GESÙ LO AVEVA DETTO 2000 ANNI FA..
C’é un gregge enorme che sta seguendo i suoi falsi pastori, i quali in realtá sono mercenari.
Ai mercenari non importa delle pecore perché appena vedono il lupo scappano.
Agli odierni mercenari interessa il profitto per cui attirano le pecore dicendo loro che lo fanno per salvarle da qualcosa che è il frutto menzognero del loro piano diabolico: sottomettere tutte alla loro perversa volontá.
Ma prima o poi la Veritá smaschererá questi falsi pastori…
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Il Vangelo – a cura di Ermes Ronchi
I lupi sono più numerosi degli agnelli, ma non più forti
IV Domenica di Pasqua – Anno B
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. […]
Io sono il Pastore buono è il titolo più disarmato e disarmante che Gesù abbia dato a se stesso. Eppure questa immagine, così amata e rassicurante, non è solo consolatoria, non ha nulla di romantico: Gesù è il pastore autentico, il vero, forte e combattivo, che non fugge a differenza dei mercenari, che ha il coraggio per lottare e difendere dai lupi il suo gregge.
Io sono il Pastore bello dice letteralmente il testo evangelico, e noi capiamo che la bellezza del pastore non sta nel suo aspetto esteriore, ma che il suo fascino e la sua forza di attrazione vengono dal suo coraggio e dalla sua generosità.
La bellezza sta in un gesto ribadito cinque volte oggi nel Vangelo: io offro! Io non domando, io dono. Io non pretendo, io regalo. Ma non per avere in cambio qualcosa, non per un mio vantaggio. Bello è ogni atto d’amore.
Io offro la vita è molto di più che il semplice prendersi cura del gregge.
Siamo davanti al filo d’oro che lega insieme tutta intera l’opera di Dio, il lavoro di Dio è da sempre e per sempre offrire vita. E non so immaginare per noi avventura migliore: Gesù non è venuto a portare un sistema di pensiero o di regole, ma a portare più vita (Gv 10,10); a offrire incremento, accrescimento, fioritura della vita in tutte le sue forme.
Cerchiamo di capire di più. Con le parole Io offro la vita Gesù non intende il suo morire, quel venerdì, per tutti. Lui continuamente, incessantemente dona vita; è l’attività propria e perenne di un Dio inteso al modo delle madri, inteso al modo della vite che dà linfa al tralci, della sorgente che dà acqua viva.
Pietro definiva Gesù «l’autore della vita» (At 3,15): inventore, artigiano, costruttore, datore di vita. Lo ripete la Chiesa, nella terza preghiera eucaristica: tu che fai vivere e santifichi l’universo. Linfa divina che ci fa vivere, che respira in ogni nostro respiro, nostro pane che ci fa quotidianamente dipendenti dal cielo.
Io offro la vita significa: vi consegno il mio modo di amare e di lottare, perché solo così potrete battere coloro che amano la morte, i lupi di oggi.
Gesù contrappone la figura del pastore vero a quella del mercenario, che vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge perché non gli importa delle pecore. Invece al pastore buono ogni pecora importa e ogni agnello, a Dio le creature stanno a cuore. Tutte. Ed è come se a ciascuno di noi ripetesse: tu sei importante per me. E io mi prenderò cura della tua felicità.
Ci sono i lupi, sì, ma non vinceranno. Forse sono più numerosi degli agnelli, ma non sono più forti. Perché gli agnelli vengono, ma non da soli, portano un pezzetto di Dio in sé, sono forti della sua forza, vivi della sua vita.
(Letture: Atti 4,8-12; Salmo 117; 1 Giovanni 3,1-2; Giovanni 10,11-18)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/i-lupi-sono-piu-numerosi-degli-agnelli-ma-non-piu-forti
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – A
Is 11,1-10 – Rom 15, 4-9 – Mt 3, 1-12
di p. Ermes Ronchi
Due Profeti nel deserto di Giudea: Isaia e Giovanni, un sogno che chiama dal futuro, una decisione che preme oggi.
Vieni a cercarci:
noi siamo sempre più smarriti e dunque vieni sempre Signore.
Vieni, tu che ci ami:
nessuno è in comunione con te se non lo è anche col fratello, e dunque vieni sempre, Signore.
Noi siamo tutti lontani,
non sappiamo chi siamo, cosa fare e come farlo e dunque vieni sempre, Signore.
Omelia
Giovanni il Battista predicava nel deserto della Giudea dicendo: convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino (Mt 3,2).
Gesù cominciava sulla riva del lago con l’identico annuncio: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino (Mt 4,17).
Tutti i profeti hanno gli occhi fissi nel sogno, che ha nome regno dei cieli, che è un mondo nuovo intessuto di rapporti buoni e felici. Ne percepiscono il respiro vicino: è possibile, è ormai iniziato. Su quel sogno ci chiedono di osare la vita, ed è la conversione.
Si tratta di tre annunci in uno, e tra tutte la parola più calda di speranza è l’aggettivo “vicino”. Dio è vicino, è qui, prima buona notizia: il grande Pellegrino ha camminato, ha consumato distanze, è vicinissimo a te.
Dio è accanto, a fianco, dentro tutto ciò che vive: rete che raccoglie insieme, in armonia, il lupo e l’agnello, il leone e il bue, il bambino e il serpente (parola di Isaia), uomo e donna, arabo ed ebreo, mussulmano e cristiano, bianco e nero, per una nuova architettura del mondo e dei rapporti umani.
Il Regno dei cieli e la terra come Dio la sogna. Non si è ancora realizzata? Non importa, il sogno di Dio è più vicino, anzi è più vero che non la realtà stessa, fatta di lupi e di muri, è il nostro futuro che ci porta, la forza che fa partire.
Convertitevi, ossia osate la vita, mettetela in cammino, e non per eseguire un comando, ma per una bellezza; non per una imposizione da fuori ma per una seduzione. Ciò che converte il freddo in calore non è un ordine dall’alto, ma la vicinanza del fuoco; ciò che toglie le ombre dal cuore non è un obbligo o un divieto, ma una lampada che si accende, un raggio, una stella, uno sguardo. Convertitevi: giratevi verso la luce, perché la luce è già qui: cambiate lo sguardo con cui vedete gli uomini e le cose, cambiate strada, sopra i miei sentieri il cielo è più vicino e più azzurro, il sole più caldo, il suolo più fertile, e ci sono cento fratelli, e alberi fecondi, e miele.
La forza che cambia il cuore non è mai la paura, ma è una forza non umana che cresce dentro, una forza im-mane, cioè il divino in noi, Dio che viene, che va alla radice del vivere, più vicino a me di me stesso.
La prima parola di Giovanni e Gesù è vangelo, bella notizia: si è avvicinato il Regno di Dio.
Noi pensiamo che la presenza del Signore si sia rarefatta in questa società di idoli.
Il profeta ripete: il regno è più vicino oggi di ieri, di dieci o vent’anni fa, ma a noi sembra che si sia allontanato.
Se guardo con attenzione, io vedo che il mondo è più vicino al regno di Dio oggi di ieri: è cresciuta la libertà di essere se stessi, l’autenticità nelle relazioni, la consapevolezza che l’uomo è il diritto di avere diritti, è cresciuta la giustizia e la solidarietà verso i deboli, verso i disabili c’è stata una autentica rivoluzione, l’amore per tutte le creature, per la terra, l’aria, le acque. E l’istruzione e la scienza.
Anche altro è cresciuto, è vero, una solitudine, una individualizzazione, una disgregazione dei legami, una idolatria del denaro e dell’apparire, una insofferenza verso gli estranei.
Ma io credo nella buona notizia di Isaia, Giovanni, Gesù.
Lo credo non per un vacuo ottimismo. Il cristiano non è ottimista, ha speranza. L’ottimista tra due ipotesi sceglie quella positiva. Io scelgo il Regno per un atto di speranza: perché Dio si è impegnato con noi, in questa storia, con un intreccio così scandaloso con la nostra carne da arrivare fino alla morte di croce.
Come riuscire a vederlo? A un Maestro un giorno un discepolo chiese: ‘Un tempo c’erano uomini che vedevano Dio faccia a faccia, perché oggi nessuno più vede Dio?’ E il Maestro rispose: ‘Perché oggi nessuno sa più inginocchiarsi così profondamente!’
Per vedere bene qualsiasi cosa ti devi inginocchiare a millimetro di viso, di occhi, di voce.
Chiniamoci con attenzione e lo vedremo. Nell’intimo di ciascuno, nell’umiltà dei giorni e dei segni viene, per questo è necessario avere quello che il profeta chiama l’occhio penetrante. Uno sguardo che non si ferma alla superficie delle cose, alla nebbia delle parole, che va oltre le apparenze.
Gesù è l’incarnazione di un Dio che si fa intimo come un pane nella bocca, una parola detta sul cuore, un respiro: infatti “vi battezzerà nello Spirito Santo”, vi immergerà dentro il mare di Dio, sarete avvolti, intrisi, impregnati della vita stessa di Dio, in ogni vostra fibra.
Perché viene? Perché deve venire, per un suo bisogno, perché prima ancora che un mio problema la salvezza è un desiderio di Dio. Che io sia amato dipende da lui non da me. Il venire di Dio dipende da Lui. Perciò ne sono sicuro…
Con le immagini forti della scure e del fuoco, dagli effetti definitivi, Giovanni dice che ‘Dio viene al centro della vita non ai margini di essa’ (Bonhoeffer), che Dio raggiunge e tocca quella misteriosa radice del vivere che ci mantiene diritti come alberi forti, che ci permette di vedere orizzonti di luce nonostante le macerie, di raccogliere frumento buono nonostante gli inverni.
Dio ha a che fare non solo con la mia vita, ma con il centro della mia vita.
Non è l’ultima risorsa quando non ho più risorse; no, viene come forza della mia forza, terra profonda delle mie radici, sole del mio cielo.
Viene dentro la passione d’amore, dentro la fedeltà al dovere, dentro il coraggio di sperare, nella gioia della libertà raggiunta, quando accetto la sproporzione tra ciò che mi è promesso e ciò che stringo fra le mani, e tuttavia faccio avanzare di un passo, di un millimetro, di un niente, la bontà del mondo.
Io cerco chi sa darmi speranza. La speranza me la dà Dio in me, vicino come il respiro, vicino come il cuore, la sua vita dentro la mia vita.
Con Lui vivrò un battesimo di vento e di fuoco. Vento che gonfia le vele e fa ripartire, e focolare che dà calore e sicurezza e fa vivere accesi.
Con Lui il peccato non è più semplicemente trasgredire delle regole, ma trasgredire il sogno che Dio sogna per noi.
Un sogno grande come quello di Gesù, bello come quello di Isaia, al centro della vita come quello di Giovanni.
Preghiera alla comunione.
Manda il tuo messaggero davanti a noi, Signore,
un angelo, un uomo, una donna, un bambino
che ci insegnino a chinarci profondamente
a inginocchiarci per essere più vicini
al volto degli altri, al cuore del mondo.
Manda il tuo messaggero
manda ancora Profeti,
uomini dal cuore in fiamme:
e tu a parlare dai loro roveti.
Vieni più vicino Signore
Allunga ancora un po’ quella mano
che non hai mai cessato di tendermi
e ti sentirò vivo come acqua nel deserto,
come miele nei giorni dell’amarezza,
come vento e come fuoco
che riaccendono il sogno di un mondo nuovo,
un sogno dolce come quello dei profeti,
al cuore della vita come quello di Gesù,
seminato come una perla di luce
nel cuore vivo di tutte le cose. Amen
p. Ermes Ronchi
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
https://www.youtube.com/playlist?list=PL_I8V9Z5YmOY_O1E9krjhlTo3O_k-L-6y
LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron