Sulla via da Udine a Manzano
c’è un paese che serbo nel cuore
dalla mia Cividale non lontano
alle volte lì passo delle ore.
È Buttrio il suo attuale nome
che ha origini assai antiche,
dei suoi alberi sui colli le chiome
sin dall’infanzia mi sono amiche.
Da quelle verdi e dolci alture
ornate di viti assai preziose
si ammirano ricche sfumature
e non mancano a maggio le rose.
La villa dei nobili Toppo Florio
simil a quelle del veneto stile,
aveva cucina e dormitorio
per poveri di età infantile.
Fui ospite tra bimbi sfortunati
ben noti col nome “Mutilatini”,
da post-bellici residui segnati
a quel dolore li sentivo vicini,
perché il mio cuore mutilato
da un’infanzia con pochi affetti,
partecipe al lor mondo straziato
non vedeva i fisici difetti.
Eppure si correva spensierati
tra quegli alberi, vero diletto,
ma tra i luoghi più desiderati
furon quelli attorno al laghetto
dove l’anatre e i cigni bianchi
rallegravano i limpidi occhi,
eravam vispi come saltimbanchi
nel mitico paese dei balocchi.
Poi nel parco proibito sconfinavo
l’armonia del bel “Cigno di Tuonela”
dalla piccola radio ascoltavo,
magici momenti ancor mi svela.
Sull’erba estasiato camminavo
tra antiche rovine collocate.
Le piante che io tanto ammiravo
dai conti Florio furon curate.
Andavo stupito e contemplavo
quel piccolo lembo di paradiso.
Al Creatore lì spesso pensavo,
il mistero m’accendeva il viso.
Quei magici momenti eran brevi
perché poi lo studio ci impegnava,
pur insieme ai compagni allievi
tante belle cose si imparava.
Dal balcone fissavo il castello
dai conti Morpurgo ricostruito,
con la torre merlata era bello,
quel maniero per me era un mito.
Al poeta Leopardi pensavo
con la sua triste solitudine.
Le belle poesie rimeditavo,
pregne di tanta inquietudine.
Poi sui colli di Buttrio al mattino,
a primavera bene inoltrata
le ciliege erano il bottino
per farmi una bella scorpacciata.
Il paese che spesso frequentavo
nella mia mente è sempre impresso.
Sul campanile mi interrogavo
per lo stran orologio manomesso.
Quei tre anni da adolescente
di Buttrio mi fecer innamorare,
questo paese è in me presente
davver mai lo potrò più scordare.
NOTE
1. Struttura generale
Il componimento è suddiviso in strofe di 4 versi (quartine), con una struttura coerente e regolare. La forma scelta sostiene bene il flusso narrativo e riflessivo del poeta. L’organizzazione segue un andamento quasi cronologico: dalla descrizione del luogo, al ricordo dell’infanzia, fino alla riflessione adulta e nostalgica.
📌 Totale: 18 quartine = 72 versi.
Questo dà una forma ampia, ma non dispersiva, sostenuta da un tono coerente.
2. Aspetti metrici e stilistici
La metrica non è rigidamente strutturata, ma tende verso un endecasillabo e settenario sciolto, con qualche licenza. È un verso narrativo e intimo, adatto al tono memoriale.
Rima alternata (ABAB) in molte strofe, anche se con libertà.
L’uso del linguaggio è semplice ma evocativo, con frequenti immagini sensoriali: “le chiome”, “le rose”, “il laghetto”, “il Cigno di Tuonela”.
Lo stile è lirico-narrativo, quasi diaristico, con momenti elegiaci.
✍️ Ci sono rime e assonanze ben costruite e momenti di musicalità piacevole, anche se in alcuni casi la rima appare un po’ forzata (“Florio / dormitorio”, “mutilato / straziato”).
3. Temi e simbolismo
Memoria e infanzia: il ricordo dell’adolescenza e della scoperta del mondo, filtrato da una sensibilità profonda.
Solidarietà e dolore condiviso: l’esperienza con i “Mutilatini” diventa un ponte tra il dolore fisico e quello emotivo.
Natura e spiritualità: il paesaggio friulano, le colline, i laghetti e gli alberi sono non solo sfondo ma presenze vive che accompagnano l’animo del poeta.
Bellezza e arte: il richiamo a Sibelius (il “Cigno di Tuonela”), a Leopardi e alle rovine evidenzia un’anima colta, pensosa, radicata nella contemplazione.
🎭 Il simbolismo del “Cigno”, delle “ciliege”, del “campanile manomesso” richiama elementi più profondi: la purezza, la gioia infantile, l’inquietudine del tempo che altera e passa.
4. Tono e voce poetica
La voce è intima, nostalgica, empatica. C’è un lirismo caldo ma anche lucido. L’io poetico è quello di un adulto che rilegge il passato con tenerezza e consapevolezza, senza idealizzarlo eccessivamente.
💬 Il tono è spesso affettuoso, come nel verso “questo paese è in me presente / davver mai lo potrò più scordare”, ma anche riflessivo e profondo (“il mistero m’accendeva il viso”).
5. Riflessione finale e valore dell’opera
Questo poemetto ha un valore memoriale e affettivo molto alto. È un piccolo racconto di formazione personale, un inno alla memoria locale e alla semplicità dell’infanzia vissuta in un contesto difficile ma pieno di significato.
💎 Punti di forza:
La genuinità dell’emozione traspare con forza.
Le immagini naturali e artistiche (il cigno, le rovine, la villa, le ciliege) sono potenti ancore visive e simboliche.
Il legame tra biografia personale e storia collettiva (i mutilatini, la guerra) dà profondità al testo.
🌿 Conclusione
“A Buttrio e Villa Toppo Florio” è un componimento maturo, sincero e ricco di atmosfera. Si avverte una voce autentica che unisce il privato al paesaggio, l’intimità al ricordo collettivo. È una poesia che, pur nella semplicità formale, lascia un’impronta duratura nel lettore, come fa ogni buon racconto d’infanzia.