IL COMPORTAMENTO DI SAN PIETRO DURANTE LA VITA TERRENA DI GESÚ
Se i Vangeli fossero stati inventati a tavolino da un gruppo di fanatici, come sostiene qualcuno, questi ”impostori” avrebbero “inventato” come successore del loro Maestro, un capo di alto rango sociale prestigioso e coraggioso, fedele e carismatico.
Riflettiamo, invece, sul comportamento di Pietro durante la vita terrena di Gesú: era un semplice pescatore, piú volte ha esternato i suoi dubbi e le sue fragilità, aveva frainteso anche lui come gli altri le reali intenzioni del Maestro. Anche se lo ha riconosciuto come Messia e Figlio di Dio, poi lo ha tradito tre volte ed era pieno di paura.
Solo questi fatti costituiscono seri motivi dì credibilità: i Vangeli sono stati realmente ispirati da Dio…
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(Gesù a suor Maria della Trinità. Colloquio interiore n.352)
Vivo nelle anime come ho vissuto sulla terra.
Se vuoi sapere che cosa favorisce la mia vita in te, guarda come ho vissuto, sulla scorta dei racconti evangelici.
Silenzio e semplicità. Povertà penitente, mortificazione.
Unione con Dio; gioia; pienezza.
Passo nelle anime facendo sempre il bene; uso gli stessi mezzi, gli stessi modi di fare e giammai mi sono disdetto.
“Lasciate crescere la zizzania col buon grano…”
“Superate il male col bene”
“Amate i vostri nemici e quelli che vi vogliono male”
“Non spegnete il lucignolo che fumiga ancora..”
Che la vostra luce risplenda dinanzi agli uomini”
E le mie Beatitudini come le ho vissute, le rivivo in ciascuna anima, e così pure il mio comandamento…
Parlavo in parabole e pregavo il Padre mio.
Nelle anime parlo ancora…”
(Gesù a suor Maria della Trinità. Colloquio interiore n.352)
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Teniamo presente le parole di Gesù Cristo, il quale ha detto: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Chi crede in Lui deve anche credere nella Sacra Scrittura, perché, come Egli stesso ribadì, non è venuto ad abolirla, ma a completarla.
Gesù ha inoltre incaricato i discepoli a diffondere il Vangelo e di darne testimonianza, senza dubitare della sua continua presenza (Gesù aveva detto all’apostolo dubbioso Tommaso: “Non essere incredulo, ma credente”).
“Chi crede in me sarà salvo” -aveva detto.
Pertanto i cristiani non devono diffondere il “Verbo” seminando dubbi (anche se umanamente possono esserci).
La nostra testimonianza sull’esistenza della vita eterna si basa sulla lettura profonda dei Vangeli, su tutta la Sacra Scrittura, sul Catechismo, sul Magistero e sull’esperienza di molti mistici, ed anche su quello che la Regina della Pace afferma nei suoi messaggi.
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Chi ritiene inutile la religione e che non serve adorare Dio e chiedergli perdono, provi a confrontarsi con i Vangeli…ma li legga in profondità.
Se uno è consapevole che Dio va adorato come ribadiscono i comandamenti (Adorerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente), e sa che Gesù ci ha insegnato il “Padre nostro” nel quale ci esorta a dire anche “…sia santificato il tuo nome”, allora è responsabile davanti a Lui, perché se non vuole credere in Lui ne fa di Lui un bugiardo.
“Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. (Marco 16:15-20)
“SARÀ CONDANNATO” è abbastanza chiaro.
Non si può barare con Dio. AdorarLo e pregarLo che ci perdoni e che ci aiuti nel nostro cammino evolutivo è una cosa fondamentale, non inutile….
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Fb 4 ottobre 2020
Domenica XXVII – Mt 21,33-43
La resa dei conti
Vigna d’uva selvatica in Isaia, vendemmia di sangue in Matteo: è la domenica delle delusioni di Dio.
La parabola intona il canto dell’amore deluso, con la speranza però di una passione che non si arrende, che prende nuovi sviluppi, che non è mai a corto di meraviglie, che dopo ogni rifiuto fa ripartire l’assedio al cuore con nuovi profeti, nuovi servitori, addirittura con il proprio Figlio.
Isaia e Matteo raccontano la cura minuziosa di chi ha piantato la vigna, l’ha cinta come un abbraccio, vi ha scavato un tino, eretto una torre, e poi l’ha affidata alle cure d’altri: e inizia una storia perenne di amore e tradimento.
L’uomo dei campi, il nostro Dio contadino, guarda la sua vigna con gli occhi dell’amante che la circonda di cure: che cosa potevo fare di più per te che io non abbia fatto?
Canto d’amore di un Dio appassionato e triste, che continua a fare per me ciò che nessuno farà mai.
Da un lato la nobiltà d’animo del padrone, dall’altro la brutalità sciocca e violenta dei vignaioli. Eppure il tradimento dell’uomo non ferma il piano di Dio: la vigna darà frutto e lui non sprecherà la sua eternità in vendette.
Nelle vigne è stagione di vendemmia. Campo e passione di Dio è la mia vita, il cui scopo è di essere feconda, il cui rischio è l’inutilità. Ma in noi la raccolta avviene ogni giorno, il grande Vendemmiatore passa ed è nelle persone che cercano pane, conforto, vangelo, giustizia, amore. Viene in coloro che talvolta ci domandano un po’ di coraggio per continuare a vivere. Che cosa gli daremo? Un vino di festa o uva acerba?
E se il Regno sarà dato ad un altro, allora inizierà da capo la conta della speranza, più forte della delusione. Così è il nostro Dio: in Lui il lamento non prevale mai sulla promessa. E il mosto di domani conta più del rifiuto di ieri. Il bene possibile e sperato vale più della sconfitta patita. Patto d’amore mirabile e terribile.
La parabola dell’amore deluso non si conclude con un fallimento né con una vendetta, perché tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far emergere di più l’amore.
È l’ultima meraviglia, vittoria e sigillo di un illogico sentimento.
La storia perenne di amore e tradimenti tra noi e Dio si concluderà con una nuova offerta: darà la vigna ad altri, la donerà a chi sa fare i frutti buoni che Isaia enumera: aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue. Il frutto che il Padrone attende è il volto dei suoi figli non più umiliato.
Il sogno di Dio non è il tributo finalmente pagato, non la pena scontata o i conti in pareggio, ma una vigna rigogliosa dai grappoli gonfi di futuro, profezia di un vino di festa. Lui sogna una storia che non sia guerra di possessi e battaglia di potere, ma sia vendemmia di giustizia e pace, acini di Dio fra noi.
Avvenire XXVII A 2020
Gesù amava le vigne: le ha raccontate, per sei volte, come parabole del regno; vi ha letto un simbolo forte e dolce (io sono la vite e voi i tralci, Gv 15,5); al Padre ha dato nome e figura di vignaiolo (io sono la vite vera e il Padre è l’agricoltore, Gv 15,1).
Ma oggi il vangelo racconta di una vendemmia di sangue. Una parabola dura, che vorremmo non aver ascoltato, cupa, con personaggi cattivi, feroci quasi, e questo perché la realtà attorno a Gesù si è fatta cattiva: sta parlando a chi prepara la sua morte.
L’orizzonte di amarezza e violenza verso cui cammina la parabola è già evidente nelle parole dei vignaioli, insensate e brutali: Costui è l’erede, venite, uccidiamolo e avremo noi l’eredità!
Ma quale manuale di diritto civile hanno mai letto? È chiaro che non è il diritto ad ispirarli, ma quella forza primordiale e brutale, originaria e stupida, che in noi sussurra: devi sopraffare l’altro, occupa il suo posto, e allora avrai il suo campo, la sua casa, la sua donna, i suoi soldi.
Quanto è diverso Dio, che ricomincia, dopo ogni tradimento, a mandare ancora servitori, altri profeti, infine suo Figlio; che non è mai a corto di sorprese e di speranza: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna, che io non abbia fatto? Io, noi siamo vigna e delusione di Dio, e lui, contadino appassionato, continua a fare per me ciò che nessuno farà mai. Fino alla svolta del racconto: alla fine, che cosa farà il signore della vigna? La soluzione proposta dai capi del popolo è tragica: uccidere ancora, far fuori i vignaioli disonesti, sistemare le cose mettendo in campo un di più di violenza. Vendetta, morte, il fuoco dal cielo. Ma non succederà così. Questo non è il volto, ma la maschera di Dio.
Infatti Gesù introduce la novità propria del Vangelo: la storia di amore e tradimenti tra uomo e Dio non si concluderà con un fallimento, ma con una vigna viva e una ripartenza fiduciosa: Perciò io vi dico: il regno di Dio sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.
Trovo in queste parole un grande conforto: sento che i miei dubbi, i miei peccati, le mie sterilità non bloccano la storia di Dio; quel suo sogno di buon vino comunque avanza, niente lo arresta. La vigna darà il suo frutto, perché c’è ancora chi saprà difenderla e farla fruttificare. Ci sono, stanno sorgendo, nascono dovunque, e lui sa vederli, vignaioli bravi che custodiscono la vigna anziché depredarla, che servono l’umanità anziché servirsene. I custodi della fecondità. Nella vigna di Dio è il bene che revoca il male. La vendemmia di domani sarà più importante del tradimento di ieri. I grappoli gonfi di succo e di sole riscatteranno anche la sterilità di questi nostri inverni in ansia di luce.
p. Ermes Ronchi
ANCHE GLI SCIENZIATI CHE STUDIANO IL TEMPO DOVREBBERO TENER PRESENTE L’ISTANTE DIVINO
Noi siamo abituati a pensare che il futuro è un tempo che deve ancora avvenire, per cui non può essere mai individuato in pienezza. In qualche modo noi riusciamo a prevedere molti fatti ed eventi in base all’esperienza del passato, ma ci sono molti più “imprevisti” che sfuggono alla nostra capacità di discernimento.
Sappiamo, comunque, che molte profezie della Sacra Scrittura si sono avverate, così quelle dei mistici od anche di alcuni particolari sensitivi. Sarà capitato anche a noi di prevedere alcuni eventi con una certa precisione, sia attraverso i sogni od anche attraverso particolari premonizioni. Come mai?
Nell’ambito dei luoghi comuni noi consideriamo il tempo come segmenti che si succedono, quasi “spazializzandoli” ed è per questo che non riusciamo a vedere il futuro nella sua interezza.
I teologi sono quasi tutti d’accordo nel ritenere che Dio è Signore del tempo, per cui in Lui tutto avviene nell’istante eterno. Egli sa perfettamente quello che è accaduto ed accadrà all’Universo, alla terra ed ad ogni essere creato.
È un presupposto importante per poter approfondire il nostro concetto di tempo e, quindi anche il relativo “avvenire”.
Se Dio vede tutto nell’istante, allora il suo sguardo abbraccia ogni cosa. Egli è l’Alfa e l’Omega.
Premesso che ogni uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di divina, alcuni mistici, essendo persone particolarmente orientate ed aperte a Dio, vengono maggiormente “divinizzate”. La loro speciale vicinanza a Dio li rende particolarmente sensibili al riverbero divino, per cui anche la loro anima e, di conseguenza, anche la loro mente si configura gradualmente alla natura divina.
Alcuni di essi, dotati di particolari carismi, hanno la facoltà di predire il futuro perché vivono già su questa terra una certa simbiosi con Dio.
Il loro sguardo interiore può anticipare ciò che di importante accadrà, perché, in fondo ciò che avverrà è in qualche modo presente, ed è come se fosse già avvenuto.
In sostanza, in Dio, si superano le barriere del tempo e dello spazio e chi vive in Lui anticipa la vita divina nell’istante.
Gesù è l’uomo-Dio in cui umanità e divinità sono in perfetta simbiosi. È Lui il vero capostipite della nuova umanità, il punto di riferimento di ogni uomo che progredisce umanamente e spiritualmente. Egli ci fa comprendere anche il destino di ciascuno di noi. I vangeli ne descrivono la sua intensa carica profetica.
Ad esempio, Gesù afferma “Io sono” e prevede la sua morte e risurrezione. Ciò significa che Egli è davvero Signore del tempo e dello spazio e che la vita eterna si trova in Lui. È nell’istante. Gesù vive la vita terrena nell’istante perché è tutto orientato verso il Padre. Tutti noi in Lui viviamo nel “già e non ancora”.
In Lui risorgiamo e viviamo per ora nel tempo ma non siamo del tempo, ma nella vita eterna. Anche l’Eucaristia ci ricorda questa realtà, perché essa ci fa assimilare in Lui, morto e risorto.
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Domenica VI A Mt. 5, 17-37
p. Ermes Ronchi
Un vangelo lunghissimo, impossibile commentarlo tutto.
Vediamo solo i versetti principali.
La chiave per capire tutto è nel primo versetto, importantissimo:
non sono venuto ad abbattere, a demolire, a distruggere,
ma sono venuto a realizzare in pienezza, a dare pieno compimento.
A che cosa? Al codice di Mosè? No, ma alle promesse di Dio. Al sogno che Dio ha sognato sul mondo.
Contesto: Gesù ha appena annunciato le beatitudini. La delusione degli ascoltatori è totale. L’attesa era che Israele doveva conquistare tutte le terre intorno e accumulare le ricchezze dei popoli e Gesù dice: Beati i poveri, tutto il contrario.
Gesù porta avanti la storia dell’uomo su due linee di fondo: la prima è quella del cuore, la seconda è quella della persona! Il compimento pieno avviene nel cuore dell’uomo. Dove si vive il profondo delle cose. Non nelle regoline.
Non possiamo passare la vita semplicemente a fare le cose secondo le regole. Se tu, genitore, ami tuo figlio o lo cresci rispettando regole, protocolli, doveri, obblighi, il bambino crescerà, ma solo, si sentirà poco amato, poco felice… se tu padre non gli dai tenerezza e creatività e sorrisi e giocare con lui a perdifiato.
Se un uomo ama una donna secondo tutte le regole e gli obblighi, ma che felicità le può dare? Cosa godono della vita? L’amore è sempre fuorilegge, perché va oltre le regole.
La nostra vita è di più della norma. E non c’è codice che tenga. Questo è il territorio di Gesù.
E poi Dio stesso è sulla linea del cuore: Se stai facendo la tua offerta all’altare e ti accorgi che tuo fratello ha qualcosa contro di te…prima viene l’amore e dopo il culto! è la linea della persona, che viene prima anche del culto a Dio, prima di tutto.
La vita adulta è passare dalla legge esterna al cuore. Dove ogni atto inferiore all’amore necrotizza la relazione. Amerai con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto, con tutto, con tutto.
Fu detto: non ucciderai; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, chi nutre rancore è potenzialmente un omicida. Gesù va diritto al movente delle azioni, al laboratorio dove si assemblano i gesti. L’apostolo Giovanni affermerà una cosa enorme: “Chi non ama suo fratello è omicida”(1 Gv 3,15). Chi non ama, uccide. Il disamore non è solo il mio lento morire, è l’incubatore di omicidi.
Ma io vi dico: Chiunque si adira con il fratello, o gli dice pazzo, o stupido, è sulla linea di Caino… Gesù mostra i primi tre passi della morte: la rabbia, l’insulto, il disprezzo, tre forme di omicidio.
L’uccisione esteriore viene dalla eliminazione interiore dell’altro.
“Chi gli dice pazzo sarà destinato al fuoco della Geenna.” Geenna non è l’inferno, ma quel vallone alla periferia di Gerusalemme, dove si bruciavano le immondizie della città, da cui saliva perennemente un fumo acre e cattivo. Gesù dice: se tu disprezzi e insulti il fratello tu fai spazzatura della tua vita, la butti nell’immondizia; è ben più di un castigo, è la tua umanità che marcisce e va in fumo.
Bellissime le antitesi di Gesù: fu detto ma io vi dico.
A chi fu detto? Agli antichi, non dice con rispetto ai padri venerabili, ai patriarchi, ma agli antichi, è roba del passato; il credente è nuovo e le cose di prima sono passate. Ma io vi dico. Gesù entra nel progetto di Dio non per rifare un codice, ma per rifare il coraggio del cuore, il sogno di Dio. Agendo su tre leve decisive: la violenza, il desiderio, la sincerità nella relazione.
E quando dice: chi non osserverà questi precetti…chi trasgredirà una sola virgola, non fa improvvisamente un passo indietro; non si riferisce alle antiche regole di Mosè, ma a quello che ha appena detto lui, alle beatitudini. Chi non vive le beatitudini sarà un uomo piccolo, un uomo minuscolo nel regno. Qui si parla del Regno, e nel Regno non si entra con le vecchie norme mosaiche, ma con le nuove parole di vita di Gesù, con le beatitudini, con il suo “ma io vi dico!”..
Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio. Ma io vi dico: se guardi una donna per desiderarla sei già adultero. Non dice semplicemente: se un uomo desidera una donna, o viceversa, e come si fa?
Ma: se guardi per desiderare, cioè per conquistare e violare, per sedurre e possedere, se la riduci a un oggetto da prendere o collezionare, tu commetti un reato, un delitto contro la nobiltà di quella persona.
Non si tratta del desiderio di un uomo verso una donna, che fa parte dell’ordinamento della natura, ma il desiderio predatorio di impossessarsi di lei come di una cosa, un oggetto per te.
E così per il giuramento che si deve alla mancanza di fiducia. Dal divieto del giuramento, Gesù va fino in fondo, arriva al divieto della menzogna. Di’ sempre la verità, sarai credibile e non servirà più giurare.
Allora ha portato più scrupoli, più ansia, più problemi?
No, il passaggio è dalla legge al cuore.
Dall’obbligo alla tenerezza.
Dalla ritualità alla figliolanza.
C’è da guarire il cuore,
per poi guarire la vita.
MESSAGGIO DELLA REGINA DELLA PACE DEL 2 NOVEMBRE 2019
“Cari figli, il mio diletto Figlio ha sempre pregato e glorificato il Padre Celeste. Gli ha sempre detto tutto ed ha confidato nella sua volontà.
Così dovreste fare anche voi, figli miei, poiché il Padre Celeste ascolta sempre i suoi figli. Un unico cuore in un solo cuore: amore, luce e vita. Il Padre Celeste si è donato mediante un volto umano, e tale volto è il volto di mio Figlio.
Voi, apostoli del mio amore, voi dovreste sempre portare il volto di mio Figlio nei vostri cuori e nei vostri pensieri. Voi dovreste sempre pensare al suo amore e al suo sacrificio. Dovreste pregare in modo da sentire sempre la sua presenza.
Poiché, apostoli del mio amore, questo è il modo di aiutare tutti coloro che non conoscono mio Figlio, che non hanno conosciuto il suo amore.
Figli miei, leggete il libro dei Vangeli: è sempre qualcosa di nuovo, è ciò che vi lega a mio Figlio, che è nato per portare parole di vita a tutti i miei figli e per sacrificarsi per tutti. Apostoli del mio amore, portati dall’amore verso mio Figlio, portate amore e pace a tutti i vostri fratelli.
Non giudicate nessuno, amate ognuno mediante l’amore verso mio Figlio. In tal modo vi occuperete anche della vostra anima, ed essa è la cosa più preziosa che veramente vi appartiene. Vi ringrazio!”
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Chi ama il silenzio interiore ed esteriore impara ad amare la vita, la quale non ha bisogno di molte parole, ma di fatti.
Ci siamo mai chiesti perché Gesú non ha lasciato testi autografi? Era Lui stesso la via, la verità e la vita… Il suo silenzio grafico era già una forte comunicazione universale: non é Lui a scrivere, ma si doveva scrivere su di Lui.
L’oggetto delle sue parole riportate dai Vangeli consiste nell’Essenziale, il resto é l’inutile inghiottito dal saggio silenzio.
Tutti noi dovremmo comportarci come Cristo…per essere uomini e donne autentici.
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XX domenica c Luca 12,49-59
Inizio
Che ognuno continui (o cominci) a guardarsi attorno con occhi vivi e a profondi e a stupirsi, con infinita gratitudine, di quanto esiste.
E a fare memoria, con tenerezza, di volti e terre: epifanie sui nostri sentieri dell’invisibile, che non smette di sedurci sommessamente.
Omelia
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra.
Vangelo estremamente impegnativo, e bellissimo.
Quale fuoco? Guardiamoci attorno, guardiamo i nostri giorni: io non mi capacito di questa escalation di violenza verbale e aggressività; non mi rassegno a questa rabbiosità di tutti contro tutti, al montare della volgarità contro avversari o semplici disgraziati. Fuoco questo? È forse questo ciò che Gesù ha portato?
No, il fuoco è un battesimo, la morte delle cose morte e la loro rinascita nella luce; è il nascere di nuovo, quando la vita di prima si consuma; è la vita nuova, quella secondo Dio, quella che scalda e illumina.
Ci sentiamo scaldati e illuminati da come va il mondo oggi? Io, no.
E Gesù: ecco vi metto in guerra con questa logica, con questo sistema. Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione. La pace non è neutralità né mediocrità né equilibrio tra bene e male.
Togliamoci dalla testa di poter entrare nella vita nuova senza entrare in rotta di collisione con tutto ciò che è contrario a questa vita. Come Geremia, come Gesù e i profeti di sempre. “Credere è porsi in conflitto” (Turoldo).
La scelta di chi salva vite, di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire, di chi non vuole vendicarsi, di chi apre le braccia, diventa precisamente divisione, guerra, urto inevitabile con chi pensa a vendicarsi, salire, dominare, con chi pensa che è vita solo quella di colui che vince. Leonardo Sciascia si augurava: “Io mi aspetto che i cristiani qualche volta accarezzino il mondo in contropelo”. Ritti, controcorrente, senza accodarsi ai potenti di turno o al pensiero dominante. Che riscoprano e vivano la “beatitudine degli oppositori”, di chi si oppone a tutto ciò che fa male alla storia e ai figli di Dio.
Fuoco e divisione ha portato. Testi scritti sotto il fuoco della prima violentissima persecuzione contro i cristiani, quando i discepoli di Gesù si trovano di colpo scomunicati dall’istituzione giudaica. Un colpo terribile per le prime comunità di Palestina, dove erano tutti ebrei, dove le famiglie si spaccavano su questo (rompere non con la famiglia, ma con gli infantilismi nostri…)
Ma sono testi già anticipati dalla sorte di Geremia. Sorte dei profeti. Il profeta è un mistico in azione. Un mistico con fuoco.
Applichiamo all’oggi la storia di Geremia affondato nella cisterna. Dice il re: “Prendi con te degli uomini (dei volontari su una nave…), tiralo su dalla cisterna (recuperateli dal mar Mediterraneo e tirateli su), perché non muoia (non lasciateli morire in mare…)
Non ci sono oggi re come quello. Romano Guardini suggeriva: la tua obbedienza vada alla verità e non alla istituzione! La tua libertà è la verità, non l’omologazione alla logica delle istituzioni.
Vangelo duro e pensoso.
Noi cristiani non siamo dei pelouche, dei soprammobili da salotto, ma segni di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori, rovina e risurrezione di molte cose.
Ricordo Turoldo, in uno dei suoi versi che trovo sovversivo e generatore, magico: Cristo mia dolce rovina, impossibile amarti impunemente.
Cristo che rovini ogni mediocrità.
Impossibile amarti senza pagarne il prezzo in moneta di vita, di impegno, di contrasti. Gesù per primo è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione.
Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne, schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri.
Si è messo dalla loro parte, fa di un bambino il modello di tutti e dei poveri i principi del suo regno, scegliendo sempre l’umano contro il disumano. La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava dalle false paci! Paci apparenti, rotte da un modo più vero di intendere la vita. Non siamo chiamati a venerare la cenere, ma a custodire il fuoco.
È stato detto che la religione era l’oppio dei popoli, ottundimento e illusione. Nell’intenzione di Gesù il vangelo porta invece “il morso del più” (L. Ciotti), più visione, più coraggio, più creatività, più fuoco.
Porta divisione. Nel senso che Dio non è neutrale e neppure la sua pace: vittime o carnefici non sono la stessa cosa davanti a lui, tra ricchi e poveri ha delle preferenze e si schiera. Il Dio biblico non porta la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma “ascolta il gemito” e prende posizione in favore dei piccoli e contro i faraoni di sempre.
La divisione che il Maestro porta evoca il coraggio di esporsi e lottare contro il male. “Perché si uccide anche stando alla finestra” (L. Ciotti), muti davanti al grido dei poveri e di madre terra, mentre soffiano i veleni degli odi, si chiudono approdi, si alzano muri, avanza la corruzione.
Noi non siamo abbastanza cattivi da uccidere qualcuno con le nostre mani, ma siamo abbastanza cattivi da lasciar morire molti con l’indifferenza.
Non si può restarsene inerti a contemplare lo spettacolo della vita che ci scorre a fianco, senza alzarsi a lottare contro la morte, ogni forma di morte. Altrimenti il male si fa sempre più arrogante e legittimato.
Pensiamo che il fuoco, la vita nuova, entrino in noi come una iniezione indolore, come fossero scatti di anzianità automatici? No, perché in me il peccato, il male non muore di morte naturale, ma di morte violenta, faticosa, per combattimento spirituale.
Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Un invito pieno di energia, rivolto alla folla cioè a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi alla maggioranza o ai sondaggi d’opinione. Giudicate da voi stessi, intelligenti e liberi, svegli e sognatori, andando oltre la buccia delle cose: “la differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa” (Card. Martini). Tra chi si domanda che cosa c’è di buono o di sbagliato in ciò che accade, e chi non si domanda più niente.
Giudicate da voi… Siate profeti – invito forte e quanto dimenticato! – siate profeti anche scomodi, dice il Signore Gesù, facendo divampare quella goccia di fuoco che lo Spirito ha seminato in ogni vivente, quella goccia di luce nascosta nel cuore vivo di tutte le cose.
Fine.
Andate e incendiate il mondo (Ignazio di Loyola). Anche noi andiamo e incendiamo, d’amore però, quell’angolino che ci è dato in sorte.
BEATITUDINI PER UNA NOTTE DI SOLIDARIETA’
Beati i poveri in spirito, sono loro i re di domani
Beati quelli che scelgono di stare con i piccoli e gli ultimi della fila
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia
Beati quelli che hanno fame e sete di dignità e di diritti per tutti
Beati quelli che scelgono sempre l’umano contro il disumano
Beati quelli che salvano vite, dalla morte, da ogni forma di morte
Beati quelli che costruiscono ponti e non muri
Beati quelli che: avevo fame e mi avete dato da mangiare
ero straniero e mi avete accolto
ero senza terra e mi avete dato un paese buono
Beati quelli che hanno il cuore dolce, perché saranno i signori di domani
Beati quelli che sanno ancora piangere,
che provano dolore per il dolore di un bimbo, una donna, un figlio della terra…
Beati quelli che sanno provare stupore e rabbia di fronte agli orrori del mondo
Beati quelli che si prendono cura di una esistenza con la loro esistenza
Beati quelli che sentono il morso del più: più passione, più umanità, più diritti
Beati i coraggiosi: quelli che “meglio trasgressivi che complici”
Beati quelli che non sono muti e inerti
Beati gli oppositori, che si oppongono alla legge
quando la legge si oppone all’umanità
Beati quelli che sono in minoranza, controcorrente,
che non si accodano al pensiero dei più
Beati quelli che la vita non la vedono in funzione del loro io,
ma il loro io in funzione della vita.
Loro hanno in dono la vita indistruttibile.
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Dio non è neutrale e nemmeno la sua pace
XX Dom. T. O. – Anno C – agosto 2019
Vangelo (Luca 12,49-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione […]»
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. E come vorrei che divampasse. È stato detto che la religione era l’oppio dei popoli, ottundimento e illusione. Nell’intenzione di Gesù il Vangelo è invece «l’adrenalina dei popoli» (B. Borsato), porta «il morso del più» (L. Ciotti), più visione, più coraggio, più creatività, più fuoco.
Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione. Dio non è neutrale: vittime o carnefici non sono la stessa cosa davanti a lui, tra ricchi e poveri ha delle preferenze e si schiera. Il Dio biblico non porta la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma «ascolta il gemito» e prende posizione contro i faraoni di sempre. La divisione che porta evoca il coraggio di esporsi e lottare contro il male. «Perché si uccide anche stando alla finestra» (L. Ciotti), muti davanti al grido dei poveri e di madre terra, mentre soffiano i veleni degli odi, si chiudono approdi, si alzano muri, avanza la corruzione. Non si può restarsene inerti a contemplare lo spettacolo della vita che ci scorre a fianco, senza alzarsi a lottare contro la morte, ogni forma di morte. Altrimenti il male si fa sempre più arrogante e legittimato.
Sono venuto a portare il fuoco, l’alta temperatura morale in cui soltanto avvengono le trasformazioni positive del cuore e della storia. E come vorrei che divampasse! Come quella fiammella che a Pentecoste si è posata sul capo di ogni discepolo e ha sposato una originalità propria, ha illuminato una genialità diversa per ciascuno. Abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali, con fuoco. La Evangelii gaudium invita i credenti a essere creativi, nella missione, nella pastorale, nel linguaggio. Propone instancabilmente non l’omologazione, ma la creatività; invoca non l’obbedienza ma l’originalità dei cristiani. Fino a suggerire di non temere eventuali conflitti che ne possono seguire (Eg 226), perché senza conflitto non c’è passione.
Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Un invito pieno di energia, rivolto alla folla cioè a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi alla maggioranza o ai sondaggi d’opinione. Giudicate da voi stessi, intelligenti e liberi, svegli e sognatori, andando oltre la buccia delle cose: «La differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa» (C.M. Martini). Tra chi si domanda che cosa c’è di buono o di sbagliato in ciò che accade, e chi non si domanda più niente. Giudicate da voi… Siate profeti – invito forte e quante volte disatteso! – siate profeti anche scomodi, dice il Signore Gesù, facendo divampare quella goccia di fuoco che lo Spirito ha seminato in ogni vivente.
(Letture: Geremia 38,4-6.8-10; Salmo 39; Ebrei 12,1-4; Luca 12,49-53)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/dio-non-eneutralee-nemmenola-sua-pace
Troppi apostati divulgano grandi falsità, sostenendo che non ci sono prove reali dell’esistenza storica di Gesù Cristo stesso e che quindi i Vangeli sono stati inventati completamente e che la sua Chiesa è tutta una mistificazione..ecc.
È davvero un grave errore che la Regina della Pace sta denunciando da anni. Questa incredulità appartiene soprattutto all’Anticristo che sta scatenando il combattimento spirituale per impadronirsi del mondo per distruggerlo e progetta continuamente di portarsi all’inferno un maggior numero di anime.
Gli apostati che divulgano queste idee distruttive stiano attenti, perché stanno lottando contro Gesù Cristo stesso, accusandolo di essere un impostore, proprio Lui che è la Verità, è Dio stesso incarnato ed è venuto per salvarci dal male soffrendo moltissimo per condurci alla Vita Eterna.
Non si possono distruggere millenni di storia cristiana in questo modo ed i Vangeli non sono semplici favole inventate da gente ignorante: contengono, invece, una saggezza profonda, che va continuamente riscoperta nell’umiltà.
Chi nega le Verità del Vangelo diffondendo la propria incredulità si mette contro Dio stesso perché nega suo Figlio e così rischia la perdizione eterna. Che nessuno si perda per questo motivo!
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Se noi crediamo che Dio è il Creatore di tutte le cose che esistono, perché non credere che Egli può dominare come vuole anche la natura? Nei Vangeli si racconta: “si sollevò in mare una così gran burrasca, che la barca era coperta dalle onde; ma Gesù dormiva. E i suoi discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono dicendo: «Signore, salvaci, siamo perduti!» Ed egli disse loro: «Perché avete paura, o gente di poca fede?»
Allora, alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. E quegli uomini si meravigliarono e dicevano: «Che uomo è mai questo che anche i venti e il mare gli ubbidiscono?» (Matteo 8:23-27) Il Signore può far piovere sui giusti e gli ingiusti, dice il salmo. Ha il potere di allontanare le tempeste e di fermare i terremoti. Può anche volgere qualsiasi evento a fin di bene.
Egli è davvero Onnipotente perché tutte le cose in Lui sussistono. Non poniamo mai limiti all’Onnipotente Amore di Dio…
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LA REINCARNAZIONE E LA SACRA SCRITTURA
Molti reincarnazionisti appartenenti a diversi movimenti legati allo spiritismo, all’antroposofia, alla. teosofia o a concezioni esoteriche-sincretiste, sostengono che la Sacra Scrittura sia favorevole alla, reinearnazione e che essa é spesso sottesa alla Parola “resurrezione”. Noi sappiamo, però, che sin dai primi secoli della vita della Chiesa, si accesero aspre polemiche su posizioni diametralmente opposte a causa soprattutto del platonismo e del neo-Platonismo a cui si ispirò San Giustino, Clemente Alessandrino e Origene. C’é stata, quindi, l’assenza di una vera e propria corrente cristiana favorevole alle teorie origeniste che a volte subirono persino lo scherno di eminenti uomini di Chiesa come S.Basilio e Dionigi Pseudo-Areopagita. Chiaramente le polemiche si fondarono sull’interpretazione della S.Scrittura che spesso veniva anche manipolata o estrapolata dal suo contesto. Ma quali sono i testi biblici più evocati? Alcuni sostengono che gli ebrei del 1° secolo credevano alla reincarnazione in riferimento a Mt.16,I3-14 : “Alcuni dicono che tu sei Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti” e più avanti a Mt.I7,I0-I3 : “I discepoli gli domandarono: Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Ed Egli rispose : “Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia é già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”. Allora i discepoli compresero che Egli parlava di Giovanni Battista.
“Per molti questi testi mettono bene in evidenza che Elia si é reincarnato in Giovanni Battista. E’ possibile tale affermazione? Ecco cosa disse il prof.Rinaldo Fabris, noto biblista del seminario di Udine
“Non ci sono altri testi all’infuori del Vangelo che consentono di parlare di reincarnazione nella forma elaborata dalle religioni orientali e nota presso vari gruppi o movimenti attuali. Il testo di Matteo si riferisce semplicemente all’attesa di un riformatore per il tempo messianico identificato con Elia, il profeta combattente per il monoteismo e lo Jahwismo, cioé la fede nell’unico Signore. Questa attesa viene riportata in Malachia 3,22-23 : “…Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore…testo che riprende in parte una formula già riportata da Siracide(48,I0). Ma questo atteso riformatore, Elia, é a sua volta presentato, nell’apparizione biblica, come una specie di “controfigura” o “ripresentazione” di Mosé. Non c’é nulla di strano se la Bibbia utilizza questa figura per parlare dei riformatori. Teniamo presente che nel Deuteronomio (18,15-18) si parla del Profeta futuro come un rappresentante o una riproduzione di Mosé : “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto” Dunque più che di “reincarnazione” in senso tecnico , cioé un organismo che ricompare con lo stesso spirito e personalità del precedente (idea pressoché inconcepibile per l’antropologia ebraica che non distingueva le due parti o componenti dell’essere umano, spirito e corpo), si deve pensare ad un modello culturale . Mosé é il prototipo di tutti i riformatori e di tutti i profeti. Elia rintroduce la figura di Mosé e Giovanni Battista, che prepara la venuta di Gesù messia, come precursore ha i tratti, cioé lo spirito, la fisionomia e l’attitudine di Elia o del riformatore atteso nel tempo messianico.
Lo stesso si può forse dire per il testo di Luca (1,17) cha cita quasi letteralmente la frase di Malachia nell’annuncio dato dall’angelo nel tempio al Zaccaria riguardante il futuro concepimento e la missione di Giovanni Battista: “Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia…” Dunque quello che nascerà avrà nome Giovanni e possederà lo spirito e la forza del riformatore dei tempi messianici, più che essere la ripresentazione della stessa persona. In questa linea si colloca la tradizione sinottica che tende ad identificare Giovanni Battista con Elia. Questo é chiarissimo nel testo Matteo appena letto (Mt 17,10-13) mentre gli altri testi sono un po’ più incerti perché tendono a presentare Elia come il precursore di Gesù, o addirittura con Gesù stesso. Comunque c’é una tendenza a vedere nel Battista quell’Elia che era stato promesso per i tempi messianici. Un altro testo potrebbe richiamare l’idea e il modello attuale di reincarnazione : Marco 6,14-16 “Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista é risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui.” Altri invece, dicevano: “E’ Elia”; altri dicevano ancora : “E’ uno dei profeti”. Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare é risuscitato!”. Qui è interessante il fatto che alcuni tendono ad identificare Gesù con Elia e non con Giovanni Battista: questo confermerebbe l’interpretazione del modello culturale che si riferisce al profeta dell’Antico Testamento di cui Mosé é il prototipo. In questo senso non sí può parlare di “reincarnazione” ma di una “figura” o “personaggio” descritto con quel modello. “E’ un profeta, come uno dei profeti” quello stesso tipo di profeta di cui parla il Deuteronomio (18,15-18) secondo il modello di Mosé. Gesù, quindi, sarebbe la ripresentazione di Giovanni il Battista. Ma con il linguaggio giudaico, ripreso poi dai cristiani, si parla di “risuscitamento” o “risurrezione”, cioé “il tornare a vivere” (non il nostro concetto di risurrezione che comporta un “non morire”). In questo caso il linguaggio é forse più vicino alla concezione di “reincarnazione”, nel senso che Gesù é il Battista fatto uccidere. Questa é però un’opinione popolare che viene contestata da Marco che tende a contrapporre subito dopo la storia della decapitazione di Giovanni Battista (Mc.6,I7-29) che così termina: “I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posarono in un sepolcro”. A questa storia di Giovanni, l’Evangelista contrappone la storia di Gesù che é stato ucciso e deposto nel sepolcro e Lui solo é veramente resuscitato. Quell’opinione popolare che tende ad identificare Giovanni Battista ucciso come il Gesù che é resuscitato non ha nessun seguito, anzi nel quadro qui ricostruito da Marco i due concetti sono nettamente contrapposti
A QUESTO PROPOSITO ANNI FA AVEVO INTERVISTATO IL prof. RINALDO FABRIS (biblista noto a livello mondiale):
Domanda:
Prof. Fabris, una reincarnazionista, Manuela Pompas, afferma nel suo libro “Reincarnazione-Alla scoperta delle vite Passate – ed.Rizzoli” : “In Gv.9 1-3 gli Apostoli incontrano il cieco nato e chiedono a Gesù: “Rabbì : chi ha peccato lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?” Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma é così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”. Ora é chiaro che un individuo non può peccare prima della nascita, se non in una vita precedente. Gesù non contestò la domanda, non confutò il fatto che avesse potuto peccare lui: spiegò semplicemente che la sua malattia era scritta nel suo destino, predeterminata, esattamente come tutti i più grandi avvenimenti della vita di un individuo vengono “scritti” dal maestro del Karma prima della sua discesa sulla terra (p.58). Cosa ne dice di una simile interpretazione?
Fabris:
La malattia congenita, in questo caso la cecità sin dalla nascita, nella concezione ebraica non può essere spiegata se non in base al principio della retribuzione : ogni disgrazia é collegata con una malattia, una colpa. Il principio della retribuzione attraversa anche le altre generazioni (fino alla terza-quarta generazione secondo Es 20,5-6 ed Es.34,6-7). L’ipotesi reincarnazionista in questo caso non ha rilevanza religiosa. C’é solo qualche vago testo di Filone Alessandrino che accenna ad esistenze precedenti. Ma questo autore del primo secolo riflette l’ambiente culturale e filosofico di matrice ellenistica che frequentava. Non ci sono altri testi contemporanei a Gesù che provano la reincarnazione. E nemmeno il Talmud e la Mishna’h, più tardivi, accennano ad essa.
Domanda:
Per molti reincarnazionisti Gesù stesso si riferiva alla Reicarnazione quando in Gv. 3,3 afferma a Nicodemo : “In verità, in verità ti dico se, uno non rinasce dall’alto, non può vedere il Regno di Dio”
Fabris:
L’avverbio greco “anothen” traduce sia “di nuovo” che dall’alto” e Giovanni gioca su questa ambivalenza. Subito dopo, al versetto 5 Gesù afferma “in verità in verità ti dico, ne uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio.” Qui il rinascere é spiegato come un “nascere dalla potenza di Dio (lo Spirito)” e l’acqua nella prospettiva giovannea é il simbolo della vita e della purificazione battesimale cristiana. Non si tratta di nascere una seconda volta, come ha inteso e frainteso il vecchio Nicodemo, ma di nascere dall’alto, cioé da Dio, tant’é vero che nel 1° capitolo il credente é così definito: “Non da carne, né dal volere di uomo, né da sangue, ma da Dio é stato generato il credente”. Nicodemo, quindi, se vuole entrare nel Regno deve nascere o rinascere per iniziativa di Dio, nella fede.
Domanda:
Può spiegarci che tipo di antropologia é sottesa al testo Paolino di I Cor,15,44 “Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale”?
Fabris:
La spiegazione di questo linguaggio Paolino studiato ad arte, anche se un po’ difficile, può essere rilevata dal seguito del versetto 44: “se c’é un corpo animale (soma psichikon), ví é anche un corpo spirituale (soma pneumatikón)” precisando che questo “corpo spirituale” non é altro che il secondo Adamo. Infatti secondo la concezione di Filone Alessandrino la Creazione é avvenuta in due momenti : la prima é ideale, la seconda é reale. In quest’ultima fa riferimento al “Pneumatikon”, dove “pneuma” nel linguaggio biblico dei sapienti o dei profeti é la realtà di Dio contrapposta alla realtà fragile dell’uomo naturale o psichico, fatto di carne. Nella contrapposizione paolina é abbastanza comprensibile l’affermazione precedente “si semina corruttibile, risorge incorruttibile; si semina ignobile, risorge glorioso; si semina debole, risorge pieno di forza”(ICor.15,42). Qui le categorie: corruttibile, ignobile,debole e “psichikon” stanno sul versante limitato, provvisorio, materiale, deperibile, precario; mentre lo “spirituale”(pneumatikon) sta sul versante del glorioso, del pieno di forza, nobile, potente, cioé la realtà di Dio. Gesù risorto é un “corpo spirituale” (soma pneumatikon), cioè appartiene al mondo di Dio ed è capace di comunicare la sua forza terrificante. In questo contesto, quindi, c’è più che una contrapposizione di tipo antropologico (corpo-anima). Si vuol mettere in evidenza due aspetti della realtà : Dio e la creatura. La risurrezione di Cristo appartiene al mondo di Dio e alla sua forza, mentre l’essere umano lanciato alle sue sole forze rimane nell’ambito della limitatezza creaturale. Ecco, allora, che da qui possiamo realmente dedurre che l’antropologia biblica rimane più un problema religioso che filosofico : l’uomo è spirito in quanto “in rapporto con Dio” e questa relazione lo rende vivente. Senza l’intervento divino l’essere umano decade nella sua fragilità ed anche la sua realtà immateriale, quella che viene chiamata “anima”, si dissolve nella morte. Solo mediante la risurrezione potrà partecipare alla realtà vivificante del Cristo risorto con il corno, l’anima e lo Spirito.
Domanda:
Lei ha speso gran parte della sua vita approfondendo la Sacra Scrittura. Alla luce dei suoi studi e delle sue scoperte condivide ciò che il magistero afferma dell’uomo, cioé “individuo unico ed irrepetibile (È necessario che vigiliamo costantemente perché, terminato l’unico corso della nostra vita terrestre…L.G.48) basandosi sull’affermazione di S.Paolo: “é stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta” (Eb.9,27)?
Fabris
Esiste una lettera della S. Congregazione per la dottrina della fede su alcune questioni concernenti l’escatologia, apparsa nel maggio del ’79 che tratta del problema dell’aldilà, il destino delle persone dopo la morte, etc. Non c’é una definizione chiara del destino nei termini dell’antropologia cristiana e forse non é neanche molto rilevante il destino dell’anima separata dal corpo ma il destino della persona che va oltre il semplice concetto di anima come forma unificante del corpo dell’essere umano. Il destino della persona é irrepetibile ed é legato al corpo, per cui la salvezza totale implica anche la trasfigurazione e trasformazione del corpo in rapporto a Dio, cioé la resurrezione. Sotto questa luce sia l’irripetibilità del destino personale come la relazione con il corpo rende impossibile per una completa concezione cristiana accettare che l’essere spirituale possa abitare, assumere, identificarsi con entità materiali diverse, successive, cioé con più corpi, come sostengono i reincarnazionisti che dimenticano questa interrelazione profonda ed unitaria tra l’essere personale e la realtà corporale. Il corpo non é solo un abito, una incrostazione…é qualcosa che viene intimamente formato e uniformato dalla relazione spirituale della persona con il Cristo risorto.
REINCARNAZIONE : GIUSTIZIA E MISERICORDIA
Gran parte dei “reincarnazionisti” aderiscono ad una tal visione dell’uomo perché rettifica meglio il concetto di giustizia. divina. In parole povere osservano: nel mondo ci sono diverse situazioni, c’è gente che soffre terribilmente a causa di malattie, disagi, condizioni sociali diverse etc. Un Dio giusto non può permettere contemporaneamente il morente di fame accanto al sazio, il malato accanto al sano.
Tutto diventa più accettabile se ammettiamo che il “diversamente abile” sta semplicemente purificandosi dalle erronee azioni compiute nelle vite precedenti, mentre colui che gode la vita presente ha ben vissuto in quella precedente Confesso sinceramente che questa osservazione mi lascia alquanto perplesso, e ciò alla luce della Rivelazione. A me piace meditare sull’infinita libertà di Dio che si manifesta nella creazione. In essa esplode la sua infinita creatività. Un semplice nato può contenere una grande varietà di fiori : la pratolina può coesistere accanto al narciso o al giglio…eppure nessuno disprezza il piccolo mughetto o la violetta nascosta. Contempliamo la natura proprio perché e varia. Immensi campi di girasole potrebbero anche annoiare. Proprio perché la “gloria di Dio é l’uomo vivente” la creatività si manifesta soprattutto nella varietà umana.
Riflettiamo, ad es. sull’esistenza di colui che riteniamo “handicappato”. Un ragazzo affetto dalla sindrome di Down o mongolismo sta scontando, secondo i reincarnazionisti, gli effetti delle errate azioni compiute nelle vite precedenti. Lui non ne ha coscienza…ma le sta scontando. Ha senso una affermazione del genere? Può scontare qualcosa di cui non ne ha coscienza? La morale cattolica mi ha sempre insegnato che il vero peccato implica piena avvertenza e deliberato consenso ed il pentimento consiste nel detestare sinceramente le cattive azioni commesse. Si potrebbe presumere, allora, che secondo il reincarnazionista quel povero ragazzo difficilmente potrà uscire dalla sua situazione: anzi la sua trasmigrazione successiva potrà subire un processo involutivo irreversibile fino a che qualcosa interverrà a cambiare la situazione… ma cosa? Un ciclo pressoché infinito?
Questi concetti cozzano, invece, con quello della infinita misericordia di Dio che non è disgiunta dalla sua libertà. San Paolo afferma : “C’é forse ingiustizia da Parte di Dio? No certamente! Egli infatti dice a Mosé : “Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla. Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia…con chi vuole e indurisce chi vuole… 0 uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò:”perché mi hai fatto così”? Forse il vasaio non é padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?..(Rm.944-24). Tutto ciò che esiste, dunque, é per la manifestazione della gloria di Dio che noi non possiamo valutare o giudicare. Ma perché il “reincarnazionista” avverte in sé un’evidente ingiustizia divina nel pluralismo di infinite situazioni esistenziali partendo dal presupposto cristiano dell’unicità ed irrepetibilità di ogni uomo?
Qui si tratta di armonizzare il cuore e la mente, il sentimento e la ragione. Colui che ha detto del cieco nato : né lui ha peccato né i suoi genitori, ma é così perché si manifestassero in lui le opere di Dio (Gv,9, 1 -2) è infinitamente più giusto di ogni uomo che da Lui creato “a sua immagine e somiglianza”. Dovremmo quindi ritenerlo ingiusto, noi poveri mortali per la semplice coesistenza di queste infinite situazioni così diverse le une dalle altre? Secondo me bisognerebbe accordarci sulle premesse che ci consentono di esprimere giudizi in base al nostro parametro valutativo. Mi spiego in maniera più semplice: ogni “handicappato” che incontriamo sul nostro cammino evolutivo spesso ci turba e accende nel nostro inconscio mille interrogativi che cercano di ridefinire in noi il concetto di giustizia di un Dio che permette situazioni esistenziali così pietose. Una mente equilibrata, che non si lascia offuscare da un eccessivo sentimentalismo, dovrebbe ampliare il suo orizzonte attraverso uno sguardo d’insieme dell’Universo. Dovrebbe ammettere che la gloria di Dio si manifesta anche negli esseri considerati “inferiori” all’uomo appartenenti al mondo vegetale ed animale. Essi sono ritenuti inferiori per il diverso grado di coscienz se ammettiamo che anche una pianta ha una percezione “embrionale” relativa agli stimoli esterni o ambientali che riceve. Nessuno, comunque, si sogna di affermare che Dio é ingiusto per aver creato gli esteri “inferiori” all’uomo, minerali, piante o animali…Nell’ambito umano é errato ritenere un male la diversità di tutte le persone : anzi essa é una ricchezza! Mi si obietterà: “te la sentiresti di essere al posto del “diversamente abile”?”. Personalmente ritengo una simile abiezione insensata in quanto ogni persona é unica ed irripetibile con le sue caratteristiche genetiche, somatiche, psicologiche e storiche. Spesso l’handicap per noi coincide con la “diversità” fisica e psicologica. Inconsciamente ci riferiamo ad un parametro “ideale” basato, neri, su pregiudizi di ordine estetico od etico.
Se veramente ragionassimo a fondo e serenamente non ci scandalizzerebbe più la “diversità” che esistere ha sempre un motivo in più che sfugge alle nostre categorie mentali. Questi pregiudizi estetici od etici, noi, potrebbero benissimo ritorcersi sulla mia persona : rispetto all’ingegnere, ad esempio, mi sento un portatore di “handicap” se per esso intendo anche il dislivello culturale relativo alle competenze e alla professionalità. Così pure rispetto a un medico, ad uno scienziato o ad un contadino… Tutto ciò perché spesso non ci é ben chiaro il concetto di “persona” che confondiamo con il suo ruolo. I pregiudizi causano sempre sottili discriminazioni che attecchiscono subdolamente nell’inconscio di chi non si lascia purificare dall’azione divinizzante dello Spirito. In base a questi presupposti che tipo di obiettività può essere attribuita alla nostra capacità di giudizio? Posso sinceramente affermare che il “down” é più disgraziato di me? Forse il nostro vero errore consiste nel proiettare sugli altri il nostro concetto di “autorealizzazione”che inconsciamente vorremmo standardizzare. Ogni persona ha un suo grado di autorealizzazione perché é diverso il suo modo di vedere la vita e il mondo e diversa é la sua sensibilità.
Queste “diversità” ci turbano perché non abbiamo ancora capito che il mistero della creatività divina si cela in esse. E qui interviene ad illuminarci la Redenzione operata da Gesù Cristo la cui passione e morte turbano ancor oggi, a distanza di secoli, il nostro tranquillo sentirci cristiani. Per inciso, sarebbe interessante conoscere il pensiero di un reincarnazionista che vuol essere sinceramente cristiano : alla luce delle sue teorie come si pone il Cristo sofferente “uomo” annoverato tra i malfattori e tra i più abbietti tra gli uomini a causa delle sue umiliazioni e patimenti? La riflessione cristiana non ha sempre affermato che Cristo si é caricato di simili sofferenze per effonderci lo Spirito del Padre e riconciliarci a Lui in un estremo atto di misericordia? Sin da fanciulli ci abituiamo a vedere la sofferenza al negativo.
E in effetti, presa in se stessa appartiene solo a questo mondo limitato e corruttibile; quindi va sconfitta. Ma la sofferenza vista in un contesto diverso, da un’altra prospettiva, non è mai fine a se stessa: essa ha delle finalità che ci sfuggono ed é sempre finalizzata ad una libera “autorealizzazione” che coincide con una certa pienezza che ogni persona, dal bimbo all’anziano, dal sano all’ammalato, dall’ignorante al colto, dal povero al ricco, dallo schiavo al padrone, dal brutto al bello, dovrà raggiungere. In questa prospettiva sono convinto che anche il “diversamente abile” colpito da insufficienza mentale raggiungerà una sua pienezza che a noi non spetta giudicare : ciò che varrà nel mondo dell’amore, cioè nel Regno dai Cieli, sarà il grado di assimilizione raggiunto in Cristo e proporzionale alle reali capacità di ciascuno che agisce nei limiti posti dal Creatore.
Nella casa del Padre, infatti, ci sono “molte mansioni” e la gloria di Dio risplenderà in tutti coloro che hanno risposto al suo appello amoroso. Scopriremo, allora, che tutte le nostre lacrime, fatiche, dolori, ingiustizie, persecuzioni, non erano altro che il pungolo dell’autorealizzazione… Come conciliare sinceramente la visuale reincarnazionista con le beatitudini? Che beatitudine é mai quella di un sofferente che sta scontando antefatti di cui nulla ricorda?
Nel contesto cristiano l’ipotesi reincarnazionista solleva ancora più perplessità e contraddizioni della dogmatica tradizionale. L’insegnamento della Chiesa ereditato da Cristo pone tutto alla luce del Cristo morto e risorto. Solo così sarà possibile accettare il fatto che tutte le diverse esistenze, uniche ed irripetibili, rientrano nel misterioso piano di salvezza scaturitola dalla misericordia di Dio che ha voluto le diversità per attivare l’amore reciproco che in lui dovrà ricongiungersi nell’eternità.
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
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LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron