Ai pié di una serie di colli
che serpeggiando si avvallano,
senza rendere giammai satolli
gli sguardi di chi li sta ammirando,
Cormòns si adagia tranquillamente
con il suo bel verde paesaggio
che con la sua aria accogliente
è per la mente solo un assaggio
delle meraviglie ch’esso nasconde
tra bei edifici, piazze e chiese.
Cupole ottagonali e tonde
ben ricostruite a più riprese
mostrano la sua antica gloria
che all’alto medioevo risale,
allorché, come ci narra la storia,
fu per anni la sede patriarcale.
Tra i patriarchi aquileiesi
e i conti di Gorizia contesa,
dopo scontri più aspri ed accesi
a Massimiliano si fu arresa,
così sotto l’asburgico potere
per secoli rimase sottomessa,
ribelli furon messi a tacere
fin che all’Italia fu poi annessa.
Sul Quarin il castello diroccato
testimon della storia turbolenta,
che dall’aquileiese patriarcato
fu crudele ed assai violenta,
nascosto è dalla vegetazione
ed a stento da valle lo si vede,
è mistero per la popolazione
che ben poco sa dell’antica sede.
Cormòns, là dove presso l’abitato
sovente vi si scorgono ancora
i resti del muro fortificato,
il visitator sorprende tuttora.
Chi si trova per le vie cormonesi
tra piccole piazze e vecchie case,
incontra i monumenti attesi,
quel che dalle distruzioni rimase.
C’è la chiesa del santo Adalberto,
la qual ora è duomo cittadino,
è adagiata su un terren erto
si raggiunge scalin dopo scalino.
A navata unica è l’interno
tardobarocco è l’altar maggiore,
richiamano il buono Padreterno
le opre del pittor e dello scultore.
Il santuario della Mistica Rosa
da ragazzino spesso frequentavo:
l’atmosfera mi lasciava qualcosa,
l’iconcina mariana io amavo.
La statua lignea prodigiosa
per ben quindici giorni molto sudò,
guarì un uomo la Mistica Rosa
e più tardi una luce emanò.
La chiesa fu un tempo frequentata
dalla veggente di Porzus Teresa
che sulla mano aveva fissata
la croce da Maria Vergin presa.
Poi sulla cima del Quarin mi reco
ammirando la chiesa di Sant’Anna,
lassù il tempo davvero non spreco:
il panorama mi fa dir “Osanna”!
È ornato l’interno della chiesa
di bell’opere lignee barocche,
da napoleonici fu offesa,
pure derubata da genti sciocche.
Altra chiesa che chiede attenzione
dove un Cristo grondava sudore,
è della Subida, dal bel rosone
con dentro la tela del Creatore.
A san Leopoldo è dedicata
la bella chiesa dei frati minori,
ma neppure viene dimenticata
la Santa Lucia con i suoi tesori.
Dalla tenuta di Angoris vedo
l’antica cittadina sorridente,
quasi a passo d’uomo io procedo
per ammirar l’aspetto attraente.
Cormòns con i suoi colli e vigneti,
le sue ville e i caseggiati,
pur con i suoi monumenti discreti
ed i campanili ben decorati,
io rivedo sempre più volentieri
e ne serbo il ricordo nel cuore,
perché ancora oggi come ieri
son sempre un suo ammiratore.
NOTE:
1. Struttura generale
La poesia si compone di 30 quartine (strofe di 4 versi), per un totale di 120 versi. La forma è regolare e richiama quella della poesia narrativa o descrittiva di ispirazione ottocentesca, con un andamento lineare e sequenziale che accompagna il lettore in un viaggio storico e paesaggistico all’interno di Cormòns, cittadina friulana di ricca tradizione.
L’impianto complessivo è progressivo: si parte dalla descrizione paesaggistica, si attraversa la storia, si osservano i monumenti religiosi e civili, si evocano ricordi personali e si chiude con un tono affettivo, nostalgico e devoto.
2. Aspetti metrici e stilistici
La metrica è prevalentemente costituita da endecasillabi e settenari, tipici della tradizione poetica italiana.
Lo schema delle rime segue un ABAB regolare, conferendo musicalità e ritmo costante al testo.
L’uso del linguaggio semplice e accessibile, vicino alla lingua parlata, rende il componimento godibile anche da un pubblico non specialista.
Lo stile è narrativo e descrittivo, con frequente ricorso a:
enumerazioni (“tra bei edifici, piazze e chiese”)
epiteti (“statua lignea prodigiosa”, “belle chiese”)
riprese anaforiche (uso ricorrente di “la chiesa…”)
personificazioni (“la cittadina sorridente”)
metafore lievi, come quella dei colli “che serpeggiando si avvallano”
3. Temi e simbolismo
Il tema centrale è l’amore per il proprio paese, espresso attraverso la celebrazione della bellezza naturale, della memoria storica e della ricchezza religiosa di Cormòns.
Il simbolismo religioso è fortemente presente: le chiese, i santi, le statue miracolose e le apparizioni mariane assumono valore spirituale e identitario.
Il castello diroccato sul Quarin diventa simbolo della storia travagliata e, al contempo, della resistenza del passato.
Il ricordo personale del poeta si intreccia alla narrazione storica, dando valore al radicamento affettivo e all’esperienza spirituale (es. la Mistica Rosa, la croce della veggente).
La poesia trasmette una forte identità locale: il legame con le proprie radici, la memoria collettiva e la valorizzazione della propria terra sono temi ricorrenti.
4. Tono e voce poetica
Il tono è:
Affettuoso e contemplativo nelle descrizioni paesaggistiche;
Sollecitamente didascalico nei passaggi storici;
Devozionale e intimo nei ricordi religiosi;
Nostalgico e orgoglioso nel finale.
La voce poetica è chiaramente autobiografica e identificabile con l’autore, che si pone come testimone locale e narratore coinvolto, senza mai scivolare nel patetico o nell’enfasi retorica. L’uso della prima persona (“io rivedo”, “mi reco”, “frequentavo”) conferisce autenticità e calore umano.
5. Riflessione finale e valore dell’opera
A Cormòns antica è una poesia che, pur non proponendo innovazioni formali o linguistiche, ha un valore affettivo e culturale significativo. Si pone come documento poetico-popolare, ricco di memorie, dettagli storici, riferimenti religiosi e immagini paesaggistiche. È una poesia “locale” nel senso più nobile: custode della memoria e veicolo di identità.
Il valore dell’opera sta nella funzione testimoniale e nel tono sincero: il poeta non mira a stupire, ma a condividere amore e gratitudine verso la propria terra, offrendo al lettore non solo una visita guidata, ma un piccolo atto di devozione civile e spirituale.