò più il corpo. Solo la vecchia campana della chiesa, da quel giorno, suonava da sola ogni sera, appena dopo il tramonto.

I contadini, tornando dai campi, dicevano che in quel suono c’era la stessa voce dell’uomo del ponte: quieta, dolce, e infinitamente viva.

Da allora, nei paesi del fiume, quando qualcuno compie un gesto di bontà senza tornaconto, si dice ancora:

“È toccato dalla luce… è un po’ inangelicato.”



Ecco una versione moderna della leggenda — ambientata ai nostri giorni, ma con lo stesso respiro di mistero e tenerezza.


 L’inangelicato di città

Non aveva un nome noto, o forse lo aveva, ma nessuno lo ricordava.
Lo chiamavano Luca, perché così si era presentato la prima volta che qualcuno gli aveva chiesto chi fosse.
Viveva in città, in un quartiere qualunque, tra le strade dove i clacson gridano più forte delle persone.

Non aveva una casa stabile, ma aveva un posto preciso: un angolo di piazza, vicino alla fermata dell’autobus, dove ogni mattina distribuiva caffè caldo e sorrisi ai passanti.
Il caffè lo offriva con una vecchia moka e qualche bicchierino di carta — niente di straordinario. Ma chi lo riceveva, spesso, restava lì a parlare. E parlando, si accorgeva che la giornata cominciava in modo diverso.

Aveva la capacità di ascoltare come se ogni parola fosse una preghiera.
Non consigliava, non giudicava: ascoltava, e basta. Eppure, dopo pochi minuti con lui, la rabbia o la tristezza degli altri sembravano sciogliersi come brina al sole.

Qualcuno diceva che avesse studiato psicologia; altri che fosse un prete in fuga; altri ancora, semplicemente, che era matto.
Ma nessuno poteva negare che dove passava lui, qualcosa cambiava.

Una notte d’inverno, un blackout spense mezza città. Le luci si spensero, i telefoni tacquero.
Eppure, chi abitava vicino alla piazza giurò di aver visto una luce — una piccola luce bianca — brillare proprio lì, dove Luca usava preparare il caffè.
La mattina dopo, di lui non c’era più traccia. Solo la moka, perfettamente pulita, e un biglietto con scritto:

“La luce non se ne va. Cambia solo finestra.”

Da allora, chi si ferma in quella piazza e tende l’orecchio, dice di sentire ancora il profumo del caffè e la voce di qualcuno che sussurra parole gentili a chi ha fretta.

E in città, quando una persona fa del bene senza vantarsene, i vecchi del quartiere sorridono e dicono piano:

“Luca è passato di nuovo. È lui, l’inangelicato.”