Origini e identità

Nome ebraico: Levi, figlio di Alfeo.
Nome greco/romano: Matteo (in greco Maththaios, “dono di Dio”).
Era ebreo, nato probabilmente a Cafarnao, sulle rive del lago di Tiberiade (Galilea).

Prima della chiamata

Matteo era un pubblicano, cioè un esattore delle tasse per conto dei Romani.
Questa professione era malvista dagli ebrei, poiché i pubblicani erano considerati peccatori e collaboratori degli occupanti.
Nel Vangelo di Matteo 9,9 si racconta che Gesù, passando, lo vide seduto al banco delle imposte e gli disse: “Seguimi”. Matteo si alzò e lo seguì immediatamente, abbandonando tutto.

Discepolo e apostolo

Dopo la chiamata, Matteo organizzò un banchetto in onore di Gesù con altri pubblicani e peccatori (Lc 5,29–32), simbolo della misericordia e dell’inclusione nel messaggio cristiano.
Divenne uno dei Dodici Apostoli.
È citato negli elenchi apostolici nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli.

L’evangelista

Tradizionalmente è considerato autore del Vangelo secondo Matteo, scritto in greco (o, secondo alcune ipotesi, originariamente in aramaico) tra il 70 e il 90 d.C.
Il suo Vangelo è rivolto in particolare ai cristiani di origine ebraica, per mostrare che Gesù è il Messia promesso dalle Scritture.

Missione e martirio

Dopo la Pentecoste, secondo la tradizione, Matteo avrebbe predicato:
prima in Giudea,
poi in Etiopia o Persia (le fonti differiscono),
alcuni testi apocrifi parlano anche della Partia (attuale Iran).

Morì martire per la fede, ma le modalità e il luogo esatto del martirio non sono certi.

Culto e iconografia

Festa liturgica: 21 settembre (Chiesa cattolica).
Simbolo evangelico: l’uomo alato o angelo, poiché il suo Vangelo inizia con la genealogia umana di Gesù.
Patrono: dei banchieri, contabili, doganieri e ragionieri.
Reliquie principali: venerate nella cattedrale di San Matteo a Salerno, dove secondo la tradizione furono portate nel IX secolo.

Si presuppone che da apostolo potrebbe aver preso alcuni appunti sulla vita e gli insegnamenti di Gesú… essendo esattore sapeva scrivere…

Questa osservazione è molto acuta e condivisa anche da molti studiosi e teologi 👏

Il punto chiave: Matteo, in quanto pubblicano, apparteneva a quella piccola parte della popolazione che sapeva leggere, scrivere e fare calcoli complessi — una rarità nella Palestina del I secolo. Questo lo rendeva perfettamente in grado di prendere appunti o di redigere documenti.

Ecco come si sviluppa questa idea nel contesto storico e biblico:

1. La formazione di Matteo come pubblicano

Come esattore delle tasse, Matteo doveva:
gestire registri, contratti e contabilità;
calcolare imposte e tassi di cambio (spesso in più valute: ebraica, greca e romana);
saper scrivere in aramaico e almeno avere familiarità con il greco (lingua amministrativa).

Questo lo colloca tra gli uomini più istruiti del gruppo apostolico.

2. Possibili “appunti apostolici”

È del tutto plausibile che Matteo abbia preso note sulla vita e sugli insegnamenti di Gesù durante il ministero pubblico, anche solo per memoria personale o per la catechesi.
Alcuni Padri della Chiesa, come Papìa di Gerapoli (inizi II secolo), affermano che: “Matteo raccolse i detti (in greco: logia) del Signore in lingua ebraica, e ognuno li interpretò come poteva.” (citato da Eusebio, “Storia Ecclesiastica”, III, 39) 👉 Ciò suggerisce che una prima raccolta scritta dei detti di Gesù — forse un proto-Vangelo — potrebbe risalire davvero a Matteo.

3. Il Vangelo di Matteo e la sua redazione

Anche se il testo che oggi abbiamo fu redatto in greco (forse da un suo discepolo o da una comunità legata a lui), la base potrebbe essere proprio quegli appunti originari in aramaico.
Il suo Vangelo mostra una struttura ordinata, con discorsi raccolti per temi (es. il Discorso della montagna, le parabole, ecc.) — segno di una mente metodica e abituata all’ordine logico e numerico, proprio come un ex esattore.

4. In sintesi

Matteo aveva le competenze e le motivazioni per scrivere.
È quindi del tutto plausibile che i suoi scritti o appunti personali abbiano costituito una fonte primaria per il suo Vangelo o per le prime catechesi apostoliche.

Ecco dunque un scenario storico plausibile, ricostruito sulla base delle fonti antiche, delle consuetudini del tempo e delle capacità di Matteo come pubblicano e poi apostolo.

Come Matteo potrebbe aver raccolto e organizzato gli insegnamenti di Gesù

1. Prima della chiamata: un uomo d’ufficio abituato ai registri

Matteo, seduto al banco delle imposte a Cafarnao, era un uomo pratico, preciso e metodico.
Conosceva le tecniche di annotazione e calcolo — sapeva come compilare elenchi, note e conti in modo chiaro e ordinato.
Probabilmente disponeva di tavolette cerate o pergamene, e sapeva maneggiare penne e calami.
Quando Gesù lo chiama (“Seguimi”), Matteo abbandona il suo mestiere, ma non le sue competenze: la sua capacità di osservare, sintetizzare e scrivere diventa ora un dono al servizio del Vangelo.

2. Durante il ministero di Gesù: appunti e memorie

Mentre Gesù predicava in Galilea, Matteo — come altri discepoli — ascoltava e memorizzava i suoi insegnamenti.
Ma a differenza di pescatori o contadini, Matteo sapeva scrivere: poteva quindi prendere brevi appunti (in aramaico o ebraico), specialmente dei detti e delle parabole più significative.
Alcuni studiosi pensano che abbia raccolto una lista dei “detti” di Gesù (logia), che in seguito sarebbe diventata la base del suo Vangelo.
Potrebbero essere note simili a: “Beati i poveri in spirito…”, “Il seminatore uscì a seminare…”, “Non giudicate, per non essere giudicati…”.

3. Dopo la Pasqua e la Pentecoste: raccolta e insegnamento

Dopo la Risurrezione e la discesa dello Spirito Santo, gli apostoli iniziarono a predicare e insegnare sistematicamente.
Matteo potrebbe aver riordinato i suoi appunti per usarli come strumento catechetico, soprattutto per gli ebrei convertiti.
Si spiegherebbe così il carattere molto didattico e strutturato del suo Vangelo:
5 grandi discorsi di Gesù, simili ai 5 libri della Torah;
frequenti citazioni dell’Antico Testamento per dimostrare che Gesù è il Messia atteso.

4. La redazione finale del Vangelo

Probabilmente negli anni 70–80 d.C., una comunità di discepoli legata a Matteo (forse in Siria o Antiochia) avrebbe compilato e tradotto in greco i suoi appunti e la tradizione orale, dando forma al Vangelo secondo Matteo come lo conosciamo oggi.
Lo stile ordinato, la precisione dei discorsi e l’interesse per la Legge mosaica riflettono bene la mente razionale e metodica di un ex esattore divenuto evangelista.

Sintesi finale

Matteo, il pubblicano che contava monete e numeri, divenne l’evangelista che contò le parole di Gesù e le mise in ordine, perché non andassero perdute.

È possibile che un testo o raccolta attribuita a Matteo sia stata una delle fonti principali dei Vangeli successivi, ma non nella forma attuale del “Vangelo secondo Matteo” che leggiamo oggi.

Vediamo perché, passo per passo

1. Il problema sinottico

I Vangeli di Matteo, Marco e Luca sono detti sinottici (“che si possono guardare insieme”) perché condividono:

gran parte del materiale narrativo (circa il 90% di Marco è in Matteo),
spesso le stesse parole e la stessa struttura.

Questo ha portato gli studiosi a chiedersi:

“Chi ha copiato da chi?”

2. La teoria più accettata oggi: la “priorità di Marco”

La maggioranza dei biblisti moderni sostiene che:

Marco sia stato scritto per primo (intorno al 65–70 d.C.),
Matteo e Luca abbiano usato Marco come base,
entrambi abbiano avuto anche una seconda fonte comune, oggi perduta, chiamata fonte “Q” (Quelle, cioè “fonte” in tedesco), che conteneva i detti di Gesù.

In questa prospettiva:

Matteo non sarebbe la fonte di Marco, ma piuttosto l’inverso.

Tuttavia, Marco e Luca potrebbero aver attinto a una raccolta di logia (detti di Gesù) che la tradizione collega proprio a Matteo.

3. La tradizione antica: Papia e la “fonte ebraica di Matteo”

Il vescovo Papìa di Gerapoli (inizio II secolo) scrive:

“Matteo raccolse i detti del Signore in lingua ebraica, e ciascuno li interpretò come poteva.”
(Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 39)

Questa affermazione ha generato l’ipotesi che:

esistesse un “proto-Matteo”, una raccolta in aramaico o ebraico dei detti di Gesù,
tale testo potrebbe essere stato la base sia per Marco che per Luca, oppure almeno per quella misteriosa fonte Q.

In altre parole:

non il “Vangelo secondo Matteo” che conosciamo, ma una versione più antica, forse scritta da Matteo stesso, potrebbe aver ispirato gli altri evangelisti.

4. La possibilità concreta

Quindi, in sintesi:
È plausibile che Matteo abbia realmente scritto una prima raccolta di parole e fatti di Gesù,

che questa raccolta sia stata utilizzata o rielaborata da altri (forse Marco o i redattori di Luca),

ma il Vangelo canonico di Matteo — nella sua forma attuale — è successivo a Marco, e ne utilizza ampiamente il testo.

5. Visione di sintesi (storico-teologica)

Matteo, l’apostolo, potrebbe aver fornito la memoria viva e scritta degli insegnamenti di Gesù.

Questa tradizione scritta — o raccolta di logia — ha circolato tra le prime comunità cristiane e ha ispirato i redattori di Marco, Luca e, in parte, del Matteo canonico stesso.

Mi sembrerebbe piú logico attribuire a Matteo la base primaria anche dal punto di vista cronologico, considerato che egli era un apostolo, diretto seguace di Gesú e suo testimone..

Questa osservazione è esattamente quella che ha dominato per secoli nella tradizione cristiana, prima che nascesse la critica biblica moderna.
Vediamo insieme come si può ragionare su questo, sia dal punto di vista storico-teologico che dal punto di vista logico

1. La tradizione antica: Matteo come primo evangelista

Fin dai Padri della Chiesa più antichi, la convinzione era chiara:

🗣️ “Matteo scrisse per primo il Vangelo del Signore in lingua ebraica, per i credenti provenienti dal giudaismo.”
— Sant’Ireneo di Lione, Adversus Haereses, III, 1,1 (fine II secolo)

Anche Origene, Eusebio, Girolamo e molti altri ripetono questa tradizione.

Dunque per tutta la Chiesa antica — orientale e occidentale — Matteo era il primo Vangelo, scritto da un apostolo testimone diretto.
Marco e Luca, invece, erano considerati discepoli di apostoli (Marco di Pietro, Luca di Paolo).
Da qui l’idea “naturale” che il Vangelo di Matteo costituisse la base originaria per gli altri.

2. Argomento logico: il criterio del testimone diretto

Questo ragionamento è storicamente molto coerente:

Matteo era presente ai fatti, ascoltò e vide Gesù di persona.
Aveva le competenze per scrivere (a differenza di molti altri apostoli).
È quindi ragionevole pensare che sia stato tra i primi a fissare per iscritto parole e gesti di Gesù.
Marco e Luca, non essendo apostoli diretti, potrebbero aver attinto da chi lo era.

Questa linea di pensiero era dominante fino all’Ottocento ed è ancora sostenuta da numerosi studiosi cattolici e ortodossi, i quali ritengono che:

Il Vangelo secondo Matteo, nella sua forma originaria (in aramaico o ebraico), sia la fonte primaria da cui derivano Marco e Luca.

3. Perché la critica moderna ha rovesciato l’ordine

A partire dal XIX secolo, gli studiosi hanno iniziato a notare che:

Marco è più breve e più “vivo”, con linguaggio aramaizzante e dettagli vividi;
Matteo e Luca spesso “raffinano” o ampliano Marco;
quando Matteo e Luca si discostano da Marco, lo fanno in modo indipendente ma parallelo, il che fa pensare a un’altra fonte comune (la fonte Q).

Da qui la teoria della “priorità di Marco”, oggi prevalente in ambiente accademico.

Ma è bene ricordare che si tratta di una teoria, non di un dogma: molti studiosi la accettano per ragioni filologiche, ma altri mantengono aperta la possibilità che Matteo sia davvero anteriore.

4. Una visione conciliatrice

Molti teologi contemporanei (anche cattolici) propongono una sintesi:

 Matteo apostolo potrebbe aver scritto una prima raccolta aramaica di detti e fatti di Gesù — il famoso “proto-Matteo” —
Marco e Luca avrebbero conosciuto questa tradizione e l’avrebbero rielaborata in greco;
il Vangelo di Matteo che abbiamo oggi sarebbe una versione successiva e più ampia, costruita su quella base originaria.

In sostanza:

La tua idea che Matteo, testimone diretto e istruito, abbia fornito la base primaria per gli altri Vangeli è logica, coerente con la tradizione antica e resta una ipotesi storicamente rispettabile.
Le teorie moderne non la escludono del tutto: la reinterpretano in modo più complesso, distinguendo tra testo originario e redazione finale.