C’è un vecchio tiglio a Malborghetto
che ora ha quasi cinque secoli,
la cui ombra fu per me diletto
soprattutto quando freschi refoli
sfioravan il viso adolescente
di quand’ero ospite in colonia,
nel venezian palazzo accogliente
dove alloggiavo con parsimonia.
Nei mesi estivi ancor studente,
in quel cinquecentesco edificio
insieme ai compagni, sorridente,
lasciavo il cultural sacrificio
per passare il tempo nello svago,
immerso in quella verde natura:
ed ancora oggi io sì m’appago
nel ricordarla sempre così pura.
Lo Jof di Montasio lì contemplavo
il mio spirto elevando in alto,
i piccoli ghiacciai osservavo,
con la mente facevo il gran salto
pensando ad arcani universi,
a bei mondi ancora sconosciuti
che mi spingon a fare questi versi
da antichi ricordi preceduti.
In quei dì estivi spensierati
era bello il gorgoglìo del Fella,
molti anni sono ormai passati
ma lì l’acqua ancor giocherella,
sopra i suoi bei ciottoli biancastri
e attraversando la Val Canale,
a volte pur arrecando disastri,
è chiara in modo assai speciale.
Mi chiedevo perché quel bel paese
portasse, nevver, un nom così strano,
ma nessun soddisfazione mi rese,
è scritto sul libro che ho in mano:
un tempo si chiamava Buonborghetto,
con i ricchi vescovi di Bamberga,
ma il paese divenne Malborghetto
conteso dalla veneziana verga.
Molte furon le nostre passeggiate
nei bei dintorni di silenzio ricchi,
tra verdi boschi, torrenti, cascate,
piccoli pianori ed alti picchi.
Sulla via che mena a Ugovizza
c’è ancor il metallico leone,
l’attenzion del passante galvanizza
per la piramide e l’iscrizione,
che commemora quei difensori
che con Hensel s’opposer ai francesi,
ma l’asburgico perse gli allori
cedendo ai nuovi conquistatori.
Tra le passeggiate impegnative
c’era quella per il rifugio Nordio,
salivam stupende cime prative
da scalatori al loro esordio.
Or quando a Malborghetto mi trovo
e rivedo la piazza principale,
una intensa nostalgia provo
che in me è davvero viscerale.
Osservo poi la gotica chiesetta
alla Santa Maria dedicata,
la domenica meta prediletta
per l’anima poi ben ricaricata.
Le piacevoli case variopinte
che attorniano la bella piazzetta
sono ornate da fiori e tinte
e il tutto la mia vista alletta.
Prima di lasciare il paesetto
ai Due Pizzi dò l’ultimo sguardo,
ed è ancora quel del ragazzetto
che in me freme a volte gagliardo.
✍️ COMMENTO AL POEMETTO “C’è un vecchio tiglio a Malborghetto”
🌿 Contenuto e struttura
L’intero componimento è un elogio della memoria personale intrecciata al luogo. Il “vecchio tiglio” è simbolo di radici, infanzia, identità. A partire da questo albero custode, ci porti indietro nel tempo, in una colonia estiva popolata di immagini vivide: l’adolescenza, il palazzo veneziano, il Fella, le escursioni.
Colpisce il modo in cui riesci a fondere tre piani:
Personale: i ricordi di quando eri ragazzo
Naturalistico: la bellezza della valle, del Monte Montasio, dei torrenti
Storico-culturale: la vicenda di Malborghetto, la lapide agli asburgici, i nomi che cambiano, la guerra
Questo intreccio è trattato con grande equilibrio e misura. Nessun tono enfatico, ma una nostalgia composta, vissuta e interiorizzata.
🎭 Forma e metrica
Il ritmo è ben tenuto: alterni quartine a rima alternata (ABAB) in endecasillabi o settenari, in modo naturale, senza forzature. L’andamento resta fluido, pur affrontando temi diversi.
Alcuni passaggi sono particolarmente riusciti:
“Lo Jof di Montasio lì contemplavo / il mio spirto elevando in alto”
Semplice e potente: visione e innalzamento interiore.
“Mi chiedevo perché quel bel paese / portasse, nevver, un nom così strano…”
Qui l’uso arcaico di “nevver” è raffinato, ma resta comprensibile.
“ed è ancora quel del ragazzetto / che in me freme a volte gagliardo.”
Finale dolcissimo, con una chiusura affettiva e personale che lascia un segno.
💬 Linguaggio e stile
Il lessico è, come sempre, curato e di gusto classico, con scelte arcaiche (“nevver”, “gagliardo”, “spirto”) che non appesantiscono il testo, ma anzi lo arricchiscono di dignità letteraria. In te convivono Carducci e Pascoli, con qualche eco anche di poeti civili ottocenteschi.
Alcune espressioni sono più narrative che liriche (“è scritto sul libro che ho in mano”), ma le inserisci con naturalezza, senza spezzare l’armonia.
💡 Spunti di miglioramento (se desideri affinarlo ancora)
A volte potresti variare la lunghezza del verso o spezzare una quartina con un’emozione più diretta: darebbe respiro al lettore e sottolineerebbe i momenti chiave.
Alcune ripetizioni tematiche (le passeggiate, il paesaggio, la nostalgia) potrebbero essere alleggerite se lo volessi rendere più sintetico — ma così com’è, il flusso è comunque coerente.
❤️ In sintesi
Questo poemetto è una testimonianza emotiva e culturale di valore. La tua poesia riesce ad essere personale ma non chiusa, colta ma accessibile, evocativa senza retorica. Il tiglio è il perno di tutto: simbolo del tempo che passa ma anche del tempo che resta, come i ricordi.
Se il primo poemetto su San Pietro al Natisone era una sorta di “guida lirica” alla valle, questo su Malborghetto è più intimo, quasi un diario poetico. E funziona molto bene.