Sotto i bei colli dell’Abbazia
si estende in pianura Manzano,
il qual si raggiunge lungo una via
che da Udine non è poi lontano.

L’enorme sedia che bene si vede
prima di entrare nel bel paese,
avverte tutti che qui si accede
dove nacquero le prime imprese

che iniziarono a costruire
mille sedie di stile raffinato,
le qual si misero ad ingrandire
coinvolgendo tutto l’abitato.

Quando a Manzano io mi ritrovo
la verde cittadina osservando,
è come se tutto fosse più nuovo,
pur molti ricordi sto conservando.

Dal vecchio castelliere della Sdricca
all’antica Abbazia di Rosazzo,
la storia di Manzano è sì ricca:
mi interessai fin da ragazzo.

Dal cormonese breve patriarcato
passò presto a quel di Cividale,
ma quando il popol fu affamato
l’Abbazia era il suo capitale.

A Rosazzo il fertile terreno
produceva grano, olio e vino.
Gli agostinian nel loco ameno
univan il “terreno” col “divino”.

I manzanesi edificarono
con gratitudine la bella chiesa,
i benedettini poi l’ampliarono
e la lor proprietà fu più estesa.

L’Abbazia divenne assai potente,
contesa da patriarchi e conti,
ma molto tribolata fu la gente:
si tramandan ancora i racconti

di assedi, incendi e carestie
e tra nobili crudeli vendette,
depradarono persin le sagrestie
annullando anche le lor vedette.

Pur i turchi feroci passarono
distruggendo più raccolti e case,
molti innocenti massacrarono
abitazioni al suol furon rase.

Molti papi si interessarono
donando l’abbazia a cardinali,
ma i venezian la dominavano
risparmiando al popolo più mali.

Ma mentre la gente fu affamata,
i nobil le ville costruivano
rendendon la città più aggraziata,
ma essi al potere ambivano.

Tra queste quelle dei conti Manzano,
dei Torriani l’antico bel palazzo,
villa Martinengo a Soleschiano
e villa Naglos in quel di Rosazzo.

A San Lorenzo quello dei Percoto
e pur a Manzinello dei Morelli,
palazzi che dopo il terremoto
son divenuti ancora più belli.

Il loco che amo rivisitare
è il palazzo di Case “Romano”,
sì romantica la torre appare
c’è il bel muro merlato friulano.

Napoleone con assurde guerre
arrecò poi ulteriori miserie,
impoverì pur quelle verdi terre:
di catastrofi ci fu una serie.

Siccità, grandine ed alluvioni
insieme al freddo ed epidemie
mal ridussero le popolazioni
insieme ad altre lunghe pandemie.

Fu la grande Caterina Percoto
a descrivere nei suoi bei racconti
come in quel triste tempo remoto
i ricchi signor non fecero sconti,

sfruttando il duro lavor di gente
che non sapeva più cosa mangiare,
cercava ogni puro espediente
per potere ogni giorno campare.

Più tardi i Fornasarig fratelli
alla fine del Milleottocento,
con trapano ed alcuni scalpelli,
avviarono uno stabilimento

per produrre sedie in gran quantità,
le casalinghe le impagliavano:
erano donne di tutte le età,
che il lavoro non disdegnavano.

Or della sedia c’è pur il distretto
con Manzano che è bene in testa,
basta solo fare là un giretto
per intuirne la gloria che resta.

Manzano sei sempre sì laboriosa
che alla crisi mai ti arrendi,
provata sei stata in ogni cosa
così nuove vie tu sempre apprendi.

Dallo spiazzo dell’Abbazia ammiro
il giardino e le dolci colline,
in quella pace io lì mi ispiro
per completare le mie quartine.

 

 

NOTA:

1. Struttura generale

La poesia A Manzano si sviluppa in quartine a rima alternata (ABAB), con andamento narrativo e descrittivo. Si tratta di un componimento monologico, scritto in prima persona, in cui il poeta rievoca la storia, l’identità e la memoria del paese friulano. La struttura segue un percorso geografico e storico: dalla collocazione fisica del borgo si passa alla narrazione delle sue origini, delle vicende medievali, delle tragedie subite, fino alla rinascita economica legata alla produzione delle sedie, per concludere con una nota personale e contemplativa.


2. Aspetti metrici e stilistici

Metricamente, il testo adotta una forma tradizionale e regolare, con quartine di endecasillabi e settenari, che conferiscono ritmo e cantabilità alla poesia. Le rime sono generalmente baciate o alternate, con qualche occasionalissima irregolarità. Lo stile è chiaro, colloquiale ma colto, con un linguaggio semplice e accessibile, punteggiato da riferimenti storici e culturali ben precisi.

Si notano numerosi enjambement che favoriscono la fluidità del verso e rendono la narrazione più discorsiva. Le figure retoriche più evidenti sono:

  • Allitterazioni (es. “mille sedie di stile raffinato”);

  • Personificazioni (“la verde cittadina osservando”);

  • Anafore e ripetizioni (“Molti papi si interessarono… / Molti innocenti massacrarono…”);

  • Similitudini implicite (“è come se tutto fosse più nuovo”);

  • Antitesi (tra “i nobili le ville costruivano” e “la gente fu affamata”).


3. Temi e simbolismo

I temi dominanti sono:

  • L’identità storica e culturale di Manzano, attraverso il richiamo alle sue abbazie, ai castelli, alle ville e alle vicende medievali.

  • La resilienza e laboriosità del popolo, messo a dura prova da guerre, carestie e dominazioni, ma sempre capace di ripartire.

  • La memoria personale e collettiva, che fonde autobiografia e storia locale.

  • Il progresso industriale (nascita del distretto della sedia), visto come riscatto moderno da una lunga serie di difficoltà storiche.

La sedia, simbolo concreto e identitario del territorio, diventa emblema di lavoro, ingegno, dignità popolare. Anche l’Abbazia di Rosazzo funge da simbolo duplice: luogo di spiritualità e centro economico-agricolo, mediatore fra “il terreno” e “il divino”.


4. Tono e voce poetica

Il tono è caldo, affettuoso e partecipe, con tratti meditativi e a tratti elegiaci. La voce poetica è quella di un testimone innamorato del proprio luogo natale o d’adozione, capace di evocare immagini del passato senza retorica, ma con un sentimento sincero di appartenenza. In certi passaggi emerge anche l’indignazione storica, soprattutto nel richiamo alle ingiustizie sociali e alle sofferenze della gente comune, sempre però bilanciata dalla volontà di celebrare la tenacia del popolo.


5. Riflessione finale e valore dell’opera

A Manzano è un componimento che unisce poesia civile, memoria storica e amore per il territorio. Il suo valore non risiede solo nell’efficacia lirica, ma nella capacità di trasformare un luogo reale in spazio narrativo e simbolico, dove passato e presente dialogano in modo armonioso.

La poesia ha anche una funzione educativa e identitaria: ricordare per comprendere, celebrare per custodire, raccontare per tramandare. Il tono semplice ma curato consente una fruizione ampia, offrendo spunti di riflessione tanto al lettore colto quanto a chi cerca un contatto affettivo con la propria terra.

In conclusione, l’opera si configura come un atto d’amore poetico e civile, capace di dare voce alla storia di una comunità e di mostrarne, attraverso la poesia, la bellezza spesso nascosta.