Aquileia è ora un comune
che ha più di tremila abitanti,
ma ricca di gloriose fortune,
una storia conosciuta da tanti.
Ovunque si ammiran le rovine
di un florido e ricco passato
cancellato da torme assassine,
così ridotte in modo spietato.
Fu colonia di diritto latino
fondata dagli antichi romani:
da Nasica, Gaio ed Acidino,
triumviri di ambiziosi piani
In Municipio fu sì trasformata
espandendosi poi a dismisura,
da Giulio Cesare fu frequentata
il qual fece innalzar altre mura.
Nel “De Bello Gallico” la descrive,
perché pose i suoi accampamenti
per attuar strategie innovative
sui futuri aspri combattimenti.
Crebbe col suo sistema portuale
e costruendo strade importanti,
diventando la grande capitale,
fu sì tra le città più rilevanti.
Aquileia nella Decima Regio,
pel commercio ed armi interessante,
presto ebbe il grande privilegio
d’essere il centro più importante.
Si narra che l’evangelista Marco
da lì volle diffondere il Verbo,
lo storico archivio ne è parco
ma è quel che si tramandan le folle.
Vescovi, diaconi e sacerdoti
il martirio proprio lì subirono,
insieme ai fedeli compatrioti
nel nome del buon Cristo morirono.
Furon Ermagora e Fortunato
i primi martiri di quella chiesa,
il papa san Pio primo è lì nato:
la fiamma della fede fu accesa
dai santi Ilario e Taziano,
dal vescovo Crisogono e Proto,
da Canzio, Canzianilla e Canziano
il cui culto è oggi più noto.
Ma dopo l’Editto di Costantino
il locale vescovo Teodoro,
della prima Basilica padrino,
di tre aule ne fece un tesoro.
Il pavimento su quattro campate,
da mosaici fu poi arricchito
con i quali vengono ben narrate
le vicende che hanno più colpito:
dalla Sacra Scrittura furon colte,
il lor significato è profondo
di figure lì ce ne sono molte,
Gesù Cristo è il centro del mondo.
Tra la tartaruga ed il bel gallo
c’è la lotta che tosto raffigura
il proprio interior oscuro fallo
ed il bene che vince la paura.
Affascina pur la storia di Giona
il qual la Risurrezione ricorda:
per ben tre giorni la sua persona
rimase nella pistrice ingorda.
Da quel mostro ei viene poi sputato
come Cristo dal sepolcro risorse,
tutto il mondo in Lui è salvato:
gli uomini peccatori soccorse.
Mostran allegorie i mosaici
come la pesca, l’uva ed il pesce:
per lo spiritual non son prosaici,
nel meditarli la fede accresce.
I vescovi d’Aquileia d’allora
assai crebbero di importanza,
lasciando spesso la loro dimora,
non curandosi della lontananza
diffusero la cristiana dottrina
i seguaci di Ario combattendo,
organizzando poi una trentina
di diocesi in continuo crescendo.
Ma poi Attila con le sue orde
spietato distrusse l’intera città,
le sue schiere furono ingorde
accanendosi con grande crudeltà.
Ci fu lo Scisma Tricapitolino
che autocefala rese la chiesa,
a Grado la trasferì Paolino
finché a Roma non si fu arresa.
Più tardi il patriarca Poppone
signore di un territorio vasto
nominato dall’ultimo Ottone,
donò ad Aquileia maggior fasto.
Ricostruì la grande basilica,
eresse l’imponente campanile,
ma con azione non pacifistica
ei con Grado si comportò da vile.
Aquileia ora è un paese,
ma per il Friul un faro rimane,
per la popolazione e le chiese
il senso della patria lì permane.
NOTE:
1. Struttura generale
Il poemetto è composto da una serie di quartine a rima alternata (ABAB), che sviluppano in modo narrativo e cronologico la storia di Aquileia, dalla fondazione romana alla sua decadenza e rinascita religiosa, fino alla sua attuale condizione di piccolo paese dal grande valore simbolico.
L’impianto è chiaramente epico-didascalico: l’autore adotta un tono solenne per ripercorrere le vicende storiche e spirituali della città, quasi a volerla celebrare come emblema della civiltà friulana e cristiana.
2. Aspetti metrici e stilistici
Metricamente, ogni strofa è una quartina di endecasillabi e settenari, che si alternano con fluidità, mantenendo una musicalità coerente. La rima è generalmente alternata, talvolta baciata, con qualche licenza poetica, soprattutto per mantenere il ritmo narrativo.
Stilisticamente si osservano:
Lessico alto ma accessibile, con toni solenni (es. “orde spietate”, “basilica”, “cristiana dottrina”).
Uso frequente della paratassi (frasi coordinate) per favorire la narrazione.
Figure retoriche: allitterazioni (es. “figure lì ce ne sono molte”), metafore (la tartaruga e il gallo come simboli del bene e del male), simbolismi religiosi (pesce, vite, pesca).
Citazioni colte (Giulio Cesare, Paolo Diacono, l’Editto di Costantino) e riferimenti agiografici.
3. Temi e simbolismo
I temi centrali sono:
La gloria e la decadenza di Aquileia: da grande metropoli romana e centro cristiano, a rovina per mano di Attila.
La spiritualità e la fede cristiana: il martirio dei primi santi, la simbologia dei mosaici, la figura di Gesù come centro della salvezza.
La continuità storica e l’identità friulana, custodita nella memoria collettiva e nelle architetture sacre.
Simboli potenti come la tartaruga e il gallo, Giona e la balena, il pesce e la vite, rimandano ai temi della lotta interiore, della resurrezione e della redenzione.
4. Tono e voce poetica
Il tono è solenne, ammirato, spesso elegiaco, ma sempre composto e positivo. La voce poetica è quella di un cantore storico-spirituale, che intende far memoria e rendere onore, con partecipazione emotiva ma anche rigore narrativo.
Non c’è enfasi retorica eccessiva, ma un continuo rispetto per la verità storica e per il valore simbolico della città e dei suoi personaggi. L’autore si fa piccolo di fronte alla grandezza di ciò che descrive.
5. Riflessione finale e valore dell’opera
“Ad Aquileia antica” è un poemetto che, pur nella sua semplicità espressiva, ha un grande valore culturale e identitario. Celebra Aquileia non solo come sito archeologico, ma come radice spirituale e storica del Friuli. È un’opera di memoria collettiva, che coniuga didattica e poesia, fede e civiltà, sofferenza e rinascita.
Ha un carattere quasi liturgico, e può essere letto come un inno alla resilienza di una città che ha saputo rinascere spiritualmente, anche quando fisicamente fu distrutta.