(Testo di Davide M: Turoldo)
Magi, voi siete i santi più nostri! Nostri perché all’inizio sono lontani dal Signore, come lo siamo noi; perché mostrano che si può arrivare a Lui per mille strade, non ce n’èuna sola; ognuno ha la sua strada, anche chi non legge la Bibbia, come loro.
Sono i santi più nostri per quel misterioso strabismo: camminano con i piedi per terra e gli occhi nel cielo, mostrando che si avanza davvero solo quando si decide di non seguire le paure, ma il cuore; di non calcolare le difficoltà, ma di custodire la sete.Entrati nella casa videro il Bambino e sua Madre e lo adorarono.
Nostri i Magi perché entrano in una casa, una delle nostre case e ci mostrano che la stella di luce si posa sulla nostra vita semplice, sul nostro quotidiano, come un instancabile ardere diorizzonti, di cielo, di speranza.
Una stella si è fermata su ognuna dellenostre case.E adorano un bambino. C’è qui una lezione misteriosa: non adorano un Crocifisso, non il Risorto, non un saggio dalle parole di luce, non un giovane nel pieno del suo vigore, semplicemente un bambino in braccio a sua madre. La cosa più vicina a Dio: non solo Dio è come noi, non solo è il Dio-con-noi, ma è un Dio piccolo fra noi.
Che non può fare paura, che fa leva solo sulla tua bontà.
(p. Davide M. Turoldo)
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Dal Diario di un pellegrino carnico di p.Albino Candido (ed.Segno”)
– 4 Gennaio 1980…
Scopro che il giudizio che noi facciamo nei riguardi di una persona defunta combacia finalmente con quello di Dio.
Perdoniamo tutto.
Diventiamo come una madre davanti a un figlio sbagliato, gli perdona tutto perché un solo raggio di bontà che vede in lui tutto illumina.
Così il Signore che pesca in noi soltanto la luce. (Diario, p.173)
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Maria Santissima era consapevole del vero senso della nostra vita. Ella era felice in compagnia del suo Figlio Gesù, l’uomo-Dio che salva chi desidera realmente salvarsi.
Ella non desiderava altro che stare con il suo Dio, del quale aveva completa fiducia anche se era sottoposta alle numerose prove della sua vita non facile.Era conscia che tutti gli altri desideri, fuori del Signore, non potevano arrecare gioia e felicità. La sua vita era semplicissima: in ogni situazione glorificava Dio in tutti modi per i prodigi che constatava in sé e negli altri.
Il suo equilibrio interiore era perfetto: solo Dio le bastava…Per questo Dio stesso si è incarnato nel suo seno verginale. Ella è il prototipo di tutte le creature che compiono la volontà divina nella gioia e sperano nella salvezza eterna.
A buon titolo Ella può essere considerata la madre di tutti i viventi. Chi si ispira a Lei e si affida nelle sue mani non potrà mai essere deluso perché è protetto in modo speciale e può crescere spiritualmente.
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Il testo su Maria Vergine su cui si basa questo video è di Georges Bernanos, uno dei più grandi scrittori cattolici dello scorso secolo.
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Maria Santissima durante la vita terrena ha sofferto molto ed era innocente.È la nostra madre celeste e segue ognuno di noi perché siamo davvero suoi figli e Lei vuole portarci con sé in Paradiso.
Ha sempre ascoltato, seguito ed imitato suo Figlio come scopo principale della sua esistenza. Lo ha davvero amato al primo posto e lo ama in modo particolare, come ama il Padre e lo Spirito Santo.
Il suo immenso dolore per la tragica passione e morte del Figlio, non la ha comunque scoraggiata. Ella sapeva che sarebbe risorto. E sa bene che ognuno di noi risorgerà nel suo Figlio, se crediamo.
Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte!
PREGHIERA A MARIA ADDOLORATA:
Regina dei martiri,che sostenesti i più atroci dolorie compisti nel Tuo Cuore il più eroico dei sacrifici, io voglio unire le mie pene alle Tue.
Vorrei essere vicino a Te come San Giovanni e le pie donne per consolarti della perdita del Tuo Gesù.
Purtroppo riconosco che anch’io con i miei peccatisono stata causa della morte del Tuo Figlio diletto. Ti chiedo perdono, o Madre Addolorata.
Accetta in riparazione l’offerta che io ti faccio di me stessoe il proposito di volerTi sempre amare per l’avvenire.
Metto nelle Tue Mani tutta la mia vita; fa che io possa farti amare anche da tante anime che vivono lontane dal Tuo Cuore Materno.
Amen
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Se la nostra vita terrena non rende gloria a Dio è inutile.
Siamo stati creati dal Padre per mezzo del Figlio, sostenuti dallo Spirito Santo.
Dovremmo essere sempre grati a Dio per questo, ma spesso siamo scontenti e nervosi perché non otteniamo quello che desideriamo.
Guardiamo a quello che abbiamo, invece di lamentarci per ciò che ci manca.
(dal Diario di un pellegrino carnico di p. Albino Candido -13 Luglio 1979)
“Il grazie mio profondo a Dio Padre che mi ha donato l’esistenza e mi ha atteso ogni volta con il cuore colmo di perdono e mi attende così per accogliermi nella Sua casa. Il mio grazie commosso al Figlio Suo Gesù che mi ha comprato e ricomprato infinite volte a prezzo del Suo Sangue; il mio grazie dolcissimo alla Vergine Maria Madre di Gesù e mia, che ho contristato con le mie sconoscenze, che non meritava che io La ritenessi come L’ho ritenuta per tanto tempo, un’aggiunta superflua nella trama della mia salvezza. (p.128)
Ella è stata sempre in silenzio e nel silenzio operava, e mi amava in silenzio. Ora le Sue mani silenziose mi raccolgono, mi trapiantano. Vorrei piangere di tenerezza e di rammarico per non averla amata prima.
Il mio grazie consolato allo Spirito Santo che mi ha portato nel cuore l’amore. L’amore che ha fatto straripare la mia umanità, amore confuso e inconscio per un periodo di anni, poi amore sempre più provato e purificato e cosciente.” (p.128)
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Se sei troppo preoccupato, convinciti che la tua esistenza é voluta da Dio dall’eternitá.
Pensi che un Padre così onnipotente ed onnisciente si dimentichi di una sua creatura?
No, non ti dimentica nemmeno per un istante, perché ci tiene a te molto di piú di quello che pensi, anche se tu dovessi sentirti tra i peggiori.
Anzi, Egli attende da te solo un’atto di fiducia nel suo amore e ti abbraccerá teneramente perché sei suo figlio e tempio dello Spirito Santo.
Egli ti sorregge in ogni istante perché ti ama cosí come sei…
Convinciti che Dio ti ama teneramente. Gli piace molto che pensi a Lui come il tuo vero rifugio: il suo Cuore si commuove molto piú di quello di una madre accanto al suo bambino che sta per addormentarsi…
Il Signore ti osserva con profonda tenerezza e predispone la tua interioritá alla vera pace e serenitá.
Abbandonati a Lui con fiducia…
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Nel maggio del 1985 la Regina della Pace chiese alla veggente Ivanka, durante l’apparizione, che cosa desiderasse.
Ivanka la pregò di farle vedere la sua madre terrena defunta.
La Madonna sorrise e fece un cenno di assenso
All’improvviso apparve sua madre. Era sorridente. La Gospa le disse di alzarsi in piedi.
La madre l’abbracciò e la baciò.
Poi le disse di essere orgogliosa di lei.
Infine la baciò di nuovo e sparì..
PER L’INTERO DOCUMENTARIO:
https://www.mondocrea.it/medjugorje-originali-documentari-storici-degli-anni-80-in-4-video/
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Ofelia, morta nell’ottobre del 2021 era una pia donna cividalese che perse 2 figli molto giovani.
Il primo si chiamava Massimiliano, il quale amava molto la Madonna. Non perdeva mai una messa e si recava sempre a “dottrina”, pregava molto spesso.
A maggio usava portare alla Madonna i fiori più belli perchè la considerava la sua Mamma Celeste.
A sette anni fu vittima di un grave incidente: per sette giorni fu in coma e poi il Signore lo volle prendere.
Ofelia aveva una fede incrollabile e non si scoraggiò: si recò a Medjugorje e lì fu testimone di un incredibile fatto, che raccontò in seguito e che io trascrissi per un capitolo del mio libro “Come ci vedono dall’aldilà”.
“Massimiliano amava molto la Madonna. Non perdeva mai una messa, si recava sempre a “dottrina”, pregava molto spesso. A maggio usava portare alla Madonna i fiori più belli perchè la considerava la sua Mamma Celeste. A sette anni fu vittima di un grave incidente: per sette giorni fu in
coma e poi il Signore lo volle prendere. Il vuoto che ci ha lasciato fu immenso.
Posso dire, comunque, che questa terribile prova ci ha uniti di più nel Signore. Un giorno mi è stato chiesto di partecipare ad un pellegrinaggio per Medjiugorie.
Ero partita per Medjugorje proprio con l’intenzione di chiedere la grazia di vedere mio figlio Massimiliano. Quando giunsi là, però, mi rammaricai della mia richiesta vedendo tante persone ammalate e molto più bisognose di me, chi nelle carrozzelle e chi in barella. Comunque dentro di me avvertivo come una presenza che mi donava pace e sicurezza.
Quando entrai nella chiesa vidi tanti sacerdoti e chierichetti, uno dei quali mi passò accanto: non gli diedi molta importanza. L’indomani salii con il gruppo sul Prdboro, il monte delle apparizioni e pregammo a lungo.
Più tardi partecipammo alla messa
delle undici: anche li notai tanti chierichetti, e così pure alla messa serale.
Feci caso che ne mancavano ogni volta due.
Il venerdi, penultimo giorno, dopo la salita del monte Crisevac, partecipammo di nuovo alla messa delle undici: questa volta era presente solo un chierichetto di circa sette-otto anni che mi passò di nuovo davanti. L’avevo fatto notare anche a mia suocera che mi rispose che probabilmente doveva essere il piccolo veggente Jacov. Ma io sapevo che non poteva essere Jacov che era più grande.
Questo stesso bambino si presentò il giorno dopo da solo per servire un sacerdote. Durante la comunione vidi mia suocera, che era andata prima di me, balzare all’indietro. Pensai avesse riconosciuto il sacerdote. Quando ritornò al banco mi disse di stare attenta che avrei capito al momento opportuno. Mi recai presso l’altare e mentre stavo per ricevere la comunione il bambino trasse un po’ indietro la patena e trattenendola disse fissandomi con un sorriso:
“Mamma sono qui! Perchè non mi guardi?”
Lo guardai: aveva le sembianze di mio figlio Massimiliano. Avrei voluto abbracciarlo ma qualcosa mi faceva rimanere lì immobile. Avevo gli occhi lucidi, le mie erano lacrime di gioia.
Dopo un po’ riprese le sembianze del bambino che vedevo da due giorni passarmi davanti. Il sacerdote aveva percepito qualcosa di particolare ma non disse niente ed io tornai al banco piangendo di gioia e ringranziando la Madonna.
Subito dopo mi passò per la mente di fotografarlo.
Al termine della messa il bimbo mi passò di nuovo davanti senza guardarmi e notai che aveva la stessa andatura di Massimiliano: si dondolava tenendo le manine dietro la schiena. Dentro di me osservai: Massimiliano, sei proprio tu! Prima mi facesti vedere il tuo volto, ora scorgo il tuo corpo!
Ringraziai di nuovo la Madonna, piena di gioia.”
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(Riflessione personale sull’espressione di Zoran Milanovic, presidente della Croazia): “LA CULTURA OSSESSIVA DELLA SICUREZZA”
L’uomo é fragile, fragilissimo. Tutti noi possiamo ammalarci in qualsiasi momento, dal bambino all’anziano. É sempre stato cosí perché non possiamo stare in eterno su questa terra. Il nostro destino é l’altra dimensione, quella eterna.
Per questo non dobbiamo vivere sempre preoccupati e ossessionati, privandoci della gioia dello stare insieme, del poter spostarci liberamente ovunque, del frequentare gli ambienti sani che desideriamo perché abbiamo paura di ammalarci o di essere vittima di incidenti. La vita terrena é una sola.
Una madre ossessiva che si preoccupa troppo della sicurezza del suo bambino e lo tiene chiuso in casa “ per il suo bene” non é una madre equilibrata perché il bambino crescerá con problemi psichici seri, diventerá un nevrotico e non riuscirá ad affrontare i problemi della vita con serenitá.
Non lasciamoci togliere la serenitá da chiunque sia. Viviamo con coraggio e confidiamo nel Signore, il quale é Provvidenza e ci sostiene in ogni momento.
(Una voce dal deserto)
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Dio Padre ti ringraziamo perché hai voluto innalzare Maria, Madre di Cristo, al di sopra di tutte le creature angeliche e terrestri.
Ti rendiamo grazie, Padre immensamente buono, che ci hai dato Maria come madre e modello di vita cristiana, per sua intercessione guidaci sulla via della santità.
Tu che hai reso Maria attenta alla tua parola e l’hai fatta tua fedele ancella,per sua intercessione rendici discepoli e servitori del Figlio tuo.
Tu che hai dato a Maria il privilegio di essere madre per opera dello Spirito Santo,per sua intercessione concedi a noi i frutti del tuo Spirito.
Tu che hai reso intrepida la Vergine Maria presso la croce del tuo Figlio e l’hai rallegrata con l’immensa gioia della risurrezione,per sua intercessione consola le nostre pene e ravviva la nostra speranza.
(Preghiera liturgica)
VIDEO
La Regina della Pace é madre di tutti noi, per cui non esistono per Lei figli di serie A o serie B.
I veggenti che Lei ha scelto hanno una missione particolare, non perché sono figli amati più di noi, ma per motivi che per ora non possiamo comprendere del tutto.
Pertanto, anche il piú sconosciuto ed insignificante essere umano agli occhi degli altri, é suo figlio che ama in modo particolare e che desidera salvare per portarlo con sé in Cielo accanto a suo Figlio Gesú…
(Estratto e rielaborato da una intervista a Mirjana)
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(Gesù a suor Maria della Trinità, colloquio interiore n. 281)
« Bisogna dare perfino coloro che si amano, affinché anche gli altri sentano il beneficio del loro amore.
Così vi ho dato la Madre mia. Non potete comprendere che cosa sia l’amore. Vi sorpassa. Ne potete esperimentare le manifestazioni: esse bastano a dare alla vita vostra la sua pienezza.
Essere amati, è privilegio vostro. Non capirete se non in Cielo ciò che dovete a coloro che vi hanno amato. Non riservate per voi coloro che vi amano: donateli!
Che l’azione loro si estenda su altre anime e senza limiti. Bisogna amare: affinché lo Spirito di Dio si comunichi, affinché l’amore si espanda.
L’amore è paziente e rispettoso, e inflessibile nelle sue esigenze: aspetta per comunicarsi l’adesione dei cuori desiderosi di riceverlo.
Alla morte, dinanzi a Dio e per l’eternità, non resterà che questo nell’essere vostro: il vostro amore.
E nelle mani di Dio, per intrecciare la vostra corona, non vi sarà che ciò che gli avrete dato ».
(Gesù a suor Maria della Trinità, colloquio interiore n. 281)
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(Gesù a suor Maria della Trinità, Colloquio interiore n.55)
Ascoltami! Non perdere un minuto. Però non ti agitare: chi si agita spreca.
Pensa alla Madre mia, che ho dato per Madre anche a te. Chi fu ricoperta di più gravi responsabilità di Lei? Sempre calma e sorridente poiché io riempivo tutta l’anima sua. Non ti agitare non avere inquietudini.
Tutto passa, eccetto il tuo Dio. Io sono l’ordine e la calma perfetta, pur essendo vita e movimento e azione. Per vivere la mia vita, rimani in me silenziosamente.
Io t’amo! Non riempie ciò d’una pienezza di felicità ciascuno dei tuoi minuti? Io t’amo, e desidero che tu lo sappia.
Oh, se tu sapessi come io t’amo, mia piccolina!
(Gesù a suor Maria della Trinità, Colloquio interiore n.55)
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La Sacra Scrittura va letta alla luce dello Spirito Santo, non solo alla lettera. I genitori sono coloro che ci hanno trasmesso la vita, ci hanno fatto crescere e ci hanno educato.
In senso lato sono tutti coloro che generano “vita” in tutti i modi possibili. Per questo motivo tutti noi potremmo essere “padre” e “madre” nei confronti degli altri e viceversa.
Quando una persona ci dà un buon consiglio utile alla salvezza dell’anima, ad esempio, in quel momento ci è “padre” e “madre” perché contribuisce a generare in noi l’uomo nuovo per poter raggiungere la pienezza a cui siamo destinati. Dio si serve di tutti noi, in virtù della Comunione dei Santi, per edificarci a vicenda.
Spingendo il ragionamento sino in fondo, anche i figli naturali potrebbero essere “genitori” dei loro genitori. Quando danno il buon esempio i genitori indirettamente vengono edificati e rigenerati. Pensiamo al giovanissimo beato Carlo Acutis: i suoi genitori (viventi) ammettono spesso che il figlio ha contribuito molto a cambiare le loro vite e la loro stessa spiritualità.
“Onorare il padre e la madre” significa riconoscere che in qualche modo siamo tutti debitori primariamente verso i genitori naturali, ma anche gli uni verso gli altri…
Ricordiamoci di questo brano evangelico:
Matteo 12,46-50
Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».
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Fate affidamento su di me con gli occhi chiusi, senza titubanze, tranquilli…sì, come il bimbo che dorme nelle braccia della sua mamma. Non siete come bimbi portati sulle braccia divine?
(Colloquio interiore n. 265)
Quando confessandoti hai esposto chiaramente le tue colpe, le tue omissioni, la tua mediocrità, mi rendi felice come se mi affidassi un tesoro!
Dal momento che un’anima si apre, il mio Spirito la invade…. senza tanto rumore ma vittoriosamente.. C’è forse qualche cosa che io non possa riparare quando mi si lascia fare?
Allora sono io che ho la gioia di ornare l’anima tua secondo i miei gusti e il mio beneplacito. (Colloquio interiore n.269
Vorrei che ciascun’anima comprendesse che l’aspetto. Che un amore immenso la aspetta al di là di questa vita, e che deve affrettarsi…purificarsi per andare incontro all’Amore e portare tutto a questo. Dovete tener ben alta la vostra luce, affinché altri la vedano e la seguano. Allora essa rischiarerà anche la vostra strada.
(Colloquio interiore n.270)
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Fb 28 giugno 2020
L’acqua migliore che ho
Chi ama la propria famiglia più di me, non è degno di me. Ma allora chi è degno di te, Signore? Con la tua altissima pretesa, che cosa vuoi da me?
Nessuno amerà mai come te, perché il tuo è il vero amore incondizionato, che anticipa, senza clausola alcuna. Padre madre fratello figlia… sono le persone a me più care, indispensabili per vivere davvero. Sono loro che ogni giorno mi spingono ad essere vero, autentico, senza ruoli. Ma la tua non è una competizione di cuori o una gara di emozioni, da cui sai che non usciresti vincitore se non presso pochi eroi, o santi o profeti dal cuore in fiamme.
E tuttavia, l’uomo non coincide con il cerchio della famiglia. Anche già per unirsi a colei che ama, l’uomo lascerà il padre e la madre! Né la buona novella, né la croce, non la vita eterna e neppure una storia di giustizia, pace o solidarietà, si spiegano interessandosi solo alla famiglia. Bisogna saper accogliere altri nel cerchio del proprio sangue, generare diversamente vita e futuro, staccarsi, perdere, spezzare l’eterna ripetizione di ciò che è già stato. Chi avrà perduto, troverà.
Perdere la vita, non significa farsi uccidere: una vita si perde solo come si perde un tesoro, donandola.
Noi possediamo, veramente, solo ciò che abbiamo donato ad altri. Come la donna di Sunem della prima lettura, che d’impulso dona al profeta Eliseo piccole porzioni di vita, piccole cose: un letto, un tavolo, una sedia, una lampada, e riceverà in cambio una vita intera, un figlio vero! Insieme alla capacità di amare molto di più.
Risento l’eco delle parole di Gesù: Chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà.
Gesù parla di una causa per cui vivere, che vale più della stessa vita. E Lui, che l’ha perduta per la causa dell’uomo, l’ha ritrovata.
Infatti il vero dramma per la persona, e tanti non ne sono consapevoli, è non avere niente e nessuno per cui valga la pena mettere in gioco e spendere la propria vita.
E a noi, spaventati dall’impegno di dare vita e di avere una causa che valga più di noi stessi, Gesù aggiunge una frase dolcissima: chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca non perderà il premio. Croce e acqua, il dare tutto e il dare quasi niente. I due estremi di uno stesso movimento, un gesto vivo, significato da quell’aggettivo così evangelico: fresca! L’acqua, fresca dev’essere! Vale a dire procurata con cura, l’acqua migliore che hai, acqua affettuosa, bella, con dentro l’eco del cuore.
La vita nell’acqua: stupenda pedagogia di Cristo, secondo cui non c’è nulla di troppo piccolo per chi vuol bene. Dove amare non equivale ad emozionarsi e a tremare per una creatura, ma si traduce con l’altro verbo che è sempre di corsa, molto semplice e concreto. Un verbo fattivo, urgente, di mani limpide e allegre come acqua fresca: il verbo dare.
Avvenire Mt 10,37-42 XIII A
p.Ermes Ronchi
Chi ama padre o madre, figlio o figlia più di me, non è degno di me.
Una pretesa che sembra disumana, a cozzare con la bellezza e la forza degli affetti, che sono la prima felicità di questa vita, la cosa più vicina all’assoluto, quaggiù tra noi.
Gesù non illude mai, vuole risposte meditate, mature e libere. Non insegna né il disamore, né una nuova gerarchia di emozioni. Non sottrae amori al cuore affamato dell’uomo, aggiunge invece un ‘di più’, non limitazione ma potenziamento. Ci nutre di sconfinamenti. Come se dicesse: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti dei tuoi cari per poter star bene, ebbene io posso offrirti qualcosa di ancora più bello.
Ci ricorda che per creare la nuova architettura del mondo occorre una passione forte almeno quanto quella della famiglia. È in gioco l’umanità nuova. E così è stato fin dal principio: per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna (Gen 2,24). Abbandono, per la fecondità. Padre e madre ‘amati di meno’, lasciati per un’altra esistenza, è la legge della vita che cresce, si moltiplica e nulla arresta.
Seconda esigenza: chi non prende la propria croce e non mi segue. Prima di tutto non identifichiamo, non confondiamo croce con sofferenza. Gesù non vuole che passiamo la vita a soffrire, non desidera crocifissi al suo seguito: uomini, donne, bambini, anziani, tutti inchiodati alle proprie croci. Vuole che seguiamo le sue orme, andando come lui di casa in casa, di volto in volto, di accoglienza in accoglienza, toccando piaghe e spezzando pane. Gente che sappia voler bene, senza mezze misure, senza contare, fino in fondo.
Chi perde la propria vita, la trova. Gioco verbale tra perdere e trovare, un paradosso vitale che è per sei volte sulla bocca di Gesù. Capiamo: perdere non significa lasciarsi sfuggire la vita o smarrirsi, bensì dare via, attivamente. Come si fa con un dono, con un tesoro speso goccia a goccia.
Alla fine, la nostra vita è ricca solo di ciò che abbiamo donato a qualcuno. Per quanto piccolo: chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca, non perderà la ricompensa. Quale? Dio non ricompensa con cose. Dio non può dare nulla di meno di se stesso. Ricompensa è Lui.
Un bicchiere d’acqua, un niente che anche il più povero può offrire. Ma c’è un colpo d’ala, proprio di Gesù: acqua fresca deve essere, buona per la grande calura, l’acqua migliore che hai, quasi un’acqua affettuosa, con dentro l’eco del cuore.
Dare la vita, dare un bicchiere d’acqua fresca, riassume la straordinaria pedagogia di Cristo. Il Vangelo è nella Croce, ma tutto il vangelo è anche in un bicchiere d’acqua fresca. Con dentro il cuore.
Nulla è troppo piccolo per il Vangelo, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.
Con lui i tuoi amori saranno custoditi più vivi e più luminosi, perché lui possiede l’arte di andare fino in fondo al voler bene. Ed è questo il significato della seconda condizione,.
Amare nel linguaggio di tutta la bibbia non indica un insieme di emozioni o di sentimenti, non riguarda la sfera affettiva, ma come sempre nella Bibbia, la sfera della fede. Gesù assimila il discepolato alla prima alleanza, al popolo che si impegna con Dio, indica l’atteggiamento della fedeltà a Dio. Amare Dio di meno significava seguire altri dei, idolatria.
Altre leggi a dettare la strada. E l’abbiamo visto dalle cronache, molte volte. Segui come dominanti le leggi della famiglia o del clan, e si arriva a ciò che i sociologi chiamano: familismo amorale. Per amore o necessità della famiglia si accetta tutto: immoralità, corruzione, violenza…
La seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Prendere la croce e prendere un destino da messia: esistere per Dio per guarire la vita.
Terza condizione: Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo . Rinuncia è liberazione da tutto ciò che impedisce il volo.
Davanti alla pretesa ‘irragionevole’ di Cristo di essere amato più di padre, madre e figli, di essere il primo nel cuore, la mia reazione è quella di pensare: ‘perché mi vuole strappare dal cerchio caldo e vitale degli affetti? Ma non è l’intenzione di Gesù, Lui riempie e poi ci nutre di sconfinamenti.
Destino ordinario è incontrare un amore, una seduzione
ma destino straordinario dell’essere umano
è incontrare seduttori non umani,
è incontrare la seduzione di Dio.
“Chi avrà dato la propria vita per causa mia la troverà”. Gesù parla di una causa per cui vivere, per cui morire, qualcosa che valga più della mia sola vita, e chi ama davvero sperimenta che l’amato vale di più della sua vita.
vale a dire non vivere in funzione dei tuoi o del tuo passato. Ebbene, questo stesso movimento è chiesto da Gesù affinché non restiamo piccoli, perché non si arresti la ruota della vita.
Ma poi sono contento di questo, poi sono fiero che la fede resti scandalosa, che rimanga qualcosa che sovverte, che va contro corrente, che non sa omologarsi. Altrimenti non ci sarà più futuro nuovo nelle nostre vite, solo ripetizione, altrimenti non si aprono frecce di luce.
Allora cerco nella Scrittura una spiegazione e il Libro del Deuteronomio me la offre. Dice: “Se la moglie che riposa sul tuo petto o l’amico che ami come te stesso ti dice in segreto: vieni, serviamo altri dei. Tu non ascoltarlo”. Per compiacere tua moglie o tuo figlio o il tuo amico, non abbandonare, non tradire il tuo Dio. Amalo di più!
Risalgo più indietro, e una spiegazione è già nel Primo Libro della Scrittura dove abbandonare il padre e la madre per unirsi a un’altra carne è già la Legge della vita. E’ la scelta necessaria per ogni uomo e per ogni donna, perché ci sia futuro, perché la vita possa crescere, moltiplicarsi, perché ci sia fecondità:
Noi tutti sappiamo bene che il mondo non coincide con il cerchio della famiglia e inserendo in questo cerchio, dolce ma insufficiente, lo spazio di Dio e della Croce, Gesù mi dice: “Prendi su di te una vita ulteriore, altre responsabilità, prendi su di te un destino che assomiglia al mio”.
Ecco, allora, il conflitto: da un lato l’umano e le sue cose, dall’altro un Nazareno e la sua Croce. Prendi la Croce, un comando che qualche volta mi angoscia, ma guardo alla Croce e vedo che essa è il luogo dove l’amore ha scritto il suo racconto più vero.
Prendi la Croce equivale a dire: accetta di amare fino in fondo. Scrive Origene: “Caritas est passio”, l’amore è passione nel doppio luminoso senso di patimento e di appassionarsi. L’amore è Croce e passione.
C’è un destino ordinario nella famiglia e questo ti fa figlio degno della vita, ma c’è un destino ulteriore che ti fa degno di Cristo.
Da un lato la mia vita, la mia gente, le mie cose e il desiderio di ricondurre tutto al frammento, all’attimo, alla dignità di esseri umani, soltanto umani e basta, con tutta la bellezza ma anche la caducità che questo comporta.
E dall’altro lato le cose che non si vedono: eternità, Dio, il dolore del mondo, amore più grande.
E’ un bellissimo conflitto tra il canto del sangue che già basta a illuminare la vita e la voce della trascendenza che abita il cuore inquieto finché non riposa in altri spazi.
Il segreto della nostra vita è oltre noi
ed è quello che Gesù dodicenne dice ai genitori: “Non sapevate che io devo interessarmi delle cose del Padre mio?”
Amare Dio, secondo il Vangelo non è una emozione in gara con altre sensazioni, non è un affetto fra gli altri.
perché sa che da questa gara emotiva non uscirebbe vincitore se non presso pochi eroi o santi, gente dal cuore in fiamme.
E poi attenzione a un egoismo “familiare”. Un amore totalizzante per la tua casa, per i tuoi, per cui nulla esiste al di fuori di essa, può farti smarrire, la bellezza, la ricchezza, la varietà, la polifonia, il gemito e la poesia della vita, tutte le altre dimensioni del cuore, della mente, dell’anima, del dolore del mondo.
Non smarrire la polifonia dell’esistenza, altrimenti sei una casa bella dentro ma con le porte e le finestre sbarrate e davanti al tuo cancello chiuso sfila la vita, passano poveri e profeti e non li vedi.
Passano angeli e bambini, passano le stagioni e le invenzioni e non li vedi.
Passa la vita e nessuno che si affacci a dare o ad accogliere.
Il verbo più usato oggi da Gesù è accogliere, l’accoglienza fa fiorire la vita. Anche accogliere la causa di Cristo moltiplica la vita:
“Chi avrà perduto la propria vita per causa mia la troverà!”
Perdere la vita non significa qui il martirio del sangue. Una vita si perde come si spende un tesoro: donandola goccia a goccia.
Noi possediamo veramente solo ciò che abbiamo donato ad altri, come la donna di Sunem, di cui parla la Prima Lettura, che dona al profeta Eliseo piccole porzioni di vita, piccole cose: un letto, un tavolo, una sedia, una lampada e riceverà in cambio una vita intera, un figlio. E la capacità di amare di più.
Lo può dire ogni madre, lo dice Dio stesso che ha amato il mondo fino a dare suo Figlio.
E imparo che anche per l’uomo il vero dramma non è la Croce o il martirio, il vero dramma è non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena dare la vita.
Amare nel Vangelo non equivale ad emozionarsi, a sentire, a tremare o trepidare per una creatura, ma si traduce sempre con un altro verbo molto semplice, molto concreto, un verbo fattivo, di mani, il verbo “dare”. “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. Non c’è amore più grande che dare la vita!”
Preghiera alla comunione
“Se uno ama il padre o la madre,
il figlio, la figlia più di me non è degno di me”.
Sei un Dio esigente, Signore, chi può dirsi degno di te?
Sei un Dio esigente, Dio della Croce,
segnale sommo lanciato al mondo,
punto ultimo in cui tutto si incrocia:
le vie del cielo, le vie del cuore, le vie della terra.
Ma so anche che sei il Dio del granello di senape,
del lucignolo fumigante,
che ha cura di due passeri,
che ci consola oggi con un bicchiere di acqua fresca,
il Dio che guarda il cuore.
Donaci, allora, Signore, di amare padre e madre,
moglie e marito e figli e amici per quello che sono:
benedizione e dono che viene da te,
salvezza che tu mi hai posto al fianco,
frammento del tuo volto.
E poi donaci di perdere la vita
come perde un tesoro: donandolo.
Amen
Chi è degno del Signore? Per tre volte oggi rimbalzerà questa domanda esigente del Vangelo, e tutti confesseremo prima della Comunione: “Signore non sono degno, nessuno lo è ma basterà una tua parola”.
E siamo qui per questo: il Signore non si merita, si accoglie
Una delle pagine più dure ed esigenti del Vangelo, una pagina illogica e quasi contro natura. Esagerato.
Gesù, sempre spiazzante, vedendo che una folla numerosa lo seguiva, anziché sentirsi gratificato per il numero dei seguaci, si volta e li mette in guardia, chiarendo bene che cosa comporti andare dietro a lui.
Gesù non illude mai, non strumentalizza entusiasmi o debolezze, vuole invece risposte meditate, mature e libere. Perché alla quantità di discepoli preferisce la qualità. E indica tre condizioni per seguirlo. Radicali.
La prima: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Gesù non instaura una competizione di sentimenti nel cuore perché sa che da questa gara emotiva non uscirebbe vincitore se non presso pochi eroi o santi, gente dal cuore in fiamme.
Ma ci ricorda che per creare un mondo nuovo quale lui sogna ci vuole una passione così forte almeno quanto quella degli amori familiari.
È in gioco un nuovo modo di concepire le relazioni umane.
Gesù scommette, punta tutto sull’amore. Ma con parole che sembrano eccessive, sembrano cozzare contro la bellezza e la forza dei nostri affetti che sono la prima felicità di questa vita.
Ma facciamo attenzione al verbo centrale su cui poggia l’architettura della frase: amare di più, e Luca: se uno non mi ama di più di suo padre, e capiamo che non di una sottrazione si tratta, ma di una addizione:
Gesù non sottrae amori, aggiunge un ‘di più’. Il discepolo è colui che sulla luce dei suoi amori stende una luce più grande. E il risultato che ottiene non è una limitazione ma un potenziamento:
Dice Gesù: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti della famiglia, io posso offrirti qualcosa di ancora più bello.
Mettere Gesù al primo posto vuol dire prenderlo come garanzia che
se stai con Lui, se lo tieni con te,
i tuoi amori saranno custoditi più vivi e più luminosi,
perché Lui possiede la chiave dell’arte di amare,
di andare fino in fondo al voler bene.
La seconda condizione che Gesù pone: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Che cosa intende per ‘la propria croce’?
Non banalizziamo la croce, non immiseriamola a semplice immagine delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, della fatica o malattia da sopportare con pace.
Nel vangelo la parola ‘croce’ contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Gesù. Croce è: amore senza misura e senza rimpianti, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, che non inganna e non tradisce. Che va fino alla fine.
Allora le due prime condizioni che Gesù pone a chi vuole seguirlo, Amare di più e portare la croce si illuminano a vicenda; portare la croce significa portare l’amore fino in fondo. Fino alla Pasqua, la vittoria.
Con le tre condizioni Gesù convoca tutta la nostra vita: raccoglie affetti, gioia e fatica, e le cose. E non per impossessarsi dell’uomo, ma per liberarlo, per regalare un’ala che lo sollevi verso più amore, più libertà, più consapevolezza. Allora nominare Cristo, parlare di vangelo equivale a confortare la vita.
Voglio ringraziarti Signore per il dono della vita,
ho letto da qualche parte
che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte nei momenti di confidenza
oso pensare che anche tu , Signore,
hai un’ala soltanto,
l’altra la tieni nascosta
forse per farmi capire
che tu non vuoi volare senza di me
Per questo mi hai dato la vita:
Perché io fossi tuo compagno di volo (Tonino Bello)
Il verbo più usato oggi da Gesù è accogliere, l’accoglienza fa fiorire la vita. Anche accogliere la causa di Cristo moltiplica la vita: “Chi avrà perduto la propria vita per causa mia la troverà!”
Perdere la vita non significa qui il martirio del sangue. Una vita si perde come si spende un tesoro: donandola goccia a goccia.
Noi possediamo veramente solo ciò che abbiamo donato ad altri,
“Chi avrà dato la propria vita per causa mia la troverà”. Gesù parla di una causa per cui vivere, per cui morire, qualcosa che valga più della mia sola vita, e chi ama davvero sperimenta che l’amato vale di più della sua vita.
il vero dramma non è morire, il vero dramma è non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena dare la vita.
Amare nel Vangelo non equivale ad emozionarsi, a sentire, a tremare o trepidare per una creatura, ma si traduce sempre con un altro verbo molto semplice, molto concreto, un verbo fattivo, di mani, il verbo “dare”. “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. Non c’è amore più grande che dare la vita!”
A noi, forse spaventati dalle esigenze di Cristo, dall’impegno di dare la vita, di avere una causa che valga più di noi stessi, Gesù aggiunge una frase dolcissima: “Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca, non perderà il premio”.
La Croce e il bicchiere: il dare tutta la vita e il dare quasi niente, sono i due estremi dello stesso movimento, dare qualcosa, un po’, tutto,. Dare, perché nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare.
Un bicchiere d’acqua, dice Gesù, un gesto così piccolo che anche l’ultimo di noi, anche il più povero può compiere. E tuttavia un gesto non banale, un gesto vivo, significato da quell’aggettivo che Gesù aggiunge, così evangelico: acqua fresca.
Acqua fresca deve essere e vale a dire l’acqua buona per la grande calura, l’acqua attenta alla sete dell’altro, procurata con cura, l’acqua migliore che hai, quasi un’acqua affettuosa con dentro l’eco del cuore.
“Dare la vita, dare un bicchiere d’acqua fresca” ecco la stupenda pedagogia di Cristo. Un bicchiere d’acqua fresca se dato con tutto il cuore ha dentro la Croce. Tutto il Vangelo è nella Croce, tutto il vangelo in un bicchiere d’acqua.
Nulla è troppo piccolo per il Vangelo, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.
Preghiera alla comunione
“Se uno ama il padre o la madre,
il figlio, la figlia più di me non è degno di me”.
Sei un Dio esigente, Signore, chi può dirsi degno di te?
Sei un Dio esigente, Dio della Croce,
segnale sommo lanciato al mondo,
punto ultimo in cui tutto si incrocia:
le vie del cielo, le vie del cuore, le vie della terra.
Ma so anche che sei il Dio del granello di senape,
del lucignolo fumigante,
che ha cura di due passeri,
che ci consola oggi con un bicchiere di acqua fresca,
il Dio che guarda il cuore.
Donaci, allora, Signore, di amare padre e madre,
(moglie e marito e figli) e amici per quello che sono:
benedizione e dono che viene da te,
salvezza che tu mi hai posto al fianco,
frammento del tuo volto.
E poi donaci di perdere la vita
Come si perde un tesoro: donandolo.
Amen
Messaggio di Medjugorje del 25 maggio 2020 a Marija
Cari Figli! Pregate con Me per la vita nuova di tutti voi. Figlioli, nei vostri cuori sapete cosa deve cambiare: ritornate a Dio ed ai Suoi Comandamenti affinché lo Spirito Santo possa cambiare le vostre vite ed il volto di questa terra, che ha bisogno del rinnovamento nello Spirito.
Figlioli, siate preghiera per tutti coloro che non pregano, siate gioia per tutti coloro che non vedono una via d’uscita, siate portatori della luce nelle tenebre di questo tempo inquieto.
Pregate e chiedete l’aiuto e la protezione dei santi affinché anche voi possiate bramare il cielo e le realtà celesti. Io sono con voi e vi proteggo e vi benedico tutti con la mia benedizione materna.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
Se volete essere aggiornati sui nuovi video che realizzo (più di 2800) iscrivetevi al mio canale youtube “UNIVERSO INTERIORE piaipier”: http://www.youtube.com/user/piaipier Chi desidera può diventare membro della confraternita “COMUNIONE DEI SANTI” (può così ricevere e dare solidarietà nella preghiera tra i membri). Basta iscriversi al canale “UNIVERSO INTERIORE piaipier”:
Pur se fisicamente lontani, noi crediamo che i battezzati sono uniti tra loro da una comunione spirituale che è tenuta viva dallo Spirito Santo.
Questa è una comunione forte perché supera tutte le barriere; supera addirittura la barriera della morte. Grazie ad essa infatti noi siamo sempre uniti a Gesù, a Maria, ai nostri cari defunti. È come il filo elettrico attraverso cui trasmettere la nostra preghiera fino al cuore di Gesù e al cuore di Maria, la Madre a cui ci stiamo rivolgendo sempre più intensamente. Trasmette anche la preghiera di suffragio per i nostri defunti. Essi sentono il nostro ricordo e la nostra preghiera e ce ne sono riconoscenti, perché non li abbandoniamo anche se alcuni di loro, come capita in questo tempo, affrontano il passo della morte senza aver vicino le persone care.
Oltre che con la preghiera, troviamo altri modi per interessarci gli uni degli altri usando i diversi mezzi di comunicazione. Il tempo dell’emergenza si allunga e cresce, di conseguenza, per molte persone il peso della solitudine.
Tanti, poi, sono in ansia per la malattia di qualche loro caro che spesso costringe alla quarantena l’intera parentela. Aumenterà, inoltre, il numero di persone e di famiglie che si ritroveranno in ristrettezze economiche, con i bisogni primari da soddisfare. Nessuno allora nelle nostre comunità sia perso di vista! Se rafforzeremo la solidarietà tra di noi, usciremo da questo tempo di prova avendo sconfitto un altro virus malefico: il virus morale dell’individualismo.
Come cristiani siamo chiamati ad osservare con gli occhi della fede gli imprevedibili avvenimenti che stanno travolgendo il mondo. Dio è presente e vuol dirci una parola per la nostra salvezza.
Nel Vangelo troviamo questo sofferto rimprovero: “ Sapete interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?” (Mt 5,25). Quali segnali ci sta lanciando lo Spirito del Signore? In questo tempo stiamo tutti lottando, alcuni anche eroicamente, contro il virus che ci minaccia di morte fisica.
È un’impresa benemerita che Gesù fece per primo restituendo a Lazzaro la vita fisica e gli affetti delle sorelle e degli amici. La Parola di Dio, però, ci invita ad accorgerci che ognuno di noi ha tendenza a rinchiudersi in un’altra tomba, quella dell’egoismo. L’egoista è uno che tende a rinchiudersi in se stesso. Non tiene lo sguardo aperto verso gli altri perché è rivolto a soddisfare solo i propri bisogni, tornaconti e interessi.
Non tralascia se stesso per donarsi, ma usa gli altri per soddisfare la propria insaziabile sete di piacere, la voglia di possedere e di consumare. Si riduce, così, alla solitudine e il cuore diventa per lui come una tomba. È la morte della sua anima, peggiore della morte del corpo, perché segna il fallimento di tutta l’esistenza. Ebbene, Gesù ha donato tutto se stesso, fino all’ultima goccia di sangue, per strapparci da questa terribile tomba che è la stessa in cui si è rinchiuso il diavolo. E per far entrare in noi il suo Spirito, realizzando una vera “trasfusione” di amore nel nostro cuore.
Così lo trasforma da tomba a tempio santo, in grado di ospitare in sé tanti altri fratelli. Questa è la risurrezione che ha generato i santi e ha cambiato il mondo. Chi la vive è già nella vita eterna perché la morte fisica sarà il passaggio per entrare nella Comunione dell’Amore con Gesù, Maria e tutti i santi.
+ Andrea Bruno Mazzocato Arcivescovo di Udine Udine,
23 marzo 2020
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Se sei iscritto, qualora lo desiderassi, fai parte della “CONFRATERNITA della COMUNIONE DEI SANTI” beneficiando delle preghiere di tutti i membri.
Ognuno di noi non è mai del tutto solo, se apre il suo cuore alla Trascendenza
Il Padre Celeste che ti ha creato ti ama e ti ha sempre in mente senza dimenticarsi di te per un solo istante..
Il Figlio, Gesù Cristo, è sempre pronto a salvarti perché si è incarnato ha sofferto ed è morto sulla croce anche per te.
Lo Spirito Santo, Amore, continua a sostenerti tramite i suoi doni.
Maria, tua Madre Celeste, ti segue sempre e desidera la tua salvezza..
L’angelo custode ti assiste in ogni momento, anche quando non ti ricordi di Lui.
Il tuo santo protettore intercede continuamente per te insieme agli altri santi.
Tra il prossimo ci sono persone che pregano per te, anche se non lo sai..
Non disperare mai, ma confida sempre nel Signore, Amore Onnipotente!
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi Santa Famiglia – Anno A – 2019 Giuseppe, un padre concreto e sognatore Vangelo – (Matteo 2,13-15.19-23) I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». […] Il Vangelo racconta di una famiglia guidata da un sogno. Oggi noi, a distanza, vediamo che il personaggio importante di quelle notti non è Erode il Grande, non è suo figlio Archelao, ma un uomo silenzioso e coraggioso, concreto e sognatore: Giuseppe, il disarmato che è più forte di ogni Erode. E che cosa fa Giuseppe? Sogna, stringe a sé la sua famiglia, e si mette in cammino. Tre azioni: seguire un sogno, andare e custodire. Tre verbi decisivi per ogni famiglia e per ogni individuo; di più, per le sorti del mondo. Sognare è il primo verbo. È il verbo di chi non si accontenta del mondo così com’è. Un granello di sogno, caduto dentro gli ingranaggi duri della storia, è sufficiente a modificarne il corso. Giuseppe nel suo sogno non vede immagini, ascolta parole, è un sogno di parole. È quello che è concesso a ciascuno di noi, noi tutti abbiamo il Vangelo che ci abita con il suo sogno di cieli nuovi e terra nuova. Nel Vangelo Giuseppe sogna quattro volte (l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio) ma ogni volta l’angelo porta un annunzio parziale, ogni volta una profezia breve, troppo breve; eppure per partire e ripartire, Giuseppe non pretende di avere tutto l’orizzonte chiaro davanti a sé, ma solo tanta luce quanta ne basta al primo passo, tanto coraggio quanto serve alla prima notte, tanta forza quanta basta per cominciare. Andare, è la seconda azione. Ciò che Dio indica, però, è davvero poco, indica la direzione verso cui fuggire, solo la direzione; poi devono subentrare la libertà e l’intelligenza dell’uomo, la creatività e la tenacia di Giuseppe. Tocca a noi studiare scelte, strategie, itinerari, riposi, misurare la fatica. Il Signore non offre mai un prontuario di regole per la vita sociale o individuale, lui accende obbiettivi e il cuore, poi ti affida alla tua libertà e alla tua intelligenza. Il terzo verbo è custodire, prendere con sé, stringere a sé, proteggere. Abbiamo il racconto di un padre, una madre e un figlio: le sorti del mondo si decidono dentro una famiglia. È successo allora e succede sempre. Dentro gli affetti, dentro lo stringersi amoroso delle vite, nell’umile coraggio di una, di tante, di infinite creature innamorate e silenziose. «Compito supremo di ogni vita è custodire delle vite con la propria vita» (Elias Canetti), senza contare fatiche e senza accumulare rimpianti. Allora vedo Vangelo di Dio quando vedo un uomo e una donna che prendono su di sé la vita dei loro piccoli; è Vangelo di Dio ogni uomo e ogni donna che camminano insieme, dietro a un sogno. Ed è Parola di Dio colui che oggi mi affianca nel cammino, è grazia di Dio che comincia e ricomincia sempre dal volto di chi mi ama. (Letture: Siracide 3, 3-7.14-17; Salmo 127; Colossesi 3,12-21; Matteo 2,13-15.19-23) https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/giuseppe-un-padre-concretoe-sognatore “Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto” (Matteo 2,13-15.19-23) … vedo Vangelo di Dio quando vedo un uomo e una donna che prendono su di sé la vita dei loro piccoli; è Vangelo di Dio ogni uomo e ogni donna che camminano insieme, dietro a un sogno. Ed è Parola di Dio colui che oggi mi affianca nel cammino, è grazia di Dio che comincia e ricomincia sempre dal volto di chi mi ama. (Ermes Ronchi) https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/giuseppe-un-padre-concretoe-sognatore · Per gli amici dei social
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Domenica degli inizi, delle cose nuove, di un Dio che non desiste e non ci molla.
Domenica che è come una scossa, un bagliore di speranza dentro il giro lento dei giorni.
Il Vangelo ci mette davanti al più grande atto di fede di Dio nell’uomo.
Adamo ed Eva non si erano fidati di Dio, pensavano che li stesse imbrogliando, negando loro il meglio, cioè diventare come Dio, dominare l’universo: si era lacerata l’alleanza. Lui ha provato a ricucire, molte volte. E “Un giorno, Dio sempre così originale e spiazzante nelle sue trovate, rovescerà in questo modo la questione: l’uomo e la donna non si sono fidati di Dio? Ebbene Dio si fiderà di loro, inventandosi l’Incarnazione.
Si fiderà a tal punto da consegnarsi nelle loro mani inerme, vulnerabile, bisognoso e incapace di tutto, un bimbetto che piange. Si fida, e Miriam, la ragazzina, dice sì e impara a fare la madre” (M. Marcolini).
E Giuseppe, l’uomo innamorato e ferito da dubbi si fida e si mette a servizio di quei due, con le sue mani callose e con i suoi sogni.
Il filo che rammenda lo strappo nella trama d’amore tra Dio e l’uomo si chiama fiducia.
Noi eravamo persi. Non riuscivamo a trovare Dio, ci abbiamo provato con patriarchi, re, profeti, matriarche, ma ci siamo persi, non si trovava la strada giusta.
Succede come quando il navigatore ti molla, in auto, in mezzo al nulla, o a un labirinto di orme e di stradine, vado a destra o a sinistra?… Sono inutili le spiegazioni che chiedi al telefono, a uno lontano, magari a quello che stai andando a trovare. Non vi capite. L’unica soluzione è che venga lui a recuperarti.
Così con noi, è stato Dio a prendere in mano la situazione, è come se dicesse: ho capito che non ce la fate, fermi, restate lì dove siete, vengo io, vi raggiungo io. Ed è l’Incarnazione! Una storia piena di inizi, di novità.
E sceglie una ragazzina, in un paese di grotte, e gli manda l’angelo migliore che ha, Gabriele.
Che vola via dal tempio, sbatte le ali sulla non-fede di Zaccaria, che senza prove non crede che avrà un figlio, alla età sua e della moglie.
L’angelo vola via dalle spianata immensa del tempio e atterra in un monolocale, una mezza grotta con un muretto a secco davanti, in un paese sconosciuto alla bibbia.
Straordinario e sorprendente viaggio: dal sacerdote ad una laica,
dall’anziano a una adolescente,
dalla Città santa a un villaggetto polveroso, nella meticcia Galilea,
dai candelabri d’oro del tempio a una cucina fra pentole e telai,
dal sacro al quotidiano.
Il cristianesimo non inizia al tempio, ma in una casa.
L’angelo Gabriele entrò da lei.
È la prima volta che Dio si rivolge ad una donna nella bibbia.
La prima volta che un angelo saluta una donna, non si faceva, non si salutavano le donne. E che saluto: Rallegrati, gioisci, sii felice. Non le dice: fai questo o quello, inginocchiati, prega, vai o resta. Semplicemente apriti alla gioia come una porta che si spalanca al sole.
Dio è con te. Una espressione forte, che avrebbe dovuto mettere in guardia la ragazza, perché quando Dio dice queste parole, io sono con te, accade che sta affidando a quella persona un compito bellissimo ma arduo (R Virgili), bello ma difficile, come a Mosè a Gedeone.
Maria, avrai un figlio, tuo e di Dio, di terra e di cielo.
Gli darai nome Gesù. E’ la prima volta: nella bibbia mai madre aveva il diritto di dare il nome al figlio, solo il padre.
Ma la ragazza, pronta, intelligente e matura, non si nasconde, dialoga, obbietta, argomenta: spiegami, dimmi come avverrà questo.
E l’angelo: ma è l’infinito che si fa una goccia di sangue, l’immenso che si comprime nel tuo utero, che cosa importa il come! È la luce generante che entra e si aggrappa al tuo grembo buio. Che importa come avverrà?
E tuttavia Gabriele riprende a spiegare l’inspiegabile, a rassicurala, parla di Spirito Santo come all’origine dell’universo, di una nuvola sulla tenda come nel deserto, la invita a pensare in grande, più in grande che può. Fidati, sarà Dio a trovare il come. L’ha trovato anche per Elisabetta. Gabriele fa risuonare anche la voce calda del libro della vita e degli affetti.
L’angelo ha dato l’annuncio, e ora aspetta. Il quel momento tutto l’universo si è fermato, scrive san Bernardo, il fiume ha smesso di scorrere, gli agnelli hanno alzato la testa dal prato, gli uccelli si sono fermati in mezzo al cielo, l’aria si è fatta immobile, in attesa della risposta di Maria.
Noi, io, cosa avremmo risposto? Lasciami pensare, ci dormo sopra stanotte; ne parlo con il mio direttore spirituale, o con il mio psicoterapeuta o almeno con mio marito. Un giorno soltanto.
Invece la ragazzina, forse quattordici anni, in piena incoscienza, dice:
sì, io ci sono, io ci sto, io non scappo.
E se noi siamo qui oggi, se io vi sto parlando, se abbiamo qualche volta ritrovato speranza, se abbiamo avviato cammini interiori, è per quel sì di una adolescente (P. Curtaz).
Per quel sì siamo qui noi, oggi, tutti debitori a lei.
Se possiamo dirci cristiani è per la fede e il coraggio, per la libertà e lo slancio, di quella ragazzina galilea, appena donna, appena sposa.
Ha detto: sì, sono la serva del Signore. Nella bibbia la serva non è “la domestica, la donna di servizio”. Serva del re è la regina, la seconda dopo il re, la prima collaboratrice: Tu sei il Dio dell’alleanza, e io tua alleata, il tuo progetto sarà il mio, la tua storia la mia storia.
Sono la serva, sono l’alleata del Signore delle alleanze.
Invece del vittimismo vecchio di Adamo, invece del dare sempre la colpa agli altri, invece di guardare a tutto ciò che si è rovinato nella nostra vita, a tutte le cose mancate o interrotte, proviamo a dire “sì”, ad allearci con il Dio che fa alleanza con tutto ciò che vive, a fare della nostra vita un “sì”, uno sgorgare, uno sprigionarsi di alleanze, a benedizione del mondo.
Come quello di Maria, anche il nostro “sì” al progetto di Dio può cambiare la storia; anche noi possiamo segnare nascite sul libro della vita, tracciare alleanze sul calendario della storia.
Non temere, nulla è impossibile a Dio.
E’ possibile che una Vergine generi;
che la Parola torni dall’esilio
e si faccia vagito di neonato;
che dentro il buio di un grembo venga la luce vera.
E’ possibile che la donna peccatrice non venga lapidata ma perdonata; che Lazzaro esca dopo tre giorni dalla tomba e le sue bende siano intrise delle lacrime di Dio; è possibile che il Figlio prodigo sia accolto con una festa. E’ possibile l’impossibile: porgere l’alta guancia, perdonare settanta volte sette, amare i nemici, morire d’amore e risorgere. E’ possibile in questo mondo di disgrazia trovare grazia. Perché Dio è venuto ed è qui.
Gli angeli tornano ancora; ogni giorno se guardi bene vedrai un volo d’angeli attorno alla tua casa; tornano a dirci questo: fidati, l’impossibile è diventato possibile!
Santa Maria: con quel nome sulla chiglia
i padri salpavano
verso mari dai flutti giganti.
Anch’io lo scrivo a prua
della fragile barca che è
la mia vita
e ti chiamo
ti chiamo, santa Maria.
E fioriranno sempre
coraggio e meraviglia.
Giovanni Angelo Abbo (Donna di terra e di cielo, p. 12).
Il vangelo comincia così ed è questo: l’uscita di Dio dal sacro e il suo incarnarsi nel quotidiano.
Il tempio è sterile, è il deserto di Dio, la morte di Dio.
Luca fa ruotare, in una rivoluzione copernicana, la religione giudaica fino a che non diventi cristiana:
– il centro del futuro non è più il tempio ma la casa.
– Dal sacerdozio maschile alla laicità delle donne.
– Dal clericalismo, all’uguaglianza dei ruoli
– Dal nazionalismo giudaico alla Galilea delle genti, che è l’incubatrice del nuovo. Il centro conserva, la periferia innova.
Commento al Vangelo – pubblicato su Avvenire – A cura di Padre Ermes Ronchi
XXIII Dom. T.O. anno C – 2019
Rinunciare a ciò che ci impedisce di volare
Vangelo – Luca 14,25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. […]»
Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre… e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Gesù non instaura una competizione di sentimenti per le sue creature, perché sa che da questa ipotetica gara di emozioni non uscirebbe vincitore, se non presso pochi eroi o santi, dalla fede di fiamma. Ci ricorda invece che per creare un mondo nuovo, quello che è il sogno del Padre, ci vuole una passione forte almeno quanto quella degli amori familiari. È in gioco un nuovo modo di vivere le relazioni umane: mentre noi puntiamo a cambiare l’economia, Gesù vuole cambiare l’uomo. Lo fa puntando tutto sull’amore, e con parole che sembrano eccessive, sembrano cozzare contro la bellezza e la forza degli affetti, perché la felicità di questa vita non sappiamo dove pesarla se non sul dare e sul ricevere amore.
Ma il verbo centrale su cui poggia la frase è: se uno non «ama di più». Allora non di una sottrazione si tratta, ma di una addizione. Gesù non sottrae amori, aggiunge un «di più». Il discepolo è colui che sulla bellezza dei suoi amori stende una più grande bellezza. E il risultato non è una sottrazione ma un potenziamento, non una esclusione ma una aggiunta: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti della famiglia, ebbene io posso offrirti qualcosa di ancora più bello e vitale. Gesù è la garanzia che i tuoi amori saranno più vivi e più luminosi, perché Lui possiede la chiave dell’arte di amare.
Seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me… La croce: e noi la pensiamo metafora delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, di una malattia da sopportare, o addirittura del perdere la vita. In realtà la vita si perde come si spende un tesoro: donandola goccia a goccia. Per cui il vero dramma non è morire, ma non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena spendere la vita.
Nel Vangelo la croce è la sintesi dell’intera storia di Gesù: amore senza misura, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, non inganna e non tradisce. Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami.
Terza condizione: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Perché la tua vita non dipende dai tuoi beni, «un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua pelle, ma per la qualità dei suoi sentimenti. Un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi). Gesù chiede sì una rinuncia, ma a ciò che impedisce il volo. Chi lo fa, scopre che «rinunciare per Te è uguale a fiorire» (M. Marcolini).
(Letture: Sapienza 9,13-18; Salmo 89; Filemone 1,9-10.12-17; Luca 14,25-33)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/rinunciarea-cio-checi-impediscedi-volare
Da un momento all’altro ognuno di noi potrebbe essere chiamato dal Signore per la Vita Eterna.
Siamo davvero pronti? Innazittutto bisognerebbe vivere con questa consapevolezza, che cioè la vita terrena è solo un passaggio brevissimo e che la nostra vera meta è il Regno dei Cieli, dove riceveremo l’abbraccio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insieme a tutti i nostri cari defunti redenti ed agli angeli.
Per poter vivere serenamente così bisognerebbe confessarci spesso e frequentare l’Eucaristia, chiedendo sempre l’aiuto al Signore, perché senza di Lui non possiamo fare nulla.
Per conoscere quello che dovremmo fare ogni giorno chiediamo l’illuminazione allo Spirito Santo e l’ausilio della Madre Celeste, dei Santi e degli angeli.
Non dimentichiamo che il Padre, insieme al Figlio ed allo Spirito Santo sono in continuo ascolto, perché da noi attendono sempre una risposta d’amore. Alla fine della nostra vita terrena Dio guarda le nostre buone intenzioni e le buone opere, perché su di esse è basato il Regno dei Cieli aperto per noi grazie al sacrificio del Figlio Gesù Cristo.
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Nel mondo d’oggi vi è così poca fede che o si spera troppo o si dispera.
Vi son persone che dicono: “Ho fatto troppi peccati, Dio non mi può perdonare!”.
È questa una grave bestemmia; è stabilire un limite alla divina misericordia, che, essendo infinita, non conosce limiti.
Se aveste fatto tanto male, quanto ne occorre per trarre in perdizione una parrocchia intera, se vi confessate e vi pentite del male commesso e proponete di non ricadervi, Dio vi perdona.
Figliuoli miei, Dio è tanto sollecito nell’accordarci il perdono che gli chiediamo quanto una madre è premurosa di strappare dal fuoco il proprio bambino.
Viviamo dunque in pace, sul seno di questa buona Provvidenza, che si prende tanta cura dei nostri bisogni. Dio ci ama più che il migliore dei padri, più che la più tenera fra le madri.
Non ci resta che sottometterci con cuore figliale ed abbandonarci alla sua volontà.
(Santo Curato d’Ars)
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MESSAGGIO DELLA REGINA DELLA PACE DEL 2 aprile 2019
Cari figli, come Madre che conosce i suoi figli, so che anelate a mio Figlio. So che anelate alla verità, alla pace, a ciò che è puro e non è falso. Per questo io, come Madre, mediante l’amore di Dio, mi rivolgo a voi e vi invito affinché, pregando con cuore puro ed aperto, conosciate da voi stessi mio Figlio, il suo amore, il suo Cuore misericordioso.
Mio Figlio vedeva la bellezza in tutte le cose. Egli cerca il bene, perfino quello piccolo e nascosto, in tutte le anime, per perdonare il male. Perciò, figli miei, apostoli del mio amore, vi invito ad adorarlo, a ringraziarlo continuamente e ad esserne degni.
Perché lui vi ha detto parole divine, le parole di Dio, le parole che sono per tutti e per sempre. Perciò, figli miei, vivete la letizia, la serenità, l’unità e l’amore reciproco.
Questo è quello che vi è necessario nel mondo di oggi: così sarete apostoli del mio amore, così testimonierete mio Figlio nel modo giusto.
Vi ringrazio.
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Infatti, essendo Tempio dello Spirito Santo, hai la sua amicizia, quella del Padre Celeste che ti ha creato e quella di Gesú che ti salva, cioè la Santissima Trinità che ti ama in modo unico ed irripetibile.
Inoltre, hai sempre accanto l’angelo custode, il quale ha l’incarico di proteggerti e di condurti verso la via della Verità e della Giustizia.
Hai accanto a te anche i tuoi santi protettori, specialmente la loro Regina, Maria Santissima, la quale é la tua Madre Celeste che ti ascolta sempre e ti ama particolarmente.
Le anime dei cari defunti salvati, oltre ad intercedere continuamente per te, possono anche avere da Dio il compito di proteggerti e di suggerirti la via del bene, perché in Paradiso ti attendono e non smettono mai di amarti molto di più di quanto ti amavano sulla terra.
Se credi in tutto questo non ti sentirai mai solo!
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
GUARIRE LA MENTE PER GUARIRE IL CORPO: http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA SPIRALE DELLA VITA (riedizione) : http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
L’ANIMA ESISTE ED È IMMORTALE ed. Segno http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
“LA FORZA DELLA FRAGILITÀ” ed.Segno (In questo mio libro troverete preghiere per molti stati d’animo e situazioni personali) http://www.edizionisegno.it/libro.asp….
VERSO L’ETERNITÀ (commenti su 4 anni di messaggi della Regina della Pace) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA STIMMATIZZATA DI UDINE (Storia autentica di Raffaella Lionetti, dotata di speciali carismi) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
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CONCETTA BERTOLI – La donna che vide la terza guerra mondiale http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
IL RESPIRO DELL’ANIMA INNAMORATA (con disegni di Perla Paik) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
MARCELLO TOMADINI il pittore fotografo dei lager https://www.edizionisegno.it/libro.as…
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GESÙ CHIEDE TOTALE FIDUCIA IN LUI (nel “Colloquio interiore” di suor Maria della Trinità) https://www.edizionisegno.it/libro.as…
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MESSAGGIO DELLA REGINA DELLA PACE DEL 2 MARZO 2019
“Cari figli,vi chiamo apostoli del mio amore. Vi mostro mio Figlio, che è la vera pace ed il vero amore.
Come Madre, mediante la grazia divina, desidero guidarvi a lui. Figli miei, per questo vi invito ad osservare voi stessi partendo da mio Figlio, a guardare a lui col cuore ed a vedere col cuore dove siete voi e dove sta andando la vostra vita.
Figli miei, vi invito a comprendere che vivete grazie a mio Figlio, mediante il suo amore e il suo sacrificio.
Voi chiedete a mio Figlio di essere clemente con voi, ma io invito voi alla misericordia. Gli chiedete di essere buono con voi e di perdonarvi, ma da quanto tempo io prego voi, miei figli, di perdonare ed amare tutti gli uomini che incontrate!
Quando capirete col cuore le mie parole, comprenderete e conoscerete il vero amore, e potrete essere apostoli di quell’amore, miei apostoli, miei cari figli.
Vi ringrazio!”.
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Santa Famiglia – anno C – 2018
La Famiglia di Nazaret «scuola» di amore
Vangelo – Lc 2, 41-52
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Commento di p.Ermes
Maria e Giuseppe cercano per tre giorni il loro ragazzo: figlio, perché ci hai fatto questo? tuo padre e io angosciati ti cercavamo. La famiglia di Nazaret la sentiamo vicina anche per questa sua fragilità, perché alterna giorni sereni, tranquilli e altri drammatici, come accade in tutte le famiglie, specie con figli adolescenti, come era Gesù.
Maria più che rimproverare il figlio, vuole capire: perché ci hai fatto questo? Perché una spiegazione c’è sempre, e forse molto più bella e semplice di quanto temevi. Un dialogo senza risentimenti e senza accuse: di fronte ai genitori, che ci sono e si vogliono bene – le due cose che importano ai figli- c’è un ragazzo che ascolta e risponde. Grande cosa il dialogo, anche faticoso: se le cose sono difficili a dirsi, a non dirle diventano ancora più difficili.
Non sapevate che devo occuparmi d’altro da voi? I figli non sono nostri, appartengono a Dio, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Un figlio non deve impostare la propria vita in funzione dei genitori, è come fermare la ruota della creazione.
Non lo sapevate? Ma come, me lo avete insegnato voi il primato di Dio! Madre, tu mi hai insegnato ad ascoltare angeli! Padre, tu mi hai raccontato che talvolta la vita dipende dai sogni, da una voce: alzati prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.
Ma essi non compresero. E tuttavia Gesù tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. C’è incomprensione, c’è un dolore che pesa sul cuore, eppure Gesù torna con chi non lo capisce. Afferma: Io ho un altro Padre e tuttavia sta con questo padre. E cresce dentro una famiglia santa e imperfetta, santa e limitata. Sono santi i tre, sono profeti, eppure non si capiscono. E noi ci meravigliamo di non capirci nelle nostre case?
Si può crescere in bontà e saggezza anche sottomessi alla povertà del mio uomo o della mia donna, ai perché inquieti di mio figlio, ai limiti dei genitori.
Gesù lascia il tempio e i maestri della Legge e va con Giuseppe e Maria, maestri di vita; lascia gli interpreti dei libri, e va con chi interpreta la vita, il grande Libro. Per anni impara l’arte di essere uomo guardando i suoi genitori vivere.
Da chi imparare la vita? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci o regole alla mia vita, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformare le mie ali, le cureranno, le allungheranno. Mi daranno la capacità di volare. Di seguire lo Spirito, il vento di Dio.
La casa è il luogo del primo magistero, dove i figli imparano l’arte più importante, quella che li farà felici: l’arte di amare.
(Letture: 1 Samuele 1,20-22.24-28; Salmo 83; 1 Giovanni 3,1-2.21-24; Luca 2,41-52)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/la-famigliadi-nazaret-scuola-di-amore
Gesù è il Figlio di Dio, il Dio incarnato, il quale da uomo è vissuto come noi, ha patito, è morto ed è risorto.
Egli è sempre vivo in mezzo a noi ed ascolta ogni uomo che lo invoca.
Egli è pronto a perdonare i nostri peccati attraverso il Sacramento della Confessione.
Ci nutre con la Santa Eucaristia ed è il nostro punto di riferimento principale, perché ci invia lo Spirito Santo per farci crescere spiritualmente e condurci al Padre per tutta l’Eternità.
È Gesù che ci disseta quando abbiamo sete di infinito.
È Lui che ci rende immortali. Egli ci ama sempre di un amore infinito. Da chi andremo senza di Lui?
Per questo Egli è davvero il Re della Pace come dice sua madre, la Regina della Pace: “Cari figli! Vi porto mio Figlio Gesù che è il Re della pace. Lui vi dona la pace, che questa pace non sia solo per voi, figlioli, ma portatela agli altri nella gioia e nell’umiltà.”
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
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La funzione di ognuno di noi in questa vita terrena è importante per la crescita interiore della nostra persona e quella degli altri. Ma la vera crescita interiore avviene nel distacco.
Un insegnante dovrà rendersi inutile per i propri allievi, come dovrà esserlo un medico per i suoi pazienti ecc. Persino la madre ed il padre dovranno essere assenti nei confronti dei figli, i quali vengono staccati gradualmente dal “cordone ombelicale”.
Ed è in questa assenza attiva che si afferma meglio la loro presenza, perché lasciano ciò che sono stati, affinché i figli trovino la loro vera identità.
Nei Vangeli l’assenza del Padre è ben evidenziata nel momento della morte di Gesù: “Padre, perché mi hai abbandonato?”
Ma proprio in quel momento il Padre manifesta la sua assenza attiva per donarci lo Spirito Santo attraverso il Figlio che muore…
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
L’arte divina della compassione per restare umani
XVI Domenica – Tempo ordinario – Anno B – 2018
Vangelo – Marco 6, 30-34
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
C’era tanta gente che andava e veniva che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù allora mostra una tenerezza di madre nei confronti dei suoi discepoli: andiamo via, e riposatevi un po’. Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza dei suoi. Non si ferma a misurare i risultati ottenuti nella missione appena conclusa, per lui prima di tutto viene la persona, la salute profonda del cuore.
Più di ciò che fai, a lui interessa ciò che sei: non chiede ai dodici di pregare, di preparare nuove missioni o affinarne il metodo, solo li conduce a prendersi un po’ di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È il gesto d’amore di uno che vuole loro bene e li vuole felici. Come suggerisce questo testo molto noto:
Prenditi tempo per pensare / perché questa è la vera forza dell’uomo
Prenditi tempo per leggere /perché questa è la base della saggezza
Prenditi tempo per pregare /perché questo è il maggior potere sulla terra
Prenditi tempo per ridere /perché il riso è la musica dell’anima
Prenditi tempo per donare /perché il giorno è troppo corto per essere egoista
Prenditi tempo per amare ed essere amato/perché questo è il privilegio dato da Dio
Prenditi tempo per essere amabile / perché questo è il cammino della felicità.
Prenditi tempo per vivere!
(autore da ricercare)
E quando, sceso dalla barca vide la grande folla, provò compassione per loro. Appare una parola bella come un miracolo, filo conduttore dei gesti di Gesù: l’arte della compassione. Che è detta con un termine che evoca le viscere, un crampo nel ventre, un graffio, un’unghiata sul cuore. Che lo coinvolge. Gesù è preso fra due compassioni in conflitto: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E cambia i suoi programmi: si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. «Venite in disparte, con me», aveva detto. «Poi torneremo tra la gente con un santuario rinnovato di bellezza e generosità». E i suoi osservano e imparano ancora più a fondo il cuore di Dio: Dio altro non fa che eternamente considerare ogni suo figlio più importante di se stesso.
Stai con Gesù, lo guardi agire e lui ti offre il primo insegnamento: come guardare, prima ancora di come agire. E lo consegna ai dodici apostoli: prima ancora delle parole insegna uno sguardo che abbraccia, che ha compassione e tenerezza. Poi, le parole verranno e sapranno di cielo.
Se ancora c’è sulla terra chi ha l’arte divina della compassione, chi si commuove per l’ultimo uomo, allora questa terra avrà un futuro, allora c’è ancora speranza di restare umani, di arrestare questa emorragia di umanità, questo dominio delle passioni tristi.
(Letture: Geremia 23, 1-6; Salmo 22; Efesini 2,13-18; Marco 6, 30-34)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/l-arte-divina-della-compassione-per-restare-umani
Commento al Vangelo domenica 22 luglio – p.Ermes – L’arte divina della compassione per restare umani
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Gesù, fuori dagli schemi anche per i suoi parenti
X Domenica – Tempo ordinario – Anno B
In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito […].
Da sud, dalla Giudea, arriva una commissione d’inchiesta di teologi. Dalle colline di Galilea scendono invece i suoi, per portarselo via. Sembra una manovra a tenaglia contro quel sovversivo, quel maestro fuori regola, fuorilegge, che ha fatto di Cafarnao il suo quartier generale, di dodici ragazzi che sentono ancora di pesce il suo esercito, di una parola che guarisce la sua arma.
È la seconda volta che il clan di Gesù scende da Nazaret al lago, questa volta hanno portato anche la madre; vengono a prenderselo: È fuori di sé, è impazzito. Sta dicendo e facendo cose sopra le righe, contro il senso comune, contro la logica semplice di Nazaret: sinagoga, bottega e famiglia.
Dalla commissione d’inchiesta Gesù riceve il marchio di scomunicato: figlio del diavolo.
Eppure la pedagogia di Gesù ancora una volta incanta: ma egli li chiamò, chiama vicino quelli che l’hanno giudicato da lontano; parla con loro che non si sono degnati di rivolgergli la parola, spiega, cerca di farli ragionare. Inutilmente. Gesù ha nemici, lo vediamo, ma lui non è nemico di nessuno. Lui è l’amico della vita.
Sua madre e i suoi fratelli e le sue sorelle e stando fuori mandarono a chiamarlo. Il Vangelo di Marco, così concreto e asciutto, ci rimette con i piedi per terra, dopo le ultime grandi feste, Pasqua, Pentecoste, Trinità, Corpo e Sangue di Cristo. Il Vangelo riparte dalla casa, dal basso: non nasconde, con molta onestà, che durante il ministero pubblico di Gesù, le relazioni con la madre e tutta la famiglia sono segnate da contrapposizioni e distanza. Riferisce anzi uno dei momenti più dolorosi della vita di Maria: chi è mia madre? Parole dure che feriscono il cuore, quasi un disconoscimento: donna, non ti riconosco più come mia madre… L’unica volta che Maria appare nel Vangelo di Marco è immagine di una madre che non capisce il figlio, che non lo favorisce. Lei che poté generare Dio, non riuscì a capirlo totalmente. La maggior familiarità non le risparmiò le maggiori incomprensioni.
Contare sul Messia come su uno della famiglia, averlo a tavola, conoscere i suoi gusti, non le rese meno difficile la via della fede. Anche lei, come noi, pellegrina nella fede.
Gesù non contesta la famiglia, anzi vorrebbe estendere a livello di massa le relazioni calde e buone della casa, moltiplicarle all’infinito, offrire una casa a tutti, accasare tutti i figli dispersi: Chi fa la volontà del Padre, questi è per me madre, sorella, fratello…
Assediato, Gesù non si ferma, non torna indietro, prosegue il suo cammino. Molta folla e molta solitudine. Ma dove lui passa fiorisce la vita. E un sogno di maternità, sorellanza e fraternità al quale non può abdicare.
(Letture: Genesi 3,9-15; Salmo 129; 2 Corinzi 4,13-5,1; Marco 3,20-35)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/gesu-fuori-dagli-schemi-anche-per-i-suoi-parenti
Maria ss.ma Madre di Dio
OTTAVA DEL NATALE
Giornata mondiale della Pace – Anno 2018
È un dono, è un regalo entrare in un nuovo anno. Un regalo immeritato il tempo che ci è offerto da vivere. Siamo qui per dire per l’anno trascorso ‘grazie’; per l’anno che si apre ‘sì, come tu vorrai’.
Signore, nell’anno trascorso abbiamo incontrato persone, per ogni relazione sbagliata o fallita, perdono, ma per ogni amicizia che è iniziata ti diciamo grazie
-ti ringraziamo Signore.
Ogni giorno sono nati in noi pensieri, per quelli negativi e ostili, perdono, per quelli invece luminosi e affettuosi, ti diciamo grazie,
Signore abbiamo detto un mucchio di parole, per quelle cattive, che hanno fato soffrire, perdono, per quelle che forse hanno fatto bene a qualcuno, grazie, preghiamo
Omelia
All’inizio dell’anno, la prima parola che Dio ci rivolge è un augurio, bello come pochi: Il Signore parlò a Mosè, ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli.
Voi benedirete… è un ordine, è per tutti: in principio, per prima cosa, tu benedirai. Che lo meritino o no, quelli buoni e anche i meno buoni, prima di ogni altra cosa ‘tu benedirai i tuoi fratelli’. Lo farai subito, come primo gesto. Se non impariamo a benedire non saremo mai felici.
Cosa vuol dire benedire? Per capirlo dobbiamo risalire alla prima, alla madre di tutte le benedizioni, nella Genesi: “Dio benedisse l’uomo e la donna dicendo: crescete e moltiplicatevi!” La benedizione è una energia che scende da Dio, una forza che proviene dall’alto, entra in me e si esprime in due azioni: crescete e moltiplicatevi
E come si fa a benedire? Dio stesso insegna le parole, e sono quelle e non altre, e sono bellissime. Le seguiamo ad una ad una, dalla prima lettura:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Ti benedica, venga in te, su di te portando energia di vita e di nascite.
Ti custodisca, sia con te in ogni passo che farai. In ogni strada che prenderai. Dio per te, come canta il salmo, sarà roccia e nido, castello sicuro e strada nel cuore. Non sarai mai solo.
Faccia risplendere per te il suo volto
E ti faccia grazia.
Un Dio che ha il volto luminoso. Non il Dio degli effetti speciali, non il Signore che dà le leggi e ed emana sentenze, ma colui che regala luce. Luce interiore, per vedere dove andare, per non cadere;
luce che non fa violenza mai alle cose, si posa come una carezza, risveglia i colori e fa godere la bellezza;
luce per conoscere, per incontrare gli altri senza più paura.
Dio ha un volto di luce, perché ha un cuore di luce.
Il Signore ti faccia grazia. Vuol dire:
si rivolgerà verso di me, si chinerà su di me, mi farà grazia di tutti gli sbagli, di tutti gli abbandoni, mi farà ripartire da ogni stanchezza. Non pretende che io non cada mai, ma mi aiuterà a rialzarmi, facendomi grazia, sempre.
Al Salmo abbiamo cantato: Il Signore ci benedica con la luce, la benedizione di Dio per l’anno che viene non è né salute, né ricchezza, né fortuna, né lunga vita, non sono i beni materiali, le tante cose, ma molto semplicemente è la luce.
Luce interiore per vedere in profondità le cose,
luce per scegliere la via da percorrere,
luce per poter gustare bellezza e incontri.
La benedizione di Dio sono accanto a noi persone dal volto e dal cuore luminosi che emanano bontà, generosità, bellezza, pace.
Terza piccola strofa della benedizione biblica:
Il Signore rivolga a te il suo volto
E ti conceda pace.
Rivolgere il volto a qualcuno è come dire: tu mi interessi, mi piaci, sei importante per me e mi giro verso di te.
Cosa ci riserverà l’anno che viene? Io non lo so, ma di una cosa sono certo: il Signore si girerà verso di me, sarà ancora più vicino.
E se io e mi farò cadrò e mi farò male,
Dio si piegherà ancora di più su di me.
Lui sarà il mio confine di cielo,
curvo su di me come una madre,
perché non gli deve sfuggire un solo sospiro,
non deve andare perduta una sola lacrima.
Qualunque cosa accadrà quest’anno Dio sarà chino su di me,
con un dono di luce.
E ti conceda pace: La pace, miracolo fragile, che abbiamo infranto anche quest’anno mille e mille volte, in ogni angolo della terra. La pace, dono e conquista. Sogno cento volte infranto, ma di cui non ci è concesso stancarci.
È la giornata della pace, questa notte si sono tenute molte manifestazioni e preghiere, la marcia della pace a Sotto il Monte… Com’è che non riusciamo a vivere insieme senza ucciderci? Quale è l’alternativa? Quella del vangelo: Amatevi altrimenti vi distruggerete. Il vangelo è tutto qui.
Ho ricevuto da un amico un bellissimo augurio-proposito che allargo a voi tutti: non regaliamo cose, “Per quest’anno regaliamo relazioni umane!” (Adriano Sella). C’è una povertà relazionale ancora più grave di quella materiale. E che dice questo: Il più bel regalo per gli altri siamo noi e non le cose. E questo regalo non è in vendita nei negozi. E si fa concreto con relazioni ricche di calore umano, gratuite, vive. Regaliamo relazioni umane. Non hanno prezzo, ma esigono che tiriamo fuori il meglio di noi. Ci fanno diventare migliori.
Otto giorni dopo Natale il Vangelo ci riporta a Betlemme, perché il Natale non è facile, è una conquista lenta: Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette dai pastori.
Lo stupore della fede. Davanti a Dio nella piccolezza: che è la forza dirompente del Natale: “tutti vogliono crescere nel mondo, ogni bambino vuole essere uomo. Ogni uomo vuole essere re. Ogni re vuole essere ‘dio’. Solo Dio vuole essere bambino” (L. Boff). Essere come te.
Maria custodiva e meditava nel suo cuore. Maestra di stupore. Custodire è il verbo che salva il passato e meditare è il verbo che salva il presente. Maria medita, vuole tenere insieme gli estremi: una stalla e sopra di essa una moltitudine di angeli, un Bambino che piange al suo seno e il Verbo che era presso Dio.
Custodiva nel suo cuore! Perché la storia di un figlio è scritta prima di tutto nel cuore di sua madre.
Custodiva la Bella Notizia. Che è questa: Dio ha un cuore di carne e conosce il desiderio umanissimo di amare e di essere amato.
L’augurio è che possiamo tutti restituire tempo al cuore.
E come oggi ricomincia da capo il grande ciclo dell’anno e il tempo ridiventa nuovo, così anche noi iniziamo da capo la nostra avventura
verso più pace, verso meno violenza, meno fango, meno sangue.
Verso più relazioni umane. Buon anno, allora, buono della bontà di Dio.
Lui ti benedica e ti custodisca,
illumini per te il suo volto,
si chini su di te
e ti dia tutta la sua pace!
LA BENEDIZIONE DELLA CASA
Benedici ogni casa, Signore.
Il sacrificio fedele dell’amore,
la poesia dei gesti quotidiani,
la risurrezione di ogni alba,
i risvegli accanto a chi amo,
l’amore racchiuso dentro una carezza.
Benedici ogni casa,
quando la sera accoglie in sé le vite,
quando al mattino si offre alla luce,
quando accoglie ospiti e pellegrini e amici
attorno alla tavola, tuo primo altare.
Benedici ogni casa,
che sia nido e vela,
profumata di pane e di fatica,
i suoi miracoli, i suoi misteri,
l’amore sotto ogni silenzio,
la speranza sotto ogni paura.
Benedici la mia casa, Signore,
anche nei giorni in cui
allo slancio subentra la stanchezza
e la fatica sembra scolorire la gioia.
Benedici gli occhi semplici sulle cose,
il cuore che respira l’infinito,
l’istante che brilla nell’eterno
e l’eterno che abita l’istante.
Benedici me, Signore,
con la presenza dei miei cari
E possa tu benedire loro
con la mia presenza.
Benedizione gaelica
Possa la strada venirti incontro
Possa il vento soffiare alle tue spalle
Possa il sole splendere caldo sul tuo volto
La pioggia cadere leggera sui tuoi campi
E fino a quando non ci incontreremo di nuovo
Possa il Signore tenerti
Nel palmo della sua mano.
Se non impariamo a benedire non saremo mai felici.
Messaggio delle Regina della Pace del 2 gennaio 2018
“Cari figli,quando sulla terra viene a mancare l’amore, quando non si trova la via della salvezza, io, la Madre, vengo ad aiutarvi a conoscere la vera fede, viva e profonda; ad aiutarvi ad amare davvero.
Come Madre, anelo al vostro amore reciproco, alla bontà e alla purezza. È mio desiderio che siate giusti e che vi amiate. Figli miei, siate gioiosi nell’animo, siate puri, siate bambini! Mio Figlio ha detto che ama stare tra i cuori puri, perché i cuori puri sono sempre giovani e lieti.
Mio Figlio vi ha detto di perdonare e di amarvi. So che non è sempre facile: la sofferenza fa sì che cresciate nello spirito. Per crescere il più possibile spiritualmente, dovete perdonare ed amare sinceramente e veramente. Molti miei figli sulla terra non conoscono mio Figlio, non lo amano.
Ma voi, che amate mio Figlio e lo portate in cuore, pregate, pregate e, pregando, percepite mio Figlio accanto a voi: la vostra anima respiri il suo Spirito! Io sono in mezzo a voi e parlo di piccole e grandi cose. Non mi stancherò di parlarvi di mio Figlio, amore vero.
Perciò, figli miei, apritemi i vostri cuori, permettetemi di guidarvi maternamente. Siate apostoli dell’amore di mio Figlio e del mio.
Come Madre vi prego: non dimenticate coloro che mio Figlio ha chiamato a guidarvi. Portateli nel cuore e pregate per loro.
Vi ringrazio!”
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
GUARIRE LA MENTE PER GUARIRE IL CORPO: http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA SPIRALE DELLA VITA (riedizione) : http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
L’ANIMA ESISTE ED È IMMORTALE ed. Segno http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
“LA FORZA DELLA FRAGILITÀ” ed.Segno (In questo mio libro troverete preghiere per molti stati d’animo e situazioni personali) http://www.edizionisegno.it/libro.asp….
VERSO L’ETERNITÀ (commenti su 4 anni di messaggi della Regina della Pace) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA STIMMATIZZATA DI UDINE (Storia autentica di Raffaella Lionetti, dotata di speciali carismi) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
FIAMMA D’AMORE DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
CONCETTA BERTOLI – La donna che vide la terza guerra mondiale http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
IL RESPIRO DELL’ANIMA INNAMORATA http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
MARCELLO TOMADINI il pittore fotografo dei lager https://www.edizionisegno.it/libro.as…
DIARIO DI UN PELLEGRINO CARNICO https://www.edizionisegno.it/libro.as…
Se volete essere aggiornati sui nuovi video che realizzo (più di 2200) iscrivetevi al mio canale youtube “piaipier”: http://www.youtube.com/user/piaipier
Se la Madonna appare dall’aldilà così a lungo e si presenta come la nostra madre celeste, Regina della pace, allora dobbiamo considerare le 2 seguenti conseguenze:
1 – Ella esiste davvero, si presenta con il suo corpo glorioso in una parrocchia, quindi le verità insegnate dalla chiesa cattolica sono giuste. Dio c’è ed è il Creatore di tutto ciò che esiste. L’anima è immortale perché con la morte terrena nessun uomo finisce nel nulla, ma l’attendono le tre realtà escatologiche: Paradiso, purgatorio ed inferno che la Madonna ha mostrato ai veggenti di Fatima e Medjugorje. Il figlio di Maria, Gesù Cristo, è davvero uomo e Dio, è morto per noi ed è risorto per portarci in Cielo. Ha fondato la Chiesa e la nutre quotidianamente grazie alla sua parola ed ai Sacramenti, soprattutto all’Eucaristia, dove Egli è realmente presente in corpo, sangue, anima e divinità.
2 – La Regina della Pace dona alla parrocchia ed al mondo intero moltissimi messaggi, come mai aveva fatto. Ciò significa che siamo in periodi molto critici per la fede e che la sussistenza dell’umanità è in grave pericolo a causa dell’incredulità, dell’orgoglio e dell’egoismo che si sta diffondendo. Questi messaggi sono teologicamente coerenti ed in linea con le verità della fede cattolica. Mediante essi Maria Santissima ci esorta alla preghiera del cuore costante, alla frequenza dei sacramenti, all’amore verso Dio ed il prossimo per prepararci al nostro futuro: l’abbraccio del Padre e la beatitudine eterna nel seno della Santissima Trinità, come Lei che ora è beata ed ha un corpo glorioso presso suo Figlio risorto.
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Un Dio che ci chiama a non rimanere mai immobili
XXXIII Domenica – Tempo Ordinario – Anno A
Vangelo – Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. […]
Il Vangelo è pieno di una teologia semplice, la teologia del seme, del lievito, di inizi che devono fiorire. A noi tocca il lavoro paziente e intelligente di chi ha cura dei germogli e dei talenti. Dio è la primavera del cosmo, a noi il compito di esserne l’estate feconda di frutti.
Come sovente nelle parabole, un padrone, che è Dio, consegna qualcosa, affida un compito, ed esce di scena. Ci consegna il mondo, con poche istruzioni per l’uso, e tanta libertà. Una sola regola fondamentale, quella data ad Adamo: coltiva e custodisci, ama e moltiplica la vita.
La parabola dei talenti è l’esortazione pressante ad avere più paura di restare inerti e immobili, come il terzo servo, che di sbagliare (Evangelii gaudium 49); la paura ci rende perdenti nella vita: quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per il timore di finire sconfitti!
La pedagogia del Vangelo ci accompagna invece a compiere tre passi fondamentali per l’umana crescita: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura. Soprattutto da quella che è la madre di tutte le paure, cioè la paura di Dio.
Se leggiamo con attenzione il seguito della parabola, scopriamo che ci viene rivelato che Dio non è esattore delle tasse, un contabile che rivuole indietro i suoi talenti con gli interessi.
Dice infatti: «Sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto». Ciò che i servi hanno realizzato non solo rimane a loro, ma in più viene moltiplicato. I servi vanno per restituire, e Dio rilancia: e questo accrescimento, questo incremento di vita è esattamente la bella notizia. Questa spirale d’amore che si espande è l’energia segreta di tutto ciò che vive, e che ha la sua sorgente nel cuore buono di Dio. Tutto ci è dato come addizione di vita.
Nessuna tirannia, nessun capitalismo della quantità: infatti colui che consegna dieci talenti non è più bravo di quello che ne riporta quattro. Non c’è una cifra ideale da raggiungere: c’è da camminare con fedeltà a te stesso, a ciò che hai ricevuto, a ciò che sai fare, là dove la vita ti ha messo, fedele alla tua verità, senza maschere e paure. Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
Dietro l’immagine dei talenti con ci sono soltanto i doni di intelligenza, di cuore, di carattere, le mie capacità. C’è madre terra, e tutte le creature messe sulla mia strada sono un dono del cielo per me. Ognuno è talento di Dio per gli altri.
Magnifica suona la nuova formula del matrimonio: «Io accolgo te, come mio talento, come il regalo più bello che Dio mi ha fatto». Lo può dire lo sposo alla sposa, l’amico all’amico: Sei tu il mio talento! E il mio impegno sarà prendermi cura di te, aiutarti a fiorire nel tempo e nell’eterno.
«L’essenza dell’amore non è in ciò che è comune, è nel costringere l’altro a diventare qualcosa, a diventare infinitamente tanto, a diventare il meglio di ciò che può diventare» (R.M. Rilke)
(Letture: Proverbi 31,10-13.19-20.30-31; Salmo 127; 1 Tessalonicesi 5,1-6; Matteo 25,14-30)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/un-dio-che-ci-chiama-a-non-rimanere-mai-immobili
La parabola dei talenti – (Matteo 25,14-30)
La parabola dei talenti
(Matteo 25,14-30)
Come sovente nelle parabole,
un padrone, che è Dio, consegna qualcosa,
affida un compito, ed esce di scena.
Ci consegna il mondo,
con poche istruzioni per l’uso,
e tanta libertà.
Una sola regola fondamentale,
quella data ad Adamo:
coltiva e custodisci,
ama e moltiplica la vita.
(Ermes Ronchi – XXXIII Dom. T. O. Anno A)
Il Vangelo – a cura di Ermes Ronchi
XX Domenica – Tempo Ordinario – Anno A –
agosto 2017
E Dio si arrese alla fede indomita di una madre
Matteo 15,21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
La donna delle briciole, una madre straniera, intelligente e indomita, che non si arrende ai silenzi e alle risposte brusche di Gesù, è uno dei personaggi più simpatici del Vangelo. E Gesù, uomo di incontri, esce trasformato dall’incontro con lei.
Una donna di un altro paese e di un’altra religione, in un certo senso “converte” Gesù, gli fa cambiare mentalità, lo fa sconfinare oltre Israele, gli apre il cuore alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d’Israele, di Tiro e Sidone, figli di Raqqa o dei barconi, poco importa: la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l’amore delle madri. No, dice la donna a Gesù, tu non sei venuto solo per quelli di Israele, ma anche per me, tu sei Pastore di tutto il dolore del mondo.
Anche i discepoli sono coinvolti nell’assedio tenace della donna: Rispondile, così ci lascia in pace. Ma la posizione di Gesù è molto netta e brusca: io sono stato mandato solo per quelli della mia nazione, quelli della mia religione e della mia cultura.
La donna però non si arrende: aiuta me e mia figlia! Gesù replica con una parola ancora più ruvida: Non si toglie il pane ai figli per gettarlo ai cani. I pagani, dai giudei, erano chiamati “cani” e disprezzati come tali.
E qui arriva la risposta geniale della donna: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto. Questa immagine illumina Gesù. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo fame e figli da saziare, e figli sono anche quelli che pregano un altro Dio.
Donna, grande è la tua fede! Lei che non va al tempio, che non conosce la Bibbia, che prega altri dei, per Gesù è donna di grande fede.
La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un uomo conta più della sua religione. Lei non conosce la fede dei catechismi, ma possiede quella delle madri che soffrono. Conosce Dio dal di dentro, lo sente all’unisono con il suo cuore di madre, lo sente pulsare nel profondo delle sue piaghe: «è con il cuore che si crede», scrive Paolo (Rm 10,10). Lei sa che Dio è felice quando una madre, qualsiasi madre, abbraccia felice la carne della sua carne, finalmente guarita.
Avvenga per te come desideri. Gesù ribalta la domanda della madre, gliela restituisce: Sei tu e il tuo desiderio che comandate. La tua fede e il tuo desiderio sono come un grembo che partorisce il miracolo.
Matura, in questo racconto, un sogno di mondo da abbracciare: la terra come un’unica grande casa, con una tavola ricca di pane e ricca di figli. E tutti, tutti sono dei nostri.
(Letture: Isaia 56,1.6-7; Salmo 66; Romani 11,13-15.29-32; Matteo 15,21-28)
Il Vangelo – Ermes Ronchi
Scoprire un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce
1 gennaio 2017
Maria santissima Madre di Dio
«In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo».
Otto giorni dopo Natale, lo stesso racconto di quella notte: Natale non è facile da capire, è una lenta conquista. Ci disorienta: per la nascita, quella nascita, che divenne nella notte un passare di voci che raccontavano una storia incredibile. Da stropicciarsi gli occhi. È venuto il Messia ed è nel giro di poche fasce, nella ruvida paglia di una mangiatoia. Chi va a cercarlo nei sacri palazzi non lo trova.
“Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette dai pastori”. Riscoprire lo stupore della fede. Lasciarci incantare almeno da una parola del Signore, stupirci ancora della mangiatoia e della Croce, di questo mistero di un Dio che sa di stelle e di latte, di infinito e di casa.
Dimentichiamo tutta la liturgia senz’anima che presiede a questi giorni: regali, botti, auguri, sms clonati, luci, per conservare ciò che vale davvero: la capacità di sorprenderci per la speranza indomita di Dio nell’uomo e in questa nostra storia barbara e magnifica, per il suo ricominciare dagli ultimi della fila.
E impariamo da Maria, che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”, Da lei, che salvaguarda come in uno scrigno emozioni e domande, angeli e stalla, un bambino “caduto da una stella fra le sue braccia e che cerca l’infinito perduto e lo trova nel suo petto” (M. Marcolini); da lei che medita nel cuore fatti e parole, fino a che non si dipani il filo d’oro che tutto legherà insieme, da lei impariamo a prenderci del tempo per aver cura dei nostri sogni. “Con il cuore”, con la forma più alta di intelligenza, quella che mette insieme pensiero e amore.
E impariamo il Natale anche dai pastori, che non ce la fanno a trattenere per sé la gioia e lo stupore, come non si può trattenere il respiro, ma ritornano cantando, e contagiano di sorrisi chi li incontra, dicendo a tutti: è nato l’Amore!
In questo giorno di auguri, le prime parole che la Bibbia ci rivolge sono: Il Signore parlò a Mosè, ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli. Per prima cosa, che lo meritino o no, voi benedirete.
Dio ci chiede di imparare a benedire: uomini e storie, il blu del cielo e il giro degli anni, il cuore dell’uomo e il volto di Dio. Se non impara a benedire, l’uomo non potrà mai essere felice.
Benedire è invocare dal cielo una forza che faccia crescere la vita, e ripartire e risorgere; significa cercare, trovare, proclamare il bene che c’è in ogni fratello. E continua: Il Signore faccia brillare per te il suo volto. Scopri che Dio è luminoso, ritrova nell’anno che viene un Dio solare, ricco non di troni, di leggi, di dichiarazioni, ma il cui più vero tabernacolo è un volto luminoso. Scopri un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce.
(Letture: Numeri 6, 22-27; Salmo 66; Galati 4,4-7; Luca 2,16-21)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/scoprire-un-dio-dalle-grandi-braccia-e-dal-cuore-di-luce
E impariamo da Maria,
che “custodiva tutte queste cose
meditandole nel suo cuore”.
… da lei che medita nel cuore fatti e parole,
fino a che non si dipani il filo d’oro che tutto legherà insieme,
da lei impariamo a prenderci del tempo
per aver cura dei nostri sogni.
“Con il cuore”,
con la forma più alta di intelligenza,
quella che mette insieme pensiero e amore.
![]() verso etern.DOC |
I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
![]() segretimedjugorje.MP3 |
VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
https://www.youtube.com/playlist?list=PL_I8V9Z5YmOY_O1E9krjhlTo3O_k-L-6y
LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron