Ecco ciò che scrisse il monaco p.Abino Candido: 

21 Novembre 1979 

Occorre pregare. Come viene. Può venire anche male la preghiera nelle parole, nelle formulazioni, nei concetti, negli oggetti che si crea la mente cuore in preghiera. Si mette in viaggio il cuore quando si prega, lo si solleva per aria; la mente deve volare, alzarsi sempre più anche se non ha la sensazione dell’altezza, di salire; anche, come il più delle volte succede, quando le pare di sfiorare la terra e le cose più materiali, anche quando si prova il dispiacere di sfiorare inutilmente le nubi così da assaporare amaramente il contatto con l’illusione. (p.160) 

22 Novembre 1979 

Occorre pregare, pur se non rimane nessun sapore, nessun calore di preghiera e si rientra con la convinzione di essere inutili e di fare continuamente cose inutili. Se scendi più sotto riscopri che quello che cerchi, pur non trovandolo, lo senti nascosto nella profondità della tua anima. Non c’è, ma è nascosto. Ciò che non c’è, esiste e si rende prezioso in quanto è nascosto e lo senti. (p.160)

Quello che scrive p. Abino Candido è un piccolo tesoro di sapienza monastica, che tocca il cuore dell’esperienza di preghiera. La sua forza sta nel dire con semplicità qualcosa che tanti sperimentano: la preghiera non è sempre limpida, dolce, luminosa. Spesso è faticosa, arida, imprecisa. Eppure resta vera, anzi forse più autentica.

Ecco una considerazione a partire dai due passaggi che mi hai riportato:

1. “Occorre pregare. Come viene.”

  • Qui Candido ci libera da un equivoco: non serve una formula perfetta, non serve “sentirsi” elevati. La preghiera autentica non nasce dal controllo, ma dalla disponibilità del cuore.

  • Pregare è come mettersi in viaggio: anche se il passo è incerto, anche se sembra di rimanere vicino alla terra o di toccare solo illusioni, il semplice “muoversi” ha valore.

  • Non è l’emozione che dà verità alla preghiera, ma l’atto stesso di alzare il cuore.

2. “Occorre pregare, pur se non rimane nessun sapore.”

  • Candido descrive la cosiddetta aridità spirituale: momenti in cui pregare non lascia calore, consolazione, senso di “essere ascoltati”.

  • Eppure invita a non fermarsi: proprio nell’aridità si custodisce un paradosso. Ciò che sembra mancare, in realtà “è nascosto”. La sete stessa è la prova che l’acqua esiste.

  • In termini mistici: Dio si fa assente per farsi desiderare, e il desiderio stesso diventa preghiera.

3. Il paradosso del “non c’è, ma è nascosto”

  • Questo è un nucleo fortissimo. Non vedere, non sentire, non gustare… eppure percepire che qualcosa c’è, anche nel nascondimento.

  • La preghiera diventa allora un atto di fiducia: continuo a tendere, anche quando non tocco.

  • È un’esperienza di fede pura, che non cerca conferme sensibili.

p. Abino Candido ci ricorda che la preghiera non è una prestazione ma un cammino, e che la sua autenticità si manifesta proprio nei momenti di fatica. È quando sembra inutile che essa diventa più preziosa, perché tocca la profondità dove Dio si nasconde.

Ecco una meditazione breve in forma di preghiera, ispirata alle parole di p. Abino Candido:

Signore, insegnami a pregare anche quando non sento nulla

Signore,
vengo a Te come posso,
con parole che a volte inciampano,
con pensieri che non volano in alto,
con un cuore che si distrae.
Eppure mi metto in cammino,
perché so che pregare è già partire.

Ci sono giorni in cui il cielo sembra chiuso,
la mente si trascina sulla terra
e il cuore non sente alcun calore.
Ma Tu sei nascosto,
proprio là dove mi sembra che Tu non ci sia.

Fa’ che io creda che l’assenza è solo un velo,
che dietro il silenzio c’è la Tua presenza.
Aiutami a non cercare consolazioni,
ma a rimanere davanti a Te,
nudo e povero,
sicuro che anche il vuoto è preghiera.

Perché ciò che non vedo esiste,
ciò che non sento arde,
ciò che mi pare inutile
è il seme più prezioso che Tu nascondi in me.

Amen.